I venerdì di G.B. Mancini: impariamo a confrontare. Maria Callas vs. Mariella Devia nel Turco in Italia, ossia della “asetticizzazione” della vocalità femminile e del belcanto.

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Sull’onda della polemica di questa settimana riguardante la vocalità di Maria Callas, colgo l’occasione per un ascolto comparato che evidenzi l’impoverimento tecnico ed espressivo che nell’ultimo mezzo secolo ha investito l’esecuzione del repertorio belcantistico. Impoverimento perpetratosi a dispetto della c.d. “belcanto renaissance”, fenomeno che mai ha potuto compiutamente finalizzarsi stante l’inesorabile decadenza della voci, eccezion fatta per una sparuta manciata di autentici fuoriclasse del canto, scomode eccezioni che oggi una certa critica ha bisogno di ridimensionare per poter giustificare il misero presente. Impoverimento che, nella migliore delle ipotesi (ossia quando esso non riguarda la mancanza dei requisiti minimali di decenza non dico artistica ma perlomeno professionale), si può definire con la parola “asetticizzazione”: rimpicciolimento volumetrico, sterile tecnicismo e meccanicismo esecutivi, monocromatismo vocale, appiattimento espressivo, in ossequio ad una estetica storicamente falsa che fa del belcanto la palestra di asettiche vociuzze paghe solo di compitare note sempre uguali.
Passando all’analisi, bisogna premettere, per rassicurare i fans, che la signora Devia è senz’altro tetragona professionista, e che quindi ad un ascolto generico, qui come solito ciò che lei canta viene risolto senza inciampi, in maniera più che dignitosa, il che però non significa perfezione esecutiva né trascendentale dominio tecnico dell’emissione: perché se alla ricerca di un canto fluido e di morbidezza e corposità liriche nel centro, consegue un trattenimento dei primi acuti, che restano sempre indietro e flautati laddove la voce dovrebbe invece sfogare, è lecito avanzare qualche dubbio circa l’oggettiva esemplarità di una vocalista oggi comunemente considerata un “mostro di tecnica”. Tralasciando aspetti musicali come ad esempio la gestione del tempo, che nella Devia è metronomica (e qui entreremmo nella questione parimenti importante della decadenza dei direttori d’orchestra), dal confronto con la Callas è evidente come quest’ultima invece non abbia nessuna paura di tenere la zona centrale su un colore talora anche molto chiaro (forse, direbbe qualcuno, “bamboleggiante”?), che ben delinea il carattere malizioso del personaggio, per poi però tenere il suono bene avanti e sfogato, senza scivolamenti di posizione, nel salto di sesta di “dell’ama-Ar un solo oggetto”, risolto dalla Devia con un trucco direi dilettantesco, ossia cambiando posizione del suono, alleggerendolo e mandandolo un poco indietro per produrre una emissione flautata (stessa identica cosa succede sui salti di “noia arre-CA”): conseguenza del centro così ingessato è che i primi acuti ne siano slegati. Passiamo alla sezione centrale dove si richiede una prima ottava sonora e soprattutto la maestria nell’uso dei diversi registri a scopo coloristico, per descrivere con la voce l’incostanza e la variabilità del sentimento amoroso. La Devia non sa usare il registro di petto e l’attacco di “sempre un sol fior non amano” (mi3) è indietro e inudibile, come pure “l’ape l’auretta e il rio”, stesso problema nelle discese “di genio e cor volubiLE” e “amar così vogl’IO”. La gestione del primo passaggio non è impeccabile neanche nella Callas, il suono si intuba un poco, ma almeno la voce non si stimbra e l’effetto di contrasto coloristico riesce efficacemente. Nella volata poi ammiriamo l’agilità di forza dove la voce si libera sonorissima. Bastano questi pochi rilievi tecnici – non sto a soffermarmi sull’espressione – per tracciare il quadro di un canto femminile che nel dopoguerra è andato sempre via via impoverendosi di colori e svuotandosi in prima ottava, nella ricerca di un falso ideale di perfezione di suono che di fatto è solo grigia e asettica ginnastica vocale.

78 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo a confrontare. Maria Callas vs. Mariella Devia nel Turco in Italia, ossia della “asetticizzazione” della vocalità femminile e del belcanto.

