Quaresimal XVI: Sonia Ganassi

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Proseguiamo nella nostra quaresimale mortificazione dei sensi (sempre corroborata dalle dovute riflessioni che ci preservino, se non nelle orecchie, almeno nello spirito – il malcanto questo fa, se assorbito senza precauzioni: travia l’anima) con uno squarcio tristissimo dell’attuale Rossini decadence: l’aria di Elcia dal Mosè in Egitto eseguita dal mezzosoprano – nonché, secondo alcuni, autentico “soprano Colbran” – Sonia Ganassi nell’edizione 2011 del ROF. Azione tragico-sacra, il Mosè, di cui oggi 5 marzo ricorre l’anniversario della prima rappresentazione; lavoro di genere nobile ed elevato, composto per il San Carlo e destinato proprio alla stagione quaresimale. Niente di più indicato quindi per questa nostra penitenziale rassegna di ascolti, se non fosse per lo spettacolo sacrilego allestito in quel di Pesaro quasi due anni or sono, spettacolo che in tempi più civili di questi avrebbe reso necessaria, oltre all’immediata cacciata dei registi dai teatri d’opera, una solenne messa di riparazione per il vilipendio arrecato alla religione (transeat sul vilipendio reiterato di anno in anno al compositore, che renderebbe necessaria la chiusura del festival tout court). Ma torniamo alla nostra penitenza dell’udito e facciamo tesoro di questo ascolto per riflettere in negativo sull’ubi consistam del canto rossiniano e della vocalità Colbran (sottolineo, in negativo, essendo in realtà questa esecuzione la perfetta negazione di entrambi). Comprendiamo come Rossini non possa venire deturpato nei propri delicati ed eterei cantabili, di tessitura centrale, da una voce incapace di legare il gonfio centro (sentire le contraffazioni di pronuncia) con l’ingolato grave, e come “tormenti, affanni e smanie” siano da esprimersi nella coloratura di forza, non già in una ansimante e superficiale concitazione di sapore naturalista. D’altro canto, il buco nel centro (messo alla frusta dalle scale ascendenti nella coda), gli acuti fibrosi e sguaiati, i gravi gutturali ben difficilmente possono rievocare l’autorità vocale e la ieratica nobiltà d’accento della leggendaria musa, e poi moglie, del compositore.

13 pensieri su “Quaresimal XVI: Sonia Ganassi

  1. Indimenticabile scena in platea, con baccanti inferocite che correvano urlanti su e giù per il corridoio centrale e annessa irruzione della polizia, come in uno speakeasy nella Chicago degli anni venti.

    Potenza del canto!

  2. Sarà…siccome noto che nel estratto si sente qualche buu io sono uno di quelli che l’avrebbe applaudita (ero di quei tanti che avevano applaudito la Hamari alla Scala nello stesso ruolo). Il suo registro acuto é ancora buono e non sento tutta questa fibrosità, la vocalizzazione é tuttora molto più corretta che in altre cantanti, il colore é sempre bello, qualche estrema nota grave non é riuscita bene é vero, ma tutto questo veleno sulla nostra Sonia mi pare non eccessivo…di più…

  3. scusa ma non trovo il nesso fra Ganassi e la sfortunata Cerquetti che ovviamente mi piace ma é la regina di tutte le meteore e che ci serve come paragone per dire se canti come lei dopo vent’anni di carriera, canti veramente bene ruoli come gioconda e abigaille

    • Sei tu che hai parlato, o per meglio dire straparlato, di belle voci latine, paradigma delle quali è appunto l’opulenta voce dell’opulenta sora ANI’. Quanto alle rispettive carriere, bisognerebbe considerarne non solo la lunghezza, ma la qualità e anche, oserei dire, il contesto. La “meteora” Cerquetti ha fatto la storia dell’opera, in un’epoca in cui la Ganassi avrebbe fatto la corista, o si sarebbe dedicata ad altro.

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