21 pensieri su “francesco merli: otello for ever?

    • Domenico per me Merli è la quadra del tenore drammatico. Da lui in poi siam solo tornati indietro. Nessuno è più riuscito a domare rendendola malleabile una voce così spessa, piegando lo strumento all’interpretazione. Insomma è un altro che con la voce faceva un po’ quello che voleva…

      • Ancora una volta concordo pienamente con l’ottimo Tamberlick (che, con buona pace del grande Gioachino, a casa mia il do diesis potrebbe benissimo portarselo in salotto). Come stanno a dimostrare le sue per fortuna abbastanza numerose incisioni, Merli sapeva cantare da grande e di conseguenza interpretare da grande (faccio un solo esempio, perché la prima volta che l’ho sentito sono saltata sulla sedia: come attacca “Sulla terra l’ho adorata, come in cielo amar si puote” nel duetto della Forza è qualcosa di impressionante; bisogna scomodare Pertile per trovare tanta immedesimazione nel momento scenico, ed è tutto dire).
        Poi, mi preme sottolineare una cosa, anche se so che qui suona pleonastico; ma io la scrivo comunque nella speranza che qualcuno di passaggio su questo sito apra le orecchie: Merli è la dimostrazione che la voce di tenore drammatico è una voce di tenore, tenore schietto, puro, brillante e scintillante. Alla faccia delle orecchie di chi si ostina a dire che la voce drammatica deve essere scura – non specificando mai cosa intende con scura, incidentalmente…

        • Lontanodalmondo, ti ringrazio per l'”ottimo” che non merito.
          Solo una piccola precisazione sull’oscurità della voce.
          In realtà Merli era un tenore drammatico anche in virtù della bella pasta vocale dal colore brunito, come fa giustamente notare Mancini. Anzi: rispetto al metallo bronzeo di del Monaco, la pasta di Merli suona addirittura più sorda e piena.
          in realtà non è che il tenore drammatico non debba avere una voce scura. Io preferisco dire che, per il fatto di avere una voce scura e spessa, che tendenzialmente va ad occupare tessiture centrali, non per questo deve, invece, “cantare scuro”, andandosi a cercare artificiose bruniture che eccedano quelle che Madrenatura gli ha concesso, magari gonfiando a sproposito i centri, perdendo quell’altezza del suono ancora più indispensabile per una voce del genere per giungere ad una certa fluidità dei registri e un pieno controllo della dinamica.
          Sotto questi rispetti le registrazioni di Merli sono da manuale. Insomma lui, ma come altri, restituisce limpidamente come sia di facile concetto il canto; come sia un gesto più spontaneo che non altro. Tanto che sembra inconcepibile farsi una ragione di come si canti oggi.

          Penso comunque che fosse proprio questo che intendessi dire :)

          • Sì, infatti caro Tamberlick è proprio quello che intendevo dire. Comprendo l’obiezione sollevata da Mancini, il quale di norma mi offre sempre ottimi spunti di riflessione; d’altra parte è proprio come dici tu: per me “voce scura” è una voce artefatta, che al primo ascolto fa nutrire dubbi sulla propria natura: e non penso questo sia il caso di Merli, il quale certo non suona come Lauri-Volpi o come Tamagno o Garbin, ma appena lo senti senti un tenore. Quando senti Galouzine, Kaufmann, o quasi tutti i tenori che negli ultimi anni hanno affrontato il ruolo di Otello, spesso non hai bene idea di che voce tu abbia difronte, tanto sono gonfiati a dismisura i centri e, conseguentemente e direi anche fatalmente, faticosi e forzati già i primi acuti.
            Insomma, come ho già scritto altrove, se apri la bocca – con coscienza tecnica naturalmente – e invece della voce di Lauri-Volpi ti esce quella di Merli va benissimo. L’importante è non far voce, non mettersi addosso un vestito di diverse taglie abbondante. Saluti a tutti.

          • Ma veramente Kaufmann ha fatto Otello?

            Bisogna precisare comunque che Tamagno e Lauri Volpi erano contraltini, e sono diversi da Merli che appartiene alla categoria del normale tenore, pur con una mezzo vocale di potenza fuori dal comune. Galouzine e compagnia sono a mio avviso degli affondisti esasperati, addirittura più realisti del re, giacché lo stesso Del Monaco, che possiamo considerare l’iniziatore di questa “scuola”, aveva voce gagliardissima sì ma comunque di schietto tenore, non certo opaca e tubata.

          • No, caro Mancini, Kaufmann non ha cantato “Otello”, non ancora almeno. L’ho citato come esempio di voce contraffatta, ma rileggendo il mio commento mi rendo conto che la frase era equivocabile; colpa mia.
            A proposito di quanto dici di Del Monaco, mi trovi assolutamente d’accordo e una riprova piuttosto impressionante la dà nei “Pagliacci” se non erro viennesi a fine carriera: i centri, dopo anni di affondo e di gonfiore, sono ridotti a suoni nasali quasi parlati; ma quando sale al – non scritto – si bequadro su “a ventitrè ore”, la voce suona come la tromba del giudizio. A conferma di quanto dici Tu a proposito della voce tenorile gagliarda e di come, in fondo e nonostante tanti suoi vezzi d’emissione non ortodossi e anche dannosi, Del Monaco avesse comunque una fonazione di gran scuola.

