Notizie da Vienna: OTELLO 22.1.2012

Wenn man der Partie des Otello nicht gewachsen ist, kann man sich ihr auf unterschiedliche Weisen nähern: Man kann sie wie der stimmliche Sparmeister Placido Domingo anlegen, der sich als schlauer Routinier die Partie in Millimeterarbeit an allen Ecken und Enden auf seine eigenen Möglichkeiten zurecht trimmte und über weite Strecken im Haus schlicht unhörbar war. Das Ergebnis war ein weltweit gefeierter Miniatur-Otello. Oder aber man macht es wie José Cura, der die Partie beinahe bis zur Unerkenntlichkeit verstümmelt, weil er sie derart schlampig herunter spult, stellenweise nur markiert und haufenweise Notenwerte und Noten verschluckt bzw. jene Passagen, in denen man als Otello unbedingt Farbe bekennen muss, trotzig herausbellt.

Man muss es ehrlich sagen: auch Peter Seiffert ist dem Otello nicht gewachsen, aber er stellt sich der Rolle ehrlich und beherzt – das macht in sympathisch: er schummelt sich nicht um die Schwierigkeiten herum und schlägt sich – abgesehen von großen Text-Problemen (dem Souffleur dankt er beim Solo-Vorhang mit einem herzlichen Händedruck) – schlägt er sich recht wacker. Den Herausforderungen der Partie stellt er sich und bringt dem Otello ehrlichen Respekt entgegen. Die Natur seiner Stimme ist für die Partie im Grunde natürlich nicht geeignet. Es war ganz offensichtlich Seifferts Wunsch in diesem Stadium seiner Karriere noch einmal eine ganz große Herausforderung anzunehmen. Obwohl er versucht, der Rolle mit einer verlässlicher Technik und accento die nötige Dramatik zu verleihen, ist er über große Strecken überfordert, – im Grunde in allen Szenen, um die man sich nicht herum schummeln kann und wo man stimmlich Farbe bekennen muss – vom Esultate bis zum Ora e per sempre, wo er eindeutig seine Grenzen überschreitet. Es fehlt ihm schlicht an stimmlicher Substanz und Durchschlagskraft. An den lyrischeren Stellen, wie im Liebesduett kann er punkten. Die Stimme ist relativ ausgeglichen, ab und zu schleichen sich ein paar steife Töne ein. Er singt die Rolle aus, das ist schon mehr als man von anderen Kollegen gehört hat.

Krassimira Stoyanova hat man schon besser gehört. Die schlanke, leichtgewichtige Stimme der „momentan weltbesten Desdemona“ erinnert vom Stimmtyp und dem Rollenverständnis ein wenig an Licia Albanese – ohne allerdings über deren großen Bogen und kräftige Akzente zu verfügen. Die Stimme ist doch recht schmal, aber sie trägt recht gut, wenn ihr auch einiges an Biß fehlt – sie versucht den Klang möglichst kompakt zu halten und kann den Ton recht gut intensivieren. Allerdings ist die Stimme wenig belastbar: sobald sie ihr etwas mehr an Gewicht abfordert (vor allem im concertato 3. Akt) gerät sie zunehmend aus dem Fokus und geht unter. Für die großen Bögen fehlt ihr die Kraft. Am besten kommt sie zur Geltung, wenn sie – wie in der großen Solo-Szene – nur eine kammermusikalische Orchesterbegleitung hat.

Vassallo hat stimmlich nicht die schlechtesten Anlagen, ist aber ist vor allem laut oder ungenau. – Meistens beides zusammen. Das Credo plärrt er trotzig heraus, der „sogno“ könnte besser gelingen, wenn er sein mezza voce etwas mehr kultivieren und mehr differenzieren würde. Talaba als Cassio war im Grunde ungenügend (weil indisponiert?) – Aura Twarowska als distonierende Emilia eine Frechheit.

Dan Ettinger am Dirigentenpult ging den Otello recht temperamentvoll an – nicht immer gelang im Einklang mit den Sängern und dem Chor, die zum Teil Mühe hatten, das Tempo mit zu halten und sich über das knallige Orchester hinweg zu setzten. Das concertato am Ende des dritten Aktes, das im Grunde ein Höhepunkt der Oper sein sollte, geht in gähnender Langeweile unter. Von den Sängern wird entweder unhörbar gesäuselt oder gebrüllt oder aber das Orchester knallt derart, dass die Sänger schon gar nicht zu hören sind – auch nicht im forte. Überhaupt wird die Szene nicht zuletzt durch Cassio und Emilia zur Qual. Auch die anderen tun sich schwer damit, sich untereinander aufeinander abzustimmen, die Stimmen zu mischen und ZUSAMMEN zu singen.

Über die Inszenierung von Christine Mielitz muss man keine großen Worte verlieren. Während der gesamten Oper bildet den Mittelpunkt der Bühne eine Art Boxring mit beleuchtetem Boden, auf dem sich entweder Desdemona räkelt oder den Otello rastlos umkreist. Viel Schwarz, viele Ledermäntel, Desdemona natürlich im weißen Nachthemd. Und weil Kindermund ja bekanntlich Wahrheit kundtut soll das letzte Wort meiner 9-jährigen Tochter gehören, die nach ihren ersten Opernbesuch gesagt hat: „Entweder die Sänger schreien, oder man hört sie überhaupt nicht.“ . . .

