Quaresimal XXIX: Gloria Scalchi

 

Gloria Scalchi, Le Prophète, Comme un éclair

Tra le più recenti eresie tecnico-vocali escogitate dalla vociologia ufficiale per dare giustificazione dottrinale all’imperversante moda malcantista dell’incolto sopranino di coloratura che si rifugia nelle più comode tessiture del mezzosoprano d’agilità e si spaccia per tale, vi è quella secondo cui il contralto ottocentesco fosse in realtà un essere androgino dalla doppia voce, viriloide in basso, acidula in acuto ( per conseguenza vuota nel centro): un “soprano contraltile”, o “contralto sopranile”, con la subdola implicazione che la classificazione delle voci sia non già una ineluttabile condizione naturale che il bravo maestro deve saper scoprire e coltivare, ma il frutto di una scelta arbitraria, di un “fare” la voce, di un costruirne artificiosamente l’estensione per esempio “affondando” l’emissione per cantare in basso, oppure sbiancando e spoggiando per cantare in alto. Forse ignorano codesti vociologi, oltre al fatto che il difetto della doppia voce sia deprecato da tutti i manuali a partire dal Tosi, che la scuola di Garçia, di cui la creatrice del ruolo di Fidès, Pauline Viardot, è per diritto di sangue una delle più importanti rappresentanti, prescrive di attuare l’unione dei registri mediante l’alleggerimento delle ultime note centro-gravi, e non già il loro pomposo svaccamento, alleggerimento che consente l’ingresso lineare, senza scalini, nel debole registro intermedio, che l’esercizio renderà via via più robusto e omogeneo (si canta nel centro, soprattutto se si è o si vuole fare i mezzosoprani, ed il canto lirico non è lo jodel). Ignorano inoltre che l’organizzazione vocale squadernata tra i tanti inconvenienti di ordine estetico, musicale ed espressivo, comporta anche una antipatica conseguenza fisica: il ballamento degli acuti, come dimostra, insieme a tutto il resto, l’infelice ascolto.

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