Stagioni 2011-12, la Quaresima perpetua. Stazione undicesima: Vienna

Vienna, antico e glorioso teatro di repertorio.
Vienna, cornice di mille e più cimenti teatrali, spinti a volte ben oltre i limiti che prudenza, oculatezza e talora decenza imporrebbero.
Vienna, la Staatsoper per eccellenza, e non se ne abbiano a male gli altri teatri di lingua tedesca, ma sfogliando le pagine della cronologia di questo tempio dell’opera, è davvero impossibile non rimanere folgorati da certe serate, che l’ascoltatore può anche permettersi il lusso di ricostruire, ricorrendo a quei lacerti di un passato da dimenticare (per alcuni) che sono i 78 giri.
Chissà fra cento, o anche solo venti, anni che cosa diranno e che cosa penseranno i melomani, leggendo i cast della stagione 2011-12, annunciata alcune settimane fa.


Penseranno magari che un celebrato tenore, giunto sul passo estremo della carriera, abbia voluto togliersi il gusto e la soddisfazione di riprendere uno dei must del repertorio baritonale, non perché ormai inabile al canto nel registro vocale a lui proprio, ma come estrema testimonianza di gusto e fantasia d’interprete, oltre che di eccellenza di vocalista. Analoghe considerazioni si faranno per la di lui figliola in scena, signora Frittoli, capace di alternare Mozart, Verdi e Puccini con una proprietà, un’opulenza e una magniloquenza degne come minimo di una Teschemacher o di una Reining.
Coglieranno allo stesso modo nella deputata Violetta e nella prescelta Lucia gli ultimi moderni esemplari del soprano drammatico di agilità applicato alla verdiana signora dalle camelie come all’infelice uxoricida scozzese. Per intenderci quel modello di soprano che in area mitteleuropea fa capo a una Margarethe Siems.
Ci sarà invece bisogno di scomodare Lilli Lehmann per individuare l’antecedente della protagonista del Fidelio, nonché Sieglinde nel Ring, oggi come oggi un punto di riferimento per lo stato dell’arte canora in Wagner come nel titolo beethoveniano (e tacciamo della Santuzza, altro ruolo in predicato a Vienna). Analoga comparazione, stavolta però con Frida Leider, sarà il caso di scomodare per la convocata Kundry di madame Denoke. O, nel repertorio italiano, rispettivamente Claudia Muzio e Bianca Scacciati saranno evocate per le deputate interpreti di Floria Tosca, signore Stemme e Radvanovsky.
Non mancheranno i paragoni fra la protagonista di Italiana in Algeri, signora Kasarova, e le grandi virtuose della Rossini Renaissance, accomunate alla loro diretta erede da identica purezza di emissione, analoga capacità virtuosistica, pari attenzione agli accenti nascosti, cuore e cardine della musica del Pesarese. Idem dicasi per mademoiselle Garanca, che offuscherà, nella Clemenza di Tito, il ricordo di una Berganza o di una Dupuy. Così come sarà doveroso spendere almeno i nomi di Gina Cigna e Maria Caniglia per la prescelta Abigaille, cantante di vasto repertorio e ambizioni ancora più vaste, recentemente illustratasi nella fortunata produzione scaligera dell’estremo titolo pucciniano. Quanto all’attuale Nabucco, è di questi giorni la trasmissione del suo Rigoletto, cantato proprio a Vienna, al Theater an der Wien. Ce n’è quanto basta per dimenticare per sempre Giuseppe de Luca, non solo, ma persino Leo Nucci!
Quanto ai titoli del Verdi maturo, mancano le parole e soprattutto i termini per una onesta comparazione. Cast come quelli proposti sono la più perfetta declinazione di quello che oggi si intende per lusso, scialo e raffinata espressività. Qualcosa che mette in ombra i famosi cast all star non solo della Staatsoper, ma del Covent Garden e del Met. Magari documentati da gracchianti cilindri Mapleson. E se l’opera convenzionalmente nota come “la malefica” e il Don Carlo non presentano particolari crismi di originalità, avendo i prescelti interpreti, tutti o quasi, affrontato più volte i rispettivi ruoli sia a Vienna che altrove, il Ballo si presenta come spettacolo imprescindibile, di quelli che, come usa dirsi, fanno epoca. Lo stesso può dirsi per il Faust di Gounod, protagonista il tenore che allo stato attuale umilia e ridicolizza, in uno, Slezak, Jadlowker e forse anche Edmond Clément.

Questo potranno dire e pensare i nostri posteri. E per gustare i più funambolici elogi non dovremo aspettare la posterità, atteso che i cantori delle magnifiche sorti e progressive del canto lirico moderno, anche e soprattutto fra i signori critici della carta stampata, abbondano.

Inzwischen freuen wir uns darauf, dass unsere beliebte Kollegin, KS Selma Kurz, an einige dieser Vorstellungen teilnehmen wird. Sie wird naturlich vortragen, ob unsere Vorhersagen falsch oder richtig sind.
O per dirla in idioma ausonio: benvenuta cara Selma, attendiamo le tue cronache da Vienna.

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