  1. Premetto che la Callas non mi è mai piaciuta granchè in Rossini, secondo me non era nè la sua tessitura, nè la sua caratterizzazione di personaggio. In tutto questo, però, fa eccezione la sua Fiorilla, che è una dellle migliori (se non La migliore interpretazione di sempre), e arrivo pure a dire che la sua edizione integrale del Turco in Italia è L’UNICA che riesca a far apprezzare le straordinarie qualità di quest’opera, poco eseguita e, quando rappresentata, interpretata da divette da disco ormai troppo note per essere anche solo citate.
    Tuttavia anche la Devia in questa interpretazione non mi spiace, ma a mio parere è ovvio che il paragone con la Callas proprio non regge, anche solo per la classe interpretativa e il gusto nel porre la frase della Maria.
    Se dovessi citare una cantante che nel Turco trovo al pari della Callas, direi certamente la Sciutti, che è incantevole (e ha una pronuncia perfetta!!!!!) tanto quanto.

  2. Il Turco non è esattamente la mia opera rossiniana preferita e se scrivo che, nonostante i tagli, riesco ad ascoltare solo la versione callassiana sapete già per chi tifo, ma, aggiungo che stimo molto la Devia che a mio parere è stata trascurata dalle case discografiche a beneficio di sue colleghe a lei contemporanee molto meno dotate

  3. Mancini non ci può essere paragone tra la Callas,e la Devia,la Devia pur essendo una professionista,in questo confronto ne esce ridimensionata,parlando in parole povere la coperta della Devia e corta,per cercare di rimanere a fuoco nel registro centrale,è obbligata a sacrificare sugli acuti,la Callas ha molta più padronanza sui centri,senza doversi preoccupare del registro alto,poi nel 1950 la sua voce era in piena maturazione, il fatto di dare un colore chiaro al centro non vuol dire sinonimo di bamboleggiamento,se non si cerca la sdolcinatura ,e in questo caso la Callas di certo non la cerca,come capita spesso in certi soprani anteguerra
    in questo confronto senza nessuna riserva preferisco la Callas

    PS non dimentichiamoci che per molti la Callas era un soprano assoluto, la Devia ha un repertorio ben preciso,peccato che nella “vecchiaia” vuole mettere a rischio la sua reputazione con le regine Tudor,e adesso con la Norma
    (reputazione a rischio agli occhi dei melomani,non di certo del suo pubblico)

  4. La Callas – soprano drammatico coloratura – riusciva ad essere sublime anche da scassata, figuriamoci nel ’50 (a Roma, ma non al Teatro dell’Opera).

    Nel video della Devia, le tre riescono ad essere molto poco convincenti.

  5. La Devia, sentita sia a Bologna che alla Scala quale Fiorilla, non m’ha mai convinto per l’assoluta carenza di mordente.
    Alla Callas basta il celebre e piccante “ma” della sua Rosina per definire il carattere del personaggio. Come Fiorilla, poi, inavvicinabile. Rimane il rimpianto della versione deturpata dai tagli. Inconcepibile quello dell’aria del secondo atto dove avrebbe fatto faville.

  6. Grazie Mancini! Ancora una volta estremamente istruttivo. Impressionante notare lo sfogo dei primi acuti della callas che sono sonoramente in continuità con le note precedenti – mi piace il suo cantare rossini per brani come questo o come i pezzi da armida – e ascoltare la differenza con i primi acuti della devia, in cui la voce è messa in un’altra posizione.
    Thanks again!

  7. A mio avviso questo confronto non ha alcun senso perché sono due cantanti diversissime sia nella tecnica che nell’interpretazione. Nel dibattito sulla Norma della Callas sono stato il primo a dire che la voce della Devia é spesso indietro (e lo é sempre stata) e il Sig. Mancini che di canto se ne intende lo ha subito ammesso, ma la questione non é decisiva sull’aspetto interpretativo del personaggio. Callas in Fiorilla ha fatto miracoli che per esempio in Rosina non le erano riusciti e come é stato fatto notare é un ruolo chiave per comprendere la sua grandezza. Ma la Devia (che é sempre stata presenza carismatica nelle sue performances), come hanno fatto notare in tanti, propose una degnissima interpretazione del ruolo. Interpretazione ovviamente inferiore a quella di Maria Callas, ma che non può essere ricondotta alla pallosa lamentazione che Il Sig. Mancini continua a propinarci sul decadimento del canto, sull’impoverimento di colori, sullo svotamento della prima ottava e bla bla vari.

