I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Rossini: Stabat Mater – Inflammatus.

Trascorso un anno dalla prima puntata, poniamo fine alla rubrica dei venerdì di Mancini con una carrellata di Inflammatus dallo Stabat Mater rossiniano (la chiusura con gli Inflammatus era prevista per lo scorso Venerdì Santo in omaggio al rito della Via Crucis, ma si è sovrapposta con la celebrazione dei 2.250.000 ingressi, indi la posticipazione). Carrellata che, senza la pretesa di comprendere tutte le incisioni del brano esistenti, si preannuncia come ennesimo excursus nei meandri della passione e decadenza del canto consumatesi nel secolo scorso ed in particolare negli ultimi decenni dello stesso.
Aria con coro di carattere tragico, scritta per la diva Giulia Grisi e caratterizzata da una scrittura di tessitura assai onerosa, insistente sui centri e sui primi acuti, con belcantistici passaggi vocalizzati e scale di trilli nella sezione B (“Fac me cruce custodiri ecc.”) e duplice salita al do nella coda finale (che deve svettare sul coro). E’ richiesta quindi voce molto solida e dotata, sicura nel centro e potente in acuto, versata anche nel canto di grazia e d’agilità.
Fatta la tara alla vecchiezza del disco, la voce di Johanna Gadsky appare senz’altro meglio versata nel settore centro-acuto che non nei primi centri, sovente vuoti o indietro. Buoni quindi l’attacco sul sol acuto ed il pesantissimo crescendo sulla scala ascendente di “per te virgo sim defensus in die judicii”, mentre gli estremi acuti sono presi scoperti, non legati, viziati da una certa fissità tipica della scuola tedesca (i do finali o il sib di “gratia”). Ben risolta la sezione centrale con i trilli ed i vocalizzi, d’altronde non esiste soprano di quella generazione che non disponga di trilli facili e graniti. In inglese la versione di Agnes Kimball, seconda in ordine cronologico tra quelle reperibili su youtube. Voce di bel timbro ma forse di caratura un po’ leggera, molto facile in acuto e sicura nei passi vocalizzati e nei trilli. Passando dai rudimentali dischi acustici agli elettrici, ottima è l’incisione dell’australiana Florence Austral, dall’intonazione sicura, suono timbrato in tutta la gamma e pronuncia nitida. Anche qui non mancano i trilli prescritti, e parliamo di una cantante conosciuta soprattutto per la frequentazione del repertorio wagneriano. Di livello inferiore invece la versione di Kirsten Flagstad, di voce molto bella e morbida ma tendenzialmente meno avanti di posizione, con trilli poco sgranati e difficoltà sugli acuti.  Più che dignitosa la prova di Elisabeth Grümmer, ottima quella di Eleanor Steber, voce d’acciaio che dà qui prova di grande solidità ma anche di impeccabile virtuosismo nell’esecuzione delle scale di trilli. Versione di sicuro riferimento, senz’altro tra le migliori disponibili; forse si può solo rilevare un suono di bellezza non trascendentale negli acuti estremi.  Opulenta la voce di Martina Arroyo che viene a capo dell’impegnativo brano senza grandi difficoltà. Non degna di grande nota Leontyne Price, dall’emissione come sempre squadernata nelle discese al grave, e qui piuttosto pesante, affaticata e poco brillante anche nell’acuto. Assai buona invece la giovane Caballé. Ci avviciniamo sempre di più al presente con Katia Ricciarelli, dotata di mezzo vocale bellissimo ma retto da un impari sostegno tecnico.  Il brano come detto è assai pesante e come prevedibile la voce “balla” sull’oneroso sol acuto di “in die judicii”. Le duine di “morte Christi praemuniri” sono stonate. L’emissione nel centro è tonda e morbida sì, ma “indietro”, con pronuncia conseguentemente impastata e poco comprensibile. Il sib acuto che corona l’improbabile scala di trilli sulla parola “gratia” è un grido sguaiato e traballante. I due do finali si commentano da soli, peccato solo che il cambio di inquadratura non permetta di osservare la posa facciale della cantate. Voce assai meno bella e dotata quella di Lella Cuberli, cui la parte sta un po’ larga, ma esecuzione se non altro corretta e stilisticamente impeccabile. Ancor più larga la parte sta a Mariella Devia, priva dell’ampiezza necessaria a rendere giustizia a brano di carattere sì tragico, messa ulteriormente in difficoltà poi da un tempo elefantiaco. La ragion d’essere di un soprano leggero in un brano come questo potrebbe essere perlomeno quella di sentire eseguire con disinvoltura trilli e agilità, che invece sono privi di mordente e velocità. I do sono quelli di un soprano leggero che sfoga una terza più in alto, per cui con il loro suono flautato non possono sortire alcun effetto drammatico. Stilisticamente caricaturale la versione di Anna Netrebko, dall’emissione sporca e ingrossata, che non si rende conto evidentemente di eseguire una pagina di musica sacra e non un’invettiva verista. Il tempo saggiamente assai snellito non le impedisce di strillare brutalmente i due do finali, comunque migliori delle note gravi e centrali affogate nella gola. E, in cauda venenum, finiamo la carrellata con la prova di Patrizia Ciofi, esponente del Rossini “barocchizzato” di ultima generazione, ridotto a compositore di farsette tragicomiche da infelici vociuzze piene d’aria, sbiancate, sfarfalleggiate e spoggiate.

