Concerti di canto alla Scala: Grubymania!

Il trionfo che la Scala ha tributato ieri sera ad Edita Gruberova in concerto è emblematico per capire molto del presente operistico ma anche dell’opera in generale.
Inutile il racconto su come la grande diva slovacca abbia cantato, perchè è stata semplicemente se stessa, nei pregi come nei difetti, nei vezzi come nel repertorio. Inutile descrivere gli acciacchi dell’età, perché a questo punto qualunque cosa faccia, va bene. Talmente bene che gli applausi non erano solo applausi e la sala non è stata la stessa fiacca e rarefatta sala del Piermarini di oggi, ma un teatro letteralmente urlante e plaudente, trionfale ed esagitato come mai in questi anni, ripopolato per incanto dai melomani di sempre che hanno riempito, finalmente!, la Scala per un’occasione concertistica. Una meraviglia! la felicità di andare a teatro per festeggiare con tutti i crismi questa signora sessantacinquenne approdata qui, forse per l’ultima volta, nel ritmo martellante del suo personale ruolino di marcia, composto ancora di opere, con tanto di debutti, concerti e sostituzioni occasionali di pseudo divi precocemente decotti. Non è stata diversa dalla sua ultima volta a Milano, e valgono ancora le considerazioni di quella recensione, perché non è cambiato poi molto. Ma la misura del successo e le urla del teatro acclamante che non la lasciava più andare via, “ Edita! Editaaaaaaaa!” è stato davvero impressionante. E non perché le persone non abbiano sentito la messe di stonature che si sono udite o abbia universalmente gradito la maniera, tutta sua, di cantare con portamenti infiniti il programma scelto, ma perché quello che questa donna sa fare con la propria voce ha ormai il carattere della rarità, dell’unicità assoluta, tanto da fare di lei un “fenomeno”. Che cosa ci sia in una cantante come questa che l’ha portata, con il passare degli anni, a radunare intorno a se tanto pubblico itinerante, costantemente presente alle sue esibizioni, è quella peculiarità, alla base del canto lirico, che si chiama “libera risonanza” della voce nello spazio. Superato un primo tempo dimesso anche negli accenti espressivi, la Gruberova è approdata all’uso del F e del FF, sapientemente centellinati come si conviene ad una cantante con 40 anni di carriera alle spalle, liberando nella sala la sua voce ancora timbricamente fresca, trasparente, mai fibrosa o che sapesse di gola o naso o di alcunché, con una proiezione ed un volume stupefacenti. Ieri sera la diva ha dispiegato parte di quell’arte antica e perduta che ancora i vecchi dischi acustici ed i primi elettrici documentano, dove il timbro fresco delle dive delle foto in bianco e nero ti arriva da lontanissimo, col sapore di un altro mondo, magari in mezzo a suoni fissi e acuti estremi calanti, perché incisi una volta ritirate o quasi, magari dopo quarantanni di Met, come la vecchia Sembrich o la Melba. Come loro, nessuna usura timbrica, una grande facilità sul centro, sonoro come oggi nessuno al mondo possiede, la cassa toracica sviluppatissima, il proprio gusto, virtù ma anche eccessi, esibito in tutta le sue sfaccettature a memoria futura.
I passatisti musealizzerebbero il presente, si ironizza, eppure sono le platee di oggi che al cospetto di un vero pezzo da museo impazziscono e migrano assetate, urlando e applaudendo, un ‘artista che da anni è solo la manifestazione vivente e cantante di quello che si chiama “ canto sul fiato”! Ieri sera c’era solo quello, l’esibizione della propria preziosa unicità nel pianeta lirica, perché se ne sono andati gli acuti, il legato, l’intonazione ( che a volte ha causato le smorfie per nulla celate della Gruberova stessa..) e i brani, la Dinorah soprattutto, amministrati con teatrini interpretativi e pure attoriali personalissimi. Eppure lei appare e la gente urla impazzita, perché su quel palco di ieri un simile trionfo non hanno potuto nemmeno immaginarselo Kaufmann, la Gheorgiou, la Damrau, la Fleming…in concerto. L’impressione sul pubblico è l’impressione che fa la ricomparsa in teatro del canto lirico anticamente inteso, l’arte di trasformare la voce umana in un suono stereofonico, avvolgente, pulito, libero