Il mio primo Mozart. Anteprima del Don Giovanni alla Scala (04.12.2011)

Si compia il rito!

E’ la frase tratta dal “librettese” più  adatta al 7 dicembre.

I riti però  devono avere una sostanza e sulla sostanza ci siamo interrogati.

Anzi si sono interrogati gli under trenta, che hanno assistito alla “primina”. Siccome il teatro avrebbe dovuto essere popolato solo da loro ed, invece, vi erano i soliti “presidiatori stanziali” il Corriere trova giusto che siamo i veri reali destinatari della primina (coloro che hanno fatto la coda alla biglietteria, pugnato via internet per il biglietto) a commentare e recensire. Sono loro e solo loro il futuro del teatro di qua e di là dal palcoscenico.

A loro la parola anzi le parole, perchè loro sono anche poliglotti, oltre che molto più esperti e raffinati di noi over trenta e testimoniano che nonostante i quotidiani assalti dei media, degli uffici stampa e dei radioosanna mediatici ci sentono. Eccome.

Saluti

GG e DD

En estos duros tiempos italianos el Teatro alla Scala parece no mostrar fracturas económicas, al contrario: se olvida de la crisis presentando al joven público milanés un espectáculo caro pero muy pobre artísticamente.
Caro por la presencia de grandes estrellas del mundo actual de la ópera y del teatro: Anna Netrebko, Barbara Frittoli, Bryn Terfel y el director de escena Robert Carsen que, como fácilmente podrán imaginar, no hacen descuentos al vender el proprio ejercicio artístico ya de por sí sumamente oneroso.
Pobre artísticamente por la baja, escasa e insignificante prestación artística de muchos de los protagonistas de esta noche under30 en la Scala.  El primero de ellos, Barenboim, dió muestra de sus peores habilidades como director de orquesta: sonido metálico cuando tenía que ser “piano”, agresivo y ruidoso en los “forte”. A esto se añade una falta de redondez, de profundidad, de refinamiento orquestral. Pero sobre todo, una evidente y preocupante incapacidad de dirigir a la orquesta y a los cantantes al mismo tiempo: escasos fueron los momentos en la ópera en donde había unidad metronómica entre las dos partes. Por supuesto no hubo tampoco unidad de intenciones interpretativas compartida por las partes: pero ya es mucho pedir a quien, aun teniendo capacidades tristemente desaprovechadas,  parece haber hecho de la superficialidad el pilar de su ejecución.
Coprotagonista de Barenboim fue el director de escena Robert Carsen cuyo trabajo careció de originalidad, de fantasía, de movimiento y, sobre todo, de lógica y coherencia con la música de Mozart y con el texto de Da Ponte: fotos del telón y de la sala del Teatro alla Scala, pegadas en paneles de dimensión real diferentemente dispuestos en la escena, fueron la única presencia escenográfica en toda la ópera junto a pocos momentos en los que el palco aparecía completamente vacío con maquinarios, cables y aparatos técnicos en plena vista. Fue todo para el más importante estreno de la ópera internacional: un banal reflejo del máximo Teatro milanés en las aventuras de Don Juan, con el clásico rojo de la Scala como color dominante, casi invadente.
¿Qué decir sobre los cantantes? Mucho nombre, mucha fama. Poca calidad. Anna Netrebko resultó ser una de la más interesante del cast: voz grande, sonora, pero muy vulgar y constantemente desafinada incluso en los momentos más sencillos de la partitura. Barbara Frittoli, Donna Elvira, sigue siendo una mediocre intérprete mozartiana: voz engolada, sin fraseo, sin proyección, dura en todos los registros. Terfel, en un papel bien conocido por él, fue un Leporello bueno como actor, ágil en la escena. Lástima por su voz: abierta, sin apoyo, con una emisión totalmente destapada y rota. Muy mal el Don Ottavio de Filianoti, ejemplo evidente del mal canto. Sin lugar a duda el Don Giovanni de Mattei fue la prestación más interesante: aun con serios límites en la voz (falta de sostén del aliento, de fraseo y con el registro agudo totalmente descubierto), buscó una interpretación para su personaje, un color para su voz y una cobertura de sonido en el registro medio. Pero no siempre los encontró.
Resulta, como siempre, triste apuntar en nuestro cuaderno de recuerdos líricos otro infeliz capítulo del Teatro milanés. Capítulo abundantemente aplaudido por un público joven encantando, emocionado -lo cual no deja de dar mucho gusto-, más por estar escuchando en un gran Teatro su primer Mozart que por estar viendo un espectáculo de inapreciable calidad.
Manuel García