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62 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Rossini: Stabat Mater – Inflammatus.

  1. Post interessante e preciso: non sapevo che discograficamente l’Inflammatus fosse così frequentato.

    Ciofi orrenda: se potessi farle una domanda, le chiederei come CASPITERINA pensa di emettere un suono proiettato e avanti – oltre che con delle corde addotte bene – con tutta quella tensione tra bocca e di rimando collo, che si si esteriorizza nella forma della bocca, come si dice in gergo “ad ano di gallina”. Brutta da sentire e pure da vedere!

      • Non mi sembra un buon motivo artistico per scartarla. Il fatto della difficoltà in acuto della tebaldi nella prima parte della carriera è comunque un fatto discutibile, in quanto ci sono decine di incisioni dove i do sono intonati e sicuri, altre incisioni dove sono obiettivamente un po calanti;ma sono difetti comuni a voci cosi grandi e larghe. In questo caso non mi sembrano eccessivamente calanti, un po forse il primo nell’emissione. Il resto a mio avviso rimane la migliore esecuzione nel secondo 900 ( gusti stilistici a parte).
        Ovviamente mi riferisco all’edizione del 54, gira anche una del 65,dove sono evidenti difficoltà in acuto, dovuto al logorio vocale nella seconda parte della carriera.

        http://www.youtube.com/watch?v=73QGwHG1R1w

        • scusami ma non è una bella esecuzione, e comincia conn l’attacco di “Inflammatus”..note aperte…poi frasi dolci….poi la scala di trilli ascendente tutta spazzolata via. La ripresa Inflammatus ancora sguaiata….( posto che anche la pesantezza dell’esecuzione musicale, del coro..)…poi ancora frasi dolci….sempre così fino alla fine..i do calantissimi. Insomma, una grande esecuzione è altra cosa, e che sia la migliore proprio del tutto NO! Posto che l’accento non mi pare quello adeguato, dato che il brano è di slancio e la signora cerca di cantare Vissi d’arte. Non so poi, come principio, come si possa parlare di una grande esecuzione ammettendo la non perizia stilistica…..lo stile se no è una componente esecutiva che cosa è? mica un optional…
          PS che gli acuti non vengano alle voci larghe e grandi, scusa è un’altra giustificazione che non tiene. Ti faccio qualche nome di voci grandi o grandissime: Nilsson, Arangi Lombardi, Rethberg, Stella, Milanov, Raisa, Russ, Boninsegna, Leider, Pampanini, Marton, Dimitrova, Price, Arroyo….e potrei continuare….
          http://www.youtube.com/watch?v=73QGwHG1R1w