da ogni peso, intenso. Miracolosamente la discussa sala di Piermarini,che sarebbe stata alterata dai restauri recenti, è tornata ad essere uno spazio sonoro, che non ha mangiato la voce della vecchia diva, acusticamente perfetto. Eppure da quello stesso posto dove ho assistito al concerto ieri sera mi ero sforzata di sentire la piccola Damrau coperta, a tratti, dall’arpa e pure la Stemme in Valchiria come nel concerto con Domingo. Oggi la signora Gruberova, che non rinnega nulla della sua natura di soprano leggero, continuando ad esibirsi in Dinorah piuttosto che nella scena “ Spiel’ ich di Unschuld vom Lande” di Adele del Fledermaus o nelle Villanelle di Dell’Acqua o nell’aria di Linda, ha la voce più sonora e proiettata di una Stemme che canta Brunhilde, o di una Serafin, o di tutti quelli che sono passati su quel palco negli ultimi anni. Un suond attuale, che ci dimostra come cantassero i cantanti del passato senza tanti giri di parole o alibi, e di fatto la prova vivente che oggi non si sa più cantare così e che quel tipo di canto si è ormai perduto sotto il peso delle ciance, dei mali maestri, dei mali cantanti eretti ad esempio. Tanti pensieri ha suscitato in me quella monolitica professionista ieri sera, costante e ferma coma una montagna. Il primo è andato a Natalie Dessay ed al suo imbarazzante trascinarsi in queste settimane nella Traviata al Met, tra forfait, sostituzioni in corso di serata, la voce afonoide e parlata, sempre rotta nella diretta radio. Mai Edita Gruberova è incorsa, a parità di età come oggi, nelle stesse imbarazzanti prestazioni, lei che ha saluto a Vienna i suoi ultimi Puritani mentre la giovane francese dava già l’addio ufficiale a Sonnambula Ho pensato alla ridicolaggine delle chiacchiere di una Bartoli, incapace di rendersi udibile a Milano nell’Ory, con tutti i suoi girotondi di parole fintamente colte sulla Sonnambula e la Norma. Una Norma a cui non ha saputo dare uno solo dei suoni proiettati ed ampi che le ha dato la Gruberova, ed una Sonnambula cui la Gruberova ha dato voce in quel di Napoli in una prova gigantesca ed inarrivabile oggi per chiunque. Ho pensato che al solo apparire in scena ha ricevuto una tale ovazione prima del concerto che da sola era più grande di tutti gli applausi ricevuti dalla recente Tosca scaligera. Ho pensato alle grandi voci di oggi, la Stemme o la Serafin o la Dyka appunto, che se avessero dovuto duettare con lei ieri sarebbero risultate meno sonore, meno fresche e meno proiettate ed ampie pur praticando Wagner o Puccini o Verdi etc.. Ed ho pensato anche ai 78 giri, al perchè la Galli Curci sia permessa il Trovatore ad un certo punto, o alla Melba che cantava il Tannahauser, o alla Siems che cantava la Lucia e la Norma e l’Aida…etc.. Come facessero, ce lo ha spiegato la Gruberova ieri sera. Ho guardato questo pubblico impazzito per lei ed ho capito perché non voleva che se ne andasse dal palco. Qual tipo di canto paga e piace ancora, altro che balle filologiche e culturali su moderne sonorità vuote e sgonfie, sugli affondatori di strozza: quella pienezza di suono, quell’udibilità piena ed appagante per le orecchie, quel suono scintillante che nessun sistema microfonico può dopare e che solo la voce umana naturalmente educata sa produrre, fa impazzire il pubblico dell’opera, ieri come oggi e non è cambiato proprio nulla. Anche lei è una diva, un oggetto di culto, ma quegli applausi erano diversi, perché quel rapporto col pubblico che ho visto manifestarsi ieri sera, al confine tra il palco e la platea, con lei che stringeva le mani e scherzava con la gente, non si crea con la pubblicità o con l’artificio della comunicazione massmediatica, ma solo con la carriera, il lavoro e l’avere sempre onorato il pubblico facendosi trovare pronta in ogni parte del mondo, senza cancellazioni, scene, interviste trash, dichiarazioni imbecilli. Ieri sera ho visto tanta verità sul palco, perché la diva non ha nascosto mai i suoi difetti e la sua età, ha pure eseguito i suoi sopracuti steccati, perché sa che c’è qualcosa in campo di altrettanto vero che conta e vale di più, in grado di sublimare tutto.
E per questo è stato un grandissimo trionfo.

