Cesare Siepi 10.2.1920- 5.7.2010

In questo periodo siamo spesso costretti a celebrare grandi cantanti giunti alla fine della propria esistenza terrena. Spesso lunga come accade per Cesare Siepi morto nonuagenario ieri 5 luglio. Era nato a Milano il 10 febbraio 1920.

Cesare Siepi fu, di fatto, un autodidatta del canto. Qualche approccio al palcoscenico durante il secondo conflitto mondiale e, poi, dal 1945 in carriera. Già nel 1946 era alla Scala in una produzione di Aida al Teatro Lirico, prima della riapertura effettiva del Teatro e, proprio nella prima stagione del dopoguerra, ossia la 1946-’47 partecipò, nell’oneroso ruolo di Zaccaria, al Nabucco inaugurale.
Già dal debutto o quasi, benchè definito basso cantante, vestì panni sacerdotali, che competono a bassi autentici per non dire profondi alla Mardones. Sempre in Scala, oltre a Ramfis, il padre Guardiano, Raimondo e l’Inquistore accanto all’ultimo Filippo di Tancredi Pasero. Ruolo, quello del triste e tristo re di Spagna, che nel 1950 lo portò al Met ad inaugurare l’era Bing. Siepi rimase per venticinque anni al Met.
I motivi del successo immediato suo e di altri due bassi (Nicola Rossi-Lemeni e Boris Christoff) sono facili. Alla fine della guerra urgeva trovare il successore di due autentici colossi quali Ezio Pinza, basso ufficiale del Met, e Tancredi Pasero, basso ufficiale della Scala, entrambi vicini ai sessanta, entrambi onerati di carriere straordinarie sia per qualità di canto ed interpretazione sia per quantità di ruoli coperti (per la cronaca qualche volta in don Giovanni questi due colossi si ritrovarono accanto) ed i tre contendenti erano dotati, almeno vocalmente, quanto i predecessori. Non lo erano, ma questo è altro discorso, sotto il profilo tecnico.
Dei tre, però, il più completo era appunto Cesare Siepi e benchè in natura voce di vero basso si trovò prestissimo e con grandissimo successo, aiutanto dalla prestanza fisica, a cantare don Giovanni, parte che conviene anche ad un baritono o ad un basso-baritono. Essere il successore di Ezio Pinza nei teatri americani significava, prima di tutto, essere il don Giovanni di riferimento. Il ruolo del seduttore mozartiano occupò la carriera di Siepi, in tutti i teatri del mondo, in sale di incisione sino al 1981.
Al Met Cesare Siepi, rara avis fra i cantanti italiani, cantò anche in tedesco il ruolo di don Fernando nel Fidelio ed in inglese quello di Sarastro.
Ai ruoli sacerdotali ed ieratici facevano da contraltare quelli satanici (come era stato per Ezio Pinza e sarà, poi, con Samuel Ramey) precipuamente il Mefistefele di Faust. A differenza dei bassi della generazione precedente Siepi praticò raramente il diavolo di Boito. Ma erano i tempi mutati e la crescente scarsa considerazione per il repertorio italiano tardo ottocentesco e post verdiano.
Dalla metà degli anni settanta Siepi tornò frequentemente Italia, la voce era potente e diventata di basso profondo, anche se in alto oscillava. Abbandonato don Giovanni cantava il cardinale Brogni di Juive, Fiesco, il Padre Guardiano e Baldassare di Favorita, ove nella scena iniziale del quarto atto scendeva al do grave (se memoria ed assenza dello spartito da consultare non fanno difetto). Anche qui le oscillazioni erano fastidiose, ma la ampiezza di canto al grande concertato del secondo atto non più ripetute.
Per ampiezza e sonorità Siepi fu ancora un cantante della vecchia scuola -quella di Pasero e Pinza, appunto- come pure fu un basso italiano ed all’italiana perchè mai emise suoni rozzi e stomacali di molti bassi slavi, che imitano Scialiapin, senza esserlo.
Non fu, e questo va detto, della scuola antica sotto il profilo della varietà di fraseggio e nell’uso dei piani e dei pianissimi, che rendono inarrivabili ora per seduzione e lusinga erotica, ora per solennità ed aura sacerdotale, ora per introspezione psicologica le esecuzioni a 78 giri del don Giovanni, di Brogni o di Filippo II.
Era, comunque, uno splendido cantare sempre morbido fra il piano ed il mezzo forte in qualsiasi zona della voce elegante perchè mai l’eleganza e la nobiltà fecero difetto alle esecuzioni di Cesare Siepi, anche a don Basilio esenta da lazzi e frizzi, che snaturavano il basso cantante in basso parlante. Bastava udire la pronuncia della “erre” alla milanese, bastava vedere entrare in scena il vecchio Fiesco o il vindice padre Baldassare.A Parma, anno 1982, Siepi riempiva da solo il palcoscenico.

Gli ascolti

Cesare Siepi (1920 – 2010)

Boito – Mefistofele

Prologo

Ave Signor (1972)

Atto I

Son lo spirito che nega (1972)

Atto II

Popolo, e scettro e clamide…Ecco il mondo (1972)

Donizetti – Marino Faliero

Atto II

Finì la festa di Leoni…Bello ardir di congiurati…Fosca notte (con Licinio Montefusco & Giuliano Ciannella – 1979)

Gounod – Faust
Atto II

Le veau d’or (1951)

Halévy – La Juive

Atto I

Si la riguer (con Ilona Tokody, José Carreras, Hans Helm – 1981)

Atto III

Vous qui du Dieu vivant (1981)

Mozart – Don Giovanni

Atto II

Deh, vieni alla finestra (1957)