      • nessuno ovvio, ma i discorsi disfattisti non m piacciono, poi tirare in ballo la Callas…di cantanti come lei o Caruso ne nascono ogni cento anni. La Devia ha ricevuto a Firenze un mega trionfo, a Bergamo in Stuarda mi hanno riferito che il successo é stato enorme. Alla Scala ha avuto molto successo anche in Traviata, quindi i rilevi tecnici possono starci tutti ma sul suo carisma in palcoscenico (rispondo a Mozart2006) non procederei a ridimensionamenti. In Italia il pubblico non é mai stato tenero con nessuno e se Mariella Devia ha avuto tutti quei trionfi (per me strameritati) ci sono motivi che vanno al di là del suo cantare indietro o della “innegabile preparazione musicale un tempo requisito minimo per accedere alla professione”. Voglio dire che alla fin della fiera il pubblico é meno scemo di me che forse so capire come un Beckmesser la cantante che intuba, o che va indietro o che stona e bla bla bla, bla bla bla, bla bla

        • albertoemme, conosco la Devia da quasi 40 anni, visto che ero presente al suo debutto assoluto come Lucia, al Comunale di Treviso nel 1973, dopo la sua vittoria nel Corcorso “Toti Dal Monte”. L’ ho ascoltata dal vivo una trentina di volte in circa una decina di ruoli, e a mio avviso, ripeto, si tratta di un’ eccellente professionista, ma le cantanti storiche sono ben altre.

          • Quindi Mozart caro, concorderai che la Devia ha avuto una sua evoluzione sia tecnica che musicale, poichè come ben sai al concorso RAI del 1970 arrivò in finale, cantò il finale del primo atto della TRAVIATA, ma di lei non si accorse nessuno e vinse la Ricciarelli cantando l’aria di Medora da IL CORSARO.
            Io ho faticato a riconoscere alla Devia meriti squisitamente interpretativi, che ha affinato con gli anni ed in determinati ruoli, va ribadito, anche grazie al ruolo fondamentale che ha avuto nella sua carriera il compianto marito.
            Però in certi ruoli, che pure ha eseguito con grande professionalità, (BORGIA e BOLENA) non mi soddisfa del tutto. Men che meno nei ruoli brillanti -metto in conto anche l’Adina dell’ELISIR- altra cosa l’Elvira de I PURITANI o l’Amina della SONNAMBULA, dove però a suo tempo era surclassata per incisività e temperamento da un Serra o dalla prima Aliberti.
            Vi dissi il mio pensiero schietto. Poi, para gustos los colores, come dicono gli spagnoli. Fermo restando che i paragoni con la Callas vedono praticamente tutte perdenti.

        • albertolemme, penso che Mancini mettendo al confronto queste due cantanti,voleva chiarire il suo concetto della decadenza generale negli ultimi lustri,sono passati quasi 90 dalla nascita della Callas,visto che hai scritto che ne nasce una ogni cent’anni,abbiamo ancora dieci di attesa,ma se dovesse succedere che nasca una cantante alla sua altezza dubito che in questa società usa e getta la lascino maturare,le grandi voci non ci sono attualmente perche primo non ci sono dei maestri in grado di dare una formazione adeguata,ma sopratutto non danno il tempo necessario perche il cantante possa maturare,tipico esempio mandare una esordiente assolutamente non ancora all’altezza a cantare desdemona alla prima di otello alla fenice,roba da fare cascare le braccia.

          • certo questo della Desdemona di ieri (ho sentito solo il terzo e quarto atto ma martedì sono a venezia) m sembra un esempio calzante e a memoria scrivi sempre cose di buon senso, però c’é una deriva fastidiosa iper critica nei confronti delle cantanti più dotate tuttora in carriera (vedi oltre alla Devia, la Bartoli e la Netrebko) che le tengono lontane dai nostri teatri così che c tocca sentirne di peggiori. Ma cmq é sempre successo (pensa al caso Sutherland che criticata per il suo fraseggio e l’ottava bassa dopo il Don Giovanni alla Scala fece solo un concerto nel 1970 e tornò in Italia quasi dieci anni dopo, quando le nuove generazioni di ascoltatori si resero conto di cosa stavano perdendo)

          • Dipende da che cosa si intende per dotazione e per carriera. La Desdemona di ieri sera (una principiante con un po’ di dote naturale, precocemente devastata dall’insipienza tecnica) faceva rimpiangere non le dive di princisbecco del nostro magro presente, bensì il solido professionismo di una Carteri e di una Tucci.

          • Scusa Antonio,
            la Tucci la conosco pochissimo; ma parlare della Carteri come solida professionista mi sembra ingratamente riduttivo.