          • Sul fatto dello stile poco rossiniano siamo d’accordo! Ma come vocalità, in questo brano, penso sia uno dei vertici esecutivi del secondo novecento. Non voglio assolutizzare, ma la grandezza e la spinta del suono, ad esempio, in passi come”in die iudicii”, difficilmente è stata eguagliata da altre illustri colleghe. Sul fatto delle voci larghe, bisogna precisare che la voce della tebaldi era particolarmente larga, e sulla larghezza del settore centrale ha “giocato” la sua carriera e la sua fama. Questo voler allargare il settore centrale, a lungo andare ha minato il settore acuto, che in voci di quel tonnellaggio è di per se faticoso con l’andare del tempo, salvo ovviamente eccezione. Ad esempio la Nilsson, voce enorme e dagli acuti fenomenali, ma voce meno larga, più tagliente e con un settore centrale poco dinamico e monotono.
            In conclusione, come ogni voce la tebaldi ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma la statura dell’artista ci regalano una esecuzione esemplare che preferisco almeno tra quelle postate( forse al pari preferisco la Flagstad)…..De gustibus non disputandum est:)

          • D’accordo sui problemi vocali della Tebaldi, ma stilisticamente non mi sembra così negativa, la sezione iniziale, più drammatica, è ben scandita, accentata e pronunciata, poi trova una dolcezza opportuna nella sezione B (fac me cruce ecc..), che ha da essere più aggraziata per contrasto con la precedente.

  2. Visto che, purtroppo, è l’ultima puntata, non posso che fare i complimenti a Mancini per la sua apprezzata rubrica. Molto proficua sotto tanti aspetti, mi sono divertito a leggere. Spero che abbiate in serbo qualcos’altro di simile!

  3. Chi pontifica con toni apodittici dovrebbe avere almeno qualche minima nozione storica formato Wikipedia. La barzelletta del giorno è che l’Inflammatus sarebbe stato scritto da Rossini per Giulia Grisi. Peccato che, come sa chiunque sappia qualcosa di Rossini, quest’aria faccia parte della prima versione dello Stabat, quella scritta a Madrid nel 1832, dieci anni prima della “prima” assoluta a Parigi, appunto con la Grisi. I casi sono due: o Rossini era un veggente e immaginava che dieci anni dopo avrebbe completato lo Stabat e l’avrebbe fatto cantare a Giulia Grisi, oppure il sedicente Mancini non sa quel che scrive. Propendo per la seconda ipotesi. Continuate così, fateci sbellicare.

    • Sei un fan della Netrebko o della Ciofi eh? Grazie di aver segnalato la svista ma il discorso non cambia, serve una voce robustissima e tecnicamente inattaccabile per venire a capo di una simile scrittura. Il fatto che venisse affidata a Giulia Grisi per la prima esecuzione dimostra l’alta levatura vocale e artistica della cantante, creatrice di parti che l’infausta prassi odierna affida invece ad insignificanti zanzarine.

    • caro servo di don rodrigo lo stabat che oggi si esegue è quello del 1842 perchè come non ti sarà sfuggito nel 1832 di Rossini nella composizione ve ne era pochissimo attesi i problemi psichici del maestro che ricorse al signor Savonari per la composizione.
      ciao

  4. Scusa, Donzelli, ma perché chiamare Giovanni Tadolini col nome della moglie? E’ un caso inverso a quello della Schwarzkopf, da te e purtroppo non solo da te chiamata Signora Legge? Non capisco il significato di simili stupidissime facezie.
    Marco Ninci

    • io non capisco le tue perchè quello che scrivi è tutto una facezia e per la cronaca innanzi ad una puntualizzazioen assolutamente scema ed inutile non meritava che una risposta che mettesse in evidenza la inutile polemica e la scarsa preparazioen dle servo infedele di don rodrigo e poi quanta gente dileggia richiard bonynge come signor sutherland? in fondo lui era il marito della divina tadolini e sai di mario uno solo nella storia

  5. Caro Ninci io non traccio nessuna “storia interpretativa”. Io leggo uno spartito e ne ascolto diverse esecuzioni, esprimendo un’opinione sulla loro qualità. Punto. Griso ha puntualizzato ciò che doveva puntualizzare, è stato pubblicato, ringraziato per la giusta correzione. Tutto il prosieguo di martellanti ed inutili provocazioni non merita di essere pubblicato, e lo stesso vale per il tuo ultimo commento, come del resto per il 90% di ciò che scrivi qui sopra e che moderatori assai più pazienti di me riescono da anni a tollerare. E ora via, sciò.

