Scherzi di Carnevale 2. Le dichiarazioni di Stéphane ovvero il doppio pescator di Chiaravalle (2012-2015)

Il sovrintendente Stéphane Lissner, prima che risuonassero le trombe della marcia trionfale di Aida ha ben pensato, forse udite le predette trombe, di provvedere motu proprio a suonarne. Non per celebrare il trionfo di Radames, ma quello della Scala, ossia  il proprio e, per giunta, anticipato rispetto alle produzioni vaticinate. Il trionfo di Radames è, poi,  il trionfo più menagrano, che si possa dare per le conseguenze funeste che ne scaturiscono. Ma forse questo il signor Lissner non lo sa, come non sa lui o alcuno del  di lui staff , incaricato di  consultare le cronologie scaligere, che  di Tetralogie integrali, dal 1938, se ne sono date almeno tre. E mi soffermo su quella del 1942, che presentava una compagnia di canto maschile a dir poco stellare con il Wotan di Tancredi Pasero e il villain di Giulio Neri prima Hunding e, poi, Gunther. Il resto non dico e non già perché non meriti menzione, ma perché tale menzione sarebbe  una secchiata di acqua gelida sulla programmazione scaligera di là da venire.

Il punto non è eccepireare a dire che il tal soprano, officiata del ruolo di Traviata sia inferiore alle difficoltà della parte, che il direttore cui è affidata la direzione del capolavoro verdiano ha difficoltà a dare gli attacchi e che le circostanze sono state rilevate in più occasioni. Da tutti, fuorché dai soggetti che per questo sono lautamente pagati. Questo lo abbiamo già detto  e lo ripeteremo ( repetita juvant e gutta cavat lapidem)  ancora. Ed il punto non è questo, ma è la filosofia di fondo i cui caposaldi sono:

a)      La Scala è un teatro del giro internazionale e come gli altri si deve comportare. Vero, forse il primo punto dell’assunto. Lo diceva nelle interviste la Callas quando affermava “alla Scala si vien fatti e non da fare”, ma questo principio base di gestione del teatro lo hanno dimenticato da quarant’anni almeno. Saremmo  in grado di dimostrarlo ascolti e video alla mano.

b)      L’applicazione del principio è, invece, siccome la Scalà sarebbe come Vienna, Parigi il Met si devono fare scelte, che siano il ricalco, la fotocopia, il clone di quei teatri. Ricalco pedissequo sì che non si possano cogliere le differenze fra i grandi teatri del mondo. Spesso poi, non si colgono neppure quelle con i cosiddetti teatri minori o di tradizione.

c)       In primo luogo nei titoli, che non sono più di quindici dei quali sei o sette, a rotazione  triennale, sono quelli, che costituiscono l’anoressico repertorio del direttore principale, che non sembra capace ed interessato di aggiungerne altri. Svogliato, avrebbero rilevato le maestre elementari di un tempo. Lo stesso vale per bacchette, cantanti e responsabili dell’aspetto visivo delle produzioni, che sono inesorabilmente  identiche, svogliate, di basso profilo routinario, dimostrazioni di interesse al profitto e non già all’Arte ed alla Musica.

Spiace, ma, more solito, quelli della  Grisi non possono e non vogliono condividere una parola o meglio ancora un’idea di quelle che animano queste scelte.

In primo luogo, poi, viene il dubbio che di idee non ve siano affatto perchè per avere idee occorre essere preparati, informati e, magari, anche colti, altrimenti si principia a scivolare sul numero di allestimenti della Tetralogia, si fa la figura del miles gloriosus e sempre scendendo si conferma il dubbio circa le carenze di qualità e capacità professionali.

In secondo luogo perché le idee e le scelte di un teatro come la Scala non possono essere quelle degli altri teatri maggiori del mondo. Le cronologie servono a dire che pur a parità di splendore il Met era assai diverso dalla Scala, a sua volta, all’opposto del Colón.  Nessuno –ripeto- dubita del rilievo storico di questi e di altri teatri negli ultimi cento anni. Il compito della Scala è quello di tutelare, proporre e ricordare l’intera produzione del melodramma,  non già quei “bignami” che costituiscono il repertorio dei teatri stranieri, che a loro volta e giustamente ricordano e propongono la loro  tradizione.

Non si dica che Assedio di Corinto o Maria di Rohan non riempiono il teatro perché il teatro vuoto per titoli come i Contes d’Hoffmann è  inesorato davanti a tutti.

Come inesorabile davanti a tutti ed eloquentissimo dell’errore di scelte è il fatto che il 14 febbraio 2012 alle ore 13 non più di cento persone facessero la coda per i posti in piedi della prima di Aida.

Tre osservazioni innanzi a questa desolazione:

a)       i posti, visto l’annunciato incremento dei prezzi, dovrebbero essere “presi d’assalto” dal pubblico che,

b)      invece, è sempre lo stesso, vecchio non solo anagraficamente, ma di idee, volto solo a difendere un bastimento,  che fa acqua, che così organizzato e gestito non fa cultura e neppure quella routine di alto livello rappresentata

c)       dall’Aida (febbraio 1976) che per sentire, riprovare e osannare nella medesima serata Bergonzi, Caballé,  Bumbry e Schippers costrinse il pubblico a dieci ore di code e la interessatamente generosa senora Caballé a distribuire bevande calde e pasticcini.

Altri tempi, dovremmo pensare, in analogia alle recenti misure assunte in politica, ad un governo di tecnici,  ma se  i tecnici sono questi, meglio un comitato per la salute e moralità pubblica!

Confesso leggendo i proclami mi è venuto in mente il doppio pescatore di Chiaravalle, almanacco che un tempo troneggiava in tutte le cucine delle famiglie ambrosiane e che le padrone di casa, fossero donne del popolo o damazze dell’alta borghesia commentavano concordi “il doppio pescator di Chiaravalle, conta le fiere conta le balle!”

 

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8 pensieri su “Scherzi di Carnevale 2. Le dichiarazioni di Stéphane ovvero il doppio pescator di Chiaravalle (2012-2015)

  1. Bravo Donzelli. Analisi puntuale e del tutto condivisibile.
    Oltretutto per la citata Aida del 1976 in quella fila c’erano i miei nonni, mio padre e il mio bisnonno che, nonostante fosse molto malato – morì poche settimane dopo – non ne volle sapere di restare a casa e fece la fila sopportando il freddo.

  2. La cosa “divertente” dell’intera faccenda – aldilà dei nomi annunciati (chissà quelli che confermeranno: visto il vortice di defezioni prestigiose di questi ultimi giorni e la solita tradizione scaligera in tal senso) – è l’amara constatazione che i titoli sono sempre quelli!!!!

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