          • In generale non è per nulla poco: magari ce ne fossero oggi di solide professioniste! Mi sembra poco per la Carteri: per me era una signora artista.

  8. Anche per me il confronto è poco proponibile, ma per altri motivi. La Callas è stata una cantante storica, la Devia anche nel suo periodo migliore è stata una brava professionista da grandi teatri e null’ altro. Se mantiene la popolarità che ha, è solo per la sua innegabile preparazione professionale, che un tempo era il requisito minimo per accedere alla professione (come ancora richiesto agli strumentisti) e oggi è un qualcosa che quasi nessuno possiede più.

  9. Secondo me in quest’aria (e suppongo in tutto il resto dell’opera) viene fuori la vera voce della Callas (non in tutti i punti: ce ne sono alcuni caricati anch’essi). A tal proposito porgo una domanda: come è possibile che un soprano drammatico o anche lirico spinto tiri fuori una voce così sottile e lieve?
    Concordo con Mancini sui difetti vocali della Devia (parlo esclusivamente di quest’aria). Ma stando alla resa musicale non mi sembra da buttar via.
    Certo, musicalmente e vocalmente la Callas è tutto un’altro pianeta, ma proprio altro…

    • Ti rispondo semplicemente, antonino: in questa Cavatina la signora Callas, da buona allieva della De Hidalgo, usa il color chiaro nei punti in cui tu trovi “così sottile e lieve”; color chiaro – voix/timbre claire – (di cui tutti i cantanti rossiniani fanno uso) che insieme al color scuro – voix/timbre sombre – rappresentano la base della tavolozza dei colori della voce 😉

  10. Le differenze fra la voce della Callas e della Devia evidenziate nell’articolo sono chiare e ben argomentate a mio parere. Meno appropriato mi sembra il confronto fra due tipologie vocali completamente differenti e che presentano chiaramente delle risoluzioni delle difficoltà in modo diverso (in questo caso un drammatico di agilità e un soprano leggero). E’ difficile trovare soprani leggeri (e non lirico leggeri) che abbiano una chiave di petto udibile (ed è fisiologico)…E ovviamente la Devia non fa eccezione. D’altra parte credo sia indubbio che la Callas abbia avuto in molti ruoli da lei interpretati poche concorrenti fra le contemporanee e le successive cantanti…

    • E’ che non lo usa affatto il petto… Per questo non le riesce nessun gioco coloristico e in basso emette solo aria calda… La Devia con la faccia tosta con cui si appresta a fare Norma si è ben meritata questo squilibrato “impariamo a confrontare”.

          • La canta perchè la concorrenza fa schifo…Sinceramente preferisco ascoltare una Norma molto leggera ma abbastanza corretta (seppur sia chiaro che non è un ruolo adatto per la sua voce) rispetto alle urlatrici che ci propinano nei massimi teatri odierni…è chiaro che è criticabile in linea di principio…ma ci sono esempi molto più scandalosi e “faccia tosta” nei teatri di oggi a mio parere…

          • madonna mancini…norma l hanno cantata Sills Andersson Scotto Cigna Eaglen avra’ diritto d provarci a cantarla una come la Devia o no? Poi i giudizi facciamoli alla fine. Lei vuole sempre uscire insoddisfatto da un ascolto? Lei vuole vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto? Provi con la pesca delle trote in un bel torrente d montagna. Spessissimo s riesce a uscire delusi e affranti

  11. Plaudo all’articolo di Mancini che condivido in larghissima misura. E’ giusto puntare il riflettore sulla questione del “Belcanto asettico” e sfatare taluni insopportabili luoghi comuni. Se la Callas ebbe UN pregio su tutti gli altri, fu proprio quello di rendere ESPRESSIVI gli abbellimenti, cioè di cogliere genialmente l’essenza assoluta del Belcanto.
    Vorrei solo mettere in rilievo un dato che l’articolo, pregevolissimo, non ha sottolineato: ai tempi della Callas i direttori d’orchestra erano decisamente sottomessi e sottoposti alle ragioni del canto, per cui le agilità (soprattutto) venivano eseguite à toute aise, cioè in modo tranquillo e meno affannoso rispetto a oggi. La Devìa deve , nonostante la ben nota sicurezza tecnica, fare i conti con concertazioni molto meno accondiscendenti di quelle callasiane (sebbene io non cambierei MAI il Bernstein della Sonnambula con gli attuali “reucci del Belcanto”). Se si fa caso al “Turco”, il buon Gavazzeni canta sempre con la Callas e la segue con devota attenzione. La Devìa deve spesso correre e le agilità diventano forse più elettrizzanti e spericolate, ma anche più leggere e sbiadite. L’agilità di forza, propugnata dai belcantisti , si può dipanare solo a fronte di tempi più comodi e di resòpiri più fisiologici.