  6. Caro Mancini, credo che i lettori avranno una certa difficoltà a capire a chi rispondi, visto che il mio intervento si è dissolto nell’aria. Parli al nulla? Gustosa la fine, che non dimostra una grande sicurezza di sé ed un’analoga capacità di argomentare.
    Ciao
    Marco Ninci

  7. Caro Mancini, qui chiudo. Volevo solo dire che quando uno finisce il suo intervento con “e ora via, sciò”, dà soltanto prova di una maleducazione immensa e di altrettanta incapacità di sostenere il confronto. Tutto qui.
    A ben rivederci
    Marco Ninci

  8. Ottimo excursus interpretativo: purtroppo per gli odierni fan, le voci hanno subito un ribasso sia nella qualità, che nel peso vocale, ed oggi digiuni della storia interpretativa si affezionano al malcanto come le cozze agli scogli. Nulla da ridire se non che si accontentano di poco, poco, che nel migliore dei casi diventa pochissimo. Peggio per loro. Io farei la scommessa: Quante soprano odierne sarebbero in grado di eseguire 17 repliche di fila, senza ricorrere al servizio sanitario nazionale ?

  9. Magnifica le versione della Austral. La Steber è sempre la Steber. La Cuberli è sempre la Ciberli. La Arroyo eccelsa vocalmente, carente musicalmente a causa dell’esecuzione imprecisa dei ritmi puntati.
    Alcune cose ho da contestare a Mancini: – la Flagstadt è tutta perfettamente avanti (i do sono strani, ma non indietro); ma poi che significa ” TENDENZIALMENTE meno avanti”?.. -La Price dal sib centrale in su non fa una grinza e la resa musicale è altissima. -La Ricciarelli aveva una tecnica eccelsa (altrimenti la bellissima voce non verrebbe fuori); che poi abbia fatto cavolate su cavolate, malcantando alla grande ( come qui), è altro discorso: giustissimo, per carità, ma non che non avesse in origine e per i suoi ruoli eccelsa tecnica. -La Devia, pur essendo fuori parte, non fa una grinza (trilli a parte); anzi, riesce ad aumentare la voce senza mandarla indietro, errore nel quale altre volte cadeva; i suoi do non mi sembrano proprio flautati. Inserire la Devia (che cantava come un angelo quando non faceva cavolate) nella decadenza del canto è assurdo: vuol dire che ti meriti la Ciofi. Una cosa avresti potuto far notare: la differenza tra come la Ricciarelli e la Devia, un soprano lirico-leggero e un soprano leggero, riescano ad affrontare un parte da drammatico, manomettendo la natura della voce con esiti del tutto differenti.

    • 1. La Ricciarelli ha avuto una bellissima voce di natura ma non ha mai avuto un registro acuto saldo, essendo sempre stato un terno al lotto! Quindi, se uno non ha un registro acuto saldo e canta ruoli che di saldezza vocale in tutta l’estensione richiedono, si fanno errori tecnici (le stecche – vedi Lucia Miller alla Scala della Ricciarelli, o certi pasticci nelle colorature dei ruoli rossiniani) ed errori di scelta di repertorio;
      2. La Devia viene inserita nella linea di non aderenza alla categoria vocale necessaria per lo Stabat, che richiede appunto un soprano Grisi, non un koloratur soprano quale la Devia è! Come si possono rendere i suoni-parole-frasi frasi in registro grave o grave-centrale se questo nella Devia non esiste? 😉

      Mi scuso con Mancini per aver “rubato” la risposta e mi corregga nel caso. Saluti

      • 1. Avere un registro acuto non saldo non significa non avere una tecnica eccelsa, ma avere una tecnica eccelsa con una carenza nel registro acuto; altri casi sono esistiti (anche al contrario: ovvero con registro grave non saldo): o vogliamo dire che la Tebaldi non avesse una tecnica eccelsa?.. Non dimenticare che potrebbe essere anche un problema di natura. In Luisa Miller è ovviamente fuori parte: ed ho già detto che quando era fuori parte cantava malissimo a differenza di altre (Gencer, per esempio).
        2. Spesso ho l’impressione che alcuni di voi ragionino con la carta senza ascoltare con le orecchie: la Devia è un soprano leggero e come tale qui è fuori parte; e lo sappiamo; ciononostante, lo senti o no che qui ne esce alla grande (per difendersi da qualsiasi attacco meglio sottolineare che è carente soltanto nelle note più gravi)? Apri le orecchie, per favore.

