34 pensieri su “roberto devereux: la voce di elisabetta

  1. Prestazione davvero splendida, che ricorda per certi versi la Gencer e la sua idea intepretativa, e i suoi modi. La Stapp però è una cantante poco costante nelle sue prestazioni: alterna cose buone, come questo Devereux (anche se si potrebbe discutere di alcuni eccessi, a mio avviso), ad altre imbarazzanti. Ricordo, in questo senso, una Norma davvero inascoltabile.

      • Non mi interessa stabilire dei modelli di riferimento. Nutro semplicemente ammirazione per questa cantante che in ragione di un controllo vocale solidissimo e di alta scuola, resta ad oggi, alla faccia dell’età, la numero uno di tutto il panorama internazionale.

          • Ma improponibile per chi? Forse per coloro che ragionano a compartimenti stagni ed in base a pregiudizi che si sono autoimposti? Per fortuna esistono ancora cantanti che sanno stupire ed uscire dagli schemi tradizionali. L’ho scritto sopra: non so quale sia la voce “adatta” per Elisabetta, so solo che la Devia ha regalato una prestazione che, personalmente, scorderò con molta fatica.

          • Davide, quello che mozart e donzelli cercano di dire è questo: ogni ruolo operistico ha una certa tessitura, ossia una zona del pentagramma in cui è concentrata. Questa tessitura ha un centro più o meno delineato attraverso cui si può dire se il cantante ha le proprietà per tale ruolo o meno, in quanto se il centro stesso della vocalità di un cantante corrisponde col centro delle tessitura del ruolo, allora tale cantante può esprimere al meglio tale ruolo e non semplicemente limitarsi a fare le note. La Norma, la Stuarda, la Bolena hanno per il soprano una tessitura ampia è vero, ma il centro è sempre una zona medio-grave e medio acuta, e la Devia e la Gruberova, noti koloratura, hanno il centro vocale nel registro medio-acuto, quindi non avendo il registro medio-gravi che le parti richiedono.
            Scusa la causticità, ma questa frase “Per fortuna esistono ancora cantanti che sanno stupire ed uscire dagli schemi tradizionali” è una fesseria, nel senso che il canto artistico (quindi non Bocelli che canta opera e pop, o Albano che canta incide arie d’opera) è un lavoro artigianale, e se un ebanista non ha la forza per scolpire il ginepro, lascia stare il legno e prende legni che la sua forza riesce a scolpire! 😉
            Si chiama umiltà e coscienza dei propri limiti, cosa che la Gruberova e Devia possono esemplificare andando in pensione!
            Come dice la Vishneskaya “Un artista che ha avuto una grande carriera deve avere il senso della dignità e dell’orgoglio e ad un certo momento smettere col canto”.

          • 30 anni fa esisteva ancora una concorrenza, oggi quali sono le alternative alla Devia?

          • Esattamente come Domingo: 30 anni fa non avrebbe mai cantanto Otello, Calaf e tutte le altre cose che ha fatto. Morti i grandi, entrano i comprimari!
            Ben inteso, la Devia e Domingo non fanno la stessa professione 😉

          • Certo devoti, le vocalità si evolvono. Grazie a questo modo di ragionare abbiamo oggi prodotti dell’ evoluzione come la Bartoli e Kaufmann, la Gruberova che canta Norma, Florez che canta il Rossini serio e la Devia che canta Devereux.
            Come diceva Maestro Spinelloccio nello Schicchi: “A che potensa l’ è arivata la sciensa”…

  2. Olivia Stapp, che ho più volte sentito in teatro anche in piazze minori come Padova, Brescia e Ravenna, era una di quelle collaudate professioniste capaci di inanellare con sicurezza recite su recite di ruoli pesanti come Turandot, Macbeth, Minnie e Abigaille.
    Come peso vocale è adeguata al ruolo, cosa che dubito fortemente possa dirsi della Devia, che già nel concerto di Firenze aveva fatto ascoltare una Elisabetta formato canarino.

