40 pensieri su “149 anni fa nasceva D’Annunzio.

  1. Meravigliosa Emma Renzi anche se alla fine carriera.

    Sarebbe doveroso che alcun teatro italiano riprendese Parisina, capolavoro del novecento, nel anno del centenario dell´opera . La Scala, luego dova la tragedia ebbe battesimo a perso ancora l´occasione mascagniana ma forse qualche altro teatro potrebbe metarla in cartelone come si mettono tante Janacek ed altri.

  2. consentitemi di fare un po’ il bastian contrario: Parisina andrebbe ripresa, non vi e’ dubbio (indubbiamente e’ migliore della omonima donizzettiana)ma … e’ taaanto lunga (di qui i tagli apportati anche a sproposito da qualche direttore), i versi del Vate ( che io non apprezzo particolarmente nei libretti d’opera) talora sono insopportabili “cacciato m’hai/a patir questo istante/che contato mi sia/per mill’anni di rosso Inferno”, inoltre richiede anche un tenore all’altezza, anche se non ha dei Do deve declamare e navigare nella zona di passaggio senza sforzo, e oggi chi potrebbe inerpretare Ugo ?

    • Sinceramente non conosco affatto la Parisina di Mascagni, ma quella di Donizetti è a mio avviso un’opera somma sia dal punto di vista della musica che da quello delle situazioni sceniche e drammatiche, e non sarebbe quindi fuori luogo dare più spazio anche a questa partitura ingiustamente negletta dai teatri.

    • Però il Donizetti minore è già più che presente in dischi e sulla scena (certo non sempre gli si fa un buon servizio, ma tant’è)…e con tutto il rispetto resta “minore”. Parisina è, invece, l’opera più complessa e ambiziosa di Mascagni (che non è solo l’autore di Cavalleria, Iris o Amico Fritz)…è un’opera che dovrebbe essere tra le “maggiori” del suo autore.

  3. Parisina meriterebbe una ripresa consapevole: e pure integrale (dura circa 4 ore, ma Wagner non dura di meno). Sarebbe una vera operazione culturale.
    Ps: non sono d’accordo sulle critiche al libretto (che, consentimi, mi paiono più una critica a D’Annunzio in quanto tale). Non trovo che quei versi siano insopportabili…sono migliori di quelli di Boito (ad esempio) e assai meglio scritti di quelli del poeta dilettante Wagner.

    • Il problema di Parisina, infatti, non sta nella durata, ma nell’accoppiata micidiale durata-musica: ed è una musica che ha momenti belli… ma altri davvero molto piatti (e la stessa introduzione strumentale al primo atto, in effetti, lascia molto perplessi). Certo, nel complesso, è un’opera di fascino notevole, che meriterebbe di essere riproposta. Il giudizio sui versi di D’Annunzio mi sembra molto generoso, ma indubbiamente sono migliori, rispetto alla sua media 😀 , e, in fondo, rispetto alla media dei libretti d’opera. E sono, indubitabilmente, assai musicali.

      • A me piace moltissimo D’Annunzio…quindi non posso certo essere d’accordo :) : temo però – e non dico sia il tuo caso – che su D’Annunzio pesi un pregiudizio e un ostracismo di natura ideologica che, ad esser generoso, mi pare semplicemente idiota.

  4. Tutto è (non fa) cultura, sia Janacek che Mascagni. C’è però un piccolo particolare, da non sottovalutare: la distanza qualitativa abissale fra Janacek e Mascagni, naturalmente in favore di Janacek. E’ tanto semplice; ma forse accorgersene non è altrettanto semplice.
    Marco Ninci

    • Francamente nessuno mette in dubbio la maggior completezza del musicista Janacek (aldilà dei gusti personali), semplicemente osservo che mentre Janacek è molto eseguito – doverosamente per carità – Mascagni (che pure non incontra i miei gusti) è ridotto ad un paio di titoli tra il nazional popolare e il sentimentalismo stucchevole: in realtà c’è tutto un vasto settore del ‘900 italiano che ha cercato – magari con risultati modesti o ingenui – di confrontarsi con il più vasto respiro della musica europea e con l’epica post wagneriana. Ecco, forse Parisina sarebbe un capitolo che val la pena riaprire (se non altro per l’importanza storica e letteraria del mito dannunziano: che potrà piacere o meno, resta il più importante e più influente scrittore italiano del secolo XX).