    • siccome la questione Devia e’ uscita x colpa mia a commento dell interessante articolo della signora Grisi in via del tutto incidentale, mi permetto d dire che le considerazioni svolte dal sig. enrico sono risolutive della questione. un confronto callas devia non ha senso perche sono due approcci espressivi diversi in due contesti esecutivi disomogenei. Poi prendere come trrmine d paragone fiorilla che fu parte scritta per una csntante attrice che pare incantasse il pubblico dell epoca con fiordiligi m sembra puro disfattismo

    • ….beh enrico, sull’agilità di forza non concordo, perchè anche lenta, e la signora di lentezze sfiancanti ne ha dispensate tanto, di forza non vocalizza. Di forza va la sills, non la devia. E la vwlocità furibonda del Si ferite di assedio èti dimostra il contrario.

        • Sull’agilità di forza avrei delle perplessità. A mio parere non può esistere agilità di forza in un soprano leggero puro (Devia, Serra, Dessay)…E quelle che provano ad eseguirla la trasformano in agilità di “sforzo” ovvero spinta e inevitabilmente spoggiata (si veda i risultati che ha prodotto sulla voce della Dessay). Sicuramente esiste in voci leggermente più corpose lirico-leggere come la Sills e ovviamente in drammatici d’agilità come la Callas.

          • diciamoci la verità la signora Devia dalla carriera,nel suo repertorio ha avuto soddisfazioni,ha persino sdoganato ruoli non adatti per i soprani con la sua vocalità,ora invece di continuare a fare danni cantando roba non adatta,a lei illudendo altre giovane cantante “puriste,e leggere” come lei,si ritiri e vada a fare la nonna,Pollione ringranzia

    • Nell’articolo infatti ho accennato al tempo metronomico della Devia, dicendo che meriterebbe un approfondimento specifico anche la decadenza del mestiere direttoriale, oltre a quella delle voci. Nell’articolo avrei potuto approfondire tanti altri aspetti, come appunto quello delle agilità, che nel canto della Devia magari ritmicamente quadrano più o meno bene, ma sono sempre prive di orientamento musicale, accento, slancio, mordente… sono solo note compitate. Ho ritenuto più importante però segnalare ai lettori gli escamotage meccanicisti di questa cantante che sui primi acuti si rifugia sempre in questa fredda e trattenuta emissione flautata… oltre alla deludente Bolena, ce la immaginiamo una Norma che non sfoga, priva di forza e incisività sugli acuti fino al do? E l’agilità di forza? E i gravi? Costei si è voluta allineare anche nelle interviste al dogma baroccaro dei grandi ruoli tragici della tradizione belcantista appannaggio di vociuzze infelici (lei che baroccara non è mai stata, ma voce piccola sì), il dogma per cui le voci grandi e appoggiate sarebbero solo un retaggio dell’epoca post romantica? Si merita dunque un tal trattamento.

      • Sono d’accordo su tutto. Credo inoltre che tutti siano liberi di cantare i ruoli che preferiscono, anche a costo di rendersi ridicoli!
        Personalmente, però, sono del parere che agilità di forza e acuti intensi e sfogati siano una conditio sine qua non per cantare Norma; anche più importanti della voce di petto! Ovviamente la Devia non possiede manco un decimo di questi requisiti vocali e la Norma che canterà risulterà noiosa e ridicola a tutti (tranne che ai suoi fans). Non parliamo poi dell’altra superstar del cast (la Remigio)…. che contribuirà ulteriormente alla trasformazione di un’opera leggendaria al tributo del canto “senza voce e senza personalità”.

