Auguri Maestro Abbado!

Nell’antica Roma, quando un generale vittorioso veniva condotto in trionfo percorrendo la via sacra sino al Campidoglio, uno schiavo lo accompagnava sul cocchio e, reggendo la corona d’alloro sul capo del vincitore gli sussurrava all’orecchio “ricordati che sei solo un uomo”. La saggezza degli antichi insegna come anche nel raggiungimento dei più alti onori, all’apice di una straordinaria carriera o nel momento del maggior successo, il grande uomo deve ricordarsi di non essere un dio. Il Divo Claudio, certamente suo malgrado, nume lo è diventato anzitempo. Una vera e propria “corte dei miracoli” che lo venera e lo segue in ogni suo spostamento, rectius in ogni sua umana manifestazione, in un culto della personalità che non ha eguali nel presente e nel passato (neppure il vanesio Karajan beneficiò mai di una “chiesa” personalizzata), è convinta non solo che il Maestro Abbado sia semplicemente il più grande direttore d’orchestra mai comparso sull’orbe terracqueo, ma che la fede in lui imponga opera di proselitismo e manifestazioni di devozione. Ora questo caravanserraglio – non ancora pago del ritorno una tantum del Divo nella città che un tempo lo tradì – si accinge a festeggiarne l’ottantesimo genetliaco in un “trionfo” di iniziative (pubbliche e, immagino, private) che solo l’entusiasmo del fan non riesce a cogliere come eccessive, grottesche e, in effetti, di dubbio gusto. Ma non di costoro voglio parlare: gli episodi di devozione popolare, per quanto possano risultare divertenti da raccontare o suggestivi, appartengono al folklore e non già all’arte e alla musica che qui vuole essere il solo e unico punto d’interesse. Quindi lasciamo agli “abbadiani” più o meno itineranti il compito di vigilare se e come TUTTO il mondo festeggi il Maestro dei Maestri (e alla sua casa discografica l’occasione di ripubblicare per l’ennesima volta l’integrale delle sue incisioni) e parliamo del direttore d’orchestra. Perché questo è Abbado, aldilà del mito compiaciuto: un grande direttore d’orchestra. Non il più grande, come vorrebbe l’agiografia ufficiale. Quale occasione migliore, dunque, questi 80 anni, per un bilancio di una carriera comunque straordinaria? Manzoni attese l’uscita di scena di Bonaparte per farne un ritratto “vergin di servo encomio/e di codardo oltraggio”, io, augurando altri 20 anni di successi al Maestro, ho pretese più limitate: proporre alcune riflessioni critiche (perché degli elogi se ne occuperanno tutti gli altri) evitando la piaggeria dell’adulatore e il pregiudizio del detrattore. Le stazioni che segnano i progressi della parabola abbadiana, in un crescendo di entusiasmi e sacri furori, solitamente si riducono a tre grandi momenti: gli anni d’oro della Scala, l’incoronazione berlinese, la cattedra di Lucerna. Nel passaggio dall’una all’altra, e nelle fasi di interregno, tuttavia, non leggo solo una maturazione artistica, ma anche un sempre maggior “entrare nella parte” del grande direttore e, conseguentemente, ridurre il proprio repertorio – con sacrifici importanti e sbagliati – a quello che ci si aspetta dal “grande direttore”, ossia il sinfonismo classico di scuola austro-tedesca. E non solo per quanto riguarda le scelte, spesso drastiche, ma anche per il modus che lo inserisce, di fatto, nell’alveo della scuola direttoriale germanica. Così l’Abbado che diede un contributo fondamentale alla Rossini renaissance attraverso il ripensamento del modo di intenderne l’approccio orchestrale, che colmò una lacuna imperdonabile portando in Scala per la prima volta l’integrale mahleriana, che diede sapori e colori inediti al repertorio francese di tardo ‘800 eliminando certa vaga leziosità di tradizione, che interessò il grande pubblico con musica considerata “difficile” da Schönberg a Stravinskij, da Berg a Bartok, da Prokof’ev a Hindemith , che sperimentò lavori d’avanguardia con Nono e Stockhausen, che esplorò con straordinaria empatia il mondo musicale di Musorgskij…col passare degli anni – dal trasferimento a Vienna in poi –  ha ridotto il proprio repertorio al romanticismo e tardo romanticismo tedesco e all’obbligatorio Mozart. E dunque Debussy, Ravel, Stravinskij, Musorgskij, Berg etc…, hanno lasciato il posto a troppo Brahms o troppo Bruckner, che, nei risultati, non paiono certo indispensabili. Così come il rapporto con Beethoven e Mahler. Entrambi giunti alla seconda integrale, mostrano sì un generale ripensamento esecutivo, ma entrambi giungono in ritardo riproponendo scelte già esplorate da altri (con maggior profitto). Infatti il “nuovo” Beethoven di Abbado, che personalmente apprezzo molto (più asciutto e nervoso rispetto all’incisione di routine con i Wiener) si ritrova non solo nell’approccio filologico di direttori come Gardiner, ma soprattutto in David Zinman che prima di lui proponeva un modo inedito di eseguirlo (ripensamento dei rapporti orchestrali, maggior spazio lasciato ai fiati, utilizzo – per la prima volta – delle nuove edizioni critiche di Del Mar, maggior trasparenza, metronomi più spediti). Lo stesso si può dire per il suo Mahler – anche se certi episodi della seconda integrale restano notevoli (la Nona su tutte) – che trova più di un’ispirazione nell’approccio del sommo Boulez, suo modello evidente. Poco riuscita invece appare la frequentazione con Wagner, compositore incluso a forza, per ossequio ai presunti doveri di cui parlavo prima, ma che risulta estraneo alla poetica abbadiana, almeno nei titoli sino ad ora scelti. Così come Mozart. Spiace dirlo, ma il Mozart di Abbado è “soltanto” ben suonato (ci mancherebbe altro). Privo di originalità, ricalca sostanzialmente l’approccio anglosassone degli anni ’80, Marriner e Davis: un Mozart apollineo, olimpico, garbato, innocuo tutto sommato. E alla fine insipido perché se 30 anni fa poteva avere un senso e poteva essere un’alternativa allo zucchero viennese, oggi è solo un deja-vu e una scelta di maniera. Capitolo a parte il rapporto di Abbado con l’opera: anche in questo caso si assiste ad un inaridimento del repertorio in modo funzionale al ruolo di “grande direttore”. Non solo in termini quantitativi (Abbado progressivamente dirige sempre meno opera: e questo non è certo un demerito così come non è un merito, ho sempre ritenuto che non la quantità, ma la qualità rendesse interessante un interprete – Kleiber, figlio, aveva un repertorio risicatissimo, eppure è uno straordinario interprete ANCHE operistico), ma di scelta di titoli. Spiace l’abbandono di Rossini (autore fra i più congeniali al Maestro e dove ha ottenuto risultati eccezionali) così come il mancato appuntamento con il suo catalogo serio, pure se comprensibile in quegli anni in cui la renaissance rossiniana era ancora in embrione (e per svilupparsi dovette iniziare proprio con quello buffo) e il pubblico non era certo disponibile a dare chance a titoli che parevano solo esotiche rarità. Spiace il mancato approfondimento del repertorio russo, visti gli straordinari risultati con Musorgskij: si può solo immaginare la ricchezza del suo Rimskij-Korsakov, magari ripulito dall’eccesso di colore o la tensione del suo Šostakovič (grandissimo compositore colpevolmente ignorato da Abbado, sia nell’opera che nel repertorio sinfonico: la sua integrale manca ancora a Milano). Così come si può solo immaginare come sarebbe stato il suo Donizetti e il suo Bellini (I Capuleti e Montecchi giovanili furono solo un episodio marginale, poco convinto e assai discutibile sul piano filologico). Spiace infine che il suo rapporto con Verdi sia rimasto circoscritto a pochi titoli, non tutti perfettamente riusciti poi, e penso a Falstaff o Aida (in particolare nelle versioni discografiche: strumento sempre problematico per Abbado – non lo dico solo io, ma anche abbadiani convinti – e sempre “normalizzato” rispetto alle esecuzioni dal vivo, solitamente molto più interessanti). Tra i rimpianti certamente la chiusura al ‘900 italiano e a Puccini: soprattutto perché motivata da un pregiudizio ideologico. E pensare che il più intellettuale dei direttori italiani, Sinopoli, non si fece di questi problemi (neppure con “l’impresentabile” Mascagni) e mostrò, finalmente, quanto stupida fosse la riduzione snobistica del più colto e raffinato operista italiano al ruolo di scrittore di canzonette! Ma la storia non è fatto con i “se” e oggi, ogni spazio disponibile, verrà dedicato alla celebrazione del Maestro, che a 80 anni non avrà certo voglia di rimettersi in discussione (Davis lo fece però) e preferirà indossare i comodi panni della leggenda vivente o del grande saggio, sicuro della devozione dei suoi numerosi fan. Tuttavia nel corteo trionfale che lo accompagnerà nel ricordo dei successi passati, presenti e futuri lungo le vie del mito e dell’autoconsacrazione, mi piace immaginare alle sue spalle un ombra che gli sussurri nell’orecchio, magari sulle note del suo Rossini, “ricordati che sei solo un uomo”…anche se, ad essere onesti, tale ammonimento dovrebbe essere rivolto ai suoi adepti che oggi più che mai confonderanno la realtà con la divina trascendenza.

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123 pensieri su “Auguri Maestro Abbado!

    • Stai scherzando vero? Lessi anche io quella grottesca classifica (taccio sulla giuria “qualificata”): Kuhn, tanto per dire uno dei componenti “illustri”, indicò sé stesso e Gustav Mahler… Ma del resto la fonte è quella che è: Classic Voice…qualcuno aggiungerebbe “e ‘sti cazzi”!

  1. Forse sarebbe interessante anche analizzare come Abbado “sceglieva” gli interpreti di alcune opere da lui ( o Lui) dirette: mi viene in mente l’edizione 1992 del Barbiere o anche 20 aa prima talune msoprano al posto della Berganza…
    In altre parole quanto e’ stato immune da influenze “commerciali”?

    • Ma sai su questo non sono d’accordo, nel senso che le grandi case discografiche piazzavano per forza i loro artisti (insomma quello passava il convento: con Abbado, con Karajan, persino con Boehm o Kleiber o Bernstein)…ecco perché trovo sia più interessante l’Abbado “live” invece di certe edizioni operistiche targate DGG. Il primo Barbiere, ad esempio (che trovo un capolavoro di intelligenza orchestrale) a fronte di una splendida Berganza, sconta l’Almaviva di un tenorino insulso come Alva…purtroppo si era agli albori della Rossini renaissance e la corda tenorile rossiniana era destinata a voci sbiancate e inchiodate nelle agilità, che tanto venivano spietatamente tagliate dai direttori “di tradizione”. Insomma credo che il Rossini di Abbado sia davvero una rivoluzione copernicana…purtroppo la replica fu un pasticcio (come quasi tutte le riprese del Viaggio a Reims)

          • Ciao Sardus,
            Non l’ho mai capito neppure io.
            E in Cenerentola l’ho visto tante volte.
            Ma, non e’ tanto la questione
            degli acuti, e’ che cantava malino tutta l’opera.
            Altri tenori hanno tagliato qualcosa in alto ma sono stati soddisfacenti in generale.
            Riguardo al post di prima, spero tu abbia capito che gli “auguri” non erano rivolti a te.
            Quando ci si dimentica di mettere il destinatario della
            risposta, come in quel caso,
            possono sorgere equivoci.
            Riguardo ad Alva, altro tenore
            che non ho mai capito come potesse piacere poi cosi’ tanto,
            tutt’oggi e’ considerato tra i massimi. Boh, non capisco.