      • Caro Duprez,

        Non credo proprio che lo sfondo e I risultati di certe opera di Mascagni, Alfano e Zandonai, e perché no? Pizetti, Malipiero e Respighi sianno “modesti o ingenui” nel confronto europeo, e non ne ho bisogno di dare alcun tittolo.

      • Forse non ci siamo intesi Lordalfred… Intendo dire proprio il contrario, ossia che pur tra innegabili ingenuità (dovute ad una diversa dimestichezza con la materia sinfonica, ad esempio) ed eccessivo rifarsi a modelli consolidati (come il declamato wagneriano, che diventa comune denominatore per ogni autore che si volesse discostare dalla melodia melodrammatica), è un mondo musicale ancora poco conosciuto ed esplorato. Ovviamente a patto di considerarlo senza rifiuti ideologici. Poi che non ci si ritrovi Mahler o Schoenberg o Sostakovich, penso sia un’ovvietà.

  5. In effetti, Duprez, hai ragione. Per esempio poco tempo fa a Pisa ho ascoltato lo “Zanetto”, che ho trovato molto interessante. Melodicamente intenso, strumentato magnificamente. Ho un ricordo di tantissimi anni fa di una rappresentazione del “Piccolo Marat”. Allora non mi piacque, ma chi sa che impressione mi farebbe ora…Certo, ce ne vorrebbe una esecuzione adeguata. Ma, a questi lumi di luna, con il pubblico sempre in calo, mi sembra un’utopia. Per quanto riguarda D’Annunzio, si tratta certamente di uno scrittore molto importante, anche se non lo conosco poi granché. Che sia poi lo scrittore italiano più importante del XX secolo non oserei affermarlo; ci sono Svevo, Montale, Gadda, Pirandello…
    Ciao
    Marco Ninci

    • Su D’Annunzio: non parlo di risultati poetici, ma di influenza culturale. D’Annunzio ha, di fatto, sprovincializzato la letteratura italiana, aprendola al decadentismo, al superomismo, alla grande narrativa francese. Ripeto, non mi soffermo sulla riuscita o meno del singolo romanzo o della singola tragedia, ma della centralità della sua opera. Credo che non sia un’esagerazione sostenere che la sua figura (come termine di confronto negativo o positivo) abbia condizionato lo sviluppo di tutta la successiva letteratura italiana.

  6. Se poi, Donzelli, per te considerare Janacek un grandissimo compositore è una categoria libresca, allora non c’è dialogo. Evolversi per arrivare a questi risultati non è un granché.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Ricordi tu grecista che c’era scritto sul frontone del tempio di egina!!!! fanne tesoro di questa sapienza.
      Ricordi la fabula neotestamentaria (per è anche parola di Dio) della pagliuzza e del trave. fanne tesoro di questa sapienza
      Ometto, invece, di ricordare un proverbio meneghino che richiama seggiole ed uso distorto delle stesse. fanne tesoro di questa esperienza popolare che mi ricordo tutti i giorni. Talvolta la ricordo agli altri.
      Evita per quanto detto sopra di usare il pennone bicolore. Non sei la mitica maria carla, mia prof di greco, denominata maria carlas……
      ciao dd

  7. Sì, il ‘900 italiano – troppo spesso ridotto al solo “verismo” (pur con utilizzo scorretto del termine) – è un mare magnum ancora poco esplorato o esplorato assai male! Wolf Ferrari, ma anche Franchetti, Smareglia, Respighi, Alfano, Pizzetti… Invece sempre e solo Cavalleria&Pagliacci. Senza contare che, spesso, certi autori vengono frequentati solo in festival semidilettanteschi.

  8. Una curiosità. Ma c’è qualcuno qui che possa affermare di conoscere bene la Parisina di Mascagni in maniera di poterne dare un giudizio non superficiale? Tutti sembra che tutto sappiano e tutto abbiano ascoltato. Io parlo per me; però più vado avanti, più ascolto o leggo e più mi sembra di non conoscere nulla, assolutamente nulla. Alcuni compositori stanno sulla lista bianca, altri su quella nera; in realtà non hanno nessun motivo di stare né sull’una né sull’altra.
    Marco Ninci

