Rigoletto in Scala

All’uscita Vestali e Flamini avevano l’aria dei parenti di Buoso, dopo la dettatura del testamento ad opera dello Schicchi.Uno fra i più arditi nel fischiare quelli della Grisi in occasione della recente Tosca ha apostrofato (perché loro non dialogano e non parlano): “perché non avete fischiato?”. Risposta:  “E perché non fischiate voi ?”. Silenzio. Tanto per usare il librettese: “Egli tace, traditore!”. Per parlare del linguaggio del mondo reale: “Evidentemente non ve ne hanno ammannita abbastanza di m…”. Questa è la verità: dall’Aida di Barenboim tutto il  Verdi servito dalla Scala è ben al di sotto del minimo sindacale, quello che un tempo si chiamava spedizione punitiva. Escludo l’orchestra e la concertazione di Noseda nella Luisa Miller.

Lo sarebbe, al di sotto del minimo, anche con riferimento a Wagner, ma è un altro discorso perché l’ablazione dell’apparato uditivo con il repertorio tedesco è di maggior evidenza.I conti di questo squallido spettacolo sono presto fatti e per sommi capi. Uno Sparafucile (Alexander Tsymbalyuk) che parla  e che sembra per peso e volume un tenore; una Maddalena (Ketevan Kemoklidze), che pacificamente è soprano lirico con suoni gravi aperti e sbracati e che al colmo della seduzione ricorda il modo di minzione delle contadine che, notoriamente , non indossavano biancheria intima.

Quando ad Elena Mosuc, che ripropone la propria Gilda (il suo ruolo più cantato) è  una cantante ormai usurata e molto accorciata. Dal si bem in su stona sistematicamente ed emette suoni flautati, che peggiorano i problemi di intonazione e denotano, implacabili un inesistente sostegno. I tempi letargici di Dudamel nel “veglia o donna” (dove  Gilda dovrebbe suonare i propri sentimenti di amore filiale) peggiorano la situazione quanto ad abuso di portamenti per eseguire gli scomodi staccati previsti. Tanto per completezza la voce appare di limitata ampiezza e cavata nel grande assolo del secondo atto,  di limitato volume nel terzo atto e nel finale compaio fastidiosi suoni aperti, degni delle migliori imitatrici della Toti. Perché ad onta del repertorio ampliato per motivi commerciali la Mosuc resta un soprano leggero dotata di una certa ampiezza, ampiezza oggi circoscritta all’ottava centrale.

La spedizione punitiva continua con un duca di Mantova che nel “questa o quella” tiene concione all’intera corte, anziché conversare con Borsa, piatto e senza colori nel duetto con Gilda e nell’aria che apre il secondo atto, anche se le “sfere agli angioli” sono risolte senza troppi sforzi di gola. Ma c’è un dubbio di cui non posso non fare partecipi i lettori. Di voci modeste in natura alla Scala ne ho sentite molte in chiave tenorile (Alfredo Kraus, Rockwell Blake, William Matteuzzi e Shalva Mukeria), ma, emesse secondo regola,  la
proiezione ne consentiva l’espansione per tutta la sala soprattutto nella zona medio alta dove  la risonanza del suono ben proiettato fa la differenza. Ieri sera la voce, invece, era
voluminosa, ma ferma e fissa sul palcoscenico e poi al “questa o quella” comparivano sinistri echi, mentre nell’ensemble del “bella figlia dell’amore” durante i contatti con Maddalena d’improvviso la voce spariva. Misteri del nuovo palcoscenico della Scala o della scienza. Mi limito a segnalare l’impressione. E, poi, il personaggio ha un vago sapore a mezza strada fra Giamburrasca e la Flakermilli, che poco si addicono alle tempeste ormonali del Duca, vero paradigma del peggior gallismo nazionale.