  3. caro devoti,
    per motivi anagrafici ed esperienze di ascolto sto dalla parte di mozart ed ho la presunzione di star da quella di Donizetti mentre, credo, la signora Devia stia da quella del proprio conto corrente, complice lo squallore delle leve canore a lei successive. E’ uno di quei casi in cui non si vince una causa per merito e bravura, ma per insipienza ed incapacità della controparte. Questa da anni è la politica di Mariella Devia ed Edita Gruberova. Lo faremmo tutti al loro posto pensando proprio all’ e/c.
    Noi, ripeto, siamo quella generazione che ha condiviso l’opinione di una Maria Chiara, che cantò -splendidamente- Bolena e Stuarda, ma che conscia dei propri limiti di interprete girò intorno a Roberto Devereux per, poi, ritenere la parte non adatta ai propri mezzi. E della medesima opinione circa Elisabetta fu Joan Sutherland, la cui voce era circa dieci volte la Devia per ampiezza ed espansione in teatro e quindi seguendo la logica della Mariella nazionale ad entrambe (Chiara e Sutherland) le cantanti che ho citato sarebbe bastato cantare. Ma non bastava a loro ed al pubblico del tempo. Perchè non dimentichiamo che certi passi della Borgia ad una Sutherland costavano per la gravità della scrittura come pure l’imperioso accento richiesto e questo fu giustamente fatto rilevare.
    Il prodigio l’ho sentito. Il prodigio c’è perchè la saldezza della Devia d’anni 63 circa richiama solo due altri esempi della storia del canto Madga Olivero ed Ernestine Schumann-Heink. Ma lì il prodigio si ferma perchè Madama Devia canta Roberto Devereux e non Dinorah e rimane una cantante di mezzo carattere o per dirla alla francese chateuse a roulade. Ovvero quelle cantanti cui il vero accento tragico, il sublime è precluso. Ti potrei elencare tutte le frasi di Elisabetta a partire dall’ingresso al “Quando chiamo con la tromba ” in cui la signora Devia emette suoni pregevoli e di scuola, ma per certo non accenta o se lo fa si può legittimamente pensare a Dinorah o Margherita di Navarra. E ti posso anche aggiungere che il problema è solo in parte un problema vocale perchè la Sills (che all’Elisabetta di Devereux, credendosi Bette Davis, sacrificò almeno un lustro della carriera) a questo concetto di accento tragico, all’essere tragedienne rispondeva pienamente. E questo concetto lo preciso non ha nulla a che vedere con le tende ed i canapè della divina Olivero, perchè lo esplicitava a meraviglia una cantante compostissima e solenne come Anita Cerquetti.
    Lo so bene che non condividi per nulla quello che scrivo ciao dd

    • Concordo pienamente: è come se una persona alta 2.00 volesse fare il corpo libero in ginnastica ritmica: è impensabile, nel senso che si brucia in 2 anni dalla fatica che fa! O come se una ballerina obesa volesse fare l’etoile! Senza nessuna discriminazione per chi è alto o obeso, per certi lavori occorrono certe caratteristiche, e come ho detto nel commento prima, la tessitura degli ultimi ruoli della Devia e Gruberova danno da parte loro interpretazioni unilaterali basate sul “fare le note” e basta!

    • Una curiosità: non ho mai capito come la Sutherland, i cui limiti rispetto al Devereux e alla Borgia sono come giustamente tu li hai descritti, avesse potuto essere scambiata ad inizio carriera per una wagneriana.

  4. di certo non si può imputare alla Devia se manca una vera concorrenza,ed è rimasta una delle poche alla sua età di fare vedere come si canta sul fiato,e come si respira mentre si canta.
    perche dovrebbe lasciare,e andare in pensione? quando la voce è ancora ben sorretta,anzi il suo continuo mettersi in discussione,la ricerca di nuovi ruoli,lo stimolo di cantarli al meglio ne fanno alla sua età ancora un soprano di riferimento nel grigiore attuale.
    non ha il peso vocale per cantare la regina Elisabetta?,può darsi,ma ha saputo dare una sua interpretazione che ha riscosso grande consenso,non basta fare tutte le note?vero,ma mi sembra che l’interpretazione ci sia,anche se è un po fredda,ma questo è dovuto anche di dovere dare il meglio di sè
    soprano leggero? anche ma all’inizio,perchè nel percorso degli anni della carriera ha molto migliorato il suo registro centrale.
    quindi finchè la sua voce è questa non c’è bisogno che si ritiri,è il suo stimolo nel cercare ancora di dare emozioni -ed emozionarsi-a farla ancora cantare.
    Ormai dopo tanti anni di carriera il suo conto corrente è ben fornito,e non penso che sia quello lo stimolo.

    • Credo di conoscere Mariella Devia abbastanza bene, avendola ascoltata in teatro almeno una ventina di volte, a partire dal suo debutto a Treviso nel 1973 come Lucia, dopo che aveva vinto il Concorso Toti Dal Monte. L’ ultima volta che l’ ho sentita fu nel 2001 a Genova, come Giovanna D’ Arco. Le note c’ erano tutte, e anche impeccabili, ma invece della vergine guerriera immaginata da Verdi sembrava al massimo una bambina che giocava alla guerra con uno scudo e una spada di cartone.

