Rigoletto a Jesi: Piazzola si fa stimare.

Se mi avessero detto che durante una scampagnata lirica con gli amici sino al teatrino di Jesi avrei sentito un baritono di 26 anni esibirsi con onore, dignità vocale stilistica in un ruolo come Rigoletto “non lo avrei giammai creduto”. E invece Simone Piazzola ha saputo stupire me come tutta la mia piccola comitiva di viaggiatori-mangerecci, esibendosi in un exploit inatteso, soprattutto per come al giorno d’oggi mediamente si canta Rigoletto. La prova non era affatto perfetta, per ragioni insite nella giovane età sia anagrafica che vocale del cantante, ma sono state esibite delle  qualità e delle intenzioni rare oggi come oggi che ci dicono che questo giovane baritono può avere un futuro davanti a sé se saprà lavorare, perfezionarsi tecnicamente e…resistere alla tentazione di incamminarsi adesso su una strada, quella di Verdi, che lo attende ma in futuro.
Rispetto al Paolo Albiani dell’ultimo Boccanegra parmigiano Simone Piazzola ha cantato con una voce più omogenea, di buon timbro, acuti assai più avanti e meglio posizionati, maggiore legato. Ha cercato con costanza l’emissione morbida, non scadendo mai nel truce o nel volgare ( rarità al giorno d’oggi, popolato solo di beceri gobbi! ) e senza dimenticarsi di fraseggiare o di tentare di farlo. Tutto questo in un baritono tanto giovane fa della sua prova un successo di cui essere fiero, avendo anche ben chiaro di aver cantato in un teatro di dimensioni modeste, che gli ha consentito di mascherare abbastanza bene quanto ancora manca al suo canto: una posizione più alta e sfogata della voce, che gli fornisca quella proiezione e quella sonorità che gli sono mancati nei momenti tragici come il “Cortigiani”, ma anche nel canto in sourplesse delle ampie frasi legate “Miei signori perdono pietade”. Il passaggio superiore deve essere messo sotto sicuro controllo e non affidato alla dote come in certi frasi del “Pari siamo” o nelle altezze impegnative della scrittura del “Veglia o donna” : alcuni fiati abusivi e il cantare spesso con evidente tensione sono stati la spia del fatto che il ruolo stava dominando questo giovane e coraggioso cantante. Ha fatto una bella prova Simone Piazzola, inimmaginabile all’epoca del Paolo Albiani parmigiano, dimostrando coscienza, lucidità e gusto, insomma una professionalità che lo può portare a fare bene in ruoli titolari adatti alla sua giovane età, in attesa che il tempo porti la maturità e la voce fuori come insegnano i grandi modelli rappresentati dai McNeill, Danise etc etc….La voce deve essere messa là dove la mettono loro….

Con lui era il giovane soprano siberiano Irina Dubrovskaya. La sua Gilda è stata alterna, buona nell’aria ( la migliore del cast nel I atto, all’aria ) e nella grande scena del II con il padre, meno convincente nel duetto con il Duca. Le sue qualità risiedono in una voce sonora, e tendenzialmente omogenea nei registri centrale ed acuto, anche se a tratti è parsa vibrata e fuori fuoco, altre volte spinta e stridula. Gli acuti, i sopracuti in particolare, sono la parte migliore della sua voce, mentre molto poco sul fiato le note centro gravi ( troppo insistite le A spesso anche nasali ) . La sua Gilda è parsa a tratti plausibile, altre volte manierata ed artefatta, in realtà poco italiana nel modo di porgere. Ma la sua sonorità e la sua estensione in alto mi sono parse qualità interessanti in un mercato di soprani leggeri asfittici e flosci.

Diverso il discorso per Shalva Mukeria, alterno pure lui nella sua prova, ma per ragioni diverse. Irriconoscibile rispetto al concertone regalato a Parma a metà ottobre, ha cantato un brutto primo atto, con la voce sfuocata e mai sonora, che sul fiato proprio non ci voleva andare. Al secondo, diversamente dai suoi colleghi più giovani e meno periti sul piano tecnico, ha saputo reagire con carattere e con perizia tecnica, cantando un “Parmi vedere le lacrime” sonoro, piuttosto facile, chiuso con un grande re naturale dopo la cabaletta. Al terzo atto è arrivato anche il canto veramente in sourplesse ed emozionante del tenore che ci piace, con un “Bella figlia dell’amore” che valeva da solo il viaggio, aristocratico e sfumato, come è nel suo stile. Peccato per l’incostanza della prova, perché il Duca di questo tenore, come potrete sentire anche voi dagli audio che trovate sul Tubo, è davvero molto bello e ….d’altri tempi sul piano del gusto.