Il peggio assoluto sul palcoscenico il protagonista George Gagnidze. Nel volgere di quaranta giorni mi sono sentito i resti di un Rigoletto di gusto e tecnica verista per approdare ad uno che canta fra gola e stomaco, che più sale più suona ingolato ed indietro, incapace di legato, ossia di amore paterno, incapace di slancio vindice ovvero dell’anima insurrezionale hughiana del personaggio. Le estreme difficoltà in zona alta hanno consigliato un’opportuna adesione al testo nei luoghi dove la tradizione ha aggiunto puntature e aggiusti, che ben eseguiti meglio dettagliano il personaggio. Non comprendo il tentativo, ribadisco tentativo, di interpolare il la bem alla chiusa della vendetta. Non si è sentito quel suonaccio in gola solo in grazia dello strombazzare dell’orchestra.E con bacchetta (Gustavo Dudamel, per la cronaca reputato direttore di sinfonica ed in odore di direzione stabile alla Scala) e compagine orchestrale approdiamo al punto più modesto e mediocre dello spettacolo. Basta la tromba del preludio per sentire un suono stonato.Il preludio poi, si trasforma per lentezza e clangori in una sorta di preconizzazione dell’olocausto di Brunilde, segue una festa dove gli archi interni del dialogo Duca-Contessa di Ceprano ricordano lo scorrere su carrucole delle corde da bucato dei carugi liguri, per sentire l’evidente fuori tempo buca palcoscenico all’ensemble della festa che precede l’ingresso di Monterone, per arrivare allo scollamento fra il violoncello solo e l’orchestra al lugubre incontro Rigoletto – Sparafucile. Difficile spiegare a chi non lo abbia sentito cosa sia il tempo lentissimo del duetto padre figlia dove uno parla e l’altra pigola, sfiancati dalla scelta agogica o il suono degli archi all’ingresso di Rigoletto in cerca della rapita figlia e peggio ancora durante il racconto- confessione di Gilda al padre. Aggiungiamoci il “bataclan” termine verdiano (di un Verdi in vena di un minimo di autocritica verso sè stesso), che accompagna la chiusa del secondo atto e la tragica fine dell’opera, gli slentamenti e le consuete perdite di coordinamento buca palcoscenico al “bella figlia dell’amore” per arrivare a dire che i quattro applausetti durante la serata e le uscite di complessiva durata di circa due minuti con il pubblico ben più interessato a ritirare il cappotto dal guardaroba sono anche troppo per quanto la Scala ha offerto. Preciso non solo come spettacolo di chiusura della stagione, ma come antipasto del banchetto verdiano del 2013.

 

Verdi

Rigoletto

Atto I

E’ il sol dell’animaAldo Bottion ed Emilia Ravaglia (1963)

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55 pensieri su “Rigoletto in Scala

    • Salve,

      scrivo per la prima volta …Ho visto lo spettacolo del Rigoletto (10/11) … il baritono (George Gagnidze) non mi e’ sembrato granche’ … premetto che e’ stato il mio primo ascolto integrale di quest’opera. Potreste indicarmi un buon precedente ? Pensavo di ascoltare l’esecuzione scaligera della Callas … ma il baritono non lo conosco … Scusate l’ignoranza :- )
      La direzione di Dudamel mi e’ sembrata scadente, ma l’orchestra non mi e’ sembrata male …in realta’ io sono ( nel bene e nel male ) una fan (sono una violinista in erba) di francesco de angelis :-)
      Siete grandi anche quando se un po’ caustici in ogni caso coindivido pienamente le vostre invettive
      grazie

      • talvolta la soda caustica invece che per fare il sapone serve per rendere un po’ più vera la vita.
        se vuoi sentire un RIGOLETTO devi rivolgerti ad un 78 giri. Lì senti come dovrebbe cantare l’infelice e deforme padre verdiano. Puoi scegliere Danise, Galeffi, Tibbett ( di cui esiste un integrale live dal Met) per citare i primi e più famosi.
        Se non te la senti di affrontare inprima battuta il 78 giri direi Corneil Mc Neil o Aldo Protti ( che era allievo di mario Basiola a sua volta allievo di Antonio Cotogni, uno dei grandissimi baritoni dell’800)
        ciao benvenuto e sperando di leggerti spesso saluti
        dd