 

 

Quando non si è adatti al ruolo di Otello, si possono trovare diversi modi di approcciare il personaggio: lo si può fare sull’esempio del campione del risparmio vocale Placido Domingo., che, da scafato professionista, aveva adeguato ogni vincolo della parte alla sua taglia grazie ad un lavoro meticolosissimo – e chi tuttavia risultava inudibile per la maggior parte. Il risultato è un Otello di miniatura universalmente acclamato. Oppure si fa come ha fatto José Cura che ha mutilato il ruolo fino a renderlo irriconoscibile. L’argentino applica un’interpretazione completamente sciamannata, approssimativa nel trattare il valore delle note, latrando i passaggi in cui Otello deve assolutamente “mettere le carte in tavola”.

A dire il vero, sebbene Peter Seiffert non sia all’altezza di Otello, affronta il ruolo con sincerità, coraggio ed intelligenza. Il che lo rende abbastanza simpatico. Senza imbrogli circa le difficoltà della parte e con grossi problemi testuali (all’uscita singola ringrazia il suggeritore con una cordiale stretta di mano), Seiffert si batte valorosamente e dimostra un sincero rispetto verso l´Otello. Di natura la sua voce è sostanzialmente inadatta al ruolo. Ma è stato ovviamente un desiderio di Seiffert di accettare in questa fase tardiva della sua carriera ancora una volta una grande sfida. Pur provando di conferire al ruolo il necessario spessore tragico a mezzo di una tecnica ed un accento affidabili, nel complesso risulta troppo caricato. E questo in quasi tutte le scene che non permettono di barare  e che richiedono colori vocali, da “Esultate” ad“Ora e per sempre” in cui oltrepassa chiaramente i suoi limiti. Gli mancano semplicemente la sostanza e resistenza vocali necessarie. Nei passaggi lirici, come nel duetto d’amore, è capace di sfumare. La voce è relativamente equilibrata, eppure qua e là nel registro alto s’infiltrano un paio di suoni duri. Seiffert porta il ruolo a termine con dignità, il che è già più di quello che abbiamo sentito da altri colleghi.

Per quanto riguarda Krassimira Stoyanova, l’abbiamo anche sentita in serate migliori. La voce snella e leggera della “migliore Desdemona attuale” ricorda dal punto di vista sia del tipo vocale sia della comprensione del ruolo un poco Licia Albanese, ma senza possederne le lunghe arcate od il vigoroso accento. La voce è piccolina, ma corre molto bene, anche se le manca un poco il mordente. Tenta di tenere il suono il più compatto possibile e dimostra un’ottima capacità di variare l’intensità. Eppure, la voce è materialmente incapace di sopportare un grande peso. Appena è richiesto un tonnellaggio più grande (soprattutto nel concertato del terzo atto), la voce perde il fuoco e scompare. Per le grandi arcate le manca la forza. Riesce a dare il meglio di sé, quando si trova con un accompagnamento più cameristico, come nella grande scena solistica.

Vassallo avrà anche dei mezzi notevoli, ma per la maggior parte è forte o inesatto. Perlopiù, entrambi insieme. Il Credo è sbraitato; il sogno potrebbe riuscirgli meglio, se coltivasse la sua mezza voce. Talaba quale Cassio è stato insufficiente (perché indisposto?…), Aura Twarowska quale stonata Emilia, un’insolenza.

Il direttore Dan Ettinger ha affrontato l’Otello con molto temperamento, senza però ottenere sempre una sintonia con coro e solisti, i quali stentavano ad adeguarsi al giusto tempo e superare il suono chiassoso dell’orchestra. Il concertato del terzo atto che per certi versi dovrebbe essere il culmine dell’opera, sommerge in una noia letargica. I cantanti o sussurrano inudibilmente o urlano o l’orchestra fa un tale fracasso che i cantanti non si sentono più nemmeno se gridano in fff. La scena in questione diventa penosa non solo a causa della prova insufficiente di Cassio e Emilio. Anche gli altri fanno fatica ad accordarsi fra di loro, a mescolare le loro voci ed a cantare INSIEME.

Sulla regia di Christine Mielitz non vale la pena spendere molte parole. Durante l’intera opera al centro del palcoscenico è una specie di ring pugilato su cui o si crogiola Desdemona o è Otello a girare incessantemente intorno. Molto nero, molti cappotti di cuoio, Desdemona ovviamente con una bianca camicia da notte.

E siccome la verità fiorisce sulla bocca dei bambini, l’ultima parola della recensione appartiene a mia figlia (nove anni) che dopo la sua prima serata all’opera ha detto: “Mamma, i cantanti o gridano o non li sento affatto…”

 

Torsten Ralf – Esultate Böhm/Vienna PhO 1944

Schlusnus – Innaffia l´ugola dt.

Pattiera & Seinemeyer – Già nella notte densa:

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Joseph Schwarz:

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Völker – Ora e per sempre addio:

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Hüsch – Era la notte dt:

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Ralf & Schöffler – Si pel ciel:

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Melchior – Dio mi potevi scagliar:

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Jurinac – Canzone del salice:

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Rethberg – Ave Maria:

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Lemnitz – Ave Maria:

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Slezak – Niun mi tema:

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