 

A star-studded “Don Giovanni” is going to open the new season at La Scala. Alas, the skies were somewhat cloudy on the dress rehearsal held on Sunday afternoon for a young public. Young and innocent indeed, though many members of the audience looked like they could have seen Leontyne Price or Joan Sutherland as donna Anna on the very same stage… but for most people, that “primina” was really “their first Mozart”, as in the well-known Ricordi series of sheet music. We hope it won’t be the last one, though Maestro Barenboim and the orchestra did their best (!?) to make Mozart sound (and last) like Wagner, or better, like a German provincial version of a lesser-known Wagner opera. Stage director Robert Carsen made it clear he was going to open La Scala by putting reproductions of the well-known Ambrosian curtain in every scene. Perhaps he was just trying to remind his audience that they actually *did* get tickets for La Scala… though any off-off theatre could have staged such an empty (in every possible sense) performance. As for the singing stars, in a big tragical role we got a lyric soprano – Anna Netrebko – who sings with amateurish technique, is often out of tune above central C (especially in the Act 2 aria) and most of the time seems completely unaware of what’s going on, both on stage and in the score. The eponymous Burlador was Peter Mattei, a bright, gentle if a bit tiny baritone voice with a decent medium, unfortunately following the painful Fischer-Dieskau school when it comes to high notes and “pianos” (which caused the Canzonetta to be quite awkward). The others did everything but sing.
Antonio Tamburini

 

