Antonio Pappano in web dal Parco della Musica di Roma: la musica gratuita.

Mentre il web è attraversato dalle polemiche circa i provvedimenti che il governo americano sarebbe intenzionato a prendere tramite PIPA e SOPA, alcuni vanno apertamente controcorrente con iniziative destinate alla libera e gratuita fruizione della musica nel web. C’è ancora chi  ritiene, infatti, che nel web possano accadere gesti di gratuità, forse perché alla grande musica non possono essere tolte le componenti ideali, assolute e, se vogliamo dirla con un po’ di retorica, libertarie oltre che liberali, che sono prerogativa del messaggio artistico e di cui la gratuità, l’apertura alla libera partecipazione di tutti sono connotazioni fondamentali per una società moderna. Continuiamo a dare il dovuto spazio sulle nostre pagine a chi sta compiendo un gesto fondamentale per il nostro regno virtuale, facendoci accedere “free” ad un evento musicale di alto profilo artistico perché persino noi, ascoltatori tra i più selettivi ed elitari, riteniamo doveroso che debbano essere mantenute aperte le vie di accesso alla cultura per tutti coloro, vicini e lontani, abbienti e non, neofiti ed esperti, che intendano parteciparne anche in modo virtuale. Lo spettatore del web coincide, infatti, con quello fisicamente presente e pagante, perchè oggi è spettatore virtuale mentre ieri e domani lo era e lo sarà in teatro.

L’evento in questione è stato quello diretto dal maestro Antonio Pappano alla testa dei suoi Accademici di Santa Cecilia, coro ed orchestra al parco della Musica di Roma in una serata incentrata sulla quella meraviglia che è il Requiem di Mozart, preceduto dalla sinfonia rossiniana della Scala di Seta e della sinfonia concertante di Haydn.
Coro ed orchestra ( per una volta vorrei iniziare da loro ) hanno cantato e suonato benissimo, esibendo capacità esecutive rare nel panorama italiano di oggi. Il coro di Santa Cecilia è una sola unica voce, calda e partecipe, capace di emozionare come potrebbe fare un grande solista, perché canta legando ed eseguendo i segni di espressione con grande facilità, omogeneità di suono, perfezione esecutiva. Mai una sbavatura, mai un entrata sporca, mai la prevalenza di un registro su un altro, l’intensità delle voci sempre impeccabilmente dosata. Vi rimando all’ascolto di due passi, il “Confutatis – Voca me”, per il contrasto acceso tra il  forte delle voci maschili ed i piani astratti di quelle femminili, quindi il “Lacrymosa”, a mio avviso il momento musicale più alto della serata, per il legato e la perfetta e graduale ascesa dai piani ai forti.
L’orchestra, dal canto suo, ha suonato con tocco leggero, dal suono pieno ma mai rumorosa nei forti e fortissimi in cui è sempre misurata, nitidissimi gli attacchi, mai i fiati o le percussioni a prevalere sugli archi, come spesso ci accade oggi di sentire, grande facilità a passare istantaneamente dal piano al forte e viceversa, con compattezza e pulizia. Il colore è chiaro, forse un po’ impersonale, ma la perfezione esecutiva mi è parsa il punto di forza di questo complesso, di certo il migliore in Italia assieme a quello torinese.
Sul podio c’era Antonio Pappano, direttore pragmatico ed essenziale. Il suo Mozart non ha mai ceduto ad alcuna inflessione barocca o romantica, trovando l’esatta misura ed equilibrio tra i momenti drammatici ed angosciati della composizione e quelle classici della tradizione settecentesca. Scevro da sonorità “ baroccare” ma senza ricercare cromatismi o ridondanze di stampo romantico, Pappano ha scelto la via di una orchestra asciutta, leggera ma non per questo poco drammatica nell’accento , come nel “Dies irae”,  in una lettura che ha esaltato i contrasti tra le varie sezioni della partitura: contrasti di tempo, di “carattere” per dirla in termini settecenteschi, assecondando e sottolineando i diversi significati drammaturgici del testo letterario e musicale ed imponendo al coro di cantare con grande espressività e partecipazione. Al “Kyrie” lento e solenne, è seguito un “Dies irae” veloce, dai toni violenti e disperati, quindi un Tuba mirum dai toni pacati ma sempre solenni, di nuovo nel “Rex tremendae maiestatis” spaventoso, con gli archi molto caricati ed il canto dai toni ieratici del coro. Insomma, un Mozart vario, mistico ed astratto ma anche  disperato e spaventato, mai sovraccaricato da clangori romantici, e mai afflitto dagli appiattimenti salottieri troppo spesso intenzionali nei moderni esecutori filologici. Giustamente ridotta l’orchestra, Pappano ha  limitato la presenza degli archi per lasciare ai fiati il risalto principale nella trama mozartiana, contrariamente alla prassi moderna più diffusa, in cui gli archi finiscono per fagocitare tutto,  vezzo tipicamente tardoromantico. Insomma un settecento vivo, vitale e variegato, modernamente letto senza sterili fole antiquarie. Quanto ai solisti, la migliore in campo è stata di certo Marianna Pizzolato, per timbro ed autorevolezza, seguita da Vito Priante. Mediocre Aylin Perez, troppo falsettante ed “indietro” nel registro acuto, mentre  il giovane Poli mi è parso tecnicamente acerbo e stilisticamente poco adatto.
Nel primo tempo, il maestro Pappano ha diretto una sinfonia della Scala di Seta briosa, di tocco, leggera e, soprattutto, esente da quei meccanicismi che troppo spesso affliggono le esecuzioni orchestrali rossiniane oggi. Senza mai cadere in romanticismi d’antan, Pappano porta la sua orchestra al termine dei crescendo rossiniani ad una sonorità piena, vitale, che pare una boccata d’aria fresca in un presente in cui prevalgono le esecuzioni meccaniche e monotone di questo vitalissimo musicista. Fantasia e parossismo non vengono schiacciati  o diluiti, ma assecondati e restituiti con tutta la loro ironia di fondo.
La Sinfonia Concertate è stata eseguita dai primi strumentisti dell’Orchestra romana, la coppia d’archi C.M. Parazzoli e G. Geminiani, rispettivamente violino e violoncello; i fiati F. Di Rosa ed A. Zucco, rispettivamente oboe e fagotto. Un ‘esecuzione nitida, pulita e variegata, sostenuta da un‘orchestra leggera e calibratissima che Pappano ha saputo ispirare per un giusto equilibrio sonoro tra le varie sezioni dell’orchestra e tra solisti ed orchestra.
Vi linko il concerto, già trasmesso in streaming la sera di lunedì 16 gennaio in diretta. Buon divertimento!