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73 pensieri su “Concerti di canto alla Scala: Grubymania!

  1. Bella recensione, grazie! Posso chiedere ai frequentatori abituali della Scala che c’erano anche ieri se c’erano anche dei giovani nel pubblico? E gli spettatori sono “i soliti” o la Gruberova ha fatto tornare in questo teatro gente che non si vedeva più? Solo per curiosità :)

        • Sai, Giulia, purtroppo non ricordo più di una ventina di recital che alla Scala abbiano fatto il tutto esaurito, e sono tutti nei cosiddetti “anni d’oro”. Purtroppo il noto che il recital non è genere molto apprezzato dal pubblico milanese, e le rare volte che ormai ci vado anche io vedo sempre il teatro mezzo vuoto.

          • Ricordo vuoti davvero imbarazzanti, ultimo il concerto della Barcellona. Pensa che mi risulta che ci siano stati una cosa come 500 vuoti…e che me ne ricordi ce ne sono stati anche di peggio.

          • un po’ fa anche il dictat lissneriano dei lieder. lui vuole la gente più colta, ed invece la gente sta a casa. però sti divi sono mezzi divi.
            io dico che se chiamassero la Bumbry a cantare le canzoni di MIna o che altro come ha fatto adesso aparigi il teatro sarebbe stracolmo….e invece ti chiamano Mostridge..

  2. Sì è stato esclusivamente un omaggio alla carriera. Chi urlava e applaudiva freneticamente lo faceva praticamente già prima di entrare in teatro.
    Perchè se è vero che la voce è ancora sonora è anche vero che ormai gli acciacchi sono troppi e il gusto sempre peggiore.
    Io ieri sera ho sentito solo un terribile concerto e un pubblico plaudente a prescindere dal risultato.

    Lo dico con rispetto per l’Artista (con la A maiuscola) che è stata.

      • quello che mi è piaciuto di più è stato uno dei signori della famosa Tosca, con cui parlavo sempre, che è venuto a dirmi: ” beh, allora sta sera va bene?”….sono scoppiata a ridere poi gli ho detto: ” si si, è stonata, non ha un acuto ed un gusto orribile, ma ha una grande proiezione dunque si sente benissimo…voce pulita…”
        E lui ” in effetti si sente molto bene…”…ed io: ” dovrebbero sempre sentirsi tutti così! scusi ma quella della Tsoca, la grande voce….aveva un timbro da vecchia e meno suono…le pare normale?” ….e lui: ” in effetti la tosca non è piaciuta nemmeno a me…”…..surreale, no?

          • …pensavo alla Melba, quando,. strasuperfinita, ha fatto l’Otello di Verdi e le scrissero, se ricordo bene, che era una assoluta schifezza, che non c’entrava niente con la desdemona, gusto perfido, ma …era sempre la Melba…hahahaha …la storia si ripete! solo che lei aveva i ricambi dietro che premevano…allora persi i sopracuti, non poteva più esbirli steccando sennò la avrebbero tirata giù a bu. qui, niente rincalzi e allora si va avanti coi sopracuti steccati…e il resto. e lei LO SA e ride. Ride perchè sa benissimo cosa fa….una serata SUBLIME nel suo genere….perchè abbiamo oscillato da un estremo all’altro facendo delle curve!!!!! hahah…

    • perfettamente d’accordo. La Gruberova ha un VERO passato e per questo il pubblico la rispetta e l’applaude. Ma già l’anno scorso dava segni di stanchezza. L’intonazione non era sempre ok. A volte anche noiosa. Purtroppo oggi viviamo in un mondo di nulla o quasi. Il modernariato nel canto praticamente non esiste e perciò viva l’antiquariato anche se tarlato.