    • Io ho ascoltato la versione di Gavazzeni (“stratagliatissima” as usual), poi quella con la sua consorte (tagliatissima) e quella quasi integrale del ’76 (difficile da trovare). Sono partito prevenuto – Mascagni non è tra i miei gusti – eppure l’ho trovata decisamente interessante: un tentativo magari non del tutto riuscito di creare un’opera d’arte “totale” ove coniugare canto (senza indulgere troppo nella tradizione melodica italiana), poesia (i versi di D’Annunzio sono costruiti come musica) e cultura sinfonica (certo sfoggiata in modo un po’ superficiale e non alieno da certa magniloquenza). In effetti liste bianche o nere non han ragione di esistere…esistono i gusti e le affinità, ma è bello, ogni tanto, abbandonare lidi sicuri e affrontare l’imprevisto. Confesso che di Mascagni avevo (e per certi versi ho ancora) un’idea superficiale e semplicistica (naturalmente non lo rigetto come hanno fatto critici o direttori famosi, bollandolo semplicemente col termine “fascista”), mi piacerebbe che qualche importante teatro italiano (e non festival semi dilettanteschi) provasse a scrostare l’immagine del compositore dai detriti della vulgata che tutto vuole sapere e giudicare e che, spesso, non sa proprio nulla.

  9. Mah, sai, Mascagni “fascista” ha poco senso. Se si dovessero considerare le propensioni politiche, visto che chi è in auge in un dato momento cade l’attimo dopo, ben pochi si salverebbero. Io dal vivo ho ascoltato a Livorno anni fa i “Rantzau” (si scrive così?, non ricordo) ed era interessante, molto vivo; come al solito un po’ provinciale, ma non è questa una caratteristica cui dia molta importanza. E’ un musicista di razza, non c’è dubbio; ascolterei volentieri anche le “Maschere”, su cui Fedele D’Amico scrisse cose molto belle. E lo Zanetto, ti ripeto, mi ha coinvolto (c’è per esempio uno splendido coro di apertura). A Pisa hanno fatto un dittico pieno di chic: Mozart e Salieri di Rimsky e, appunto, lo Zanetto. Quando lo paragono all’orribile Tosca data a Firenze (la fama di cui gode Oren in Italia mi è del tutto incomprensibile), mi viene in mente che l’Arno mi piace soprattutto quando è vicino alla foce.
    Marco Ninci

    • Infatti l’utilizzo di certe categorie ideologiche è squalificante soprattutto per chi ne fa uso (peggio se si tratta di musicisti eccezionali o uomini di grande intelligenza). Purtroppo, però, su molti pende un marchio d’infamia di difficile superamento (in certi ambiti): da Strauss a Celine, da Mann (leggevo – in questi giorni – un’introduzione all’edizione tascabile del Doktor Faustus in cui ANCORA si criticava l’immaturità “politica” di Mann, il suo essere epigono della “borghesia”, scaraventandogli addosso le accuse che – illo tempore – gli mossero il superatissimo Brecht e Luckacs) sino a Wagner, a Orff, per non parlare di grandissimi direttori come Mengelberg, Furtwaengler o Schuricht (ma lo stesso è capitato prima alla musica di Mahler, di Mendelssohn o a Walter e Gielen). E’ notizia di oggi che un comitato per i diritti umani finanziato dall’ONU (e accreditato tra i suoi più ascoltati “consulenti), ha chiesto a gran voce l’epurazione dai programmi scolastici della Commedia dantesca perché – a loro dire – sarebbe un testo islamofobo, antisemita e omofobo. Rattrista che proprio un’italiana sia a capo di detto comitato… Temo che qualche idiota possa pur dare credito a tante fesserie.
      Ps: anche io mi chiedo le ragioni della fama di Oren in Italia…

  10. Io ho ascoltato “Le Maschere” a Ravenna nel 1988 e l’ impressione fu positiva. Un’ opera notevole per freschezza melodica e taglio teatrale. L’ anno dopo sentii “Il piccolo Marat” a Livorno e mi piacque pochissimo, mi sembrò un Andrea Chènier con i difetti amplificati, enfasi e retorica strabordante. Non sono un fan dell’ Iris, che trovo semplicemente abbia un atto inutile, il terzo, perchè la storia termina al secondo atto e tutto quel che viene dopo è un inutile tirare avanti. Invece L’ amico Fritz in qualche modo mi intriga e il Ratcliff lo riascolterei volentieri,.