          • Sardus, Domingo uno straccio di acuti (seppur di plastica) se li era costruiti con santa pazienza e gli hanno permesso di cantare quasi tutto con successo prima di affrontare Wagner. Di tenori senza acuti ce ne sono stati tantissimi. Per esempio Carreras. Poi ti dirò che se hai solo degli acuti bellissimi, ok la tua carriera può funzionare comunque, ma se hai degli acuti di livello medio, la tua carriera può funzionare solo se hai altro (un colore particolare e originale, capacità espressive superiori alla media, stile, e via dicendo).
            Alva aveva una voce inconfondibile, ha esasperato la femminilizzazione dei ruoli leggeri creando di volta in volta personaggi al limite del cicisbeo o del mollusco ma vocalizzava velocemente, era intonato e sapeva fare gioco di squadra. Ecco perché Alva é stato molto amato nonostante i suoi scadenti acuti.-

  2. Abbado è stato un grande direttore, tralasciando alcune cose come i suoi Capuleti e i Montecchi di inizio carriera. Ha avuto la fortuna di avere un buon appoggio dal maestro del coro Gandolfi, e da un paio di grandi interpreti: la Freni e Cappuccilli. Quando si avventurava in appoggi aperti e sfacciati nelle diatribe poliche scadeva nel ridicolo.
    [ofelè fa ‘l tò mestè!] Ha saputo valorizzare anche altri grandi interpreti, ma non in sede discografica…Dopo il suo promettente Lohengrin scaligero non credo abbia segnato nessuna svolta nella interpretazione wagneriana, si è concentratro di più sul repertorio sinfonico.

    • Abbado per me è solo il Maestro che ha diretto bene:
      Lucia di Lammermoor, Oedipus Rex, Don Carlo, Cenerentola, Barbiere, Simone, Italiana in Algeri, Macbeth, Ballo, Carmen, Boris, Viaggio a Reims, Pelléas, Wozzeck, Elektra, Fierrabras, Khovanshchina, Lohengrin (e dovrei riascoltare Parsifal e Tristan).
      La politica, i SE, le associazioni santificatorie, simpatie, antipatie, allergie, le raccolte firme, le agiografie, sono molto, molto, ma molto meno interessanti della musica e delle sue direzioni.

  3. “ricordati che sei solo un uomo”.

    Duprez, si ricordi che lei è solo un morto.
    Per fortuna Abbado, al suo contrario, è sempre più vivo, ogni anno che passa.
    A proposito, il suo repertorio si allarga sempre più. Ultimamente, non so se nella sua bara se ne è accorto, sta studiando Schumann. E’ uscita la Seconda sinfonia da pochissimo. E solo qualche anno fa ha presentato Fidelio. Mentre la terra le intasa la bocca, Duprez, le ricordo qualche titolo del SOMMO interprete Abbado: Simon Boccanegra, Macbeth, Aida (si ricorda quella di Monaco ’70 o era già morto?), Elektra, Fierrabras, Wozzeck. Se li riascolti, oltre naturalmente a Rossini, perchè da quando si è seppellito nei sepolcri e dentro le urne la sua memoria probabilmente si è smarrita. Non ho capito come mai, da MORTO quale è, vuole festeggiare Abbado ricordando CIO’ che non ha fatto. Non so come abitualmente operate nell’oltretomba, ma quando festeggiate qualcuno parlate delle sue opere o di ciò che non ha fatto? Per esempio celebrate il vostro compagno morto Michelangelo Buonarroti criticandolo per non aver dipinto la Suora dell’Oltretomba nel Duomo di Milano o per aver affrescato la Cappella Sistina? Lei, caro morto Duprez, è peggio del Mefistofele di Boito: ride e avventa la sillaba “NO”, strugge, tenta, rugge e sibila. Morde, invischia e fischia.
    Ma resta solo un triste, patetico, MORTO.
    Ora la lascio, ho una seduta spiritica a breve, e verrò evocato, come gli abitanti di questo cimitero evocano attraverso fruscii e SPETTRI di FREQUENZE ristrette e intubate, sibili ancestrali che a stento si definiribbero suoni, come “paradigmi” di musica. In realtà solo vostre emanazioni. Ectoplasmi.

    Suo Adorato e Venerato
    Thomas A. Edison, comorto.

  4. Nella Roma contemporanea come in quella antica, quando ci si accanisce contro qualcosa o qualcuno, mescolando tutto il livore e l’acredine possibile con uno spocchioso atteggiamento olimpico nel dire e sentenziare, gli si chiede: “Tanno menàto?”.
    L’Egregio-comodamente celato da uno pseudonimo e in casa propria-giustamente ironizza una riga sì e l’altra pure, contro le varie (così le chiama) corti dei miracoli e conventicole, senza avvedersi-nella sua foga distruttrice-di far parte egli stesso di altre identiche, in cui vive e vegeta.
    Ha ragione, l’Egregio, nello stigmatizzare gli eccessi degli “itineranti” e affini, mentre continua però a non accorgersi di perseverare su eguali posizioni, nei suoi sicuri lidi, ove tutto è possibile e consentito.
    Ma la parola d’ordine nelle corti dei miracoli e conventicole dei vedovi della (nome a piacere) resta sempre una sola: la passione per la musica, l’opera lirica tutto consente, altrimenti che gusto c’è?
    Il nostro Egregio ha pietà-dopo roventi busse-degli stolti cui dedica le prime trenta righe del proprio ineffabile articoletto e quasi non più curandosene si accinge ad un sano ed equilibrato giudizio musicologico, documenti alla mano, sullo specifico.
    Non può, l’Egregio, infamare il soggetto principale, non perché egli (bontà sua) lo apprezzi di tanto in tanto (con riserve ad ogni angolo), ma solo in quanto farebbe una ben misera figura da ciuco.
    No. L’Egregio preferisce, astutamente, mascherare con le migliori intenzioni un fastidio che, generato dai comportamenti degli adepti sunnominati, egli trasporta pari pari sul personaggio, compiendo un’operazione che lo squalifica e squalifica la sua veemente requisitoria da cima a fondo.
    Non pago, il nostro Egregio, facendo un certo sfoggio del veleno (egli crede) in cui intinge la propria penna salace (chiunque abbia scritto, per professione o amatorialmente, sa bene quanto sia più facile, comoda e divertente una nota negativa, specie se si abusa dell’ironia e del sarcasmo di bassa lega, sia pure da bravo liceale), prosegue senza requie.
    Scrive-l’Egregio-per se stesso, poiché, si può notare, i commenti alla sua profonda riflessione, si contano sulle dita di due mani poco più, sono fermi quasi al giorno stesso di uscita e praticamente tutti concordi tra loro e provenienti dal contado.
    Si lagna-sempre l’Egregio ovviamente-dei limiti del repertorio dell’artista incriminato, dell’aver eluso alcuni passaggi (dice egli) obbligati (e cita), laddove “altri” non hanno mancato e invece compiuto a dovere, ancora una volta non accorgendosi dello sproposito in cui cade, costruito dalla sua vana irruenza censoria.
    E sciorina poi nomi su nomi, tutti a dimostrazione della propria tesi e tipico modo di argomentare degli aderenti alla confraternita cui egli appartiene e che però-comprandosi cd, biglietti e non legati a nulla e nessuno, possono, come bravi congiurati, appostarsi nei loggioni.
    Del resto, questo è lo stile e l’inclinazione del luogo in cui egli si palesa, una nicchia informatica ove si manifestano dissensi continui a teatri, direzioni artistiche, registi, cantanti, orchestre, case discografiche, impianti di aria condizionata ed amministrazioni comunali d’ogni colore politico.
    Vita più difficile avrebbe l’Egregio e gli altri, in una pubblica arena, su un serio foglio di carta stampata o in vero contraddittorio.
    Avrebbe egli potuto-più semplicemente-riguardo alla “consacrazione” cui allude, notare che effettivamente morti i…defunti, oggi, dei viventi, il direttore milanese può essere considerato anche il maggiore (de gustibus).
    Nessuno, con altri davvero grandi protagonisti coevi in vita, lo avrebbe seriamente asserito.
    Ma il panorama è quello che si può toccare con mano, anzi con orecchio e stupisce che l’Egregio e gli altri del suo nido, tanto prodighi di non peregrine e sia pur talvolta fondate lamentele, ovunque e per chiunque, non se ne avvedano.
    Ma quello che si scrive oggi, domani serve ad involtar la verdura e nell’era di Internet-resta sepolto-in un mare di dati elettronici.

    • Egregio a casa mia è un aggettivo e non già nome proprio. Quindi si scrive minuscolo.
      Non ho mai avuto passione per associazioni, confraternite e conventicole. Talvolta sono lo strumento di difesa ed il baluardo contro altre più nuove e temibili, come di recente abbiamo imparato dall’altra sponda del biondo Tevere.
      Magari se quanto tu scrivi qui animato dai medesimi sentimenti di Filippo Maria Visconti, all’incontro scontro con l’ingombrante moglie venisse stampato meriterebbe carta assai meno nobile (ma assai più utile, concedo) di quella di avvolgere la verdura.
      La polemica sui nick name è tanto vecchia quanto inutile ( e mi sembra di averla già letta a tua firma). Non passa volta in cui mi ritrovi in coda per salire al loggione scaligero che qualche flamine o vestale di turno alla tutela del luogo e gestione della coda non si premuri di segnalare a qualcuno che vorrebbe sentire opera “quello è donzelli!!!!”. Mi spiace che non ci sia chi gli risponda “chi el becchee de piassa Wagner? “.
      Per parte mia ho letto il pezzo di Duprez e l’ho trovato molto gentile e molto cortese, soprattutto onesto nel valutare, in un momento in cui la carriera artistica e per età e per le ben documentate ragioni non possa più offrire alcunché di nuovo, la personalità del celebrando.
      Per parte mia, che mi sono astenuto dallo scrivere sino a questo ed altri insulti. Potrei precisare ben altro e molto molto più severo, avendo vissuto quegli anni e quella cappa culturale, cui abbiamo fatto cenno in occasione delle neoepifania del nostro lo scorso giugno. Mi limito ad osservare che la patente di grande rossianiano per un direttore che rifiuti per vent’anni interventi dell’esecutore sul testo, non emendi i vezzi di buffi caricati e parlanti, non cerchi un tenore che riesca ad eseguire il rondò di Almaviva e si limiti a far suona bene l’orchestra è immeritata. E lo stesso valga per quella di direttore verdiano che mai abbia affrontato Forza, Traviata, Trovatore, Rigoletto, Vespri ed Ernani.
      Faccio rilevare, per prevenire le abusate risposte, che accanto al sostantivo direttore ho aggiunto un aggettivo: o rossiniano o verdiano. Sono aggettivi e strumenti linguisti per circoscrivere i limiti (ed anche i pregi!). Limiti questi, però, devo dirlo insuperabili per un direttore che sia il direttore di un teatro dove suo malgrado si rappresenti l’opera. Tradotto il signor Abbado era ben libero di disprezzare il melodramma ovvero di ritenerne degno di sue cure una porzione esigua, ma coerenza avrebbe voluto che lo facesse in altra posizione, perché il luogo dove stava e dal quale lucrava fama e compensi imponeva rispetto della tradizione e del fine statutario dell’ente cui preposto.