  3. carissimo lucar
    non posso condividere la tua opinione. contrariamente a quanto si dice normalmente su grisi e grisini non andiamo o non vado a teatro avendo già scelto piuttosto vado sapendo quello che mi devo aspettare. è un po’ (molto) diverso. non mi posso certo aspettare un gusto severo e sobrio oppure un canto privo di portamenti . non era così nella zerbinetta del 1984 e nei concerti scaligeri coevi, figurati se lo è oggi prossima più ai 70 che ai 60 anni . Ma è l’immagine della cantante d’opera come la mia generazione -ultima purtroppo che ha potuto vederne un certo numero- ha nella mente e prima della mia le precedenti. La sonorità e l’ampiezza della voce della gruberova, la capacità tutta sua di trasformare un lied in un esercizio canoro (interpretare è verbo estraneo al vocabolario della gruberova nella corrente e comune accezione) dove fa quello che vuole passando in un nano secondo dal mezzo forte al pianissimo sono quello che il pubblico chiede ad una grande cantante d’opera .
    Questo credo sia il motivo del trionfo della gruberova, che ha dei difetti, ma non ha solo dei difetti (altrimenti non sarebeb la gruberova) e la ragione della tristezza perchè da oggi riprende ad esserci servita la minestrina lissner. assolutamente indigeribile e popolata di stelline decotte stracotte e marciscenti. al più la signora di bratislava come quella di chiusa vecchia o quella di napoli, che hanno spopolato nelal turandot genovese ,hanno difetti dovuti all’età oltre che scelte di repertorio che derivano dallo sfasciume di stelle e stelline……e magari dal fatto di dimostrare a sè stesse ed agli altri che loro ci sono ancora

  4. notazione assolutamente estranea quando incise l’aria della linda frau sembrich di anni ne aveva solo 55 ma cantava da quasi quaranta, i dischi li incideva infilando la testa in una tromba eppure la voce non sembra nè senescente nè logorata ha un mordente ed uno slancio unico (le agilità di forza), dizione chiara, tenuta di fiato impressionante. scusate la digressione, ma la sembrich è con la lehmann per me la più grande voce dell’800 arrivata a noi! archeologia della vocalità

  5. Io non mi riferivo ai grisini. Non mi è passato neanche per l’anticamera del cervello.
    Chi ho visto applaudire freneticamente ieri sera era già esagitato prima di entrare. Te lo posso assicurare.
    Ed è gente che non si accorge se la Signora stona, stecca, fa portamenti, etc.
    Infatti come ho scritto in una delle mie risposte più sopra può applaudire allo stesso modo “la Serafin in Tosca o la Dessay ultima maniera.”.

  6. Recensione molto bella. Mi spiace di essermi perso questo concerto. Mi auguro che il confronto nella stessa sala e a distanza ravvicinata tra la grande sonorità della Gruberova – pur con le sue stonature e le sue sbavature – e la voce della Devia – senz’altro più attenta e precisa… ma, ma… – abbia fatto capire quale delle due pratichi l’autentico canto sul fiato con la voce tutta fuori, ampia e sfogata, capace di riempire le orecchie.

  7. Voglio dire che la Gruby sì canta come le dive di un tempo, magari in basso è slabbrata, in alto tutta stirata, ma il suono libero è quello. Nella Devia non percepisco questo livello di emissione: vero o no?

    • Indubbio Mancini, è la Gruberova la maestra del canto sul fiato ! Eppure una serata con lei la trovo pesante: gusto, asprezze vocali, suoni fissi. Mentre la voce della Devia non sarà tutta ben sfogata ma è più morbida, il suo canto è pulito, essenziale ed ultimamente anche espressivo. Trovo che la Mariella nazionale, con i suoi limiti, abbia retto meravigliosamente e, meglio della signora slovacca, il trascorrere del tempo.

      • Ma è indubbio che la Devia canti ancora assai dignitosamente, meglio della Gruberova che è decisamente più sfasciata e musicalmente trasandata. Io parlo però di mera sonorità: per le due signore non hanno affatto un’emissione identica!

          • Caro Mancini vediamo se seguo la tua rubrica con profitto . :) A mio avviso il registro centrale della voce della Gruberova è posizionato più il alto rispetto al quello della Devia, la voce è quindi più leggera, più timbrata e sonora . Nel registro acuto anche la Devia alza la posizione del canto e tutta l’emissione diventa più brillante come per la Gruby, ma mai altrettanto…

      • Io invece non trovo che la Gruberova canti proprio sul fiato. Almeno oggi. E’ forte di uno strumento in natura più sonoro e più dotato, secondo me.
        Certi slittamenti non sono solo questione di “stile” ma anche di qualcosa che non è mai stato completamente risolto.

        Però devo premettere che stiamo facendo le cosidette pulci ad una grande.

          • Io concordo invece con Lucar. Al di là della bellissima recensione di Giulia, per me l’espansione e il canto a fior di labbro, come isolate qualità in un oceano di difetti, non sono condizioni sufficienti per esibirsi, men che meno per trionfare. Per quanto mi riguarda… un concerto men che mediocre!