        • beh mettici anche bruson e cerca d sentire nucci dal vivo. ah dimenticavo…cappuccilli nell edizione purtroppo un po noiosa d giulini. sono tre rigoletti molto recenti ma molto diversi fra loro. i cantanti degli anni trenta citati purtroppo non hanno inciso edizioni complete. mc neill e’ molto a posto ma impersonale. protti e’ effettivamente interessante ma manca un po’ d nobilta’. m sono permesso d dire la mia…

          • Beh guarda tutto consiglierei, ma non di prendere come modello il Nucci live di adesso! L’ho visto poche settimane fa a Parma e credo che dal punto di vista VOCALE non abbia praticamente più nulla da dire/dare (e quindi lo escluderei dalla lista di grandi modelli da consigliare), anche se è ancora un leone del palcoscenico e vederlo all’opera, con la sua grinta e vitalità, fa sempre effetto.

          • se andiamo a valutare rigoletto sulla base della nobiltà d’accento ( e dico la mia) cappuccilli e nucci distano da protti quanto il polo dall’equatore!!!!

        • Ho asoltato dal “tubo” Mc Neil, Protti, Cappuccilli e Nucci nel finale…. l

          Cornell MacNeil and Joan Sutherland sing the Finale”
          from Rigoletto by Giuseppe Verdi (1813-1901)
          Cesare Siepi (Sparafucile)
          Renato Cioni (Duca)
          Orchestra dell`Accademia di Santa Cecilia
          Nino Sanzogno, conductor
          recorded: in 1961, Roma

          La voce di Mc Neil e’ fantastica … niente a che vedere con il fantoccio
          della Scala …. Sono stata tentata di andare a vedere l’ultima recita del Siegfried alla Scala … ma non ce l’ho fatta … Barenboim che dirige Wagner e’ troppo per me :-(
          Mi potreste consigliare una buona registrazione ? Per Das Rheingold e Die Walkure mi sono affidata a von Karajan …. e il Lohengrin …. tremo
          se immagino quello che verra’ eseguito … potreste anche in questo caso darmi un consiglio ?… questa volta alla scala credo che andro’ … nonstante tutto e’ difficile sottrarsi al suo fascino (della Scala non certo del direttore ) … grazie :-)

          • Per “Siegfried” consiglio le edizioni dirette da Moralt, Furtwangler, Krauss, Knappertsbusch, Kempe, Karajan (sia Bayreuth sia l’edizione ufficiale), Solti, Boehm, Sawallisch (Roma), Boulez, Levine (video Met) e Barenboim (video Bayreuth).
            Se vuoi sentire veri Heldentenor prova anche con Max Lorenz e Lauritz Melchior e non te ne pentirai :) (malgrado con Melchior l’orchestra e la direzione non siano irreprensibili).

            Per “Lohengrin” consiglio Heger, Jochum, Cluytens, von Matacic, Kempe, Sawallisch, Kubelik, Solti, Abbado, Barenboim (’98).
            Anche qui, dovresti anche ascoltare i frammenti di Tietjen e Furtwangler, le registrazioni del Met anni ’30.’40 (soprattutto per la qualità delle voci) e proverei con alcune edizioni del Lohengrin in italiano (Tebaldi, Chiara soprattutto).

          • per il Lohengrin sicuramente l’edizione diretta da Cluytens con un ottimo Sandor Konya e i frammenti degli anni 30 cantati da Volker.

  1. serata oltre il surreale/grottesco.

    Permettetemi una piccola nota sull’orchestra.
    L’ orchestra è stata superficiale e svogliata more solito, con la postura da “quattro amici al bar” e con gli ottoni più preoccupati a fare due chiacchiere ad ogni pausa nel loro spartito che a suonare decentemente, anzi dignitosamente. E’ un’orchestra incapace di fare un bel suono, incapace di andare a tempo. Sarà il gesto di Dudamel??? Mah, non credo: il suono dei violini fibroso, stopposo, sordo, miagolato e sporco non dipende mica dai movimenti della bacchetta….è una vergogna. Se solo non ci fossero i sindacati…

    Ormai mi rifiuto di chiedere uno spettacolo dignitoso, la dignità ha abbandonato la Scala.