  5. “La politica, i SE, le associazioni santificatorie, simpatie, antipatie, allergie, le raccolte firme, le agiografie, sono molto, molto, ma molto meno interessanti della musica e delle sue direzioni”. E’ vero, cara Marianne, sono molto meno interessanti. Ma sono anche un motore potentissimo, anche se mai riconosciuto (ed è ovvio che sia così, altrimenti il gioco finirebbe), dei giudizi sulla musica e la sua interpretazione. Un motore non esclusivo, è chiaro, ma potente. Del resto, ci sarebbe da stupirsi del contrario, in un campo dove l’emotività e la storia personale di ognuno di noi hanno un rilievo così grande.
    Ciao
    Marco Ninci

  6. Voglio meritarmi davvero la taccia di novantenne rimbischerito che così gentilmente Donzelli mi dona. Ma come scrivono, in quale maniera assurdamente contorta, Garganese e Donzelli ! Un autentico obbrobrio.
    Ciao a tutti
    Marco Ninci

  7. Carissimo Andrea, senza il rumore, anzi il frastuono, dell’ego non ci sarebbe questo blog, non ci sarebbe il pubblico, non ci sarebbero le discussioni fra melomani, non ci sarebbero i teatri, e tutto sommato non ci sarebbero nemmeno la musica e i suoi interpreti più o meno bravi.
    Ciao
    Marco Ninci

  8. Stupisce che non sia stato colto e compreso l’uso (ironico) di “Egregio” (con la maiuscola certo e di proposito), riferito all’autore (sotto pseudonimo) dell’articolo principale.
    Se la correttezza grammaticale che fa da riferimento è basata sulla “Grammatica pratica” del Bignami, è un po’ triste ora spiegare (l’etimo “tratto dal gregge”-grisiano ovviamente-dunque, esimio, anzi l’Esimio…eccetera).

    Si impari piuttosto ed anche, l’uso della terza persona rivolgendosi a persone che non hanno concesso l’uso della seconda, anche perché non fanno parte della confraternita grisiana, né è implicito che lo scrivere una tantum ammetta tra le fila. Non è una questione grammaticale ma di semplice educazione. Transeat.

    Il nostro difensore di fiducia dell’Egregio, alias Domenico Donzelli (da qui in avanti identificato come “Nostro”, con la maiuscola s’intende), non si allontana ovviamente dal seminato del primo.
    Per precisazione verso il sospettoso Nostro, chi scrive non ha mai frequentato questo sito, né con pseudo, né con nome e cognome (veri).
    Il Nostro si confonde con una querelle con un certo Avvocato (uso il maiuscolo, ovviamente, senza riferirmi a Gianni Agnelli), di cui si può trovare traccia nell’archivio del sito.
    E chi scrive non è nemmeno un itinerante.

    Non diversamente dall’Egregio, il Nostro elenca titoli mancanti, fornendo, lui, ad un musicista di professione quale il direttore milanese, i percorsi da seguire e gli imperdonabili ammanchi, come se, in casa propria, uno dovesse comportarsi così come vogliono gli altri (e che altri!).
    Il Nostro batte sulle mancanze e deficienze specie operistiche, verdiane e rossiniane si precisa, così come l’Egregio aveva già fatto anche per nomi della letteratura sinfonica.
    Per tacer della questione relativa la dittatura musicale social-comunista anni ’70, provvidenzialmente sostituita, si evince dal dire del Nostro ed Egregio.
    Insomma: come prima, più di prima.

    Vano, inutile e spossante appare l’opporre. Il Nostro mette già le mani avanti. Non è colpa sua se ha sempre ragione, evidentemente. Neanche Verdi e Rossini, forse, riuscirebbero a fargli cambiare parere.
    E nemmeno chi-nel mondo intero (anzi, nell’orbe terracqueo, cfr. l’Egregio), segue il magistero di quell’ottantenne che “per età e per le ben documentate ragioni non [può] più offrire alcunché di nuovo” (cit. il Nostro).
    Senza parlare dei riconoscimenti internazionali e certo assai più di riferimento rispetto quelli dei “grisiani”, che chiunque può rintracciare su una fonte enciclopedica neutrale.

    Continueranno invece e di sicuro ad offrire e dire, oggi, domani e sempre, l’Egregio, il Nostro e i “grisiani” (o Grisiani?).

    P.S.- Nell’atto del licenziare questo nuovo intervento, sono apparsi altri post con riferimento alla prosa di chi scrive parrebbe e del Nostro. Scorrevole-sembrerebbe invece-quella dell’autore dell’articolo principale.
    Sia pure. Ma come sopra. Se lo stile e l’appropriatezza di riferimento sono quelli di De Amicis o Carolina Inverinizio, è un guaio esprimersi.
    Quanto al silenzio invocato da “Andrea108” concordo. Ma in questo luogo sembra impossibile e del resto i commenti seguono ad un articolo di partenza. Forse bisognerebbe davvero tacere. Sin all’origine.

    • Ma in che era geologica vivi: su internet ci si del tu perché nessuno si conosce e si è tutti sullo stesso piano!
      Ma poi, che educazione è pretendere in casa d’altri?
      Ma prendi una nave ed imbarcati ahahahah
      magari vai in Inghilterra dove tra you e You è tutto un Tu palese 😉

      • Ahimè qui dentro non ci si intende. Ma ancor peggio non si legge attentamente quanto altri hanno scritto. E non si capisce (o-peggio-se ne fa una lettura distorta e frettolosa).
        Certo: “nessuno si conosce”, da qui e proprio per questo si dovrebbe usare (chi lo vieta?) anche una forma di cortesia.
        Era evidente (ma “sbaglio” evidentemente) che quel passo del mio commento era legato alla “rampogna” grammaticale di apertura del Signor “Donzelli”, ed anche a non voler io essere considerato un adepto del sito controvoglia, un coscritto.
        Una grammatica inglese, spiegherà come esistano nella lingua d’oltremanica e d’oltreoceano, le forme o meglio le modalità corrispondenti al tu/lei italiano.Chi partecipa a forum in lingua inglese lo sa bene.
        Ma qui siamo in Italia.
        Transeat.

        Non transeat invece frasi come “Ma prendi una nave ed imbarcati…”(anche se-“Sardus Orpheus”-è o deve sentirsi a casa sua).
        Per mera cronaca, evidenzio che in questo sito il “lei” non è stato un problema utilizzarlo in passato (intervento di “Giulia Grisi” del 16.6.08 e “Duprez” del 17.6.08) , vai al link>http://ilcorrieredellagrisi.blogspot.it/2008/06/buon-compleanno-dottor-celletti.html ,ma anche altrove recentemente.

        Si parla di educazione (!!!), di pretendere in casa d’altri. Ribadisco: non si sono proprio letti i contenuti degli articoli e dei commenti postati!

        Ovviamente: nelle proprie sicure dimore, i padroni di casa decidono loro le regole, esattamente come essi (ma ciò è stato chiaramente espresso nei miei commenti) vogliono imporre le modalità artistiche e di lavoro al musicista bacchettato (il maestro Abbado, ora). Risultato: in casa sua (il Maestro) dovrebbe fare come si stabilisce in altrui dimora.

        La questione della “non conoscenza” riguardo invece l’uso generale di chat, blog e simili è preoccupante, e sul serio. Specie quando si esprimano giudizi ed apprezzamenti su fatti artistici e culturali, con riferimenti a persone citate, nelle condizioni “oscure” offerte da Internet. Ma non ne avevo scritto?

        • garganese, ciao! Che tu sia venuto in un posto agitato, tipo un tutti contro tutti a cuscinate, lo hai capito no? Egregio, egregio, egregio…..ma chissene…te adesso dwvi spiegare a duprez e agli altri come la pensi e perchè in fatto di musica. Ti sarai accorto che lo sfottoò è continuo…..perchè non conta mica davvvero. Qua si parla di musica. Anche dd e duprez se ne dicono di ogni su abbbado, ad esempio….abbbado è un grande rossiniano per te ? Dicci perchè. Un grande mozarriano, rispetto a ieri o a qoggi? Vogliamo sapere il tuo perchè. Avanti…..molla gli egregi, gli errori di scrittura e vai co la musica….

    • piu o meno. Oggi come oggi, e vale anche la devia, l abartoli, kaufmann, si possono solo scrivere rosari, messe, inni, note agiografiche, santificazioni. L’importante è non abere senso critico, distacco, cultura storica per relativizzare e collocare i loro santi al posto che in realtà gli spetta. Siamo sempre nelcielo delle stelle fisse……è un tema moderno che spiega il tragico vuoto del nostro tempo. O pecore o indifferenti. Esseri raziocinanti non ammessi. O non pervenuti.

    • Oh no! E’ in casa sua! E lo ha scritto pure “bene”, (non ironizzo ora), esprimendo il suo sacrosanto punto di vista (potrei indicare punti in cui-strano no?-concordo, ma il mio pensiero è compiuto nei miei due interventi principali, chiedo scusa per l’ego…
      Mi riferivo al commento di “andrea108” sul silenzio (subito “contestato” garbatamente da “marconinci”, e non è il primo). Scrivendo quello che ha scritto, “Duprez” ha posto le basi per delle reazioni. Tutto qui. E se scrive “Duprez” le idee che mette sono le sue proprie, non certo le mie o Sue, gentile signor Pasquale!

  9. beh giulia dovresti avere l umilta’ d ammettere che un po d emotivita’ e storia personale c’e’ in te tamburenko donzellesky ecc quando nella formazione giocano sempre stignati cerquetti protti bedin guarneri picchi….ah mc neil straniero….

    • senti caro alberto, qui si parla di una cosa su tutte: il canto. Quella cosa sconosciuta alle conventicole abbadiane e che abbado nemmenp considera arte nella sua grande e marxista, dunque ahimè selettiva ed idealista , concezione della musica. I suoi fedeli hanno ragione a difenderne l’arte, che qui peraltro nessuno ha discusso o critcato secondo me, ma solo presentata per ciò che apertamente ha voluto che fosse. Non hanno alcuna ragione di definire noi una conventicola, in un mondo musicale dove i suoi organizzano cene lasciando un posto a tavola, il suo, vuoto. Dove i 27 ogni sera discettano maniacalmenge di verdi. I club lirici sono le claque di questo o quello. Iflorezidi imperano. I mutiani scaligeri piangono e denigrano. Gli amici dei loggioni celbrano il culto di un’architettura che credono un tempio ma è solo un teatro. I wagneriani celebrano, a suon di latrati ormai, sorte di messe nere sulle colline in onore di un pazzo che si credeva onnipotente…Ma fammmelo dire: guardatevi voialtri da vicino. Use the mirror please. …..conoscete voi stessi, come dicevano gli antichi!…….che forse noi siamo i meno miopi ed i meno ristretti del mondo musicale …!!!

      • il mondo musicale è ormai un insieme di culti disvariato genere, della personalità perlopiu. E meno artisti abbiamo, piu li idolatriamo acriticamente. Oppure il culto di feticci, come gli stru,wnti originali, paradigma per giudicare una buona esecuzione barocca. Abbbado o in grande maestro, ma il suo pubblico piu fedele lo ive come culto della personalità. Ha ammmanito certi cast vomitevoli nell’opera, santificati perchè scelti da un direttore che al canto non dava alcun rilievo. Non si può dire? Qui, caroalberto, non c’è cantante che non sia stato analizzato, anatomizzato, criticato in ogni dettaglio. Ti ricordo la polemica sulla sutherland di mancini? Non vedo altri luoghi o siti ove l’arte o la tecnica siano centrali e metapersonali come questo. Nessuno sulla terra. Ergo, caroalbertoemme, hai dettol’ennesima scemenza che potevi risparmiarti di dire.