        • E’ vero che la linea non è certo tutta omogeneamente fluida sul fiato, problemi ce ne sono, ma alcune note le escono ancora molto belle ricche e sfogate. Non ho avuto questa impressione invece quando lo scorso marzo ho risentito la Devia, che canta con più accortezza ma la cui voce non è mai del tutto libera sfogata e piena di vibrazioni, così almeno mi parve.

  8. allora di fatti ero nella stessa posizione per entrambi i concerti e quindi ho “lucrato” la lezione di canto da entrambe le signore.
    respirano nello stesso identico modo anzi l’alzar del petto per dirla con garcia è più evidente in mariella devia esattamemte come identica è la postura delle gambe e del bacino sopratutto quando arrivano gli acuti.
    avendo poi sentito la devia in tempi recentissimi e in una scrittura bassa come quella di liù sopratutto alla grande scena che precede la morte la gestione dell’ottava bassa è la stessa. Anzi la gruberova suona più vuota (ieri sera vedi certi attacchi della cavatina di linda e qualche frase di schubert) o meglio più usurata. In fondo cnta dal 1990 un repertorio solo in parte pertinente alla sua voce.

  9. Ammetto di aver pensato male prevedendo una vostra recensione negativa. Faccio ammenda e riconosco molto volentieri di aver avuto torto: trovo la recensione perfetta, condivisibile al 100%. Che serata ieri sera! Una meraviglia, con un pubblico reattivo, appassionato, elettrizzato come ai bei tempi.
    Grandi emozioni, grande Gruberova malgrado gli acciacchi evidenti di una voce che non è più giovane. Sono d’accordo: una lezione per tutti.

    • caro gianmario, tu non ci conosci…hehehe! Insomma, è anziana ma è un gigante…sebben il suo gusto lo trovi semplicemente spaventoso! Ripeto, nel suo genere è sublime, anche con quei portamentoni millenari. Ieri si è sbagliata un paio di volte e non li ha fatti: è andata diretta sulla nota …..strepitosa! Se avesso cantato come la devia ma con quella voce grande…vero? E poi….la gente stava uscendo, lei ‘ tornata per il bis e allora tutti sono corsi a sedere. Ho pensato alla kurzak l’ hanno passato, sola sul palco mentre la gente le ha girato la schiena per uscire e lei….ferma sul palco a guardare. Neanche di uscire dal palco per tempo sono più capaci??!!!! …..dopo quegli uccelli stepelati, anche il pubblico di c..o…maddaiiiii

  10. Concordo pienamente con la recensione: non so voi, ma mi è sembrato come se la Gruberova abbia allestito un programma che ho trovato tra il noioso e l’insipido, per poi sparare le cartucce finali (i 5 brani fuori programma) che hanno infiammato letterlamente il pubblico!

  11. tanto per fare ricordanze cinque bis non sono pochi, ma ai concerti di canto dei miei tempi come quelli della horne o della berganza il numero medio era sette otto e le scene erano le stesse gli ltini erano addirittura illuminato e per quei 100 – 200 fedelissimi che sapevano bene sarebbero arrivati
    se penso alle ultime apparizioni di cantanti che ci dicono dovrebbero essere divi…………o dive proprio altri tempi quelli che frau gruberova evoca

  12. Il vero pregio della Gruberova è di avere i plauditores più scatenati del mondo :-)

    Ma al di là delle battute, mi interessa chiedere una cosa. Non ho ascoltato questo concerto, ma la recente Norma a Nizza. Come ha ben esplicato il Donzelli, la Gruberova ha mantenuto una voce fresca, svettante, sonora e molto proiettata. E’ pur vero che la sua voce ha molti difetti, tra cui l’intonazione ballerina, l’inesistenza dei gravi, le note prese da sotto, alcune fissità ecc.
    La questione che mi piacerebbe capire (e vi ringrazio se mi aiutate) è da cosa nascono questi difetti, se da una tecnica evidentemente non perfetta (però senza tecnica non avrebbe la voce così proiettata) o dall’usura del mezzo (che però non sembra usurato avendo ella voce ancora fresca) oppure da un suo modo di cantare, quasi un vezzo (che, però, da giovane non aveva). Più ci penso, meno riesco a comprendere.