    • Dalla recensione del concerto di Abbado:
      “Quella razza nobile ed eletta di musicisti di grande esperienza e di grande cultura, di solidità e coerenza, con gusti talvolta troppo particolari e che forse si perdono in scelte non sempre condivisibili ma che quello che fanno, lo fanno con dedizione, umiltà e serietà, ponendosi sempre al servizio della Musica e dello spartito.”

      Dalla recensione di oggi:

      “Sarà il gesto di Dudamel??? Mah, non credo: il suono dei violini fibroso, stopposo, sordo, miagolato e sporco non dipende mica dai movimenti della bacchetta….è una vergogna. Se solo non ci fossero i sindacati…”

      Manuel Garcia, ma non è che sei un po’ fascistello?

      Ulisse

      • ti rispondo io perchè lo conosco bene. tutto fuocrchè fascista.Mi ricordi quell’individuo che vorrebbe spacciarsi per critico che ha dato di recente del “fascistissimo” a celletti, che era tutto fuorchè fascista. se non riuscite a confutare le altrui opinioni musicali con argomenti musicali, non scrivete nei siti di musica e smettete di diffamare la gente!
        alla prossima di queste genere di banno.

        • Tra l’altro, se avesse letto bene, si sarebbe accorto che la frase tratta dalla precedente recensione di Manuel si riferiva ad Abbado e non all’orchestra della Scala… (poi vorrei sapere che c’entra il fascismo con l’avere, eventualmente, le idee confuse…)

          • E’ cosa da vergognarsi il fatto di estrapolare frasi a caso da un contesto per dare del “fascista” gratuitamente ad una persona e poi fare anche la tirata moral-sociologica su “crisi” e su come il mondo andrebbe letto…
            Ma parlate dell’infimo “Rigoletto”, che è meglio…

        • Non si tratta né di fascismo né di idee confuse. Chiarisco per chi non avesse capito o letto bene.
          Nel concerto di Abbado l’orchestra era “diversa”, rimpolpata (prendo in prestito il verbo di Donzelli) non si sa quanto copiosamente (ma credo abbastanza da poter dare un “piccolo” aiuto alla filarmonica) da elementi dell’orchestra mozart, orchestra interessantissima. Gli aggettivi che ho usato nella recensione di quel concerto erano rivolti ad abbado.
          Gli aggettivi usati invece nel commento al rigoletto scaligero erano rivolti all’orchestra, sulla quale mi sono già espresso credo abbastanza chiaramente. A ciò si deve aggiungere una bacchetta mediocrissima come quella di Dudamel che di certo non ha aiutato. Anzi…credo abbia peggiorato la prestazione.

          • dalla recensione del Siegfried/

            “Per contrasto abbiamo invece legni, archi, questi ultimi con qualche lievissima sbavatura che nulla toglie alla bravura ed alla compattezza, e soprattutto fiati dal suono più intenso e preciso, che possiedono una musicalità ovunque attenta, un fraseggio finalmente poetico e sfumato che onora i momenti più distesi soprattutto del secondo e terzo atto.”

            Questo, pero’, Marianne, l’hai scritto tu nella recensione del Siegfried scaligero.

            Ulisse

          • E’ arcinoto quanto l’orchestra scaligera tenda a sbracare se non si trova di fronte a un direttore dotato di un minimo di carisma. (ed evidentemente Dudamel non ne ha) . Avete presente le scandalose esecuzioni di Ciaikovskij durante i balletti? Certamente , l’ultimo che sapesse tenerli in riga era Riccardo Muti.