Dopo quanto si è visto e sentito nel corso dell’anteprima del 4 dicembre dedicata al pubblico degli under trenta, l’inaugurazione della stagione della Scala si prospetta decisamente problematica. Recensire dettagliatamente lo spettacolo sarà faticoso compito degli amici del Corriere che assisteranno alle prossime recite, per ora basti qualche rapida anticipazione, accompagnata da alcune considerazioni, anche se l’unica considerazione sensata, di fronte a prodotti come questo, riguarda la possibilità di smettere di frequentare i teatri, auspicandone la chiusura per intervento di giusti e meritati tagli finanziari.
Brevemente, allestimento di rara bruttezza, scene completamente spoglie, ingombrate solo dalla presenza di riproduzioni fotografiche del sipario e della sala del teatro, sciatta riproposizione del superato topos del teatro nel teatro, con i personaggi che invadono gli spazi della platea e dei palchi. I costumi, moderni, non lasciano nessuna impressione, come pure il noioso uso delle luci. E’ parsa interessante solo l’idea di ambientare in chiesa, nel corso della celebrazione dei funerali del commendatore, il quartetto e la successiva aria di Donn’Anna del primo atto (la scena sembra omaggiare, non so se volontariamente, l’allestimento di Martone nella Cavalleria Rusticana). Per il resto lo spettacolo fatica a trovare ritmo e a catturare l’attenzione, salvo una clamorosa soluzione pornografica nel secondo atto ed il coinvolgimento del direttore d’orchestra (se così possiamo definire questa specie di vigile urbano spaparanzato) in qualche gag con i cantanti.
Veniamo quindi alla parte musicale. E’ assente una vera concertazione, l’orchestra è rumorosa, squilibrata, disordinata, quella di Barenboim è la lettura pesante e allentata di chi non sa nemmeno tenere insieme buca e palco, ma neanche staccare e battere tempi precisi e coerenti. Imbarazzante in particolare la realizzazione del finale primo che prevede la presenza di tre orchestre sul palco, ma sono risultati completamente insufficienti tutti i pezzi d’assieme, che richiedono una regia vocale, una sincronia ed un equilibrio tra voci e orchestra impossibile da realizzare se non da grandi concertatori: quello che Barenboim non è mai stato. I capi di tutti i giovani spettatori, sempre chini sui monitor a fissare lo scorrimento dei sottotitoli, ben chiariscono il livello di chiarezza e trasparenza di simile guazzabuglio sonoro (e, per inciso, chiariscono anche quale sia la preparazione di siffatto pubblico: ma spetta sempre e solo a chi sta sul palco rendere comprensibile e fruibile lo spettacolo agli spettatori).
Quanto alle voci, Peter Mattei (il protagonista) ha voce morbida e di bel colore, ma poco incisiva nei finali concertati ed in tutti i pezzi d’assieme, dove si stenta ad udire. Apprezzabile l’intenzione di cantare piano nella seconda strofa della serenata, ma la voce corre davvero poco. Terfel (Leporello) è volgare nel gusto e musicalmente trasandato, non è fluido nella pronuncia ed emette solo suoni secchi e sguaiati. Inoltre non possiede la voce di basso che il ruolo richiede, dovendo fare spesso da sostegno armonico alle altre voci. Giuseppe Filianoti (Don Ottavio) è in affanno dalla prima nota all’ultima, mostra costantemente fiati corti e problemi d’intonazione, la voce è pressoché inudibile e l’espressione è sempre piatta, le due arie passano inosservate. Štefan Kocán è un Masetto dalla voce affondata e caricaturale, mente Kwangchul Youn nei panni del commendatore dà prova scadente, spingendo sempre sul proprio strumento senza riuscire a produrre niente più di qualche rumore ingolfato e difficilmente udibile. La parte femminile del cast presenta una Anna Netrebko (Donn’Anna) di bella voce, piena e sonora, ma in difficoltà sugli acuti e disordinata nella discesa in zona grave. L’intonazione è spesso problematica (clamorosi gli errori nel finale), l’agilità è imprecisa e priva di mordente, la pronuncia è assente, l’espressione inesistente. La prestazione è sempre calante nel corso della prova, con un secondo atto decisamente peggiore del primo. Barbara Frittoli è un’Elvira sottodimensionata e vocalmente in difficoltà, con gravi sguaiati ed acuti sempre indietro, mentre espressivamente la cantante è del tutto inerte, dovendosi concentrare esclusivamente sul riuscire a fare le note. Anna Prohaska (Zerlina) si ode a malapena, quel che si sente sono suoni malfermi e pigolanti.
La sala colma di giovani alla fine esplode in continue ovazioni, facendoci presagire uno scenario futuro per il mondo dell’opera non molto diverso da quello attuale, con un pubblico anzi ancora più prono alle imposture dei supermercati discografici, e ancora più disinteressato ad andare a teatro per motivi diversi dallo sfoggio di un nuovo capo d’abbigliamento. Congratulazioni al Maestro Barenboim.
Giambattista Mancini

Immagine anteprima YouTube

50 pensieri su “Il mio primo Mozart. Anteprima del Don Giovanni alla Scala (04.12.2011)

  1. Mio Dio ma vi è parso davvero così orrendo tutto? Anche la scena del cimitero, anche il controfinale ultimo? A me la regia è parsa interessante, anche se non memorabile, la Frittoli discreta (e come bassi sguaiati, perchè non andare a risentiresi la celebratissima -da alcuni- Schwarzkopf dell’edizione di Giulini…). Voglio dire che certi ruoli sono, da moltissimi anni, problematici per la maggior parte degli interpreti che li affrontano. Che si deve fare ? Congelare certe opere di repertorio nell’attesa che si presentino tutti i cantanti giusti? (e nel Don Giovanni sono almeno sette!) Il lavoro compiuto da Carsen sui cantanti, in ogni caso , a me è parso interessante e di gran lunga più autorevole di quello compiuto da Beremboim in buca.

    • Billy, perche’ parlare di FRau TEstanera se canta la FRittoli????……elvira problematica? Maddai, senti la jurinac, etc etc… Meglio della frittoli tante, ma perche’ la frittoli e’ male in arnese adesso…..

    • Se in un progetto di architettura si vuole fare una nuvola senza pilastri, ora come ora non si fa perché non si sa come farla. In futuro forse si potrà fare!
      Se un’opera non si sa cantare ed i cantanti non sono quelli giusti, mi sembra giusto mettere da parte quell’opera ed aspettare a tempi migliori.

