L’Onegin presentato in Scala questa settimana (noi abbiamo visto la prima di lunedì 13) ha suscitato la perplessità e in taluni casi lo sdegno di parte del pubblico, che ha giudicato scandaloso l’allestimento, importato al pari di orchestra, coro e solisti dal Teatro Bol’šoj.
In realtà lo spettacolo, almeno fino alla scena del duello, funziona piuttosto bene. A patto di accettare la (solita) ambientazione in un unico locale, che più che il salotto o salone che dir si voglia della casa di Larina ricorda la hall dell’Hôtel de Russie, impreziosita da una boiserie più adatta al Cimitero maggiore di Milano. Meglio noto come Musocco.
Un mistero, al di là della trasposizione (consueta anche questa) in pieno Novecento, il fatto che passino trent’anni tra secondo e terzo atto (dai Venti ai Cinquanta). Una realizzazione coerente imporrebbe una Tatiana non già ancor giovane e bellissima moglie di Gremin, bensì stagionata funzionaria di partito.
L’orchestra suona bene, con un suono turgido che ben si adatta a questa musica.
Fra i solisti spicca Kočerga, Gremin persino peggiore del già pessimo Inquisitore d’inizio stagione. Il che è tutto dire.
Rodolfo Celletti ebbe a scrivere, a proposito della Varnay Mamma Lucia, che pareva una Strega Marzapane laringotomizzata. La definizione si adatta benissimo alle interpreti dei ruoli di Larina e Filipp’evna.
Il tenore Dunaev al secondo atto non canta “alla Donizetti”, come dovrebbe e come difatti facevano i vari Smirnov e Lemeshev, ma piuttosto da buffone, appropriandosi fra l’altro dei couplet che spetterebbero a Triquet. C’è però da dire che in questa parte abbiamo sentito di peggio (il giovane Shicoff ad esempio).
Del baritono Ladjuk va lodata la bella presenza.
La Mamsirova (Olga) promette di seguire in tutto e per tutto le orme della mamma.
La Monogarova (Tatiana) segue la moderna scuola russa: voce larga al centro, sarebbe un soprano leggero, se sapesse cantare.
Chiudiamo con una piccola nota polemica.
A ogni allestimento presunto moderno, è diverso l’allestimento ma la scena, stranamente, è sempre uguale. La sala polivalente ospita indifferentemente Alcina, Falstaff, Rusalka, Lucia, Onegin.
Di diverso e ulteriore c’è solo il cachet. Ed eventualmente i destinatari dello stesso.
In realtà lo spettacolo, almeno fino alla scena del duello, funziona piuttosto bene. A patto di accettare la (solita) ambientazione in un unico locale, che più che il salotto o salone che dir si voglia della casa di Larina ricorda la hall dell’Hôtel de Russie, impreziosita da una boiserie più adatta al Cimitero maggiore di Milano. Meglio noto come Musocco.
Un mistero, al di là della trasposizione (consueta anche questa) in pieno Novecento, il fatto che passino trent’anni tra secondo e terzo atto (dai Venti ai Cinquanta). Una realizzazione coerente imporrebbe una Tatiana non già ancor giovane e bellissima moglie di Gremin, bensì stagionata funzionaria di partito.
L’orchestra suona bene, con un suono turgido che ben si adatta a questa musica.
Fra i solisti spicca Kočerga, Gremin persino peggiore del già pessimo Inquisitore d’inizio stagione. Il che è tutto dire.
Rodolfo Celletti ebbe a scrivere, a proposito della Varnay Mamma Lucia, che pareva una Strega Marzapane laringotomizzata. La definizione si adatta benissimo alle interpreti dei ruoli di Larina e Filipp’evna.
Il tenore Dunaev al secondo atto non canta “alla Donizetti”, come dovrebbe e come difatti facevano i vari Smirnov e Lemeshev, ma piuttosto da buffone, appropriandosi fra l’altro dei couplet che spetterebbero a Triquet. C’è però da dire che in questa parte abbiamo sentito di peggio (il giovane Shicoff ad esempio).
Del baritono Ladjuk va lodata la bella presenza.
La Mamsirova (Olga) promette di seguire in tutto e per tutto le orme della mamma.
La Monogarova (Tatiana) segue la moderna scuola russa: voce larga al centro, sarebbe un soprano leggero, se sapesse cantare.
Chiudiamo con una piccola nota polemica.
A ogni allestimento presunto moderno, è diverso l’allestimento ma la scena, stranamente, è sempre uguale. La sala polivalente ospita indifferentemente Alcina, Falstaff, Rusalka, Lucia, Onegin.
Di diverso e ulteriore c’è solo il cachet. Ed eventualmente i destinatari dello stesso.
Gli ascolti
Čajkovskij – Evgenij Onegin
Atto I
Puskai pogibnu ya, no pryezhde (Scena della lettera) – Sena Jurinac (1952), Margaret Price (1967)
Atto II
Kuda, kuda, kuda vi udalilis – Sergei Lemeshev (1948)