    • ciao davide
      quanto a plauditores nonha conosciuto quelli della valentini terrani o quelli della raina. Se vuoi ti posso raccontare comici dettagli di entrambe le categorie, ma in poche parole sono come certi CT della nazionale stazionanti in tutti i bar che, innamorati di un calciatore lo farebbero giocare con tutti i numeri possibili. In ciò erano splendidi, quando ero bambino quelli di Giacinto ^Facchetti, che segnava, benchè terzino, e ciò li autorizzava e ritenerlo una punta perfetta. Quanto alla Gruberova cerco in poco spazio e tempo di dirti la mia. E’ un soprano leggero che con il tempo ha acquisito un colore un poco più lirico e con la saldezza della tecnica , fondata su una respirazione solidissima, ma nulla più. aggiungo che questo fenomeno capitava a molte cosidette colorature pensa sia a quelle che chiudevano la carriera con manon, boheme, marta, e magari anche butterfly o lohengrin. A questa “razza” apartine la Gruberova. Se non fosse una cantante e i teatri fossero gestiti da esseri pensanti la signora trionferebbe come Manon, Mimi, magari Eva, Elsa e Mignon (title role) eviterebbe di emettere suono fissi e stonati e di far credere a tutta la middle europa che il bel canto sia quella roba che da quattro lustri ammanisce. Ammannisce coi suoi difetti. Sempre gli stessi perchè l’altra sera quando cantava Strauss ripensavo alla sua Zerbinetta fonografica del 1984 ( quella con la Norman) e i difetti erano esattamente gli stessi. Allora è difficile andare a valutare se si tratti di una congiunta serie di comodità della cantante o se di limite tecnico.
      Per la cronaca i cantanti (tutti o quasi) hanno sempre disertato l’ortodossia tecnica per la comodità . Ti cito due esempi i singhiozzi di Gigli (detto “el caragnun”; a Milano piagnuccolare si dice appunto caragnare) o i coupe de glotte delle Gencer quando cantava ruoli drammatici e gravi (lei che era un lirico leggero innatura). Servivano a Gigli per facilitare l’emissione delle note acute o meglio facilitare la posizione del suono per salire ed alla Gencer per lo stesso fine. In fondo i portamneti di frau gruberova rispondono allo stesso fine consentire alla voce di salire e siccome la cantante per cantare bolena, devereux e norma deve sfoggiare un centro cospicuo il portamento le serve per salire senza troppo dispendio di energie. se poi l’operazione derivi da un passaggio di registro superiore effettuato un poco in ritardo ovvero non a partire dal do diesis-mi bem il dubbio l’ho, ma è tale (cioè dubbio) rimane. dopo aver preso un po’ di xamanina vado a sentirmi bene la gruberova in parti che quella zona della voce investono. ciao a presto

        • Concordo: ESEGUIRE UN PORTAMENTO (GLISSATO) CORRETTO è molto più difficile di un attacco diretto; non capisco però tutto questo accanirsi contro una modalità emissiva che di fatto è sempre stata considerata un abbellimento

          • (molto più difficile di un attaco diretto, specialmente quando si fanno anche dei salti importanti)

          • Inoltre, i vecchi trattatisti (che ben parlavano del portamento, considerandolo alla stessa stregua di trilli e messa di voce) sostenevano che esso è una dote indispensabile al cantante, ma solo coloro che avessero ottenuto omogeneità nei registri senza interruzioni (che oggi si chiamano PASSAGGI) sarebbero riusciti in questo importante abbellimento

          • Perchè in questo caso non è un abbellimento. Diventa lamentoso e stucchevole. Almeno per me.

          • questo lo dicono i trattatisti ed anche i maestri di canto, ma i cantanti preferiscono un attacco non scoperto. raramente erano scoperti gli attacchi degli acuti nel belcanto (dove in genere si arrivava per gradi a mezzo scale ed altri artifizi) e i cantanti hanno trasportato o con l’utilizzo di portamenti o di acciaccature in tuttii repertori. E’ ad esempio il tipico modo di attaccare gli acuti di cantanti come battistini o dei soprani di coloratura. in questo ad esempio i sovracuti scoparti di mariella devia sono stati un’eccezione

          • Attaccare gli acuti mediante il portamento è un escamotage che può effettivamente facilitare la salita in quanto fare un salto netto da una certa nota ad un’altra più acuta richiede una sicurezza, un aplomb nella gestione del fiato che ad una certa età, quando il fisico non regge più impegni troppo onerosi, può venir meno. Quindi il portamento certamente può essere di aiuto, solo però al cantante che lo sappia eseguire a regola d’arte, ossia sul fiato e non di gola! E concordo che non sia affatto facile, infatti oggi i cantanti non fanno che stringere e spingere come forsennati, quando invece il vero portamento deve essere solo un soffio di fiato privo della benché minima partecipazione faringea!