  10. ma io ho subito amato la tua idea a prescindere dal mio ruolo minoritario e parrocchiano e dalla constatazione che proprio m trovo raramente in sintonia con te. Anche con riferimento allo specchio citato nel quale tu e gli altri del grishalla t c guardi anche troppo (se posso dirlo)

  11. Inizio proprio da Lei, Sig. Garganese – uso, come da Sua richiesta, la terza persona singolare – e confermo che con quel che ho scritto ho voluto suscitare reazioni: discussioni, riflessioni, critiche e anche polemiche perché – me lo concede? – di agiografia e pubblicità siamo tutti stanchi. Ho scritto questi auguri al Maestro Abbado, in tono ironico (anche se sferzante) per uscire dall’insopportabile retorica di questi giorni. Vede, Sig. Garganese, la Sua piccata reazione ad una piccola critica al musicista probabilmente a Lei gradito, conferma più di ogni altra cosa come “toccare” certi argomenti con “certe” persone, sia rischiosissimo e, nella migliore delle ipotesi, si rimedia una sequela di insulti, minacce etc… Ora io credo che non sia normale: non è normale non poter criticare LIBERAMENTE un essere umano che dell’esibizione (e quindi del giudizio del pubblico) ha fatto la sua professione; non è normale avere a che fare con persone che non rispondono a critiche, ma additano l’eretico o lo fan passare per mentecatto; non è normale pensare che esista qualcuno al di sopra di ogni giudizio. Le voglio chiedere, Sig. Garganese, se è lecito o no criticare Abbado, se è possibile scrivere o pensare (perché evidentemente anche il pensiero se libero deve essere “rieducato” da chi, come Lei la sa lunga”) che il Mozart di Abbado è inutile o certe sue direzioni non piacciono. Evidentemente se esistesse un tribunale dell’inquisizione a maggior gloria del culto abbadiano Lei forse ne sarebbe presidente, ma, grazie a Dio, ancora non è stato messo in piedi e quindi Le toccherà usare una maggiore tolleranza verso chi ha ancora l’ardire di pensare con la propria testa: a scanso di equivoci non dico affatto che chi adora Abbado sia un minus habens, anzi….però come è lecito per lui esprimere la legittima gioia ad ogni evento d’ascolto, lo sia per me dissentire dalla sua opinione senza, possibilmente, passare per fesso (come Lei sgradevolmente mi dipinge). Un breve cenno alle conventicole: io non appartengo a nessuna…apprezzo l’uno o l’altro indifferentemente e non rispetto nessuna linea di condotta (non se ne sarà accorto, immagino, dato che il Suo intervento deriva da una specie di riflesso pavloviano alla parola Abbado, ma su questo sito le opinioni mie sono state spesso in contrasto, anche acceso, con quelle di altri colleghi, e viceversa naturalmente…e dunque? Quale sarebbe la funzionalità delle mie parole ad una presunta ideologia grisina?). Un altrettanto breve inciso sul nom de plume: non siamo in questura e le generalità non devo certo dichiararle a Lei…peraltro non capisco cosa avrei da temere su altri fogli e col nome vero: non scrivo, a differenza Sua, insulti o ingiurie…a meno che criticare il Divo Claudio sia già per Lei un’offesa da farsi perdonare. Transeat. Quanto alla mia prosa o al tono ironico (o facile) devo informarLa che non è obbligatorio leggermi: però – visto che scende sul personale – mi lasci dire che la Sua è eccessivamente astiosa e soprattutto, seriosa…ma si faccia una risata Sig. Garganese, che Abbado ce la fa anche senza di Lei!
    Ciò che mi spiace, tuttavia, è che non si risponda mai puntualmente alle contestazioni, ma anzi si eluda ogni risposta trincerandosi dietro ai “riconoscimenti internazionali”, alle accuse e agli insulti. Peccato davvero perché dove trovo Abbado straordinario interprete l’ho scritto a chiare lettere e lo ribadisco (Rossini, Musorgskij, Prokof’ev, Berg, Debussy, Verdi, Ravel…lo stesso Beethoven II pur nella non originalità è ottimo), così come rimpiango certe scelte (il rifiuto di Puccini, Donizetti e Bellini, Rimskij-Korsakov, Shostakovich). Non sciorino nomi per il gusto di farli, caro Garganese, ho studiato (non mi sono fermato al liceo per Sua tranquillità) e conosco ciò di cui parlo. Mi sarebbe piaciuto, però, che Lei nelle lenzuolate che ha licenziato, avesse utilizzato un poco di spazio per dirci i motivi per cui Abbado è il più grande direttore d’orchestra vivente, vissuto e a venire…e come ogni cosa lui tocchi si trasformi in un miracolo (Wagner e Mozart compresi). Mi sarebbe piaciuto risponderLe su questi temi: non l’ha fatto e ha preferito la comoda arma di un impacciato e inefficace sarcasmo.. Pazienza, vivremo lo stesso.

  12. Ora tocca al “comorto” T. A. Edison… Con lui uso la seconda persona singolare, dato che non ha fatto richiesta di maggior formalità e mi si propone come “collega”. Innanzitutto credo che gli esperimenti con l’energia elettrica ti abbiano fatto prendere una bella scossa: perché solo uno che si è fulminato la parte pensante potrebbe scrivere così. E’ evidente, infatti, che non hai letto (o non hai capito) un tubo di quel che ho scritto! Se la terra a me intasa la bocca, a te intasa quantomeno le orecchie e gli occhi! Se hai la bontà di rileggermi “scoprirai” come ritenga il Rossini di Abbado eccellente e come mi spiaccia che non lo affronti più (privilegiando repertori in cui, a mio gusto, non ha molto da dire). Scoprirai ancora, caro Edison, che ho scritto il mio apprezzamento al suo Verdi con l’unico rimpianto che il rapporto col compositore si sia circoscritto a pochi titoli. Sul Fidelio ho scritto una recensione, qui comparsa (clicca pure sul “qui” e verrai reindirizzato ad essa), e a questa rimando. Quanto alle mie riflessioni sulle scelte di Abbado, beh, avrò ben diritto di pensare e avere opinioni in merito? Per il resto non raccolgo le offese…sono uomo di mondo e faccio finta di nulla: “coi fanciulli e coi dementi spesso giova simular”. Quindi, gentilezza per gentilezza, buona decomposizione caro Edison…e visto che parliamo tra morti, certamente i vermi che si ingrasseranno col tuo cadavere non avranno molto da mangiare arrivati al cranio…e al suo contenuto. Au revoir!

    • Gentile Comorto, il mio cranio è vuoto da tempo, come il suo del resto. Prerogativa comune a tutti i morti. Tuttavia a me pare lei non abbia risposto. A livello molto terra terra, anzi, sottoterra, come lei e io e gli altri abitanti di cotesto cimitero, il mio appunto verteva su una cosa sola. Ovvero: lei festeggia il compleanno del Vivo Abbado elencando una litania miserabile di quello che non ha fatto e di quello che non le piace (TUTTO, a parte il primo Rossini, anche se con qualche appunto canoro. In pratica, COMPLETAMENTE, NULLA le piace di Abbado). Il che è uno strano modo di Festeggiare. Ma lo ritengo assolutamente in linea con i cimiteriali commenti di cotesto loco per il quale TUTTO ciò che è vivo è pasto per i vermi. In realtà, pregiato comorto, come tutti noi morti sappiamo, i vermi pasteggiano con la nostra marciscente e putrida carne. Cervello per primo.

      Con moRta simpatia

      suo
      Tommyknocker Edison, inventore morto.

      • Edison: “In pratica, COMPLETAMENTE, NULLA le piace di Abbado). ”
        e se anche fosse??? io ho una grande passione per Montserrat Caballè, che non credo sia mai stata la prima assoluta in niente, nonostante abbia cantato tutto. detto ciò???……lei ha bisogno che del TOTALE APPREZZAMENTO del tipo, “Bene come lui nessuno”? e’ il solo modo per dire che un maestro è davvero un grande maestro?
        Spero che la mia tomba abbandonata sia di tuo gradimento: e’ stato un post mirato a te, per farti felice e non farti mancare niente. questo sito non sa dire di non a nessun genere d’arte e di artista!

      • “Non l’avrei giammai creduto, ma farò quel che potrò”… Caro Edison, rispondo più che volentieri, sai nell’oltretomba ci si annoia ed è quindi piacevole movimentare un poco le ossa e scriverti. Devo notare però che il tempo non è stato generoso con te: ancora mi dimostri che non hai letto nulla di quanto scritto. Comunque repetita juvant…e se non è andata bene la seconda volta mi auguro funzioni la terza. Ricapitoliamo:
        1) scrivi che nulla mi piace di Abbado: premesso che non vi sarebbe nulla di male in ciò, tuttavia non corrisponde al vero. Ho scritto che amo il suo Rossini e che ha dato contributo eccezionale alla sua renaissance (certo mi sia consentito dissentire dalla scelta di Alva e di Prey, così come della Baltsa e di Lopardo….). Anzi mi spiace che la sua frequentazione col genio pesarese si sia interrotta e conclusa con una marchetta obbrobriosa come quel Barbiere con Domingo nei panni di Figaro (e Lopardo e la Battle e Gallo). Mica ti piacerà questa cosa, vero? Ecco mi spiace che non abbia affrontato altri titoli rossiniani: il Turco in Italia, La pietra di paragone, La gazza ladra, le farse in un atto…
        2) ho scritto apertis verbis la mia sconfinata ammirazione per il suo Debussy, Ravel, Musorgskij, Berg, Prokof’ev etc…
        3) idem per il suo Verdi di cui rimpiango la ristrettezza dei titoli, ma non posso non criticare il brutto disco dell’Aida e il pessimo Falstaff (opinione condivisa da molti abbadiani, informati comorto!).
        4) mi piace moltissimo il suo ultimo Beethoven (anche se arriva da ultimo in questa rivisitazione: dopo Gardiner e Zinman), ma non il Fidelio…lo so sono incontentabile!
        5) trovo veramente inutile il suo Mozart (salvo quando accompagna la suprema Pires o la Argerich o la Faust)
        6) mio intento non era certo festeggiare a suon di elogi, ma proporre una riflessione sull’evolversi della carriera di Abbado. Peraltro non sono il solo a pensarla così, e neppure tali riflessioni sono circoscritte al mio cimitero: altri siti (che frequenti volentieri e che elogi come “più civili”) hanno proposto analoghe considerazioni in merito.
        7) nessuna litania dunque, ma solo opinioni legittime….
        Chiudo riprendendo quanto scritto ad altro (e più gentile) utente: per non annoverare il vivo Abbado tra gli ospiti onorari del nostro mondo, evitiamo di trasformarlo in una salma da venerare, intoccabile e immobile, e lasciamo che la sua arte venga giudicata, apprezzata e criticata…fino a che succede si è certi di essere vivi.

        • ecco Duprez io presumo tu t ritenga un bravo critico. Alla luce della tua polemica con Edison ho dei dubbi che mi inquetano. Ti ritieni un bravo critico vivente o un bravo critico morente? Spero che tu mi possa rispondere con sincerita’ perche’ t sono cmq affezionato

          • Caro Alberto, morenti lo siamo tutti, da che veniamo al mondo… Quanto al “bravo critico” non lo sono: mi piace soo scrivere di musica senza alcuna pretesa, mi fa piacere, però, suggerire discussioni e riflessioni, perché – tornando a Edison – solo nei cimiteri c’è spazio per l’adorazione.