  5. La mia sintetica premessa voleva proprio significare che AL DI LA’ della giusta vocalità per Elisabetta del Devereux, la Devia ha cantato molto bene. Punto. Era una testimonianza. Ho forse affermato che è diventata il punto di riferimento per questo ruolo? Che ha sbaragliato tutte le cantanti del passato che lo hanno cantato? Che non esiste altra Elisabetta al di fuori di lei nella storia? No, ho solo detto che ha cantato molto bene.
    Non capisco, allora, tutte queste prese di posizione aprioristiche: non le capisco, molto probabilmente, perchè per mia formazione ed inclinazione non sono un dogmatico e, pertanto, vado a teatro (quando posso) evitando di crearmi delle sovrastrutture e badando al risultato a posteriori. Ossia, mi interessa e piace sentir cantare bene. Sarò sempliciotto? Può darsi.
    Ciò detto, leggere che la Devia dovrebbe andare in pensione mi pare una grande sciocchezza. Resta una delle pochissime che ancora sa cosa voglia dire cantare: perchè noi, pubblico che non abbiamo conosciuto i grandi interpreti, dovremmo privarci di tanta rara bravura?
    Non capisco il riferimento al conto corrente: intanto non ci vedo nulla di male a farsi pagare, ma osservo che la Devia non ha bisogno di cantare nuovi ruoli per poter lavorare. Se si limitasse al suo repertorio tradizionale, troverebbe comunque scritture a iosa: non credo che canti il Devereux (o la Bolena o la Stuarda o, si dice, prossimamente Norma) perchè altrimenti non arriverebbe a fine mese.
    Il fatto che nessuna oggi incarni i crismi vocali di Elisabetta non ha nessuna attinenza col risultato artistico dell Devia: il mio giudizio sarebbe immutato anche se oggi vi fossero la Ronzi, la Caballè e la Gencer in persona a cantare questo ruolo. Perchè bisogna sempre e comunque paragonare?? Probabilmente uno apprezzerebbe di più queste altre interpreti in questo ruolo, ma la prova della Devia rimarrebbe comunque di grande levatura.
    Il mondo dei melomani è molto strano: se uno appreza un/una cantante perchè grande interprete si vede rispondere che quello che conta è il solo dato tecnico-vocale, poi quando lo stesso apprezza altro/a cantante perchè prodigiosa dal punto di vista tecnico-vocale, si vede rintuzzare che ciò che conta è l’interpretazione e il fraseggio.
    Mai contenti i melomani… :-)
    Ultimamente lo sono stato poco anch’io (Festival Donizetti, Ballo a Parma, Flauto a Genova, Donna del Lago alla Scala), ma Marsiglia mi ha rinfrancato.

  6. caro davide
    quando io parlo della Devia parlo di una cantante non di una impostura! E questo è un punto irrinunciabile
    da una cantante è giusto sentire cantare e il tuo entusiasmo è giusto perchè hai -finalmente- sentito cantare.
    Gli altri spettacoli cui fai riferimento e che anche io ho visto mancavano di questa caratteristica di partenza. Caratteristica minimale e di partenza. Ma non esaustiva soprattutto quando parliamo di una CANTANTE come Mariella Devia. Dalla Devia dalla sua tecnica, dalla sua fama ed anche per giustificare i compensi, che lucra si impone che la signora non si limiti a cantare e siccome è con l’Elisabetta del Devereux o la Norma o anche altre parti tragiche affrontate tempo fa come Beatrice di tenda, Parisina, Semiramide cantare può bastare con strumenti e materiali molto molto differenti da quelli di Mariella Devia suquesto si fonda la critica alla Devia in questo repertorio. Quello che sfugge è come in queste parti il canto non sia un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Perchè credi che una Sutherland sia arrivata relativamente tardi a Borgia , tardissimo a Bolena (ed era il rimpiazzo di un titolo rossiniano mancato) perchè sapeva lei e soprattutto Bonynge che per quelle parti non bastava cantare ci voleva altro. Cosa facessero le altre certe signore (Sutherland, Gencer, Sills, Scotto Caballe e dopo Anderson Cuberli, Serra, Devia) lo sapevano meglio del loro e/c perchè era la condizione essanziale per la sopravvivenza e per essere quelel che con merito eranpo diventate. Ed è sempre stato così. Che dischi credi comparasse la Callas? Quelli di Renata Tebaldi. Quanta sincerità nella Gencer che dice “fortuna che la Cerquetti abbia smesso altrimenti avrei cantato Manon e Butterfly”
    Oggi e non per colpa di madama Devia ( che è una sopravvissuta come lo furono ai loro tempi Marietta Alboni o Giulia Grisi) manca questa sana competizione e allora basta cantare. Ma è un bastare . Se vuoi un bel bastare, ma sempre un bastare Tutto qua. Ciao dd

  7. una chiosa non è esatto mai contenti. Sognatori i melomani perchè si mettono in testa un’idea e lo sognano realizzato, ma quando lo vedono realizzato……… i famosi venti minuti di applausi al Tancredi della coppia americana Horne Cuberli.