Nulla da ricordare per quanto concerne il resto del cast vocale, mentre non mi è piaciuta affatto la direzione di Giampaolo Bisanti. La sua orchestra è stata troppo spesso grossolana e bandistica, con i fiati spernacchiati, il tempo “battuto” alla zum pa pa il più delle volte, e persino qualche fuori tempo nel primo atto. Davvero da dimenticare. Lo spettacolo era quello maceratese firmato da Massimo Gasparon di cui già sapete tutto, efficace, ma banale nelle sue “pizzate” smaccate e dejà vu.

Ah, dimenticavo: è stata bissata la “Vendetta”, come di prammatica ormai nei teatri di ogni dove.

 

Verdi – Rigoletto

Atto II

Cortigiani vil razza dannata” – Simone Piazzola (2011)

 

 

11 pensieri su “Rigoletto a Jesi: Piazzola si fa stimare.

  1. Un balsamo dopo aver ascoltato il terribile Inverardi poco tempo fa! Non per fare il bastian contrario, ma l’ultima nota (re bemolle), mi è sembrata, alla fine, un po’ “strozzata”… Voi cosa ne pensate? Vi ringrazio anticipatamente per le risposte.
    Filippo II

  2. E’ da un pò che vi leggo, siete davvero molto competenti in materia; a volte mi piacerebbe intervenire ma non mi sento ancora all’altezza, pur ascoltando giornalmente opere liriche.
    Vivo a Catania, mercoledì prossimo andrà in scena al Bellini una nuova produzione del Rigoletto, magari se me ne sentirò capace scriverò qualche commento Grazie un saluto a tutti.

  3. Ho sentito sabato scorso Rigoletto a Fermo: praticamente stessa produzione e cast.
    Piazzola l’avevo già sentito in Germont l’anno scorso, in Rigoletto è stato sicuramente più convincente,ma penso che abbia notevoli lacune tecniche tanto che in alcuni passaggi non è riuscito ad essere omogeneo nell’emissione risultando legnoso e non sempre sonoro, a tratti anche affaticato( forse non era in serata).
    E’ giovane ma penso anche che debba “esagerare” di meno: è evidente la sua somiglianza timbrica con Pons ma siamo ben lontani dal tonnellaggio vocale di quest’ultimo.
    Il tenore Mukeria come giustamente avete notato, cresce nell’opera: risulta mediocre al primo atto, più convincente al secondo e buono al terzo anche se nel settore acuto non sempre l’emissione era perfetta, spesso faticosa, emettendo note dure e non bellissime. Cmq rimane un buon duca di Mantova.
    La Dubrovskaja invece è stata la stella della serata, pur se ogni tanto qualche nota era acidula e in alcuni momenti nell’interpretazione era acerba, dobbiamo ammettere che nell’attuale panorama di soprani lirico-leggeri è sicuramente un’ottima promessa, considerando la sonorità del timbro e il notevolissimo settore acuto e sovracuto.Possiede infatti sovracuti facili sonori e morbidissimi.
    Bisanti già sentito in Traviata, è riuscito a mio avviso a dare una buona lettura della partitura, risultando meticoloso nelle ricerca delle sfumature orchestrali e dando dignità alle partiture della trilogia che spesso vengono massacrate da direzioni bandistiche di mero accompagnamento.
    Ogni tanto poteva risultare artificioso nella direzione e spesso tendeva a rallentare eccessivamente, ma a mio avviso è stato più che convincente e sicuramente non bandistico.
    Buono il coro, le scenografie invece dello sferisterio quindi grossolane ma dinamiche.
    Ottima acustica il dell’Aquila di Fermo, soprattutto l’acustica orchestrale, fin’ora la migliore che abbia ascoltato in un teatro storico.

  4. Anche io ho avuto modo di ascoltare questa produzione a Fermo…Concordo con Passionebelcanto…Dubrovskaya seppur ancora molto giovane grande talento in ascesa…Ho molto apprezzato la sua recitazione forse per alcuni manierista e “antica”…ma personalmente l’ho trovata naturalmente ingenua, un’ingenuità di sapore antico, perfetta per interpretare Gilda…Su Piazzola concordo in parte…ho notato una voce decisamente meno centrata di quella che ho avuto modo di ascoltare in Traviata l’anno scorso…in particolare ho notato come la sua voce restasse molto spesso molto indietro tanto da risultare molto più sonore delle frasi in mezzoforte del soprano rispetto a quelle di Rigoletto (per esempio in “V’ho ingannato, colpevole fui”)

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