  13. Un’ultima risposta anche all’amico Donzelli che ringrazio per aver preso le mie parti: io non penso che Abbado non sia direttore verdiano o rossiniano per ciò che non ha diretto. Né che per dirigere alla Scala si debba frequentare solo il repertorio italiano. Anzi trovo assai meritevole lo svecchiamento in ambito operistico (con l’apertura ai russi e al ‘900) e sinfonico (colmando la vergognosa mancanza di un’integrale di Mahler). Così pure trovo indispensabile il suo contributo alla Rossini renaissance che di certo non poteva essere lasciata solo agli studiosi o ai battisolfa perché Rossini è un grande compositore e merita grandi cure. Certo la rivoluzione era di là da venire e certi interpreti erano ancora inadeguati (Alva e certi buffi caricati) e ancora si tagliava troppo, ma per quei tempi fu uno shock positivo. Non ritengo poi indispensabile dirigere quei titoli verdiani per essere un grande direttore di opera….sono scelte e occasioni, magari rimpianti. Critico invece l’incaponirsi in un repertorio in cui non ha molto da dire. Ecco tutto…

  14. Mah, prendersela con il fanatismo di chi ama un interprete in maniera smodata mi sembra abbastanza fuori luogo. Anche io sono sconcertato da certi eccessi degli abbadiani. E tuttavia, nel momento in cui ci penso davvero bene, vedo sciogliersi lo sconcerto come neve al sole. La storia del rapporto fra il pubblico e gli interpreti è infatti segnata da passioni che andavano, sono sempre andate, ben al di là del valore oggettivo di questi ultimi. Quello che importa è che, come ben notava Fedele D’Amico, gli appassionati non creino valori artistici dal nulla, non imprimano il suggello di una quasi immortalità su figure che nelle loro prestazioni possono soltanto durare lo spazio di un mattino, seppure. D’Amico diceva più o meno così: quando sentiremo dire che la Callas è una diva al pari della Lollobrigida, saremo costretti a rimboccarci le maniche. E ben a ragione; fra i due divismi non c’è metro comune. Ciò non toglie però che dalla parte del pubblico le ragioni di una scelta siano ben raramente determinate da argomenti poggianti su basi puramente oggettive. Chi va in un teatro non può mai venire assimilato ad una sorta di macchina della verità che applichi i suoi elettrodi all’ugola di questo o quel cantante, al gesto di questa o quella bacchetta. Del resto, se così fosse, il pubblico non sarebbe certamente in grado di funzionare come un reagente capace di condizionare pesantemente le prestazioni degli interpreti; quella circostanza che rende così diverso l’ascolto domestico da quello in teatro, tanto da farne due mondi sostanzialmente incomparabili. Il giudizio su un interprete, come ogni altro giudizio, è sempre sostanzialmente “anche” un pregiudizio; così numerosi sono i fattori che lo condizionano e che hanno ben poco a che vedere con colui o colei che di quel giudizio rappresentano l’oggetto. Gli abbadiani sono chiaramente attratti dalla personalità artistica del Maestro Abbado. Ben a ragione. Ma in questo si mescoleranno storia personale, affetti, momenti sentiti come irripetibili e felici, proiezioni. Non c’è nulla di male in questo; è assolutamente normale. Io ho amato molto il Maestro Muti perché il suo arrivo a Firenze, alla fine degli anni Sessanta e soprattutto all’inizio dei Settanta, è stato per me e per moltissimi altri, fiorentini e non, una vera folgorazione; un entusiasmo in cui contava così tanto l’essere giovani e amare un grande direttore giovane, che ci ha presi per mano e ci ha fatto ascoltare un nuovo modo di eseguire l’opera. Soltanto chi era presente può capire il senso di meraviglia che ci ha colpito per gii stupendi “Puritani” del dicembre ’70. Anche il mio amore per Karajan deve qualcosa, forse addirittura molto, alla bellezza di Salisburgo, alle poesie di Trakl sul meraviglioso parco di Hellbrunn, alla felicità provata in quei luoghi. Che c’è di male in questo? Io credo che per tutti sia così, anche in questo luogo nel quale si fa così gran vanto della competenza. Magari questo scritto verrà sbeffeggiato, portato come prova che sono proprio un incompetente. C’est possible. Ma non mi dispaice averlo scritto per me e per i miei ricordi.
    Ciao a tutti
    Marco Ninci

    • Quindi quando una persona esprime un giudizio in realtà deve tener conto di quello che ha mangiato a colazione, se ha litigato con il capo, se al supermercato hanno aumentato il prezzo delle ciliegie, se il pupo ha una colica, se il fidanzato o la fidanzata si è ricordato dell’anniversario, se il cane ha dilaniato il divano ed il gatto ha ridotto la tenda in coriandoli, se il paesaggio è suggestivo ed il tramonto romantico, se la poesia di Leopardi commuove, se l’architettura della città è bella ed il sindaco non ha stravolto l’urbanistica… e deve tenere anche conto, quindi, che il cantante o il direttore siano sorridenti e non abbiano litigato coi partner, se i loro cani siano vivi o deceduti, se abbiano mangiato bene a colazione e la cena è stata di loro gradimento, se anche a loro piaccia il paesaggio e la poesia di Leopardi, e via con l’emozzzzzzzzione e l’ammmmmmmore etc. e quindi essere sempre indulgenti, per i motivi di cui sopra, perchè “siamo umani”…
      Scusami, ma questo è il punto di vista di un fan privo di spirito critico che tutto giustifica ed alla fine nulla commenta, perchè se tutto è bello, emozzzzionante e giustificabile allora NULLA è bello, emozzzzionante, e giustificabile ed anche il valore di un direttore o un cantante andrebbero beatamente a perdersi in mezzo a tutte queste smorfie e tutti sarebbero uguali, quindi, privi di valore.
      Se una cosa è straordinaria ed un direttore grande lo sono per merito, non per paesaggio, o poesia, o parco, o pesce rosso morto, o fan fanatico cieco e sordo, o paranoia personale.

    • Marco carissimo, ma veramente ti piace così tanto Salisburgo? A me è sempre parsa una Disneyland ante litteram, con tutte quelle palle di Mozart…. e poi si mangia proprio maluccio. Certo, le esecuzioni musicali erano altra cosa…
      Meglio non tentare un viaggio insieme.
      Tua amica per la pelle.
      Lily

      P.S. Comunque ho Thomas Bernhard dalla mia.

  15. Caro Ninci, vedi, parli di reazioni differenti: non metto in dubbio che l’amore per un interprete sia influenzato – più o meno inconsapevolmente – da fattori extramusicali (nel mio caso troverò sempre Le Nozze di Figaro dirette da Kleiber il massimo, non perché lo sia effettivamente, ma perché è stata la mia prima opera e sono emotivamente coinvolto da quell’edizione). Non voglio neppure criticare Abbado attraverso il comportamento dei suoi fan: mi sembra assurdo continuare a ripeterlo, ma evidentemente non è sufficiente…APPREZZO MOLTO ABBADO IN DETERMINATI REPERTORI, NON IN TUTTO O A PRESCINDERE (allo stesso modo mi rapporto a Muti, Celibidache, Boehm, Klemperer, Walter, Furtwaengler etc…). Tu parli dell’arrivo di Muti a Firenze e degli entusiasmi tuoi e di altri, ebbene non mi risulta che nel frattempo siano stati fondati gruppi di “mutiani” organizzati in circoli, così come non ne esistono di “gardineriani”, “bouleziani”, “minkowskiani”, “pappanisti”, “soltiani”, “karajaniani”, “kleiberiani”, “rattleiani”, “methiani”, “barembonbisti”, “sinopoliani”, “klempereriani”, “walteristi”, “reineriani”, “furtwaengleristi” e via discorrendo: eppure sono tutti grandi direttori, che ben possono affiancare Abbado nei risultati artistici (e a mio gusti lo superano). Ma ancora non voglio parlare del folklore dei fan, anche se non può essere sottaciuto, atteso il ruolo che assume nel culto del Maestro, assolutamente unico nel suo genere e imparagonabile ad alcun altro culto della personalità passato e presente (come non si può parlare di Karajan senza parlare del suo rapporto col disco). Il mio intento non è demolire nessuno – non ne ho certo facoltà, capacità e interesse – ma solo proporre alcune mie personali riflessioni e stimolare il discorso: discorso che può esserci solo con chi risponde e si “abbassa” a replicare puntualmente, proponendo le proprie riflessioni e considerazioni, senza nascondersi dietro al rifiuto del contraddittorio per lesa maestà… Ecco ritenere “indiscutibile” Abbado è il modo migliore di cantargli un funerale prematuro: fino a che un interprete viene discusso allora è vivo e suscita passioni, se diventa un intoccabile allora si tramuta in un’icona da venerare.

    • Caro Gilbert, il problema oggi è il diritto di critica in rapporto alla mitizzazione acritica delle persone famose. e più c’è mitizzazione, meno c’è diritto di critica perché di fatto c’è meno competenza. se nemmeno si capiscono i termini dei discorsi come il tuo….beh, è chiaro che siamo al vitello d’oro. i fans di florez, i fans della devia, i fans di muti, popoli e gruppi che declinano la perfezione assoluta in modo non dialettico e senza argomenti. ripeto, senza argomenti!…….vogliamo parlare di musica con chi?….con chi??

      • Infatti questo è il problema oggi come oggi del giudizio sull’opera e, particolareggio, sul canto classico: la gente comune in generale non conosce (è ignorante) perchè o non è stata istruita e/o non vuole conoscere, ed alza il suo pensiero soggettivo a metro di giudizio oggettivo e, nei casi di egotismo, universale. Tutto questo deriva dalla nota vicenda storica di ben altro settore artistico, le arti figurative, che dopo le avanguardie hanno perso qualsiasi fondamento tecnico e di giudizio: l’ego artistico elevato all’ennesima potenza da autori come (per citarne uno) Dalì, che poi hanno dato fondamento, insieme alla commistione del mercato speculativo dell’arte, a quella aberrazione artistica di gentaglia come Damien Hirst che vengono proposti o spacciati al grande pubblico come eredi di Raffaello etc.
        Purtroppo però, è già passato quasi un secolo dalle avanguardie storiche e forse è ora di darsi una svegliata.

        Questo problema dell’ipersoggettivizzazione astorica ed atecnica è una vera rottura di scatole: non so tu nonna giulia, ma in diversi casi nella professione ho incontrato gente che salverebbe un rudere solo perchè per sbaglio Tizio ci ha strisciato sopra una mano, o per farti un esempio più lampante: nella spiaggia di Cagliari è presente un rudere, vecchio ospedale marino progettato da un progettista sardo in periodo fascista che poiché uno dei pochi, per autoreferenzialità tipicamente sarda, pare sia diventato un grande maestro. Io personalmente penso sia un modestissimo progettista, specie se comparato all’architettura fascista italiana o agli eventi ben più importanti successi in campo europeo-americano nemmeno 30 anni prima.
        Bene: la sovritendenza ha bloccato questo rudere ritenendolo di interesse storico-architettonico mossi da questo sentimentalismo, forse ignorando che il progetto originale era completamente diverso e quindi non rispondente all’idea stessa del progettista. E nel mentre questo obbrobrio sta sulla spiaggia, e pare vogliano ristrutturarlo, spendendo il quadruplo – ferri completamente ossidati: immaginati sfilarli uno ad uno e sostituirli! – di quanto non spenderebbero abbattendolo e rifacendolo al massimo! 😀

          • Nonna Giulia, non hai capito 😛
            La struttura è così mal ridotta che dopo la passivizazione in sede che penso sia avvenuta nei primissimi anni della realizzazione (figurati il copriferro che avranno lasciato negli anni ’30 pur in ambiente particolare), i ferri sono partiti dalla loro sede originaria (anche ferri da 40 mm) e sono completamente esposti all’aria.
            Altro che sola ossidazione: ci saranno persino colonie di paguri sopra!!!

    • Caro Comorto:

      “bouleziani”, “minkowskiani”, “pappanisti”, “soltiani”, “karajaniani”, “kleiberiani”, “rattleiani”, “methiani”, “barembonbisti”, “sinopoliani”, “klempereriani”, “walteristi”, “reineriani”, “furtwaengleristi” e via discorrendo: eppure sono tutti grandi direttori, che ben possono affiancare Abbado nei risultati artistici (e a mio gusti lo superano). ”

      Quindi, secondo Lei, a Suo Gusto Simon Rattle, Zubin Mehta, Daniel Barenboim “superano” Claudio Abbado. Ovvero: il Verdi di Barenboim supera quello di Abbado, il Rossini di Fritz Reiner supera quello di Abbado, il Beethoven di Simon Rattle supera quello di Abbado, il Mahler di Zubin Metha supera quello di Abbado…Lei mi pare una specie curiosa di morto. Un morto triste, che non ha trovato pace. Però anche un morto buffo, soprattutto quando paragona Zinman ad Abbado, relegando quest’ultimo al triste ruolo di “gregario” perchè arrivato dopo a considerare le edizioni Del Mar o quelle, diciamo “alleggerite”.Il problema non è CHI arriva prima o dopo, ma CHI fa MEGLIO.