      • Rispondo solo ora al tema “sindacati”. La mia è apertamente una critica ai sindacati, penso sia evidente. Ma non ai sindacati in quanto tali, per carità, non vorrei sembrare fascistello come lei mi ha graziosamente chiamato: difendere i lavoratori è doveroso e sacrosanto. Critico le loro posizioni e le loro scelte…
        Insomma non dimentichiamoci dello sciopero dei lavoratori cigl dell’anno scorso in Scala. Se non ricordo male le cause erano: riduzione dei vigili del fuoco e richiesta di una mensa biologica….
        E poi ci danno spettacoli come questo rigoletto…
        Mah…

  2. ma che delusione! Mi consola il fatto che non potendo assistere alla recita del 13.11 per altri impegni probabilmente non perdo nulla…piuttosto inquetante il fatto che Dudamel verrebbe corteggiato per un incarico stabile alla Scala. Proprio non decolla gli avevo dato le attenuanti nel Don Giovanni, la prova d’appello con Boheme. La Carmen era stata deludente, nei tre concerti di Barenboim ha dimostrato scarsa personalità (buono Harding ieri invece !) se adesso ha fatto pena nel Rigoletto…beh fatemi sapere se nelle repliche migliora qualcosa che magari faccio un salto.
    Non riesco comunque a evitare una piccolissssssima provocazioncina ai lettori del blog prendendo spunto dalle censure mosse a Grigolo per il suo ingresso. Io sentii Kraus in Rigoletto a Genova tanti anni fa (forse c’erano ancora i Savoia). Grandissimo anche se non fece la cabaletta. Però ad onor del vero anche lui in “Questa o quella” non brillò a meno di non voler leggere il relativo grigiore, come aver voluto interpretare la ballata con grandissima nonchalance ed indifferenza. Quella recita mi manca molto qualcuno ha la registrazione pirata da passarmi (c’era il baritono Di Bella -fischiatissimo- e la Signora Bonifaccio -stonatissima) ????? posso ovviamente ricambiare in maniera adeguata.-

    • so che la registrazione circolava e non per kraus, ma per il “cafone” con cui di bella apostrofò un loggionista (anche se al margherita il loggione non c’era) che l’aveva fischiato o meglio sibilato.
      quanto a kraus poteva anche essere piatto nella sortita ( piuttosto centrale) ma prendeva quota al duettino con la ceprano e poi c’era il resto. qui di resto nulla!!!!

    • Appunto, Marco! La società italiana, ed europea, non era forse sfilacciata anche alla conclusione della Prima guerra mondiale?

      Il problema è che nei momenti di crisi una persona dovrebbe evitare di leggere il mondo attraverso miti semplicistici, positivi e negativi.

      U

    • la prima parte della diagnosi è giusta la seconda un po’ meno marco. alcuni giovani , forse più sensibili, forse educati e cresciuti antiquo more lo percepiscono, lo vivono e ne soffrono. spesso non sanno come reagire. dagli torto….

  3. Non lo vedi, caro Ulisse, che è tutto tutto un accusarsi reciproco di non lavorare? I tedeschi accusano i pigs, i milanesi i terroni, gli industriali i dipendenti pubblici, chi ha un contratto a tempo determinato chi l’ha invece a tempo indeterminato, i non garantiti i garantiti, la parola “verifica” gira dappertutto, lasciando stare naturalmente che da verificare sono sempre gli altri, i pelandroni…E, cosa piùà triste di tutte, è in atto una orribile guerra fra poveri, funzionale a chi il potere lo gestisce davvero. Sembrano tutti diventati quella figura immortale che è il Commendator Fenoglio, nel “Vedovo” di Dino Risi.
    Marcvo Ninci

  4. E’ fascismo esigere dagli artisti di lavorare con più assiduità per ottenere un miglior risultato? Sappiamo tutti come si è ridotto il numero di prove che si fanno per preparare una produzione operistica.
    La ragione per questo è da una parte la “globalizzazione” dell’industria operistica. Tutti i membri della produzione provano da soli in vari parti del mondo e si riuniscono solo durante le ultime prove per ottenere un minimo di sintonia. D’altronde il mondo della lirica è circondata da miti di “talento”, “instinto” etc. il ché devalorizza l’importanza del lavoro nel processo del raggiungimento di un certo livello artistico della prestazione. Una figura esemplare in cui tutti questi miti si sono concentrati è la Callas, artista che è stata una delle più grandi “workaholic” della storia. L’alto livello artistico non arriva da solo.
    Ovviamente, bisogna rispettare il numero di ore che sono definiti per i lavoratori del mondo della lirica e tante altre cose. Anche gli artisti sono lavoratori con i suoi diritti. Ma credo che il più grande problema e la massima ragione per la decadenza dell’opera sia proprio nell’incapacità di assumere un “plusvalore” (di sforzo, di sacrifizio) che esce dai limiti parci e ben delimitati del lavoro artistico come lavoro eseguito con tutti i requisiti dell’economia capitalista. Se questo è fascismo e se oggi, per fortuna, siamo liberi dal fascismo, allora possiamo davvero chiudere i teatri lirici e saremo tutti contenti.