Rossini – Mosé

Atto II

Eterno, immenso, incomprensibil Dio…Celeste man placata (con Gastone Limarilli, Bianca Maria Casoni, Silvano Carroli & Veriano Luchetti – 1974)

Verdi – Nabucco

Atto I

Sperate, o figli…D’Egitto là sui lidi…Come notte a sol fuggente (1960)

Atto III

Oh, chi piange…Del futuro nel buio discerno (1960)

Verdi – Simon Boccanegra

Prologo

A te l’estremo addio…Il lacerato spirito (1980)

Verdi – Don Carlo

Atto IV

Ella giammai m’amò (1950)

17 pensieri su “Cesare Siepi 10.2.1920- 5.7.2010

  1. Immenso cantante. A Siepi sono legato per essere stato il protagonista (SPLENDIDO) della prima opera che ho ascoltato in disco: Le Nozze di Figaro (quelle dirette da Kleiber). Fu, per mio conto, un inarrivabile Don Giovanni, così come un Figaro tutt'ora di riferimento. Il suo Filippo II è distante anni luce dalla volgarità di taluni interpreti odierni: un vero re, anzi un imperatore! Lo ricordo oggi con la triste nobiltà del suo Marino Faliero donizettiano.

  2. I fell in love with this magnificent singer when I saw his Don Giovanni on DVD. I was mesmerized by him and still am. He has the richest voice, the sweetest voice, most seductive voice, I have ever heard. Thank you for sharing your wonderful talent with us all!

  3. Sono sconvolto.
    Protagonista della mia primissima opera vista in scena. Mi aveva ipnotizzato, affascinato, incantato… insomma mesmerizzato!!!!
    La sua "serenata" dal Don Giovanni rimane l'ultima valida interpretazione di questo brano per non parlare del… e poi ci sarebbe anche… e poi… ma non prima di…
    Rimango muto in complentazione.

  4. Una domanda: in cosa la terna dei successori dei due colossi erano tecnicamente manchevoli? A me Christoff, per esempio, quando canta la morte di Boris mi fa tremare i polsi e Rossi Lemeni avesse nella voce qualche quarto di nobiltà.
    Se devo indovinare dico la posizione della voce in bocca.

  5. Stessa registrazione, ma qui secondo me lo si apprezza di più:
    http://www.youtube.com/watch?v=Li7oRBVB9bU&feature=related
    DeReszke mi sembra il mio amato Battistini trasposto in chiave di basso, tanto suona chiaro. E’ sicuramente un grande, tuttavia non mi piace la sua accentazione dell’aria.
    Sul fatto che però occorra tornare necessariamente a Plançon e DeReszke per trovare buoni bassi perché dopo di loro furono tutti ingolati non sono punto d’accordo.
    A me sinceramente non pare che Pinza e Pasero cantassero in gola. Anzi! E Kipnis? Ma nemmeno Siepi e Rossi Lemeni, né Christoff a dire il vero.

    • Interessante, Enrico.
      Rimane il fatto che grazie a fortuiti “accidenti” e anche a questo “sito”, dopo la scoperta di Siepi al momento è la voce di basso che mi piace maggiormente . A seguire Ramey, ma mi sa che andiamo fuori argomento qui.

      • Mah Rello… tutti restano affascinati da Siepi e anche io lo reputo un grandissimo del teatro d’opera. Tuttavia confesso qui pubblicamente quello che non ho mai avuto il coraggio di dire: non mi ha mai persuaso fino in fondo. Non mi ha mai trasmesso le scosse che solitamente mi da una voce perfettamente impostata. E lo dico vedendo il cielo crollarmi sulla testa, colpito da strali divini e ristando alla vista del Convitato di pietra che mi indica l’inferno! 😀
        Ramey è uno che si è giocato la voce col tempo, ma è stato un basso di tutto rispetto. Ma già da qualche anno a sentirlo viene il mal di mare.

    • In che senso non ti piace la “accentazione dell’aria”? In ogni caso ciò che considero di sommo interesse in De Reszke non è la resa musicale o l’accento, ma l’imposto vocale. E’ esemplare sentire un basso cantare con voce leggera, quieta, chiara, naturale, con pronuncia trasparente… come se parlasse. Forse dall’ascolto del disco, alle orecchie odierne ubriacate da un secolo di malcanto, la voce di De Reszke può sembrare ben poca cosa, me ne rendo conto… tuttavia fece carriera al Met ed in teatro era molto sonoro.

      • Anche io distinguo tecnica e l’interpretazione: gusto e accenti scelti dall’interprete per rendere un personaggio. In De Reszke l’impostazione è da manuale: nitido esempio di un parlato sublimato in canto. Il timbro chiaro, poi, ne favorisce inoltre l’immediata percezione e la sua voce non mi sembra affatto poca cosa; non mi sembra poca cosa nemmeno la voce del fratello tenore per quel fantasma di voce che si scorge da quei cilindri rovinatissimi. E’ da quando seguo l’opera che ascolto le registrazioni più antiche, quindi l’orecchio l’ho un bel po’ abituato 😉
        A quei tempi comunque cantava un Francesco Navarrini che tecnicamente non trovo da meno.
        Secondo me, però, esageri quando frapponi tra Reszke e oggi di un secolo di malcanto: al malcanto, spacciato per evoluzione della tecnica, assistiamo oggi; dire che malcantassero tutti quelli che sono venuti dopo in cent’anni mi sembra francamente eccessivo.
        Quando invece scrivo che non mi piacciono gli accenti che Reszke utilizza per interpretare l’aria di Silva, intendo semplicemente dire che non mi trasmette l’amarezza e l’onta del vecchio cornuto, quasi cantasse invece la serenata di Don Giovanni (tanto per stare in tema 😀 ).

        Ah… a proposito: buon compleanno Cesare, da quaggiù a lassù 😉

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