  10. @SARDUSORPHEUS
    Caro, calmiamoci.
    Ribadisco assolutamente che la Ricciarelli giovane avesse tecnica eccelsa. Se rileggi bene il mio primo intervento, troverai scritto che ha commesso molti errori nella scelta del repertorio ed ha per conseguenza (non necessaria: vedi Gencer) malcantato alla grande, compromettendo tra l’altro il registro acuto che già dall’inizio aveva qualche pecca. Ma ribadisco che qualche falla nel registro acuto non compromette la totalità dello strumento.
    Se poi ti interessa, la Ricciarelli non è “la mia cantante”, come tu la definisci, perchè a me non piace la sua vocalità: arrotondava e riempiva alquanto i suoni (parlo sempre della Ricciareli buona, quella nella giusta parte) in un modo che a me non piace.
    http://www.youtube.com/watch?v=YCUkljfFcOw
    Come si potrebbe cantare in questo modo senza avere una tecnica eccelsa?.. Giusto per fare un esempio: il passaggio “i miei soSPIRI” è difficilissimo: non ti sembra che sia cantato con gande perizia?.. (Si può cantare anche senza coprire in quel modo la I, vedi Scotto; ma va bene ugualmente).

    • La Tebaldi, cantante magnifica nel repertorio pucciniano e, più in generale, Verista è qui terribilmente a disagio con lo stile rossiniano (per non parlare dei trilli e degli acuti…). Senza nulla togliere alla sua statura di artista, le sono incommensurabilmente superiori in tale pagina sia la Steber che la Austral.

  11. beh Mancini visto che l’ultima puntata,fai un resoconto sui commenti che hai ricevuti,e come la pensi su come è stata recepita la rubrica.
    penso che il blog abbia già qualche progetto su di te o da proporti.
    intanto grazie per qust’anno di stimolo alla discussione,e sugli ascolti.

    • Lo scopo della rubrica non è la discussione o il dialogo. Il mio è un debole tentativo di arginare la decadenza, rieducando le orecchie del pubblico ubriacate da decenni di caricaturale vociferazione… Spero di essere riuscito a fornire qualche valido spunto su come debba suonare una voce ben emessa…

      • il problema e’ che hai orecchie in se buone ma poco elastiche e la riprova sono le considerazioni di bambuco sull esecuzione della Ricciarelli. Cantanti cioe’ con problemi tecnici irrisolti che riescono talvolta a dire qualcosa d diverso e originale che il vero appassionato d opera DAL VIVO deve essere pronto a cogliere senza pallosi pregiudizi o noiosi condizionamenti causati dalla sempre invocata decadenza dell arte canora

          • ma io non penso che tu mi possa insegnare molto. Ammetto che hai un orecchio fino e la grande pazienza di elencare nota per nota, passaggio per passaggio ogni minima deficenza dell’esecutore. Il problema é che sei uomo di curia e non di parrocchia e secondo me si denota che hai poca esperienza di esecuzioni dal vivo. Ti faccio un esempio: quando censuri un cantante che ha la voce un po’ indietro non tieni sufficientemente conto di come poi la sua voce arriva dal vivo. Prendiamo Mariella Devia: é una cantante sulla quale siamo d’accordo avere la voce un po’ indietro. Però ascoltandola dal vivo ne ha abbastanza per arrivare al suo pubblico e per esprimere quello che nella sua coscienza di artista si sente di esprimere. Pensa alla sua Traviata all’Arena che fu veramente un successo in una parte non certo su misura per lei e nella quale anche una più dotata come la Rebeka (che io mi sono preso la briga di andare ad ascoltare dal vivo dopo averla sentita a Salzburg) le resta molto distante. Ma di esempi come quello della Devia ce ne sono tanti, la tua ossessione sui dettagli esecutivi non ti porta a saper valutare meglio di un altro il valore di un cantante.

  12. Poche storie, la Kationa nazionale, con tutti i difetti stranoti, finché è durata (poco assai) aveva una voce straordinariamente bella, e qui ne viene a capo egregiamente, nonostante le agilità periclitanti.
    Orrenda a mio avviso la Price, totalmente fuori dal seminato in questo brano, nel quale l’inettitudine ad articolare fonemi italici è meno tollerabile del solito e inquina la linea di canto rendendola grottesca.

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