    • Si Giuditta. In questa Italia fuori di testa e da ogni regola pretendere che chi lavora lo faccia per ottenere il miglior risultato è considerato fascismo.O anacronismo. O demodè.
      La gente in Italia pare si sia dimenticata dei doveri per occuparsi solo dei diritti. ed infatti eccoci qua, con un paese sfasciato, dove i diritti incondizionati ed inarginabili di un settore del paese gravano su una parte. ed i giovani ne fanno le spese. Continuiamo a garantire i diritti di alcuni e a sfruttare molti altri.

  5. E’ chiaro che il fascismo non c’entra niente. Nondimeno quelle parole qualcosa dicono, rappresentano il riflesso, anche lontano, anche pallido, di una concezione sociale. L’ho già detto altre volte. La verità non sta nelle dichiarazioni di principio, ma nelle frasette, nelle voci dal sen fuggite, nelle parentesi. Così quel rimpianto sull’esistenza dei sindacati affermava veramente molto. Così come io ho trovato interessantissime, e fonte di grandi insegnamenti, le parole di Dionisopiùapollo sulla priorità del risultato artistico che deve avere la precedenza su tutte le altre componenti. Sembra una concezione scontata; eppure non lo è.
    Marco Ninci

  6. 1°: Certo che la Scala, ad un direttore come Dudamel potrebbe rendere ben più omaggio! Ricordo che al concerto di Natale scorso (sinfonica, quindi, e non è un caso), fece una Seconda di Mahler coi fiocchi, di una lettura incantevole. Fargli dirigere l’opera (e Verdi!!!) è come dire a Grigolo (giustappunto) di cantare! Entrambe le richieste non c’entrano niente con chi le esegue…
    2°: Non ho presenziato alla recita, nè presenzierò (mi son bastate l’Aida e la Miller dal vivo per capire il livello di violenza che la Scala sta usando su Verdi), ma ho visto Grigolo l’anno scorso, a Londra, sempre nel Duca, e posso facilmente immaginare il risultato ottenuto anche in Scala (parlo di recitazione, il canto non ho mai avuto il piacere-non so-di udirlo).
    3°: Vidi questo spettacolo con Muti, tempo addietro, e giuro che fu il Rigoletto più lungo della mia vita; scenografie splendide, ma la regia (????) era di una banalità e di una noia mortale, per non parlare del cast (cito solo la Rost nei panni di Gilda).
    Ho imparato, in questa stagione, un piccolo trucco per “prevedere” il futuro di una recita, senza guardarne il cast: se fa il tutto esaurito e se c’è una regia importante, E’ CATEGORICAMENTE DA EVITARE!!! 😀
    Grazie della recensione, bellissima come sempre, e a presto!
    Cordialmente.

  7. Eppure, eppure. Pur con le orchestracce italiane, con i loro membri che timbrano soltanto il cartellino, ho sentito in Italia cose divine. La Cenerentola che Abbado fece a Firenze l’ho sentita altre volte alla Scala. A Milano non era neppure paragonabile con quella di Firenze, animata com’era da un impareggiabile senso dell scoperta. Con l’orchestraccia del Maggio (nel ’78 era molto peggiore di ora) Abbado diresse una Terza di Mahler, impetuosa e liricissima; l’ho risentita a Vienna, era l’ombra dell’ombra di quella fiorentina. Tante volte sembra che avere a che fare con una materia più sorda porti a un lavoro più entusiasmante, più profondo, più sentito. Io non so in Europa negli ultimi anni quale spettacolo possa essere paragonato con la divina “Piccola volpe astuta” fiorentina di qualche anno fa, diretta da un altrettanto divino Ozawa. Senz’altro pochissimi. Non è raro il caso in cui i timbratori di cartellini riescono ad elevarsi al di sopra di se stessi. Ancora meno raro il caso in cui la sublimità dei grandi artisti si concede un po’ troppa disinvoltura, che gli impiegati non possono permettersi.
    Marco Ninci

