Quando Mancini è in vacanza. Prima puntata: Emma Eames in Tosca

Emma Eames (1865-1952) fu una star del Met della cosiddetta golden age. Cantò nel massimo teatro americano dal 1891 al 1909. Possiamo anche precisare che nel primo decennio cantò quasi esclusivamente Faust e nel secondo si trasformò in soprano spinto arrivando ad Aida, Ballo e nel repertorio wagneriano a Sieglinde ed Elisabetta del Tannhauser oltre a qualche titolo verista come Iris e Tosca. Aveva studiato con Matilde Marchesi e della maestra parlò sempre male soprattutto con riferimento all’esosità della stessa. Alla luce degli ascolti della cantante americana sorgono altri dubbi.

Al Met, però, fu un mito. Era una donna bellissima ed affascinante. Dalla scuola della Marchesi, come tutte le allieve della stessa aveva appreso soprattutto a cantare con sicurezza e leggerezza al centro. Si può anche ritenere, sempre in compagnia di tutte le allieve della Marchesi che la voce suonasse singolarmente pura e sonora in zona centrale. Siccome ad un certo punto della carriera si mese ad affrontare il repertorio spinto affrontò anche Tosca, senza esserne la prima interprete al Met (lo fu la Ternina, mentre la Eames fu la prima Santuzza).

Facciamo la doverosa tara coni sistemi di registrazioni acustici che ledevano le voci molto ampie ed aggiungiamo anche che nel 1908 la Eames era quasi giunta alla fine della carriera, ma al di là della probabile ampiezza della voce (“sempre con fe’ sincera”, “fiori agli altar”) e della sicurezza con cui scende (“non feci mai male ad anima viva”) abbiamo una cantante che cempenna la frase scomoda iniziale “quante misERIE conobbi aiutai”, che prevede una salita al la bem e, quel che è peggio arrivata al “perché perché Signor”, con la salita al si bem emette su questa nota un suono piuttosto fisso e di dubbia intonazione. Per eseguire piano, ma senza smorzatura o meglio con un accenno di essa da minimo sindacale, il successivo la bem (suono gradevole) deve prendere fiato, che aggiunto al fiato prima del si bem rovina l’intera frase e le indicazioni dell’autore.

Ma il peggio non sono le limitazioni vocali e le difficoltà sulle poche frasi complesse, ma l’inerzia dell’interprete che canta assolutamente a pappagallo , senza rendere minimamente il senso della tragedia del disperato dolore della protagonista. Prendiamo i “fiori agli altar” dove una verista stile Carelli esegue una smorzatura da manuale e vocalmente ed interpretativamente, prendiamo una Destinn che nella zona medio grava vanta un timbro, che, ad onta dei metodi primordiali di registrazione si percepisce sontuoso e vellutato e concludiamo che gli studi di altissima scuola possono anche consentire una discreta conoscenza della grammatica, ma la sintassi e l’interpretazione latitano. E non diamo la colpa alla tecnica di registrazione, visti i risultati pregevoli di molte coetanee. Domandiamoci, invece, se anche un secolo e più fa talune cantanti facessero carriera per meriti in parte extravocali, anche se innanzi certe recenti Tosche proposte nei massimi palcoscenici del mondo la bella Emma è un genio!

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4 pensieri su “Quando Mancini è in vacanza. Prima puntata: Emma Eames in Tosca

  1. Mah, Donzelli, la Eames in basso è vuota, i primi centri sono fiochi, stimbrati, sfalsettati… Se nella voce così come ci viene imperfettamente resa dal disco si può riconoscere qualche pregio (volume, espansione, sonorità, timbro), tali pregi si rivelano a partire almeno dalla zona centro-acuta, sotto non c’è proprio niente, altroché ampiezza e sicurezza nella scendere, è solo vuota e stentata. In alto, poi, le fissità e le imperfezioni di intonazione sono una costante delle voci di soprano incise su questi dischi antichi, specie se soprani di scuola anglosassone o tedesca, non ne sono esenti neanche una Sembrich e una Siems che pur stimi tanto… Concordo invece sulla scarsa espressività, dato che emerge anche dalle critiche dell’epoca (unitamente alla debolezza del medium rispetto alla bellezza degli acuti). In ogni caso il disco più rappresentativo delle qualità virtuosistiche della Eames è l’Air des bijoux del Faust. Ciò detto non c’è niente di male ad ascoltare e riconoscere serenamente errori e difetti, però poi arrivare a stroncare così la statura artistica complessiva di una antica diva del canto basandosi esclusivamente su questi poco riusciti cimeli discografici è operazione poco seria e corretta, se non altro perché la cantante per prima si dichiarò insoddisfatta di come la sua voce veniva restituita dal grammofono.

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