I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Terza puntata: Giuseppe De Luca in Traviata.

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Il livello raccapricciante del canto baritonale (e non solo) uditosi in questi giorni nella Traviata del Met ha reso necessario apprestare un’apposita puntata riparatrice della mia rubrica “imparare ad ascoltare”. La scelta è caduta sul live di un ultrasettantenne Giuseppe De Luca, celebre voce storica appartenente alla più florida e autentica tradizione di canto all’italiana. Un ascolto che, oltre a mondare le orecchie dagli orrori newyorkesi, ben si presta ad esemplificare i principi del vero buon canto, specialmente nella corda di baritono, devastata negli ultimi sessant’anni da uno stile di emissione che nei casi migliori è solo sgraziato, arrivando più spesso alla grottesca caricatura (come nel caso sopra menzionato). “Si canta come si parla”, diceva Schipa. Sentiamo qui un imposto vocale superbo per chiarezza, leggerezza, pulizia, fermezza. Una tale semplicità e naturalezza di emissione consentono una pronuncia chiarissima (come in tutte le voci di scuola romana), un’articolazione sciolta ed in conseguenza di ciò un legato da manuale. Sentiamo qui la verità di un’emissione pura, non la solita voce artificiosa, tronfia, ingolfata. L’età del cantante si ravvisa solo in certe durezze in acuto, ma impressiona sentire come anche le frasi più scomode siano risolte nel rispetto della pronuncia, senza chiusure, “giri”, scalini, disomogeneità. Una voce uguale e timbrata in tutta la gamma. Al centro è come se parlasse, tanto canta con facilità. Tutto ciò gli consente di essere un finissimo attore vocale, stilisticamente sempre sobrio e preciso, ma “dentro” al personaggio. Ogni parola, detta così a fior di labbro, si riempie del proprio significato illuminando di senso teatrale e musicale tutto il brano. Notevole infine l’intatta capacità di smorzare i suoni ed alleggerire l’emissione per cantare piano.

G.B.Mancini

17 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Terza puntata: Giuseppe De Luca in Traviata.

  1. Ecco tre baritoni moderni dal suono spesso impastato e melmoso in confronto all’emissione cristallina di De Luca:
    Bastianini: http://www.youtube.com/watch?v=lAPqxg_A-Ss
    Bruson: http://www.youtube.com/watch?v=wZwNMjrJ0aI
    Nucci: http://www.youtube.com/watch?v=x5ZNPlBMrzk

    Aggiungo al De Luca proposto da Mancini, questa versione di Galeffi http://www.youtube.com/watch?v=IsHz0eKtgIs. Credo si possa dire lo stesso che si dice per De Luca 😉

  2. penso che il “Dio mi guido””sia una ottima frase cartina di tornasole: il peggiore mi sembra Nucci , bellissima la frase in bocca di Galeffi. Pero’ come e’ bello il timbro di Bastianini….

  3. Il grandissimo De Luca! “La voce del topo”, lo chiamava scherzosamente Titta Ruffo. Ma si sente tutta la stima per un collega diverso quanti altri mai dalla “voce del leone”, ma altrettanto grande. E poi, magistrale esempio della molto opportunamente riportata da Mancini affermazione di Tito Schipa. Dire cantando, senza affettazione, senza scurire alla ricerca di sonorità non proprie, ma mantenendo la cavata di un vero baritono, ampia, sonora, sostenuta.
    “La carriera lirica dura lo spazio di un sogno” (cito a memoria, potrei sbagliare qualche parola e me ne scuso) scrisse De Luca su una sua foto che lo ritrae in costume da Mefistofele ne “La Dannazione si Faust” (e come dimenticare la sua incisione di “Su queste rose”?): beh, il sogno di De Luca, per sua ma anche nostra fortuna, è stato lungo e bellissimo.

  4. Che voce…, tecnica eccellente, timbro gradevole e mai troppo forte da diventar sguaiato, dizione ottima…insomma, che dire? grazie Mancini, che ogni venerdì ci delizi le orecchie con questi capolavori. E in barba a quelli che dicono che questo blog celebra solo artisti morti..viva il passato.

  5. “Di provenza” fu una delle arie più incisse dai baritoni ante guerra e né rimangono numerose bellissime interpretazione prima tra tutte quella già citata di Galeffi. Anche De Luca incise più di una volta quest’aria, credo per la prima volta nel 1907, ma trovo particolarmente intelligente la scelta di Mancini di postare questa tarda incisione Live, perchè, pur risultando la voce sicuramente invecchiata, è un ottimo esempio di come un impostazione vocale eccellente consenta di arrivare a fine carriera con un timbro intatto e un fraseggio e un’articolazione splendidi. Altro che tanti decrepiti trentenni… Nel tubo si trova anche un estratto di un live del 1940 di un Rigoletto con la Pons; al di là degli estremi acuti e di certe note difficili, De Luca , classe 1876, nel ’40 cantava ancora un Rigoletto che per fraseggio e proprietà d’accento non teme confronto con tutti i Rigoletto venuti dopo. http://www.youtube.com/watch?v=W-sjqpgLVUk

  6. Ascolti del genere dimostrano come la perfezione tecnica garantisca di per sé l’eccellenza interpretativa, perché emettere e pronunciare in modo corretto significa già valorizzare al massimo i suoni e le parole, senza doverli caricare “dall’esterno” con un’intenzionalità posticcia. Che meraviglia!

  7. interessante come sostituisca le previste acciaccature con dei mordenti. mi domando se fosse prassi dell’epoca (magari addirittura voluta e prevista da Verdi stesso) o se fosse una libertà che si prendeva lui.

      • no. sono chiaramente mordenti, perchè partono dalla nota reale. fosse un acciaccatura sarebbe mib (acciacatura: nota eseguita rapidamente prendendo il tempo alla nota precedente e appoggiandosi alla successiva) reb(nota reale). invece lui esegue rapidamente due note (prima quella reale reb, poi la superiore mib) e poi di nuovo la reale, il reb. comincio comunque a credere che fosse una libertà che gli artisti si prendevano a scapito dell’autore, perchè analizzando attentamente la letteratura verdiana si nota un uso dell’acciaccatura molto specifico e preciso per caratterizzare determinati affetti, come il pianto, la tristezza e la sconsolazione (“ingemisco”, “di provenza” appunto, “ella giammai m’amo”). Detto effetto si perde rinunciando all’acciaccatura in favore di altre figure, come il mordente appunto.

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