http://pappanoinweb.telecomitalia.com/racconti/16gennaio

Il ciclo di concerti streaming “Pappano in web” è realizzato grazie al controbuto di Telecomitalia in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

 

6 pensieri su “Antonio Pappano in web dal Parco della Musica di Roma: la musica gratuita.

  1. Salve, sono nuova di questa community (anche se vi seguo “al buio” da un po’), e non certo esperta e raffinata quanto Voi in questo meraviglioso mondo che è la musica classica e lirica. Beh, mi sopporterete così…Ma sono orgogliosa di fare il mio ingresso dopo aver seguito il live streaming del concerto del 16 gennaio: senza scendere in dettagli tecnici cui non sono in grado di contribuire, penso siamo rimasti tutti rapiti da questa esecuzione, sono andata anche a riascoltarmela (altro vantaggio!). Quanto al tipo di iniziativa, sottoscrivo in toto quanto sopra: questo modo di partecipare in diretta alla musica (e CHE musica!) anche senza essere (purtroppo) in auditorium o in teatro coinvolge, arricchisce, affascina e dà un senso di alta democrazia alla fruizione della cultura in generale. Da notare che anche molti teatri sono ormai attrezzati per queste iniziative….molti, tranne La Scala, ovviamente…..

  2. Ho avuto modo di ascoltare dal vivo lo spettacolo dopo l’ascolto via streaming. Mi ha impressionato molto il coro, un po’ di meno l’orchestra, molto brava, ma il cui suono complessivo non mi è parso indimenticabile. Bravo Pappano: una Ouverture fresca, vibrante e molto espressiva, un Haydn ben impostato e un Requiem più che buono, cosa davvero rara. Anche secondo me il punto più alto è stato toccato proprio dal Requiem: certo, si tratta di un vertice assoluto dell’ingegno nella storia dell’umanità, ma proprio per questo un meccanismo delicatissimo facilmente danneggiabile, in questo caso però eseguito bene, carico di un giusto lirismo terreno e di una forte tensione trascendentale.

  3. Io ritengo – e non solo oggi – che Santa Cecilia sia la migliore orchestra italiana per distacco…l’unica che possa paragonarsi alle grandi orchestre europee e americane. Davvero non trovo nulla di criticabile in questa compagine: dalla precisione al suono…a tal proposito vorrei chiedere a chi mi ha preceduto nel commento, in che senso non sia “indimenticabile” (non per polemica – intendiamoci – ma solo per comprendere meglio).
    Ottimo Pappano, soprattutto nello sfuggire i cliché romantici che infestano (e infestarono) le esecuzioni mozartiane: splendida – in tal senso – la cura agli equilibri orchestrali con una sacrosanta riduzione degli archi, così da non prevalere sui complessi disegni dei fiati (cifra caratteristica di Mozart e, purtroppo, disattesa da quelle orchestre mastodontiche che spesso hanno suonato tale repertorio, affogando tutto nella melassa di violini e violoncelli).

    • Ho usato volutamente la litote “non indimenticabile” proprio perché il mio giudizio non è né polemico né negativo, ma limitato all’ascolto dal vivo sia sul Requiem che sul K488 con Pollini (Rossini e Haydn erano in comune a entrambe le serate) di un’orchestra che mi è sembrata “molto brava”, opinione che personalmente almeno io non trovo in contrasto con i vostri giudizi tecnici (suo, Duprez, e della Grisi), assolutamente ineccepibili. Mi è capitato in passato di ascoltare altre orchestre (tutte straniere, ahimè), il cui stile, il cui suono complessivo mi è parso assolutamente unico, immediatamente riconoscibile, una specie di perfezione spontanea che con una brutta espressione si potrebbe definire un “marchio di fabbrica”, qualità che tra l’altro credo non improbabile da raggiungere per quest’orchestra.

  4. Riprendo l’argomento per soffermarmi sulla sinfonia concertante di Haydn, che ritengo essere stata un’esecuzione straordinaria. Soprattutto in relazione alla difficoltà dell’autore: con Haydn si corre il rischio, infatti, di non riuscire a farne cogliere l’estrema modernità. Pappano, invece, è riuscito a mettere in evidenza le tante anticipazioni beethoveniane, le suggestioni di un vero “sturm un drang” musicale di cui Haydn è, a mio giudizio, il primo esponente (basti pensare alla sinfonia n. 103 con l’adagio introduttivo sviluppato sul “dies irae” gregoriano che si distacca così marcatamente da tutto ciò che è stato scritto prima).

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