        • Ok, d’altronde cantanti che glissano correttamente oggi non se ne trovano più infatti. Il glissato corretto riesce solo con tecnica corretta, altrimenti la voce si rompe. Siccome la tecnica corretta è sparita, la sua scomparsa si è portata appresso coloratura, trilli, portamenti e pronuncia.
          Poi, se parliamo di gusto allora è diverso. A qualcuno può piacere il legato glissato e a qualcun altro no. Così come oggi piacciono tantissimo suoni che 150-250 anni fa sarebbero risultati sgradevoli perché i cantanti dell’epoca sapevano cantare davvero.

    • Rispondendo a davide: la Gruberova in questo ultimo periodo affronta dei ruoli quali Stuarda, Norma, Bolena e Borgia che sono tutti per soprani con una tessitura abbastanza centrale (ruoli Malibran e Pasta) ma lei ha il suo centro nel registro medio-acuto, quindi le note gravi non sono un limite tecnico ma un limite strettamente vocale: è e rimane un soprano koloratur che canta ruoli da soprano drammatico d’agilità (idem dicasi per la Devia).
      L’intonazione ballerina (io l’ho riscontrata sopratutto nei piani – un po’ crescenti), note prese da sotto e le fissità sono da imputarsi all’età: le corde vocali non sono toniche come una volta!

  13. Che dire?? Davvero un grandissimo TRIONFO per un’Artista che ha sempre dato il massimo con serietà, passione e amore per la propria professione. Il tutto, basato su una TECNICA VOCALE CORRETTA che rispecchia il vero ed unico BELCANTO ITALIANO, altrimenti estinto. Caratteristiche che, al presente, non si vedono più in nessun altro cantante. Chi non c’era non può nemmeno immaginare.. Il pubblico non voleva più che lei andasse via e tra applausi e urla resterà sicuramente una serata MEMORABILE per tutti i presenti!!
    PS: i trilli sono stati il TOP del TOP

    • tutto di bene si può dire di frau gruberova, ma fra il belcanto all’italiana , che per chiarirci sulla portata del termine è sopratutto un modi di interpretare sostenuto da una certa tecnica, e la signora i rapporti sono assolutamente conflittuali. Un conto è cantare bene ed un conto è essere una belcantista. Eseguire bene un trillo non significa essere una bel cantista perchè allora frida leider e gertrud kappel lo sarebbero assai più di una devia o di una sills

      • Mi stupisce davvero che dei grandi intenditori e conoscitori come voi, davvero poco sappiano del vero BELCANTO ITALIANO del 18°-19° secolo! Il BEL CANTO non è MAI stato una questione di stile, come voi oggi credete, ma una questione DI TECNICA E RESPIRAZIONE. Non a caso, quei pochissimi trattati di fine 1700 ad opera di celebri maestri italiani (Tosi e Mancini, per citarne due a caso) riportavano sempre capitoli quali: la respirazione, la messa di voce, il portamento, il trillo, le agilità, la mezza voce, etc… Tutte cose che in una Devia e in una Sills non ho MAI sentito.
        Che oggi poi i gusti siano cambiati (specialmente qui in Italia) in favore di suoni ingolati e stimbrati, colorature eseguite da schifo, trilli e messe di voce che non si sa nemmeno cosa siano (cioè, in favore DI QUELLO CHE DI FATTO “PASSA IL CONVENTO”) allora ci addentriamo in un discorso ben diverso: gusto e stile, che nulla hanno a che vedere con il belcanto.