  2. Billy Budd: ti invito a dare un’occhiata alla regia di Strehler del 1987. Vedrai delle differenze abissali: una è regia, quella di Strehler, con un messaggio, con un’idea chiara espressa altrettanto chiaramente, con un gusto raffinatissimo; l’altra è una presa in giro bella e buona. E bravo il nostro Teatrino che si fa prendere per i fondelli pagando fior di quattrini una bufalata di dimensioni ciclopiche.

    • Non c’è bisogno. L’ ho vista almeno quattro volte in teatro. La trovavo elegante, leccata e piuttosto…senile. Cara Giulia, i confronti li facciamo spesso perchè non farli con la signora Legge? ( che Celletti, amato da tutti noi, definiva la migliore Elvira degli ultimi quarant’anni.)

      • Di Ckketti non so ma io penso a modo mio. Madame Testanera ha vuto tutto, soprattutto grandi bacchette e ripassatori di spartito. Io la trovo vocalmente sgangherata, tecnicamente indegna della sua splendida maestra. La me piaz no anche se musicalmente esibisce grandi idee come nella COntessa……Meglio frau SEna….uber alles!

      • “leccata – elegante – senile”…noto, con rammarico, come la continua opera di disinformazione (o di creazione chirurgica di un consenso strumentale) abbia prodotto danni irreparabili attraverso la diffusione delle sue “parole d’ordine” (ripetute meccanicamente e senza più alcun legame con i fatti). Strehler non è mai piaciuto ai “professionisti dell’avanguardia o del teatro concettuale”: l’hanno sempre criticato per via del suo “assurdo” vezzo di mettere al centro l’autore e l’opera, e poi costruire su di essi una regia… L’hanno definito con disprezzo “classicismo”, loro che prendevano a pretesto un autore e un’opera solo per raccontare le deformazioni del proprio ego. La “damnatio memoriae” continua e continuerà… C’è chi, allora e oggi, si “scandalizza” perché Don Ottavio non si leva il cappello di fronte a Donn’Anna e al cadavere del Commendatore (intollerabile?!?!?!), mentre, invece, ingoia con gusto “radical chic” cubi azzurrini, lambrette e masturbazioni simulate durante i brani solistici. Ma va bene così, a patto di non scadere nel grottesco: il provincialismo italico (declinato idifferentemente in esterofilia o gretto campanilismo) tende a giudicare un allestimento in base alla firma…quindi una boiata non è una boiata se a imporla è un regista del “giro giusto”. Come Carsen, che pure mi è piaciuto in tanti suoi spettacoli, ma che – a giudicare da quel che si legge in giro – ha saccheggiato sé stesso e gli abissi della banalità per confezionare il solito spettacolo ruffiano che non convincerà nessuno, ma che nessuno avrà il coraggio di criticare. Io dico che gli specchi riflettenti, il teatro nel teatro, un letto come metafora dell’eros, Don Giovanni come motore della vita degli altri, personaggi che entrano ed escono da palchi e platea, sala illuminata per “coinvolgere” il pubblico e altre amenità siffatte…forse non saranno soluzioni “senili” o “leccate”, ma sicuramente sono vecchie e decrepite come la mentalità del pubblico scaligero (che adora la naftalina, soprattutto quando è travestita da novità), estremamente volgari e irrispettose della musica (l’orchestra che dovrebbe suonare sul palco – nel finale – viene rimessa in buca, con tanti saluti agli effetti studiati da Mozart: ma forse anche Mozart era troppo “senile” e “leccato”). Quanto all’eleganza…effettivamente è un valore di cui oggi si è perso il gusto…
        PS: a dispetto della damnatio memoriae radical chic, faccio notare che al Piccolo, l’Arlecchino di Strehler fa da più di 50 anni il tutto esaurito…ma forse anche il pubblico del Piccolo (e dei teatri di Parigi, San Pietroburgo, Londra etc…) è troppo “leccato” e “senile”…
        PPS: premesso che Celletti non è vangelo (e di abbagli ne ha presi tanti), in questo ultimo caso sono d’accordo con lui, a me la Sig.ra Schwarzkopf piace molto in certi ruoli (e piaceva molto anche alla Flagstad). Detto ciò, che c’entra la Schwarzkopf? Davvero pensi che sia meglio la Frittoli di oggi? Ritorniamo all’opera di disinformazione di cui parlavo all’inizio…

        • Ma va… come sei aggressivo. Oltretutto, se ho capito bene a volte ti dilunghi troppo …come Isotta (Paolo) non hai ancora visto lo spettacolo e già critichi. Io ho sempre trovato MERAVIGLIOSO il Simone e il Macbeth di Strehler, ma NON il suo Don Giovanni. Carsen ha fatto di meglio, ma anche in questo caso non lo butterei nel cesso con tanta acrimonia.