          • Solo l’idea di pensare a Kau nei panni del Moro, mi provoca la gastrite. 😮

  1. Qualcuno ha accostato Del Monaco a Merli, ma a me sembrano molto diversi.:per quel che capisco (dopo ascolto comparato di manon lescaut -no, pazzo son) mi sembra che una differenza sia il passaggio di registro , perfetto in Merli, un po’ meno in Del Monaco (in realta’ mi riferisco ad una sola aria:appunto il : no, pazzo son..). Cosa ne pensate ?

    • Penso che pur con tutto il rispetto che nutro per la voce che fu (avercene, al di là di ogni considerazione tecnica) a del Monaco mancò tutta la ricchezza di sfumature di Merli. Soprattutto nell’impiego della mezza voce: la tavolozza di colori di Merli trascende i limiti del tenoe dramamtico, come quelli del “tenorismo” (una parolaccia che uso solo per riassumere) per posarsi nel puro e semplice canto.

  2. Sì, però che cantante! Diciamo che teneva il suono sempre troppo teso e diciamo che “drammatico” ha più a che fare, a mio avviso, più con la capacità di accentare piuttosto che con la grana della voce… però che cantante che era Mario del Monaco: fu un unicum anche lui.

    @Mancini e Papageno. Posso cheidervi dei chiarimenti sulla voce di contraltino e sulla tecnica di affondo? Sulla prima, ho scorso diverse discussioni tra i commenti, ma definendolo in modo secco: cosa ha di diverso rispetto al tenore comune? Ho sempre pensato che si intendessero solo i tenori con un’estensione fuori dal normale. Adesso mi par di intendere che ci sia dell’altro. Mentre sulla tecnica c.d. di affondo ho trovato definizioni da presunti allievi di tale insegnamento che mi hanno fatto trarre delle due una sola conclusione: o non hanno capito nulla oppure del Monaco non la praticava affatto, perché i suoni erano sempre in posizione! Grazie.

    • Per quanto riguarda l’affondo, non direi che si tratta di UNA tecnica né di UNA scuola, giacché tutti lo insegnano in maniera diversa… A grandi linee per affondo io intendo una maniera di impostare la voce basata su una esasperazione dell’appoggio diaframmatico – quindi respirazione molto bassa – e di conseguenza su una posizione altrettanto bassa della laringe.

      Il contraltino si distingue dal tenore per la nota di passaggio, più alta, per la facile tendenza a salire aperto anche agli acuti, fino al famigerato do di petto, per la possibilità di utilizzare il registro di testa e di salire quindi ai sovracuti, nonché per la lunga estensione anche in basso, infatti non è raro che alcuni contraltini, proprio per questa naturale disposizione a scendere in zone baritonali, vengano classificati baritoni (Loforese, ad esempio). Il tenore “classico” invece in alto arriva appena al do (ma tanti tenori illustri in passato non avevano questa nota), e in basso spesso difficilmente riesce a sostenere il do2. Di tutte le voci maschili quella tenorile è senz’altro la più corta, due ottave scarse, ma anche meno. A differenza del contraltino però ha un colore più bello e omogeneo, mentre il contraltino presenta spesso timbro aspro, acuti di colore ambiguo e disomogenei dal centro, difetti di intonazione. In termini anatomici il tenore ha le corde corte e spesse il contraltino le ha lunghe e sottili.

      • Grazie!
        Limpido come un torrente di montagna!
        Il sospetto sulla molteplicità delle scuole dell’affondo ce lo avevo anche io. Anche se non ho ben chiaro come si possa esasperare l’appoggio diaframmatico… Della laringe avevo effettivamente sentito che si consigliava di tenerla costantemente abbassata. Mah… La laringe s’abbassa quando si deve abbassare: e ciò deve essere il meno forzato possibile.

        Sul contraltino invece che dire? Nulla se non che provo una certa invidia! 😀

        • Ma infatti l’affondo di per sé non direbbe nulla di così assurdo, il problema è che si tratta di una tecnica che meccanicizza, esaspera ed irrigidisce determinati atteggiamenti, rendendo la voce monocorde, stentorea, senza sfumature.

          Quanto all’invidia, bada che nel canto l’estensione non è così fondamentale, sarebbe già tantissimo disporre di due ottave scarse perfettamente cantabili e in ordine… spesso questi contraltini – quanti ne sentiamo oggi! florez, brownlee, siragusa e via dicendo – hanno voce piccola e femminea… mica tutti sono come Lauri Volpi!

          • Sicuramente Giambattista.
            Anzi, ti dirò che certe note sopracute non mi piacciono in gola ad un tenore: certi Mi e certi Fa non sono più voce d’uomo.
            E poi che sono un estimatore di alcuni tenori notoriamente corti e che li preferisco nettamente ad altri.
            Però ti confesso che non mi dispiacerebbe poter salire tranquillamente al Re4 per poter affrontare tutto un repertorio caduto nel dimenticatoio per incapacità e scarsa sostanza vocale del contraltini d’oggi. Uno su tutti, Raoul di Nangis.

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