  11. Caro Donzelli, conosco la scritta che c’era sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, il “conosci te stesso” ricordato da Socrate. Il significato del proverbio meneghino poi mi sfugge completamente.
    Marco Ninci

    • Caro Ninci, ho riletto con la dovuta attenzione il tuo messaggio. Io, però, non parlavo del tempio di Apollo a Delfi, bensì di quello di Egina, la cui scritta sul frontone era: μεν ἁθελάμενῳ
      Ciao dd

  12. Amo molto la Parisina di Mascagni, anche se le versioni da me ascoltate piu’ e piu’ volte sono le due citate con “i Gavazzeni” e quindi assai tagliate non saprei esprimermi sul valore letterario del testo dannunziano ma il risultato “operistico” mi pare notevole, degno senz’altro di una riproposta (personalmente trovo musicalmente interessante anche Isabeau)……Ma pare scomparsa la Francesca da Rimini un tempo assai eseguita anche in provincia (cfr i cartelloni italiani dal 1914 al 1940) per cui….

  13. Caro Duprez, è l’ora di farla finita una volta per tutte con la confusione fra biografia e sfera estetica. Per tutti noi, uomini della strada, quanto facciamo, quanto diciamo, quanto scriviamo, i sistemi di idee cui ci riferiamo fanno tutti parte della biografia; perché la biografia è la nostra dimensione e da questa non abbiamo nessuna capacità di uscire, dal momento che non siamo in grado di superarla. Per i creativi, per coloro che hanno attinto la sfera dell’arte, le cose stanno in maniera completamente diversa. L’arte non è più biografia, è storia; è il modo che gli artisti hanno a disposizione per vedere la realtà, è il paio di occhiali di cui si servono per penetrare il mondo, interpretarlo e farne emergere un senso inedito e profondo. Soprattutto “inedito”; ogni grande artista ha scoperto una piega dell’umano che prima di lui rimaneva nascosta, seppellita dalla valanga di banalità cui il chiacchericcio umano dà la stura ogni giorno che Dio manda in terra (la connessione universale di tutti con tutti poi, connessione cui nessuno di noi ormai può sottrarsi, amplifica questo chiacchericcio a dimensioni assolutamente mostruose). L’antisemitismo di Wagner cosa significa? Nulla. I condizionamenti borghesi di Mann? Nulla. Il nazismo di Céline? Nulla. La sfera estetica è autonoma. La critica letteraria positivista della fine dell’ottocento, Saint-Beuve per intenderci, che si fondava sul metodo biografico per intendere la letteratura, ha prodotto disastri inimmaginabili, disastri spazzati via da memorabili pagine di Marcel Proust. Disastri che sono sfociati in una sorta di ciò che Kundera ha chiamato “criminografia” o la critica esercitata dai pubblici ministeri: osservare con compiacimento tutte le complicità col male assoluto (fascismo, comunismo e via discorrendo) vigliaccamente esercitate da ogni sorta di compositori, scrittori, pittori etc. ( mi fa sempre male pensare a un grande poeta come Paul Eluard che plaudiva alle impiccagioni di Praga nei primi anni del regime comunista). E invece no. La differenza fra Goebbels e Richard Strauss, fra Beria e Gorkj, fra Bertolt Brecht e Walter Ulbricht è inimmaginabilmente lunga, assai più lunga di quella che separa le stelle di due galassie diverse. Tuttavia con il concetto di “autonomia dell’arte” non voglio dire qualcosa di hanslickiano, del genere che l’arte parli solo di se stessa, dei suoi codici, delle sue convenzioni. No, assolutamente no. L’arte parla del mondo, della storia. In qualche modo “è” la storia. La convenzione è soltanto il paio di occhiali che inforca per interpretare la storia; ma ciò di cui parla le viene dall’esterno, da ciò che lei non è e che per la maggior parte delle persone continua ad esistere senza che lei ne parli. Quando ho difeso Hanslick, caro Duprez, ho preso le difese di un uomo intelligente, che spesso capiva la musica e diceva cose acute a dispetto delle sue teorie; non certo perché condivida quel formalismo, che è quanto ci sia di più lontano da ciò che penso veramente.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Ma caro Ninci, è esattamente quello che ho sostenuto poc’anzi: sono convinto che proprio questa “critica da pubblici ministeri” abbia portato a misconoscere il ruolo di D’Annunzio, su cui grava un giudizio ancora condizionato da elementi legati alle scelte di vita, non certo all’opera letteraria. E noto, con dispiacere, che in certi ambiti (purtroppo anche su molti testi scolastici) ancora gli elementi biografici e politici “colorano” il giudizio estetico, sino alla falsificazione.

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