          • Ho premesso, infatti, che mi baso sui resoconti di chi c’è stato e sulle anticipazioni. Domani giudicherò… Purtroppo sono over 30 e, giustamente, non potevo accedere all’anteprima riservata

          • Dimenticavo: ho superato con profitto elementari, medie, liceo, università ed esame di stato…francamente non sento il bisogno di leggere valutazioni sulla mia prosa. Se non ti piace salta pure al commento successivo. Grazie.

        • Tutto giustissimo, detto bene e perfettamente condivisibile. L’unico dissenso: lasciamo stare la categora del radical chic. Che c’entra? Conosco un numero sufficientemente cospicuo di radical chic – a paritre da me stesso – che detesta e avversa fieramente le perfide insopportabili regie cui allude Duprez. L’accusa – di montanelliano qualunquismo – è francamente infondata.

        • Caro Duprez, sono in tutto per tutto d’ accordo con te. Come si evince dal tono di certi commenti, il gusto del pubblico ormai è perso, forse per sempre, addirittura peggio che in Germania dove la gente comincia sempre più spesso a rieagire violentemente contro certe boiate registiche.
          Ah, a proposito: le luci accese in sala le usava già Visconti nel finale della Sonnambula 1955 e oggi non le fanno piu neanche Garinei e Giovannini!

  3. Una piccola deviazione: mi chiedo da tempo se l’aggressività degli interventi di alcuni di noi sia dovuta a un eccesso di passione o dalla voglia di primeggiare sugli altri squadernando quanta cultura, quante ore d’ascolto, quanti spettacoli abbiamo visto ecc. (della serie : perchè hai letto due libri e seccato Madama in gioventù..Tanto per stare con Mozart) Forse sarebbe il caso di maggior moderazione e tolleranza. Con cordialità.

      • Il quadro non è tondo è l’arte non è scienza. E anche la scienza contemporanea si basa sul concetto di falsificabilità. Ergo: nessuno può permettersi di dire che ci siano posizioni indifendibili: l’arte è il regno della libertà e tutte le posizioni sono difendibili. Corollario: dal momento che nessuno possiede la verità (anche se ingenuamente qualcuno crede di possederla) s’imporrebbero toni di conversazione improntati a serena e divertita tolleranza. Sempre se non si hanno labilità affettive da compensare. Sia chiaro che non mi riferisco a qualcuno in particolare ( conoscendo personalmente nessuno ): è questo un discorso generale.

        • Benissimo, allora, con serena e divertita tolleranza, si difenda la prestazione della Frittoli in questo Don Giovanni proponendo degli argomenti, che non siano però la censurabilità della Schwarzkopf. Perché una Schwarzkopf (cantante che trovo anche io censurabilissima sotto il profilo vocale, ma come musicista non era l’ultima delle ultime) vale mille Frittoli, e non solo con riferimento alla Frittoli anno Domini 2011, ma in assoluto. Basta ascoltare il recitativo secco che segue l’aria di entrata per capire la differenza.

          • In effetti Mancini perdereste poco e non me la prenderei, anche se fra le poche persone che disprezzo veramente sono i censuratori di qualunque cosa, specie delle opinioni. E’ comunque un peccato vedere il manifestarsi di tanta animosità. Segno che la musica, in questo caso, avrà portato (forse) tanta informazione ma poca formazione. Peccato davvero.