      Con MoRti Saluti

      Thomas Alva Edison, inventore morto.

      • Karajan e Boulez sono spesso meglio di Abbado nell’opera, cominciare da Wagner e verdi. Per no parlare di Reiner, o di Mitropoulos, il cui Strauss è di molto superiore a quello di Abbado.al Mahler del secondo non so se preferisco quello di Abbado…direi di no. Modestamente, sua Giulia mortissima

        • Cara Comortissima Mia Giulia, se legge bene ho evitato con cura di affiancare la Carasalma di Karajan, la Carasalma di Dmitri, di Otto o Wilhelm. Ho anche evitato le care salme di Carlos. Ma il suo comorto ha affiancato gli zombie Zubin,Daniel,Simon,Minckiovski (ops! un refuso birichino) al Vivo Claudio dichiarandole “superiori”. Ma quel che è peggio, omologandole alle CareSalme di cui sopra. C’è qualcosa che non va in lui. Sarà il terreno. Chiamate un esorcista che purifichi la sua anima in pena, giacchè siffatte affermazioni indicano certamente che il comorto Duprez è posseduto dal Maligno.

          Con MoRti Omaggi, suo
          Thomas Alva Edison, inventore morto.

        • Attenzione Edison, io non ho affermato che Metha, Minkowski (i giochini coi nomi lasciamoli all’asilo), Rattle, Barenboim, Gardiner, Salonen siano sempre e comunque migliori di Abbado, dico solo che di costoro non esistono club e circoli. Come, del resto, non ne esistevano di Kleiber o di Karajan… CAro Edison io sarò pure posseduto dal maligno, ma a Lei mancano i fondamentali: qui ci vuole un terapeuta che La addestri a comprendere la lingua italiana.

          • questo dialogo a due morti mi diverte moltissimo! dovremmo fare di Edison un coautore…hahaha, gli darei uno spazio terapeutico dedicato, l’Angolo luminoso!!!!!!!!!!!! Il proseguire di Edison rafforza sempre più le mie teorie sulla moderna mitomania, il bisogno di avere dei miti, e l’appagamento che viene non tanto dalla loro attività artistica quanto dalla loro esistenza ed epifania quali creature divine. E’ uno dei lati del wagnerismo, che oggi va tanto di moda

          • Mi scusi caro competo, ma la frase virgolettata in testa al mio precedente intervento è SUA, non MIA. Io non avrò più familiarità con la parola scritta , ma lei non ha più familiarità con il suo pensiero..ah già …dimenticavo..le teche craniche son vuote da tempo. …ora torno nel loculo. Ma si ricordi!! E tremi!! Al nome ABBADO io tornerò levandomi tremendo e terribile dal sepolcro. NON OSI! Gradisca il mio mortale addio.

            Suo Thomas Alva Edison. Inventore. Morto.

          • ahahahahha, macabro ma divertente. L’incidente è occorso già al dottor duprez pare….così dice donzeeli. Presto vi scambierete anche le ossa….hahaha

  16. Tutti i pixel postati dal Garganese si possono riassumere in un’ unica frase.
    “Voj, guardee cossa fee. Gh’avij mitiga vergogna a vegni chi a parla mal de Garibaldi?”
    (Giuseppe Fumagalli, Tesoro di citazioni italiane e straniere, Hoepli, Milano 1989, pag. 704)

    (oh a scanso di equivoci preciso che a me Abbado piace moltissimo…)

    • macche’ pixel Mozart quei post sono in 35 millimetri e la tastiera deve essere della Zeiss Ikon…io abbadianissimo (per inciso) e se posso dirlo Ninci batte Brandt 3 a 0 che non vuole ammettere che nei giudizi siamo quasi sempre influenzati dalle circostanze piu o meno sgradevoli d cui alle righe da tre a quindici del suo post

      • Ammetto tranquillamente invece che l’unica cosa che influenza i pregiudizi (che tutti abbiamo, nel bene e nel male) quando vado a teatro sia il conoscere anticipatamente la voce/bacchetta di chi canta/dirige, perchè nel 2013 sarà certamente capitato di aver già ascoltato i cantanti/direttori in altre occasioni, oppure aver già ascoltato incisioni o registrazioni.
        Ripeto: una serata all’opera, intendo proprio ciò che avviene a teatro canto-musica, non è bella perchè è bello il paesaggio o il teatro che la racchiude o la cena fatta con un buon vinoed una bella compagnia: non ci occupiamo di quello, c’è Facebook se volete condividere queste cose.
        La serata all’opera, ovvero ciò di cui ci occupiamo, è bella per la somma dei meriti delle parti sul palcoscenico ed in buca. Credevo che fosse scontato: e invece no!
        Ricordo, per fare un esempio, la tragicissima, martoriata “Poppea” nel magnifico Teatro della Pergola: temperatura interna 50°C senza acqua e aria, in cui gradii e molto la performance di Susan Graham, ma perchè fu brava, non perchè era bella la cornice, avessi ottima compagnia o mi fossi dedicata alla lettura delle poesie di George Sand.
        Se i vostri giudizi si basano sulle cose sopra elencate da Ninci e da me, facciamo bene a trattare le vostre argomentazioni come inattendibili, perchè viziate.

      • Solo gli sciocchi e molti giornalisti si fanno influenzare profondamente dalle cose al di fuori dello spettacolo:
        Gli sciocchi perchè non si rendono conto di cosa è veramente importante o meno nell’esecuzione di un’opera in questo caso;
        i giornalisti perché o sono degli ignoranti e vengono mandati dalle testate per scrivere di un qualcosa chiamato opera che deve apparire per forza glamour oppure vengono mandati a recensire l’opera sapendo già di principio che non devono scrivere cose troppo difficili perché la gente poi non sa leggerli; in entrambi i casi viene condito tutto con la descrizione del posto dove mangiano, bevono, dormono e fanno le loro cose giusto per non rendere troppo noioso un articolo che dovrebbe parlare di opera …

        Ma in che stato siamo ridotti, alberto! Ma non ti vergogni di scrivere certe cose? o_O

        • ah ma ce n’é per me? Quale onore…Sardus ti stai specializzando in tempeste in bicchieri d’acqua. Ho letto in tempo la versione originale del tuo toccante post e ti dico solo che a quei critici che…ehm, diciamo, vanno fuori tema…forse dovresti ispirarti di più. Per quello che so io la classe 1987 su quei “fuori tema” sin dal compimento della maggiore età é stata molto intraprendente e virtuosa. Spero che tu abbia il tempo per curare anche questi aspetti prosaici della vita e vorrei esserne rassicurato giacché il ph dei tuoi commenti mi fa sorgere qualche dubbio.-

          • Penso che facendo una recensione di una messinscena d’opera, di dove dormo, mangio, gioco, festeggio, etc. non importi a nessuno, meno appunto agli sciocchi che leggendo una recensione nemmeno si leggono le ultime cinque righe in cui i critici di testata scrivono “X ha la voce bell, Y canta con nobiltà, Z molto brava”.
            Per quanto possa percepire la tua personalità dal blog, caro alberto, mi ricordi molto un mio zio “folkloristico”: mi sta talmente simpatico che evito sempre di andare a casa sua per paura di perdere tempo in quanto il suddetto zio, come te, oltre ad essere nazional-popolare e di parlare spesso di cose che non sa dal suo punto di vista, riesce a parlare di 5 cose alla volta, con tutta una catena logica di discendenze.
            Tranquillo, il mio PH è normale con le persone umili, serie, intelligenti, di poche parole e ragionevoli 😉

  17. Cara Lily, hai come alleato non soltanto Thomas Bernhard, ma anche e soprattutto Wolfgang Amadeus Mozart, che Salisburgo proprio non la poteva sopportare. Non importa. Andremo da qualche altra parte.
    Ciao
    Marco Ninci

  18. Beh, Nietzsche diceva che la propria concezione del mondo, vale a dire la propria filosofia se si parla di un filosofo, può mutare radicalmente a seconda che quel filosofo soffra o no di mal di testa. E se cambia la filosofia, figuriamoci se non può cambiare il giudizio su un cantante. Ma non è solo questione di questo o di passeggiate o di poesia o di innamoramenti o di belle città. Il fatto è che il giudizio, anche quello che si esercita in un ambito molto limitato, risente di condizionamenti enormi da parte di tutte le altre componenti culturali e personali appartenenti a chi quel giudizio pronuncia. Il giudicare è un atto inquinato, nel quale entrano schegge di universi diversissimi; non c’è in lui nessuna purezza. Perché l’uomo stesso è un essere inquinato, la cui coerenza magari si trova solo a un livello profondissimo e non certo in ciò che dice o che fa venir fuori all’aperto. Per cui è difficile pensare ad un rapporto immediato ed esclusivo fra la competenza di chi giudica e la natura, considerata in se stessa ed in una sua immobile quasi eternità, dell’oggetto di quel giudizio. A monte ci sono troppe cose. Ne viene che una competenza di pari livello può dar luogo a giudizi opposti in riferimento al medesimo fatto artistico. Così almeno la penso io; e in ciò do retta volentieri al consiglio di Marianne. Un ultimo pensiero, che può servire come da esempio. E l’esempio lo traggo dalle analisi più assolutamente competenti di questo blog, quelle di Mancini. Mi spiego meglio. Più competenti nel senso che la competenza ne forma quasi la trama principale; non voglio certo dire con questo che le altre analisi siano portate a termine da incompetenti. Lo scopo di Mancini è quello di analizzare l’esecuzione di un brano, spesso attraverso un confronto fra esecutori diversi, prescindendo completamente da ogni riferimento esterno. Non ci sono riferimenti alla storia, alla carriera, ai contesti, al fatto che questi cantanti abbiano lavorato con direttori o registi più o meno importanti. E’ una scelta come un’altra e ha una sua legittimità. Il competente ha un accesso diretto, immediato ed esclusivo al fatto vocale. Quest’ultimo viene poi giudicato secondo un ideale di perfezione che Mancini pone e di cui non intendo minimamente contestare la liceità. I fasti di questo ideale vengono infine collocati da Mancini molto indietro nel tempo. Per cui tutta la storia del canto novecentesco è vista come una storia di decadenza, di allontanamento da quell’ideale. Una storia intesa non in senso strettamente cronologico, naturalmente. Pur nel progredire nel tempo del degrado, appaiono infatti gemme, anche se sempre più rare, che si richiamano a quell’ideale. Ma qui non può che manifestarsi una contraddizione. Mancini espelle dalla porta delle sue analisi la storia. E la storia si vendica, rientrando subdolamente dalla finestra. Tuttavia si tratta di una storia dalla quale è scomparsa ogni complessità, ridotta ad uno scheletro avviato ad un lento quanto inesorabile processo di polverizzazione. C’è ora da fare una notazione, fondamentale per il mio discorso. Ciò che si incammina verso il nulla non è semplicemente il canto, ma la modernità intera. Il niente è il suo sbocco e il suo destino, per l’illuminismo come per la rivoluzione industriale. Ecco quindi che la questione del canto, al fine di porsi nei termini di un semplice rapporto con un ideale di perfezione, deve teorizzare un concetto di evoluzione storica da cui deve essere tagliato tutto ciò che non si concilia con un ideale antico, sentito come aureo e perfetto, in tutti i campi. In definitiva, astorico. Un disagio molto percepibile nei confronti del moderno, insomma. Una cosa che travalica e di molto il giudizio sulla vocalità. Che quest’ultimo non sia che il riflesso di un’idea più generale?
    Marco Ninci

