Lucia di Lammermoor a Firenze, secondo cast.

Proprio nel giorno in cui il Corriere della Sera pubblicava un trafiletto sull’imprescindibilità dell’avvenenza per un soprano del giorno d’oggi, siamo partiti alla volta di Firenze per assistere alla donizettiana Lucia di Lammermoor, interprete Jessica Pratt, soprano di cui più volte vi abbiamo parlato in questo blog quale eccellente promessa del belcanto presente. E come piace a questo sito, miss Pratt, a differenza di tutte le new entry di agenzia, ha cantato e non… sfilato, raccogliendo un altro grande successo di pubblico, e dimostrando, nella vasta sala del Maggio, che il canto premia ancora chi lo pratica nella pienezza dei mezzi vocali, dell’impostazione sana e robusta “ di tradizione”, ossia quella delle voci manovrate nella maschera, alla ricerca del suono pulito, proiettato ed ampio. E tutto ciò lasciando veline e pin-up nelle loro più opportune sedi.

In quel di Firenze la Pratt, in carriera da meno di due anni, era anche chiamata a rispondere di alcune critiche ricevute, a mio avviso ingiuste, per la prova fornita nei Puritani bergamaschi, assai condizionata dalle condizioni schizofreniche in cui si era trovata a lavorare. Critiche alla sua capacità di legare, soprattutto, e di essere interprete vera e non solo un fenomeno del registro acuto e sopracuto.
Nuovamente nei panni di miss Lucia Ashton, la giovane australiana ci ha regalato un grande sabato sera di canto, dimostrando di meritare la stima tributatale dai suoi sostenitori della prima ora. Ha cantato e, soprattutto, ha interpretato come aveva promesso di fare al tempo della sua prima Lucia dell’Aslico e di Bologna l’anno passato e, facendo tesoro delle critiche, ci ha reso un personaggio costruito su un canto legato di primissima qualità, unito ad una dinamica sfumata ed intensa, ove smorzature, messe di voce e piani-pianissimi sono arrivati con continuità e puntualità di vera interprete.
Qualche imprecisione-incertezza, due-tre nella serata, in parte dovute anche ad imperfette sincronie palco-buca ( la Pratt era secondo cast..), non hanno inficiato per nulla una prova convincente ed anche emozionante: facilissimo il canto di agilità, anche quello di forza ( duetto Lucia–Enrico soprattutto ); acuti e sopracuti davvero impressionanti, cristallini e proiettati secondo le prassi tradizionali australiane ( ! ) come nel sestetto; una vera e personale dinamica espressiva anche in momenti consumati dalla tradizione esecutiva, quali la cadenza di Paoloantonio; accento intenso in passi come il duetto col fratello, sono stati i pilastri su cui si è fondata la prova della Pratt l’altra sera. La voce è stata usata forse un paio di volte sul forte, dosata regolarmente tra il piano ed il mezzoforte, dando volume solo… all’occorrenza drammatica. Il Maggio si è sciolto in una grande ovazione alla scena della pazzia, a provare e ricordare a tutti, agenti e giornalisti in primis, che quando il canto funziona il fisico matronale poco importa, mentre se il canto non gira si può anche essere carine ma la sala non risponde.
L’opera è spesso adrenalina, emozione melomaniaca pura: ma l’adrenalina scorre e la tensione si palpa nell’aria della sala solo se le voci viaggiano nel vuoto come dovrebbero, ampie, intense, sonore, proiettate, sostenute. Ed usate con pertinenza espressiva. Ci spiace per le mille soubrettine che ogni giorno affliggono i palcoscenici dell’opera lirica, ma le loro voci fiacche, vuote, prive di corpo, non possono suscitare questo medesimo effetto sul pubblico.
Miss Pratt si solleva teneramente il vestitone bianco mentre attraversa la brughiera di Vick; spara sopracuti enormi stando seduta sul seggiolone della scena delle nozze come un soprano anni ’50; fa qualche balzo in scena come in passato, allorquando qualcuno rimproverò proprio per questo il suo augusto modello australiano ( ricordate il “salto del canguro” della Borgia romana???)… è vero, ma canta!
E fatela cantare! In primo cast, perchè qui a Firenze meritava lei, a mani basse, il posto lasciato da Elena Mosuc. Se si vuole criticare miss Pratt lo si può anche fare colpendo certe ingenuità, a mio avviso normali, nella cantante di breve corso. E’ però certo che il suo canto non si compara con niente del nostro magro presente: le sue pietra di paragone stanno indietro, nella grande tradizione delle Lucie di alta scuola, dal più recente duo Devia – Gruberova, alle Anderson, su su sino….alla Grande Australiana. E basta un giretto su You Tube, cominciando dalle recenti performance del Met, per rendersene conto.Lasciamo alle veline i loro spazi, se proprio non se ne vuol fare a meno ( causa anche la carestia del mercato delle voci..), ma lasciamo anche alle cantanti vere gli spazi e , soprattutto, i ruoli che loro spettano là dove è imprescindibile IL CANTO.