  8. Credo come Donzelli che “Mai contenti i melomani…” sia chiaramente un riassunto molto veloce da parte di chi non legge spesso il corriere ed i suoi interlocutori abituali, diversamente da quanto davide è, visto che interviene e partecipa! Credo che il tuo discorso, davide, non sia sempliciotto ma di uno che si accontenta come il caro pasquale che si accontenta di sentire la Netrebko in “Anna Bolena”. Dici poi “al di là della vocalità” che secondo me è una frase tremenda: se la vocalità è appunto un perno stabile dell’opera lirica, come si fa a prescindere da questo? Ecco che appunto vanno a crearsi quelle aberrazioni vocali come Domingo in Handel o nel Belcanto, o la Bartoli nei ruoli delle tragiche, proprio in nome del “Tutti possono fare tutto perché tutti esprimono qualcosa”: è una emerita aberrazione! Senza contare che al di là della vocalità significa che si prescinde dalla vocalità, cosa che nella Devia è assurdo visto che la sua prerogativa di CANTANTE è la perfetta vocalità stessa in questo caso in un ruolo che non le si confà.
    Nemmeno io sono dogmatico – tutt’altro – ma sono fortemente storico e credo fortemente in una tradizione operistica e nel rispetto delle sue formule, non perché le impongo io ma perché sono regole che vanno di per se con l’opera (parola e musica) come qualsiasi altro sistema. Rispettare tali “regole” significa porsi in un percorso di tradizione e quindi portarsi su un cammino storico, ecco perché si compara! Perché nessuno fa comparazioni della Bartoli con altre Norme o Sonnambule? Per il semplice fatto che la Bartoli non è niente per la storia della vocalità! Potrà al massimo essere qualcosa per la storia della musica, in quanto ha rispolverato e fatto conoscere repertori desueti, ma in quanto a vocalità che ci fosse o meno, è irrilevante.
    Detto ciò, la Devia può benissimo fare recital di canto per fare sentire come si canta e cantare anche brani preclusi nel caso alla sua vocalità, come già la Caballé o la Price fecero per brani dal Macbeth che spesso portavano nei concerti ma si guardarono bene dal portare in scena!
    In ultima istanza, caro Davide, il tuo discorso (e il comportamento delle signore cantanti) porta alle conseguenze odierne, che giovani soprani koloratur scelgano di cantare il ruolo di Morgana dall’Alcina di Handel o giovani tenori inizino a cantare il Rossini tragico.
    Questo è proprio non sapere amministrare la propria carriera, oltre che non capire niente della propria vocalità e dei tempi di educazione delle voci!

  9. veramente caro papageno non sono solo io che mi accontento della Netrebko che canta Anna Bolena.
    Capisco il tuo discorso, perche adesso sembra che tutti vogliono cantare tutto senza scegliersi un repertorio adatto alla loro vocalità,o per lo meno cominciare in un ruolo adatto,e poi maturare cercando altri ruoli sempre compatibile al tipo di voce.
    Tornando alla Devia è nata come soprano leggero,ma poi ha saputo cambiare migliorando è di molto il registro centrale,e su questo si è discusso anche qui sul corriere quando si parlava della Pratt dopo che ha cantato in Lucia a Genova quando si diceva molto bene sul registro acuto,ma ancora debole e poco consistente sul centro,e che dovrebbe fare lo stesso percorso della Devia,adesso nol lo sò se lei ha fatto bene a mettersi sul palco è cantare tutta l’opera,forse poteva accontentarsi come a Firenze di fare dei recital,ma se lei ha ritenuto di poterlo fare era convinta di rendere bene il ruolo,comunque è sempre la dimostrazione di come si canta.

    • Non facciamo comunque paragoni tra una seria professionista dalle scelte di repertorio discutibili come la Devia e una dilettante allo sbaraglio come la Netrebko, che la tecnica non sa neanche dove stia di casa e al posto del fraseggio offre una marmellata di consonanti indistinte.
      Tanto per aggiungere un ulteriore dettaglio, guardate che la Devia ha cantato questo Devereux in forma di concerto, e questo fa differenza…

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