  19. Secondo me, quando si parla del Rossini di Abbado, si dimentica una cosa. Io ho assistito alla prima assoluta a Firenze, nel maggio ’71, della sua celeberrima Cenerentola, poi eseguita in tante altre occasioni e in tante altre parti del mondo. Il risultato fu eccezionale. Ma non era questo che colpiva. Quello che colpiva era che in questa occasione cominciava qualcosa di assolutamente nuovo, un mondo che non aveva nulla in comune con quello che l’aveva preceduto, con quello di Gui, Serafin, Gavazzeni, lo stesso Giulini. Era un’altra cosa, un meraviglioso e implacabile gioiello meccanico, un arabesco di inaudita finezza, qualcosa di assolutamente non affettuoso. Tant’è che il critico della Nazione, uno dei migliori critici irtaliani, Leonardo Pinzauti, dette chiari segni di non gradire e di rimpiangere il Rossini di Gui. Si capiva, come si capiva altrettanto bene ciò che aveva invece scritto Mario Messinis: “Il Rossini del secolo”. Davanti a questo sbalordimento le stesse mende del cast, molto pesanti, passavano in secondo piano, travolte com’erano dal genio di un caposcuola assoluto. Questa nuova scuola poteva, e può ancora, non piacere; lo capisco. Ma quello che non si può negare è il carattere inaudito di quella proposta.
    Marco Ninci

    • spiace che Abbado non riconosca al rossini tragico la statura di grande musicista tragico, anzi che veda rossini come musicista comico e basta. per me rossini è un grande musicista proprio per il tragico che abbado nega. In questo è ideologico, e credo anche modaiolo, perché abbado ama essere a la page ed essere considerato un intellettuale-direttore. credo che poi avrebbe potuto aprire ai grandi esecutori vocali di rossini, invece di ignorarli, perché sarebbe stato un progresso oltre quell’inizio e quelle esecuzioni anche scaligere. e mi pare che anche lì una certa ideologia preconcetta abbia agito nel disaccordo con una horne etc…Ora poi fa i dischi con cantanti che di fronte a quella sono meno che escrementi, dunque…

  20. berganza, horne e valentini e von stade quando passavano dalle sue parti le catturava. Se ti ricordi un anno era prevista L’Italiana in Algeri con Marilyn Horne che poi non volle cantare (non so per quali motivi: avevo sentito dire perché l’avevano messa in cartellone senza il contratto firmato), tanto che si sostitui quel titolo con Cenerentola (Hamari, Araiza, Montarsolo, Dara). Negli anni 80 non sembrava che la capacità di programmazione fosse una delle caratteristiche peculiari della Scala

  21. Caro Edison mi spiace che le mie parole evidentemente non Le siano chiare, non so davvero come venirLe incontro, proverò a precisare ulteriormente (ma la prossima volta mi toccherà usare i disegnini)…
    Trovo, ad esempio, il Verdi di Sinopoli migliore di quello di Abbado. Trovo il Beethoven di Zinman, di Jaarvi, di Herreweghe, di Immerseel e pure di Rattle (per stare ai più recenti) migliore di quello di Abbado (che pure mi piace molto). Trovo il Mahler di Boulez INFINITAMENTE migliore di quello di Abbado (così come il suo Wagner e pure quello di Barenboim tutto sommato: almeno quello di qualche tempo fa). Trovo il Rossini di Abbado eccellente, invece (e già l’ho scritto mille volte…quante gliene occorrono per capire?). Ma potrei andare avanti…ma francamente mi sono stancato di doverLe giustificare i miei gusti musicali. Anche i morti hanno un limite alla pazienza e alla tolleranza.
    Da morto a morto, però, la prego di rispondermi con sincerità: è obbligatorio ritenere l’Abbado Claudio il nec plus ultra dei direttori d’orchestra viventi? E’ davvero gravissimo non apprezzarlo?

    • Da morto a morto non è assolutamente obbligatorio ritenere Abbado il “nec plus ultra” dei viventi. Ma, da morto a morto, ritengo che debba essere onesto intellettualmente nel riconoscere ad Abbado una grandezza ANCHE in un repertorio in cui esistono ANCHE altri paragoni. La sua salma, Duprez, pur abbruttita dalla persistenza in cotesto cimitero, ce la può fare. Può sforzarsi di riconoscere anche la grandezza tagliente e luciferina del suo Mozart, del suo Mahler, ma anche del suo Berlioz. Può sforzarsi di non fingere di dimenticare che certe assenze di Abbado dall’opera sono dovute all’età e alle condizioni fisiche. Noi morti non abbiamo più questi problemi, ma Abbado, quando dovette rinunciare al progetto Lulu (opera NUOVA del suo repertorio), dovette fare i conti con la sua forma fisica. Festeggiare gli ottant’anni di qualcuno, come in questo post si vuole far credere, significa ricordare il BELLO che ha fatto e cercando di capire le ragioni estetiche anche di quello che magari piace meno (esempio Mozart, ma Abbado HA delle ragioni estetiche per fare Mozart così o lo dirige a CASO)? Ecco, caro Comorto Duprez, se insiste un po’, vedrà…CE LA PUO’ FARE.

      MoRti Saluti

      Thomas Alva Edison, inventore morto.

      • Ma caro comorto, io ho più volte esposto dove e come trovo Abbado interprete eccezionale: non in Mozart. Peraltro mi chiedo come Lei possa trovarlo luciferino…evidentemente non ha dimestichezza col Maligno, o forse ne ha con una sua pallida imitazione (esattamente come il Mozart di Abbado), Il Maestro avrà anche le sue ragioni per far Mozart così…mi permetto di non condividerle e di ritenerlo un autore non proprio congeniale ad Abbado. Mai detto che dirige a caso. Però, caro comorto, Lei non è attento o non ha molta dimestichezza con la parola scritta, si rilegga quando scrivo che il Mozart di Abbado è “solo” ben suonato…qui sta il punto. Ma non glielo voglio spiegare, non credo riuscirebbe a capire. Riposi in pace. Amen.

  22. Mah, il fatto che Abbado si sia sentito più affine al Rossini comico non vuol significare una sottovalutazione di quello tragico. Non c’è nulla di ideologico in questo; e non c’entrano nulla né gli intellettuali né la moda. Sarebbe come rimproverare a Muti di non eseguire il Rossini comico.
    Marco Ninci

    • Su questo sono d’accordo: bisogna anche considerare gli anni in cui Abbado ha affrontato Rossini. Già il fatto di presentare Barbiere, Italiana e Cenerentola in quel modo è stato rivoluzionario. Spiace il mancato appuntamento con l’opera tragica – ovviamente non è obbligatoria, ci mancherebbe, e bene ha fatto Abbado ad astenersi se non lo “sentiva” proprio – ma ancor di più la mancata esplorazione di altri titoli nel repertorio buffo: penso al Turco, la Pietra di Paragone e quel capolavoro che è La gazza ladra.

  23. ma abbado dirigeva tutto a memoria, compreso i Lohengrin, quindi le sue scelte erano mirate e selezionate perché il suo studio di un opera e relativa metabolizzazione presumo gli costasse caro…anche perché va bene vivere per la musica ma…sempre pernici…avrà voluto godersela anche lui ogni tanto o no? Vedermelo studiare quelle palle del Turco e della Gazza tutte intere piuttosto che la mia adorata Pietra mi fa un po’ sorridere..

  24. Caro Sig. Edison, ma di quale scarsa familiarità col mio pensiero va “cianciando”? So bene che ho scritto e so perfettamente che la frase virgolettata è mia: e io mica la contesto, CONTESTO LA SUA INTERPRETAZIONE. Io ho scritto che quei direttori “ben possono affiancare Abbado nei risultati artistici (e a mio gusti lo superano)” – e lo ribadisco – ma lo superano in determinati repertori: ripeto per la millesima volta, il Mahler di Abbado è largamente inferiore a quello di Boulez, ad esempio. Lei soltanto ha fatto associazioni specifiche. Se il gioco la diverte proseguo: il Mozart del suo Abbado inferiore persino a quello di Marriner, trovo il suo Berlioz inferiore a quello di Davis (e se parliamo di “Sinfonia fantastica” allora non si può prescindere da Boulez), trovo il suo Wagner inferiore persino a quello di Barenboim. E così via…ma è un gioco ozioso e inutile. Ci tengo ad un’ultima precisazione, però: perchè mai sarebbe sacrilego paragonare Zinman ad Abbado in Beethoven o in Mahler? Il primo, infatti, ha dato grandissime e originalissime interpretazioni che, a mio gusto, si pongono ai vertici delle rispettive discografie. Non è questione di primogenitura, quanto di onestà intellettuale. Il ciclo beethoveniano di Abbado è certamente affascinante (il secondo, il primo è decisamente dimenticabile), ma riprende una strada aperta da altri e che altri percorrono con maggior profitto (penso a Jaarvi o Herreweghe).

    • Mi scusi caro comorto, ma leggo in lei un certo fervore che dovrebbe cessare nel composto giacere di un sepolcro. Lei non ha più dimestichezza col suo pensiero, è un dato di fatto. Nell’istante in cui dichiara che in Mozart Abbado è “inferiore” a Marriner (da cui in vita al massimo mi sarei fatto servire del tè con il latte), che in Wagner è “inferiore” a Barenboim (ma storicamente documentato esiste solo il Lohengrin di Abbado), che in Beethoven è “inferiore” a Paavo Jarvi, Herreweghe, Zinman, lei dismette i morti panni dello spirito posseduto, per indossare quelli del morto buffo. La sua non è una critica, è un sillabato fatuo. La critica esigerebbe che lei si sforzasse di capire l’estetica interpretativa del Mozart di Abbado, del Verdi di Abbado, del Wagner di Abbado, del Beethoven di Abbado. Gli aggettivi “migliore”, “peggiore”, “affascinante” appartengono al suo perituro (e perito) gusto, francamente discutibile,(ma in vita ne ho incontrati di peggiori). E una volta compresa l’estetica che ce la spiegasse. Perchè vede, caro comorto Duprez, che a lei piaccia o no, le riflessioni di Abbado su Mozart (come quelle di parecchi altri direttori) sono su livelli irraggiungibili da me, da lei, da qualunque essere vivente che non sia un musicista dotato della sua straordinarietà. Altrimenti, se non capisce questo, il suo “migliore” e “peggiore” fanno lo stesso effetto di quegli scritti di un noto “critico” zombie che asserisce il dilettantismo musicale del Maestro Abbado si che egli, fondamentalmente, non possiede la tecnica necessaria a governare un’orchestra. Come le dicevo: si SFORZI. Non le mancano i fondamentali per descrivere e valorizzare un’interpretazione e calarsi nella testa dell’interprete. E cessi di bere quel lattiginoso tè con lo zucchero ammannito da Sir Neville, che le ottunde gli organi di ascolto.

      MortalMente Suo
      Thomas Luigi Alva Edison, inventore morto.

      • Temevo di averla persa caro Edison – l’ultima volta ci aveva promesso di ritornare nel suo sepolcro. Il suo ragionamento (se così si può chiamare) è davvero bizzarro e riassumibile nell’assunto per cui Abbado è il massimo desiderabile e chi dice il contrario un povero fesso… Il perché non si dice, non si può dire e, comunque, non lo capiremmo: che comodità! Credo che i bambini all’asilo ragionino così (“è così perché è così e perché lo dico io”) poi a partire dalla III classe elementare iniziano a sviluppare pensieri più complessi…evidentemente lei, nonostante l’età, è rimasto alla fase infantile. E va bene, raccoglierò il suo invito e a breve le esporrò le ragioni del mio parlare.
        Devo però correggerla, caro Edison, circa la definizione di Abbado come poco più di un dilettante: non fu un critico zombie a dir così, ma un collega del Divo, ahimè già morto, ossia Celibidache. Un cialtrone anche lui?