        • hai mai provato a leggere ad esempio stendhal quando parla delle melodie pre rossiniane del loro modo di eseguirle e poi pensato alla gruberova in una andante
          inoltre mi pare pacifico che il bel canto finisca con rossini ed è altrettanto pacifico che da rossini un giù ben poco abbia cantato la gruberova e se poi dobbiamo guardare al bel canto in senso corretto la tecnica per loro non era un fine , ma un mezzo essenziale ed irrinunciabile , ma sempre un mezzo serviva a far sentire il “canto che nell’anima si sente”. da ultimo quanto la belcanto c’è anche la componente acrobatica. Quanto ad agilità di forza frau gruberova fa compagnia a mariella devia nel compitarle, ma nel non interpretarle. non per nulla e qui avremo almeno trenta post di risposta rispondeva molto molto meglio all’ideale lella cuberli

          • Non sono d’accordo su ciò che dici dell’agilità della Gruberova. Ha ancora oggi un trillo ed una velocità di vocalizzazione che la Devia non ha mai avuto. Penso che la Gruberova si sia avvicinata molto più della Devia al soprano di tipo “coloratura”, e possedeva la vera vocalizzazione elettrica, staccata, rapida che era anche di una Serra.

          • Sui trattati si legge e rilegge che “senza tecnica adeguata (e voce piazzata fuori) non si può arrivare e trasmettere al pubblico”. E questa è una verità sacrosanta!! D’accordissimo con il tuo parere, la tecnica non è un fine ma una BASE, che deve essere salda e indispensabile per iniziare a cantare. Oggi, è vero che ci sono cantanti che adeguandosi allo stile cercano di insinuarsi nel repertorio del belcanto, ma senza la tecnica i risultati sono davvero pessimi. E sotto occhi e orecchie di tutti.

            Altra cosa. La coloratura della Gruberova risulta molto espressiva sia perché la voce è libera (al punto da permettere variazioni dinamiche anche su lunghe parti di coloratura) sia perché è sorretta da una tecnica corretta. La Devia, soprattutto per quanto riguarda le ultime cose che ho ascoltato, ha una coloratura sempre più pesante, rallentata e spesso “sbavata”. Inoltre la Devia non è mai stata in grado di coniugare esecuzione e dinamica. Ecco perché risulta sempre così noiosa.

          • Sono d’accordissimo con ddd87 che la Devia non possieda lo stesso grado di libertà e scioltezza nell’emissione che ha la Gruberova, e l’agilità, se anche in passato non è mai stata un modello di funambolismo, oggi direi che è praticamente inesistente: a forza di cantare parti più grandi di lei, la voce ha perso elasticità diventando dura e legnosa. Basti sentire il finale di Bolena dove spiana tutti i trilli.

          • Concordo con Mancini: la coloratura della Gruberova è fluida e scandita (ma non martellata se non per motivi espressivi), e non spesso inceppata come quella della Devia!

        • qui ti smentisco beverly sills non solo nell’opera di belcanto (Assedio di Corinto, piuttosto che Giulio CEsare) eseguiva splendide messe di voce. Tralasciamo poi l’uso esemplare e sapientissimo per fini espressivi che ne faceva in titoli come il Devereux,la Stuarda e magari pure Louise.

          • No no… Ho ascoltato diverse registrazioni, ma io trilli e messe di voce dalla Sills proprio non ne ho mai ascoltate. Se mi linkate qualcosa, sarò contento di poterle ascoltare!

  14. Una serata che ricorderò a lungo,un po perchè penso che sia stata la sua ultima volta alla Scala, e un po per l’autentica magia che sia sentiva nel teatro…Chi come me è andato sapeva la sua età e che oramai non è più “precisa” come un tempo, ma la sua voce è ancora capace di emozionare,ancora fresca nonostante le tante limitazioni che l’età impone direi meglio di tante che oggi hanno 20 anni meno di lei….Tutti sono rimasti appagati ancora una volta dalla sua arte.Purtoppo sono convinto che di voci come la sua in futuro,con questa tendenza a pensare piu’ al contorno, al recitare in modo esagerato sulle scene( vedi Dessay su tutte),che alla bellezza della voce e dell’intonazione,non ce ne saranno più’.Anche i soprani di coloratura di oggi, dopo pochi anni non “brillano piu'” e si buttano a fare opere per cui non hanno ne voce ne preparazione(e all’ estero le osannano pure).Quindi alla fine ieri sera nonostante ripeto le imprecisioni si è voluto assistere dal vivo a quest ultima rappresentante di un modo di cantare che oggi non esiste piu’…Forse la pensava così chi andava negli anni 70 a vedere gli ultimi recital di Lily Pons, in un mondo oramai priettato con le orecchie verso voci e rinnovamenti stilistici di Callas, Sutherland ,Sills

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