  8. Cerco di spiegare le parole di Ulisse. Penso che abbia capito perfettamente che Garcia si riferiva ad Abbado e non all’orchestra. Non era possibile alcun fraintendimento. Magari quando Garcia parlava di scelte non condivisibili, si riferiva alle scelte politiche del Maestro, notoriamente sinistrorse. E questo può aver dato adito al “fascistello”, definizione certo infelice.
    Marco Ninci

    • Quello che ha scritto Garcia sia nella recensione del concerto di Abbado, sia nel commento al “Rigoletto” dimostra una cosa:
      Garcia parla solo di musica e di musicisti con cognizione; Ulisse, nel suo tragico intervento, spara a vanvera con ben poca accortezza, attenzione e lungimiranza.
      Tale è il livello che separa i due.

  9. Non so, nè mi interessa , mischiare la politica con la musica. Quello che posso affermare, con assoluta convinzione, che forse MAI alla Scala ho ascoltato un’esecuzione e una concertazione (?) trasandata, sgangherata, tragicamente “sbagliata”, paragonabile all’orrendo Rigoletto dell’altra sera.

  10. Era l’espressione “razza nobile ed eletta” accoppiata all’attacco ai sindacati che mi ha inspospettito.

    Prendermi del coglione su questo sito era forse la mia recondita, perversa aspirazione. Grazie!

    Ulisse.

  11. visti i risultati d tosca forse e’ stato meglio cosi’ almeno si vedevano scene degne della scala e effetti speciali come la pioggia vera. m e’. stato detto ke tra riprendere uno spettacolo o riallestirne uno nuovo i costi sono piu o meno sovrapponibili. tuttavia se poi succede come per turandot o come rischia d succeder x macbeth s rischia d scadere nella provincia e d fare spettacoli piu vecchi dei precedenti

    • sbaglio o é stato il cda che ha cassato il nuovo allestimento dell’amico di Lissi?……dai, sarebbe stato oltremodo irritante asistere ad un rigoletto così scarso incorniciato da una bella ew production, pergiunta di quel maestro dell’orrore gratuito..!

  12. Sì, però quello che dice Billy dell’orchestra della Scala si può dire tranquillamente anche dei Wiener Philharmoniker, che diverse volte ho sentito suonare in maniera scandalosamente trasandata come orchestra dell’Opera di Stato. Non è che per dirigere alla Scala o a Firenze occorre trasformarsi in domatori con tanto di frusta, previo azzeramento del potere dei sindacati. Ieri sera al Maggio ho ascoltato una meravigliosa esecuzione della seconda sinfonia di Mahler, diretta da Zubin Mehta. La precisione e il nitore erano assoluti. E, pieno di stupore, devo dire che non ho visto facce rigate di sangue né il carcere di Sollicciano strapieno di sindacalisti trasferitivi per l’ccasione, per poi tornare in libertà una volta ristabilitosi il consueto e disdicevole tran tran.
    Marco Ninci

  13. Premesso che ho sentito la Mosuc una volta sola (Luisa Miller lo scorso giugno) e che non mi è affatto dispiaciuta, non capisco perché alla Scala non canti mai la Pratt…era prevista in cartellone per la precedente ripresa del Rigoletto ma poi è scomparsa dal cartellone!

    • Su quello la Scala è sempre una garanzia, spariscono artisti (talvolta allestimenti, e-ha dell’incredibile-ma io ho visto anche interi titoli polverizzarsi da un giorno all’altro) come ai tempi dei gulag. Io proverei con Chi l’ha visto 😉

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