  25. quando si parla di migliore, peggiore, affascinante sarebbe meglio precisare sempre il perché e aggiungere degli esempi concreti. Fare cioé con i direttori quello che si fa con i cantanti. Ammetto che é impegnativo, ma nell’ottica di una crescita degli utenti e in coerenza degli scopi del blog, necessario.-

  26. Caro Duprez, scusami, ma definire gli abbadiani una “corte dei miracoli”, vale a dire un’accozzaglia di gentucola senza arte né parte, è stato da parte tua offensivo e volgare. Marianne ha ripreso Sardus per le sue espressioni, ma la tua mi pare ancora peggiore. Io di abbadiani ne conosco un paio, e si tratta di persone di livello veramente alto. Per parte mia non sono affatto abbadiano; ho una grandissima ammirazione invece soprattutto per il Maestro Muti. Ma mi dispiace veder trattare gli abbadiani in questo modo assurdo. Per quanto poi riguarda Abbado in sé e per sé, io tutta questa infinita distanza fra le interpretazioni di Mahler di Boulez e di Abbado non la vedo proprio. Infinita; addirittura! Se ne dovrebbe dedurre che Abbado sia un ragazzetto, nemmno tanto bravo. Io li ho sentiti tutti e due tante volte come interpreti di Mahler. Boulez è partito da posizioni di una certa durezza e intransigenza, di una analiticità spietata (ricordo una sua quarta assolutamente sbalorditiva a metà degli anni Settanta), per approdare poi ad una visione più distesa, più classica, ricca di bel suono e lontana dalle asperità di un tempo. Abbado invece è stato sempre piùà morbido, meno espressionista, più vicino a Bernstein, che sembrava considerare Mahler più l’ultimo dei romantici che non il primo degli espressionisti. Indimenticabile per me l’andante della sesta con i Wiener Philharmoniker a Salisburgo o, sempre a Salisburgo e sempre con i Wiener, il terzo tempo della Quarta. Negli ultimi tempi però il suo Mahler è diventato franto, stanco, tragicissimo; meravigliosa la quarta a Lucerna. Ricordava quella quarta diretta da Walter a Vienna nel suo ltimo concerto viennese del ’60. Comunque, almeno così sembra a me, di distanza infinita non mi sembra il caso di parlare, per questi due grandissimi interpreti.
    Marco Ninci

    • se la media degli abbadiani itineranti è quella della loro organizzatrice, che circola mascherata da damina del settecento a distribuire semi e poi insulta e magari vorrebbe mal menare un ventenne ragazzotto reo solo di avere espresso il proprio dissenso per una tosca, che definire provinciale è offendere un qualsivoglia teatro di provincia, il termine “corte dei miracoli” è elegante, raffinato, di classe come il mozart di walter, mica quello di abbado

  27. Caro Sardus, è buffo (ma anche significativo) che tu sostenga di non essere offeso nel momento in cui, ricordando quell’episodietto, dimostri invece di esserlo a morte. Oltetutto io quell’episodio non lo ricordo proprio; evidentemente, perché non vi ho associato alcuna importanza, come era ovvio che fosse riguardo a sciocchezzuole del genere. Se tu mi avessi detto di guardare sul tuo profilo you tube, vi avrei guardato senza nessun problema; non mi sento certo trattato dall’alto in basso per cose di questo tipo. Comunque, grazie. Ti scriverò quanto prima una mail.
    Marco Ninci

  28. E poi un’altra cosa, caro Duprez. Mi ricordo benissimo che tu ti sei espresso molto, ma molto negativamente sulla figura di Celibidache, sia su quella complessiva che su quella del direttore. Ora del suo parere, considerato evidentemente molto autorevole, ti servi sia contro Toscanini che contro Abbado (te ne puoi servire anche contro Karajan, che Celibidache paragonava alla Coca Cola, non al Brunello di Montalcino di Soldera). Ci sono un Duprez 1 e un Duprez 2? Ma sì che ci sono, come in ogni melomane. Con tanti saluti all’oggettività dei giudizi.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Nessun disturbo bipolare, caro Marco: su Celibidache confermo quanto ho scritto tempo fa. Un tempo lo amavo “a prescindere”, poi – superato il furore – ho relativizzato. Ribadisco il fastidio nei confronti della sua santificazione (anche nel suo caso vi è una schiera di appassionati che definirei fanatici), del misticismo, delle elucubrazioni “new age” etc… Così come dico tranquillamente che non in ogni repertorio lo trovo apprezzabile (ma vale per tutti: non esiste un “direttore assoluto”: non lo era Celibidache così come non lo era Furtwaengler etc..). Di Celibidache riporto un giudizio, eccessivo o sbagliato che sia, in risposta a chi definisce zombie chi non la pensa in un certo modo. Tutto qui. Ammiro Celibidache in molte cose che ha diretto (Bruckner su tutto), e trovo ridicolo il culto della personalità in cui è degenerato certo suo pubblico.

  29. Sì, Giulia, ne conosco un paio, e non mi sembrano assolutamente dei fessi. Io, per esempio, sono molto amico di Gabriele Baccalini, del quale ho la massima stima, anche se certamente non sono d’accordo con lui su tante cose, musicali e non.
    Ciao
    Marco Ninci

  30. Caro Ninci, ribadisco la definizione “corte dei miracoli”, perché non è riferita ai singoli (già ho scritto – A SCANSO DI EQUIVOCI – che non ritengo affatto “da stupidi” amare Abbado, allo stesso modo però non è “da stupidi” il non apprezzarlo). Mi riferisco solo al fenomeno di massa, alle celebrazioni, alle funzioni sacre, al delirio che accompagna ogni sua comparsa (specie in Italia). Ricorderai la querelle dei 90.000 alberi, la raccolta di firme, il tram (chiamato desiderio?), i comunicati…sino ad episodi fanatismo come quel tale che all’indomani del concerto fiorentino (se non ricordo male) imbrattò tutti i porta manifesti del Maggio Musicale con un adesivo di “ringraziamento” che costò al comune qualche migliaio di euri per rimuovere e pulire.. A ciò aggiungo le reazioni di chi ritiene INAMMISSIBILE non apprezzare Abbado (che abbiamo letto anche qui sopra). Vedi, questo è il caravanserraglio che a me pare grottesco e assolutamente unico nel suo genere: non ho mai visto deliri del genere nei confronti di altri interpreti.

    Su Boulez: trovo molto differente il Mahler di Boulez (e anche il suo Berlioz) rispetto alla prima incisione di Abbado. Il secondo ciclo, invece, assomiglia molto, nel senso che Boulez è modello evidente di Abbado. A volte però si ha l’idea di una palese imitazione. In genere le repliche sono sempre meno interessanti dell’originale e vale anche per Abbado.

    Ps: che ne pensi del Mahler di Zinman e di Gielen? Li trovo entrambi superiori ad Abbado.

  31. Caro Duprez, il Mahler di Zinman non lo conosco. Vorrei tanto sentire questo direttore dal vivo. Conosco però quello di Gielen, un direttore per il quale ho un’immensa ammirazione. Un Mahler modernissimo, asciutto, antisentimentale; soprattutto con un senso fenomenale della struttura musicale. Il che nella decifrazione di certi finali di Mahler è fondamentale. Tanto che conto di andare questa estate a Salisburgo per ascoltare una sua esecuzione della Sesta Sinfonia. Io, sulle orme di Adorno, sono convinto che il finale sia una delle pagine più grandi del compositore boemo. Ma non ho ancora trovato un direttore che me la spieghi e me la dipani; me la faccia capire un po’ meglio, insomma.
    Per Donzelli. Folklore fra gli abbadiani ce n’è tanto. E Attilia, e gli alberi, e il tram, e la Borletti Dall’Acqua. Tant’è che se io fossi Abbado non sarei tanto contento di questo seguito. Lo vedrà come un male necessario cui è impossibile opporsi. Del resto, è stato un errore imperdonabile che il blog in cui si festeggiava la cacciata dalla Scala del Maestro Muti sia stato guidato dalla presidentessa degli abbadiani. Si è dato ancora più fiato a quell’insopportabile dualismo, che immagino si ripeterà, ancora più insopportabile, nella nomina dei due a senatori a vita. Però fra gli abbadiani, oltre a Baccalini, persona stimabilissima, c’è anche Vittorio Mascherpa. Un po’ sussiegoso, se si vuole, ma autore di un bel libro sulle varie versioni del “Boris Godunov”. E questo, tutto sommato, non mi dispiace e mi basta.
    Marco Ninci

    • Nessuno lo mette in dubbio: certo folklore ha danneggiato più che favorito Abbado. Conosco il libro di Mascherpa sul Boris e lo ritengo straordinario, così come leggo sempre con piacere quanto scrive su altri siti. Massima stima nei suoi confronti. Penso che anche lui – conoscendone l’equilibrio in ciò che scrive – mal sopporti certo esibito folklore.

  32. Sai, Duprez, Celibidache forse le proferisco nelle sue esecuzioni di Stoccarda rispetto a quelle di Monaco. In quelle lo trovo più naturale, più in qualche modo “normale”. A Monaco invece era impegnato a celebrare un po’ il suo monumento, fatto di tempi lenti, solennità, indugi maniacali sul dettaglio. Cercando di non farlo rivoltare troppo nella tomba, assomigliava un po’ all’ultimissimo Karajan, massimo oggetto del suo odio e disprezzo.
    Marco Ninci

    • Dipende sempre dal repertorio affrontato, però in parte concordo: a Monaco Celibidache ha talvolta celebrato sé stesso (la lentezza programmatica ad esempio), però a regalato prove eccelse (Bruckner, Requiem di Fauré ad esempio). La cura del dettaglio, tuttavia, non la trovo un difetto, ma un gran merito: fu sempre un perfezionista. Ho letto che pochi giorni prima della votazione per scegliere il direttore dei Berliner, dichiarò senza alcuna diplomazia, che se eletto avrebbe protestato mezza orchestra: scelsero Karajan…

  33. Ma guarda, Lily, io facendogli quella domanda ho cercato un rapporto con Sardus che potesse essere normale. Forse invano. Ma la mail gliela scriverò lo stesso. Qui tutti ci siamo un po’ sbatacchiati l’un l’altro, ci siamo presi in giro, ci siamo anche insultati, qualche piccola amarezza c’è stata, ma è veramente durata lo spazio di un mattino. Sono sempre scaramucce da blog, mica la terza guerra mondiale. Non è nella mia natura stare in guardia né lo farò. Concedimi però una cosa: Hellbrunn e il viale che vi porta, così malinconici e solitari, non sono tantp Disneyland, non è vero?
    Ciao con l’affetto di sempre
    Marco Ninci
    Ciao

    • Sai, Marco, io con te starei a parlare per ore: di Salisburgo, di Berlino Est e di tante altre cose e persone conosciute sul campo (Muti e Abbado compresi), ma poi diventa occupazione privata di suolo pubblico e tutti si infuriano, quindi….

      Il Beware era naturalmente scherzoso: io Pappy l’adoro da sempre – è un po’ un mio figlioccio – grazie anche alla sua sarditudine.
      Un caro abbraccio.
      Lily

  34. E’ morto Claudio Abbado, uno dei più grandi direttori d’orchestra di tutti i tempi, un punto di riferimento imprescindibile per tutti noi appassionati di musica. A poco a poco se ne vanno tutti coloro che hanno accompagnato, o meglio costruito, la nostra vita e la nostra visione del mondo.
    Marco Ninci

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