    • Sarebbe il caso, anche, di variare sul tema…sono anni che sento ripetere gli stessi concetti “contro” il teatro di Strehler, “colpevole”, evidentemente, di mettere al centro dell’attenzione il testo e non una sua rivisitazione. Mi piacerebbe poi che il bilancino con cui vengono soppesati i presunti difetti di quel Don Giovanni venissero utilizzati anche con le lambrette e le polluzioni che son venute dopo… Purtroppo vedo che una boiata non è una boiata se è firmata Carsen. Ne prendo atto e sorrido. Credo, però, che sarebbe difficile spiegare a un marziano (ad esempio), perché mai gli specchi di Carsen sono geniali, e quelli di Ronconi nell’Europa Riconosciuta erano una fesseria… Forse dovrò leggere un altro paio di libri… :)

  4. Ma come hanno fatto gli over 30 ad avere i biglietti per la primina dei “ggggggggiovani”? E poi perchè sprecare posti destinati ad un pubblico diverso?
    Documenti falsi? Santi in paradiso? Associazioni? Agenzie? Accrediti stampa? Inviti speciali?
    L’anno scorso vidi Daverio uscire da un palchetto e non mi pare avesse i connotati da ventenne… a meno che non se li porti proprio male o sia stato colpito da invecchiamento precoce, come gli altri over (50, 60) che vidi mimetizzati pessimamente, tra i teenagers…

    Insomma il segreto di Pulcinella… a questo punto chiamiamola “PRIMA” vera e propria ed evitiamo certe figure.
    Ma la cosa presuppone un minimo di serietà, certo!

    Marianne

  5. mi appresto all’ascolto del DON GIOVANNI di stasera su RAI 5 .
    Avevo letto di un cast di stelle. Mi sono domandato: stelle si ma cadenti. La Netrebko è reduce da una Bolena alquanto brutta. E’ diventata sguaiata ed imprecisa e non certo puo’ essere miracolata in questa donn’Anna. Filianoti lo abbiamo sentito e risentito in questi anni. La voce era veramente bella ma da tempo ha gravi problemi irrisolti. Speravo in Terfel che reputo attore intelligente se pur non dotato di voce particolarmente importante. Speravo in uno spettacolo decente. Ma leggendovi ……non mi aspetto nulla di positivo. Com’è l’andazzo odierno della lirica nel mondo. Mi ricordo un DON GIOVANNI di stelle del 1966 alla Scala. Allora c’erano Ghaurov, la Sutherland, la Freni, Ganzarolli, la Lorengar. Altri tempi. Mi spiace che i giovani di oggi possano pensare che quel che stanno vedendo è il vero Don Giovanni di Mozart. Che dire? Pazienza e speranza. Intanto buon S:AMBROGIO a tutti in un momento tanto difficile per l’Europa,il mondo e Milano.

  6. …..il 29….ll’anno della crisi di wall street! Il pensiero corre subito al 29…..hahahaha, da ridere. Caro BIlly io penso chee e’ la polemica fine a se stessa….il piacere di ciarlare di oppera, in qlunque modo….basta farlo! Vediamo sstasera…..a dopo

  7. Ho un grande pregio.
    Non aspetto niente da questi meno-che-provinciali che si fanno passare per geni. Carsen per me è sempre stato insopportabile (anche la sua “persona” – seduto accanto a lui in un locale sembrava l’Imperatrice Maria Teresa che si faceva servire dai suoi lacché!).
    So che qualcosa del suo “output” vi piace. A me, proprio niente. Ad ogni modo, il “Don Giovanni!” regia di Strehler era e rimarrà uno spettacolo splendido. A chi non piace dimostra una scarsa conoscenza di librtetto, musica e teatro. Basta!
    Per quanto riguarda questo cast vocale… torno alla mia frase iniziale.

  8. Sfortunatamente nel 1928 non potevo essere alla Scala a sentire la Cigna. E’ appena finito il primo atto RAI 5. Ho trovato lo spettacolo nuovo e interessantissimo. Ora vedrò il secondo e giudicherò l’intero spettacolo. Molto bene Don Giovanni e Leporello. Non sono d’accordo sul giudizio dato a Terfel. E’ un cantante intelligente, un attore vero. Splendido il suo Faust di Parigi. Meno bene la Frittoli, discreta la Zerlina. Il Dalla sua pace di Filianoti non l’ho mai sentito cantato peggio di così. Aspetto a giudicare Baremboin : spesso frettoloso. Bene la presenza in teatro di Monti. Da troppi anni non si vedeva un capo di governo alla prima della Scala. Purtroppo per qualcuno Mozart non è Lapicella.

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