  12. nein GRANDE mozart. Un soprano chiaro t permette un adalgisa scura a tutto vantaggio dei duetti. aria e cabaletta le puo fare e siccome fara’ il da capo le sue agilita’ (che m rifuto di catalogare visto che per me eranoerano efficaci in bolena e in borgia)pottebbero essere efficaci. teneri figli non ha bisogno di platealuta come tutto il finale. non sara’ come la callas o la gencer in certi passaggi violenti ma

  13. …mi permetto, sommessamente di aggiungere: ascoltiamola , la Devìa, poi giudichiamo. Non mi aspetto miracoli: soprattutto da un soprano che ha oltre 40 anni di carriera ( e che carriera) sulle spalle. ;Ma so anche quali Norme vagano sui palcoscenici (devo forse ricordare la Bartoli????) e sono certo che la Devìa potrà dire la sua e magari anche offrire momenti importanti…stiamo a vedere…

    • enrico, a furia di dire stiamo a vedere, mandiamo in scena di tutto. fanno le note, allora bravi tutti!
      siamo al tutto per tutti. chi sa cantare, cioè ha una tecnica canta di tutto oramai e dà solo cattivi esempi ai giovani e cattive abitudini ai soprintendenti e agli agenti che macellano i cantanti offrendo loro quello che non devono nè possono cantare. qualunque cosa la devia faccia, non è norma ma un soprano che la zufola! poi gli agenti e i sovrintendenti vanno da cantanti di trent’anni di pari peso ad offrire bolene, stuarde, devereux ed altre scemenze del genere. la signora, e con lei la signora ceca, e con loro kunde etc..sonop diventati gli strumenti che avvallanno il tutto per tutto…..servono questi incomptenti che in cuor loro poi disprezzano, trasformando la concezione dei ruoli a tuto discapito del canto. LA NORMA DELLA BARTOLI E’ FIGLIA DELLE GRUBEROVATE E DELLE DEVIATE, ci piaccia o no.

      se penso a un soprano da norma penso ad altro, a qualcosa che non c’è oggi, certo.

      queste scelte non sono sfizi, perchè lo sfizio è occasionale. sono sistemi di gestione delle voci che contribnuiscono alla fine dell’opera.

      • Impeccabile il discorso di Giulia. A me l’ idea della Devia come Norma fà tornare in mente quello che mi disse Mario Del Monaco dopo l’ Otello Domingo-Kleiber del 1976 alla Scala.
        “Lo vedi caro che il mondo va alla rovescia? Il mio Cassio che si mette a fare Otello!”

        (Domingo aveva interpretato Cassio due volte negli Stati Uniti, a fianco di Del Monaco…)

        • …e qui vale lo stesso discorso, Gianguido. Sono strad’accordo con il grande Mario ma….proviamo a riascoltare quell’Otello del 1976…e confrontiamolo con quello di Bohta, qualche sera fa….Domingo diventa un Santo!!!

          • …fermo restando, e qui sono ferocemente incavolato, che NON si può ammannire al pubblico robaccia e spacciarla per oro, oppure-PEGGIO- bocciare ai concorsi le VOCI perchè appaiono rozze, incolte, demodé!!!!

      • sì certo, è innegabile, non contesto ciò che affermi ma è un sano e logico principio, tu mi insegni, di ascoltare l’esito finale e poi…caso mai…sparare le bordate. Intendiamoci: anch’io so bene come finirà sta’ Norma, ho detto “non mi aspetto miracoli”. Però una Devìa ti grantisce, comunque, un livello. Sai bene che vi sono state Norme al di sotto del minimo livello di decenza.

    • E’ una registrazione del 2009 (Agosto) ce ne sono di migliori. Per esempio la sua Lucrezia all’Arcimboldi del 2002. Poi te l’ho già scritto, le clips da You Tube sentite sul pc distorcono moltissimo e appiattiscono completamente le dinamiche e i rapporti, sala, voce, orchestra (o pianoforte)

    • bravo ! volevo scrivere a Antoninio D’Emilio che le agilità di grazia sono quelle tipiche di Federica von Stade. Almeno secondo Celletti (vedi recensione del suo recital diretto da Edo de Wart con estratti dall’Otello di Rossini). Io tuttavia (che però non sono né musicologo né critico) non ritengo praticabile una distinzione così netta. Piuttosto parlerei di agilità espressive e non espressive che a loro volta possono essere in stile o fuori stile, peraltro io credo nei suoni misti (il Sig. Mancini per esempio non ci crede) che secondo me vengono utilizzati per rendere aerea e al tempo stesso incisiva la vocalizzazione. Ma per tornare a noi l’esempio della von Stade é per il Celletti molto calzante.-

    • ha senso, perchè parliamo della medesima aria. al tempo della Callas il Turco lo cantava lei. Nel tempo della Devia il turco lo canta la devia. allora, come si cantava e si canta oggi il turco? ecco qui il confronto! il prossimo lo faremo con fiorilla per controtenore e allora ….!

