Sorella Radio by Manuel García: concerto della Filarmonica della Scala, direttore Daniel Harding, 28.I.13

La diretta Rai Radio3 dell’altra sera dal Teatro alla Scala ha messo, anzi riconfermato, per lo meno ai nostri occhi, la chiara e semplice gerarchia tra i “giovani” direttori del panorama odierno. Semplice perché strutturata in due livelli: chi dirige e chi cerca malamente di tenere insieme un’orchestra. Nel secondo gruppo, indubbiamente il più folto, abbiamo bacchette come Dudamel e Omer Meir Wellber, direttori ormai famosi, messi a capo di altrettanto famose compagini orchestrali che però, concerto dopo concerto, opera dopo opera, hanno solo dimostrato quanto fosse vuota la loro “artisticità” tanto gonfiata o dalle major discografiche o dai teatri o da altri mezzi, e quindi, ovvia conseguenza, amata ed applaudita dal pubblico.

Nel primo gruppo, assai meno folto, l’unico posto è occupato invece da una giovane e raffinata bacchetta della quale abbiamo già largamente parlato, Daniel Harding, che con il concerto scaligero dell’altra sera ha riconfermato, dopo la leggera scivolata del Falstaff, di essere il numero uno. Il numero uno, cioè l’unico in grado di dirigere, e non solo…

Il concerto, dal programma assai discutibile non tanto per i singoli pezzi, ma per la illogica scelta degli abbinamenti, si è aperto con la “Maurerische Trauermusik” K 477 in Do minore, una delle più belle testimonianze del Mozart massonico, un pezzo particolarmente breve nel quale Harding ha cercato un lento, melanconico fraseggio, ha cercato una dinamica fra gli strumenti, una certa espressività, ma certo quando, come direttore, ti trovi davanti alla pigrizia e alla svogliatezza degli archi scaligeri, beh, puoi cercare fraseggio quanto vuoi, ma se l’orchestra non vuole rispondere…

Si aggiunga un suono davvero brutto, oltre che lento e pigro, soprattutto dei violini, stopposo, impreciso, senza corpo, metallico e ferroso.

Decisamente meglio Wagner, anche perché Harding si è posto al livello dell’orchestra, rallentando i tempi, scandendo ogni minimo passaggio, accompagnando ogni singolo momento. Solo in questo modo Harding è riuscito ad andare oltre la semplice lettura della partitura, livello che i soliti direttori d’oggi non sanno superare, per poterla dirigere, per poter imporre una sua lettura.

Harding ha diretto il Preludio è il Liebestod del Tristano e Isotta con intensità, con forza e soprattutto con convinzione. I tempi lenti sono stati sempre sostenuti con un fraseggio elegantissimo, senza appesantirli o svuotarli. Lo stesso dicasi per i crescendo e diminuendo, precisi e moderati. Il tutto con un’orchestra finalmente unita nel tempo e nelle intenzioni. Insomma un bel Wagner.

La serata si è conclusa con Ein Heldenleben di Richard Strauss, decisamente il momento più coinvolgente: dopo un inizio deciso e vigoroso, il direttore inglese ha diretto ogni parte dello spartito, ogni suo ingranaggio, ogni sua frase dall’introduzione “Der Held” passando attraverso i quattro momenti esistenziali dell’eroe fino alla conclusiva “Des Helden Weltflucht und Vollendung”, con forza, con una robustezza assolutamente straordinaria,sfumando ogni piano, esaltando ogni forte, scandendo ogni nota, ogni ingresso, il tutto con un suono ed una coesione complessiva che da tempo non si udiva nel Piermarini.

Dispiace solo che il pubblico milanese gli abbia regalato solo pochi minuti di pallidi applausi forse perché non sufficientemente gonfiato dal marketing come Dudamel, forse perché non pesta o perché non ha il gesto incomprensibile alla Barenboim, o forse perché sa dirigere con tecnica, con gusto, con classe e raffinatezza, come si faceva un tempo, quel tempo che ormai si è dimenticato.

 

Manuel Garcia

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6 pensieri su “Sorella Radio by Manuel García: concerto della Filarmonica della Scala, direttore Daniel Harding, 28.I.13

  1. E perchè mai solo alla musica sinfonica?
    Il suo Mozart è piacevolissimo, il suo Strauss splendido, sarei curioso di ascoltarlo nel repertorio pucciniano. Per ora non credo, invece, che gli si addicano Verdi, Bellini o Donizetti. Falstaff l’ha diretto decisamente male, ma in fondo il fatto non mi ha disturbato: è un’opera rognosa come poche altre, personalmente NON MI PIACE AFFATTO (tranne l’ultimo atto…)

  2. Beh, “il numero uno, cioè l’unico in grado di dirigere, e non solo” direi proprio di no, tuttavia Harding – in un determinato repertorio – riesce a cavare ottime esecuzioni dalla problematica orchestra scaligera (che dopo Muti – piaccia o meno – è decisamente allo sbando…). Strauss è un autore difficile (per il rischio di retorica), ma Harding lo padroneggia alla perfezione.
    Ps: non sono invece d’accordo con l’invito ad abbandonare l’opera. Perché mai? In Falstaff ha deluso (e pure molto: altro che leggera scivolata…) ma l’ultimo capolavoro verdiano è opera difficilissima e risolverla in “poema sinfonico” significa candidarsi al fallimento (Harding in questo è in buona compagnia). Ma ci sono tanti titoli e repertori: penso a Puccini o a certo verismo (per stare all’opera italiana). E poi Strauss (magari Elektra), Britten, Weber (ha diretto un ottimo Freischutz), Mozart naturalmente. E più avanti Wagner e Mussorgsky. Non sarebbe male sentirlo in Rossini (soprattutto quello buffo): in fondo il suo mentore, Abbado, in quell’autore ha segnato alcune delle sue migliori pagine direttoriali (prima di abbandonarlo per dedicarsi a repertori molto meno congeniali: Mozart su tutti).

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