Quanto agli altri interpreti, siamo stati nella media del giorno d’oggi. Diciamo che per questo cast maschile i tagli di tradizione sarebbero stati opportuni. Un tenore con la voce non sfogata, ma corretto; un baritono volgare anzi che no; un basso da dimenticare.
Quanto al direttore, Stefano Ranzani, non ha fatto suonare bene l’orchestra, spesso pesante e pestacchiona, di brutto suono. Ha però staccato dei tempi, a mio avviso, efficaci, ora lenti ora svelti, sempre pertinenti all’azione drammatica, risparmiandoci quelle larghezze fintamente estatiche e piuttosto mollicce che oggi van tanto di moda. Efficace il vecchio allestimento di Vick che già conoscevamo, con il solo primo atto veramente bello e convincente.

Cast:

Lord Enrico Ashton
Juan Jesús Rodriguez

Miss Lucia
Jessica Pratt

Sir Edgardo di Ravenswood
Gianluca Terranova

Raimondo Bidebent
Paolo Battaglia

Alisa
Antonella Trevisan

Lord Arturo Bucklaw
Cristiano Olivieri

Normanno
Enrico Cossutta

Orchestra e Coro del Maggio
Musicale Fiorentino

Piero Monti maestro del coro
Stefano Ranzani direttore
Graham Vick regia
ripresa da Marina Bianchi
Paul Brown
scene e costumi
Nick Chelton luci

Gli ascolti

Atto II

Soffriva nel pianto

Chi mi frena in tal momento

Atto III

Scena della pazzia – Cadenza

7 pensieri su “Lucia di Lammermoor a Firenze, secondo cast.

  1. Ciao,

    ho visto anch’io la Lucia il 31, con la Pratt. Condivido il giudizio sulla bravura della cantante, davvero emozionante. Però scrivo da ascoltatore inesperto e chiedo, tra il serio e il faceto: come si diventa esperti (dando per scontato che gli autori di questo blog lo siano)? a parte la lapalissiana considerazione del “più ascolti – più alleni l’orecchio”, vorrei qualche consiglio per conoscere meglio un genere al quale mi sono avvicinato da poco (un paio d’anni) e che mi ha suscitato un vivo interesse. Cioè qualche libro che in particolare ti/vi ha “aperto le orecchie” o qualche consiglio per un ascolto più attento e più consapevole.

    ciao
    giacomo

  2. Ascoltando i grandi, certo, ma anche leggendo un testo fondamentale (per carità, non l’unico e non il Vangelo – giusto per prevenire le critiche) intitolato “Il teatro d’opera in disco”, Rizzoli credo 1977, autore Rodolfo Celletti, di difficile od impossibile reperibilità nelle librerie, forse reperibile attraverso il sio Maremagnum…giusto per cominciare, e senza fare torto a nessuno….

  3. Dopo aver letto la vostra recensione su Jessica Pratt, non vedo l'ora di sentirla!A Marzo andrò al Carlo Felice a Genova per Lucia, sono pieno di aspettative!
    Non sono un grande esperto di musica, ma, grazie al vostro blog sto imparando molte cose!

  4. Salve Lorenzo.
    GRazie per quello che scrivi.
    Speriamo che J.Pratt torni, dopo le interlocutorie Convenienze scaligere, al livello cui ci aveva abituati con le sue precedenti performance.
    Attendiamo il tuo parere.

    Saluti da
    Tamburini

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