      • Ma signora Grisi come a detto il Sig. Bernardi son due cantanti diversissime in tutto (a parte il buongusto e la musicalità che le accomuna). Scendere in aspetti tecnici non ha alcun senso. Il confronto ci può stare solo dal punto di vista del piacere personale che non ha nessuna oggettività e/o rilevanza qui. E come quando a me piace la Bartoli e Jon Vickers e a lei no, o come quando lei stravede per la Pratt e a me non dice più di tanto, cosa ci possiamo fare? Sopprimerci?

        • cantanti diverse, è vero. Ma l’agilità di forza è una per tutti, spinto o leggeri. E un primoa cuto flautato è tale per tutti. Il difetto tecnico della devia ‘ oggettivo. Cmq basta una voce modesta come la cuberli in quest’aria per sentire agilità di forza e primi a cuti non flautati ed il confromto con devia sarebbe tra due voci piu simili che non callas devia.il punto è che ci siamo abituati a questi come ad altri difetti. Oggi i leggeri di fatto soffiano e fofogliano.

          • Potreste spiegarmi cos’è un acuto flautato, l’emissione flautata? Non mi è ben chiaro…. Grazie!

          • c’è scritto nel post, in riferimento al video della devia… “noia arre-CA”, quello è un suono flautato…

  14. io la cuberli la adoravo anche se fui deluso quando in Nozze di Figaro a Venezia nel lontano 1991 si dimostrò in precoce declino, per cui é una cantante tra le mie predilette (anzi se qualcuno ha da passarmi la pirata del suo ratto del serraglio mi fa un piacere…). Fatta questa premessa: confrontiamo due prove della Cuberli e della Devia: segnatamente Il viaggio a Reims della prima con il Comte Ory della seconda. Oppure la Semiramide che é confronto ancor più omogeneo. Obiettivamente quello che hanno in più una da una parte ce l’hanno in meno dall’altra.

  15. ovvio che no. Pero’ per me esiste la categoria dei cantanti strumentali e ovviamente a me affascinano molto. Venendo ad Anna Bolena ci sono molti pezzi che possono essere eseguiti strumentalmente (Come innocente giovine, la cabaletta che segue, io sentia nella mia mano, Fin dall’età più tenera, Al dolce guidami, anche la cabaletta finale se fatta col da capo) e a mio modesto avviso (l’avevo ascoltata anche a Verona dove non calava nemmeno negli estremi acuti) é inferiore solo a Callas e Gencer (nella categoria tragiche) e Sills (virtuose). Purtroppo Sutherland e Caballé hanno affrontato il ruolo quando erano in declino e per me erano inferiori nella resa complessiva. La pur amatissima Gruberova per gusto e stile non mi pare ineccepibile e la Souliotis solo una curiosità. Ci sarebbe anche la Theodossiu che si é cimentata in Bolena, ma che per natura é discontinua e in questo ruolo non fa eccezione.

  16. Con l’espressione “agilità di forza” si intende semplicemente l’agilità a piena voce, ben sgranata e accentata, direi “martellata”. Non conosco nessuna ragione per cui un soprano leggero non possa eseguirla. Ma alla Devia è sempre mancata la vocalizzazione elettrica e fosforescente di una Serra o anche di una Gruberova. E quanto a Bolena, mi spiace ma la Devia ne è la negazione.

    • Negli esempi da lei citati però il termine di forza mi sembra fuorviante. Nel senso che lei fa esempi di “agilità elettriche” che suppongo significhi estreme (stile Serra in Aureliano in Palmira per non andare a riesumare cantanti precedenti). A mio parere agilità così rapide e precise non possono essere eseguite di forza (come invece le agilità donizettiane della Sills o Callas), bensì mantenendo la voce in avanti ed estremamente leggera. Il mio quesito è…se chiamiamo agilità di forza delle agilità rossiniane leggere come chiamiamo le agilità presenti nelle cosiddette “caballette di forza” stile donizetti-primo verdi (nei Lombardi, ad esempio)? agilità da hulk?

      • Beh, intanto Donizetti e il primo Verdi non hanno scritto quelle cabalette per soprani leggeri ma per soprani drammatici… e ovviamente fare l’agilità con una voce spessa e pesante è ben altra cosa. In ogni caso, l’agilità di forza non è niente di astruso, è semplicemente l’agilità in voce, sgranata, mordente, accentata… “di forza” è espressione gergale, non significa mica che debba essere spinta con la forza bruta. La Devia ha sempre eseguito una agilità più scolastica e prudente, poco brillante, poco virtuosistica, tendenzialmente lenta, con tutte le note legate e compitate una ad una, quasi mai rapida sciolta e staccata. Difatti è sempre stata anche una mediocre trillatrice.

        • Concordo su quasi tutto…anche se mi piacerebbe associare il termine “di forza” per le caballette di donizetti e verdi, principalmente scritte per soprani drammatici e appunto da eseguire con mordente. L’ultima affermazione non ha molto senso però: anche la Serra non aveva trilli, compensando con i suoi picchettati impressionanti. Sulla Devia ci si accanisce sempre sul suo essere “scolastica” o “poco virtuosistica”…Dall’altra parte ci sono varie cantanti (fra cui la Callas) che hanno enfatizzato come i ruoli rossiniani non debbano essere cantati con eccessive variazioni (si vedano le famose affermazione di Rossini stesso in relazione ad arie affrontate da cantanti a lui contemporanee da lui a stento riconosciute). Sicuramente la Devia è stata ed è meno virtuosistica di molti altri soprani leggeri. Ma criticarla così tanto solo per essersi permessa di cantare qualche ruolo a lei non adatto mi sembra eccessivo. Anche perchè altrimenti si dovrebbero criticare migliaia di colleghe di oggi e del passato (fra cui molti grandi cantanti)

          • Per eseguire il trillo è necessario quello stesso moto sciolto della gola che serve per fare le agilità rapide e sgranate. La Devia ha sempre utilizzato un’agilità più controllata, rigida, direi ingessata, e per questo motivo non ha mai saputo eseguire autentici trilli graniti. Vatti a sentire come spiana tutti i trilli nel Coppia iniqua… una Bolena sopranino almeno i trilli dovrebbe farceli sentire, non trovi?

  17. Io come Kirstenthebest ho sempre avuto molta prudenza nel catalogare la agilità. Poi sul trillo della Devia mi pare che abbia risposto molto bene al rilievo del Sig. Mancini. Ho pensato subito anch’io alla Serra per confutare che tra trillo e agilità di forza ci possa essere un nesso. Provocazioncina: la Ricciarelli non mi pare avesse un cattivo trillo (almeno quello :-)) che agilità faceva quando cantava rossini bellini e donizetti? di forza o di grazia?

  18. Concordo del tutto con albertoemme. Non credo ci sia alcun tipo di relazione fra i trilli e le agilità di forza (si veda oltre alla Serra anche le difficoltà nei trilli della Anderson). Le agilità della Ricciarelli (o anche di una Caballè) sebbene difficoltose e macchinose (essendo un soprano lirico puro) si dovrebbero secondo me considerare agilità di forza proprio per il modo in cui sono ghermite, così come quelle della Callas, Sutherland o di altre voci più importanti. Torno al mio punto di partenza ovvero che un leggero puro non potrà mai eseguire agilità di forza ma solo di grazia, a meno che non sforzi spoggiando (Dessay e altri infiniti esempi nel panorama contemporaneo). La differenza è nella spericolatezza delle agilità di grazia che può essere o meno legata alle abilità del cantante (che cerca di mettere in evidenza i suoi punti vincenti: si veda la Serra con gli staccati) o al gusto in relazione al tipo di opera.

  19. Rimango un po stupito da un paragone tra due cantati diametralmente opposte sotto ogni punto di vista. Imparagonabili ,anche se ovviamente, stiamo parlando della Callas. E’ un po’ come paragonare Leonardo con Parmigianino!!! Alla domanda chi è più grande la risposta unanime è sicuramente “Leonardo”! Tuttavia il Parmigianino ha una grandezza intrinseca alla sua epoca e al suo stile. Lo stesso discorso quindi per due cantanti come la Devia e la Callas…….in questo caso poi siamo anche in due epoca diverse soprattutto per quanto concerne la Rossini ressainance, sicuramente all’epoca della Devia certi perfezionamenti stilistici di interpretazione sono stati fatti, pur essendo, quella della Callas, una monumentale jnterpretazioni. Il confronto quindi regge e non regge, può esserci e non può esserci, giocandosi il tutto su due visioni differenti di approccio stilistico. Se poi vogliamo parlare di vocalità è un conto……la Callas è la Callas, la Devia, pur grande interprete, è e rimarrà un gradino sotto. A limite, a differenza della Callas che si è sfasciata e ha mal conservato il mezzo vocale, la Devia sarà ricordata come una saggia interprete da imitare nella gestione e mantenimento della voce lungo gli anni!

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