Quando l’opera va in TV

Per sbaglio, ieri sera, mi son trovato a guardare Rai Uno: per pigrizia non ho cambiato canale e per “gusto dell’orrido” son rimasto lì sino alla fine. Così mentre scorrevano immagini più adatte ad uno show televisivo di intrattenimento pomeridiano che alla celebrazione dei 100 anni dell’Arena di Verona, mi chiedevo quale idea gli addetti ai lavori e gli autori del programma potessero avere della musica in Italia. Certo il contesto è quello che è e l’Arena non vanta pubblici particolarmente raffinati o spettacoli con grandi pretese artistiche, ma per confezionare una “cosa” come quella passata ieri sulla Rai (a spese nostre ovviamente) bisogna aver un assai scarso rispetto per l’opera e per l’intelligenza di un pubblico, seppur televisivo, trattato come una massa di lobotomizzati non in grado di “reggere” la musica fatta in modo serio. E dunque accompagnati da un’orchestra perennemente sgangherata si sono esibiti tra applausi stile Festival di Sanremo e la presentazione di un’Antonella Clerici (cui decoro, buon gusto ed anagrafe suggeribbero abbagliamento ben più accollato e di differenti colori)  che evidentemente non aveva la più pallida idea di cosa fossero i brevi lacerti di opera che si trovava ad introdurre manco si trattasse di canzonette, si sono esibiti quelli che nell’immaginario collettivo indotto da chi ritiene di dover banalizzare e abbassare la cultura per renderla fruibile, rappresenterebbero al meglio l’opera lirica in Italia. Non importa se il Te Deum di Tosca era sbraitato come nemmeno avrebbero saputo fare nelle cantine sociali della bassa lombarda, se un ex tenore ormai totalmente cotto e un cantante neo melodico che gioca a fare il tenore hanno arrancato in un francese turistico nell’irriconoscibile duetto dei Pescatori di Perle in cui ciascuno andava maldestramente per i fatti suoi, se Bocelli stonava allegramente nella “pira” (ridotta ad un moncherino per esibire un paio di acuti), se sulle note del Dies Irae (la cui traduzione suona più o meno: “il giorno dell’ira, quel giorno che dissolverà il mondo terreno in cenere…”, non proprio un testo goliardico) veniva allestito un offensivo balletto, se la “furtiva lagrima” veniva cantata con un bambolotto in mano e con cadenza finale a bocca chiusa, se un raccogliticcio sestetto di tenori eseguiva un “Oh sole mio” da sagra di paese, se Canio – definito clown dall’ineffabile Clerici –  era vestito da pierrot mentre si esibiva in quel pezzo che si “intitolava” originariamente “Vesti la giubba” (come ci assicura la presentatrice)…e si potrebbe andare avanti. Certo qualcuno dirà: l’importante è che l’opera sia arrivata in prima serata sulla Rai. Non è vero: non è così importante. Non è neppure così necessario. Sicuramente non si fa un buon servizio alla musica: se si vuole educare il pubblico televisivo (come se fosse compito della TV peraltro: ma evidentemente certi vizi da socialismo reale in Italia sono duri da eliminare) lo si faccia con spettacoli dignitosi e coerenti. Non c’è nulla di male se l’opera rimane nei teatri, così come nessuno si lamenta se la fisica quantistica rimane nelle università: credo che la semplificazione e l’avvicinamento dal basso (quello che Gaber definiva disgustato con “la cultura per le masse è un’idiozia”) contribuisca fattivamente all’ignoranza generalizzata dell’italiano medio. Dimenticavo: come in uno stadio o in una staterello sudamericano la serata si è conclusa con l’immancabile Inno di Mameli sbraitato da tutti con tanto di mano sul cuore. Mai lasciarci sfuggire l’occasione di esibire un patriottismo da terzo mondo!

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73 pensieri su “Quando l’opera va in TV

  1. Faccio notare a Duprez che in un paese del socialismo reale uno spettacolo come quello di ieri sera non ci sarebbe mai stato. Per quello è necessario il capitalismo maturo, tanto difeso dai vari Giannino e Boldrin e Zingales.
    Marco Ninci

  2. Eh, caro Duprez, che dire? Non posso che esprimerti la mia solidarietà. Ho commesso il tuo stesso errore l’anno scorso e, questa volta, ho guardato “Criminal Minds”, ché se di orrore si deve trattare, almeno che sia raccontato con professionalità. Poi, difficile resistere alla tentazione dell’orrido, ho buttato un occhio durante le pubblicità per sentire e vedere – cito in ordine sparso:
    – i pietosi resti di Domingo cantare le prime frasi di “Dio di Giuda”;
    – ancora Domingo con Bocelli fare scempio del duetto dei Pescatori di Perle (ho resistito credo mezzo minuto);
    – una frase da “La Traviata”, poco prima del momento topico “Amami Alfredo”;
    Cose niente affatto belle. Se questo è il modo di portare l’Opera al grande pubblico allora meglio soprassedere.
    Poi concordo con Marco e Mancini: la crisi del pensiero che stiamo vivendo oggi è figlia del capitalismo maturo e direi anche marcescente.
    Siccome suppongo che l’anno prossimo lo spettacolone si ripeterà, posso solo col cuore consigliarti di dimenticare, per quella sera, di avere il primo canale RAI sintonizzato sul televisore…

  3. ancora l’anno prossimo?????????? Cielo, mi metterò gli occhiali da sole per sopportare la vista di tanta paccottiglia. Spero che maestri abbia partorito per allora, e la clerici finito di allattare sennò…….

  4. Carissime Lily e Lontanodalmondo, non vorrei passare per stalinista; nulla è da me più lontano. Quando leggo l’intervista di Volkov a Shostakovich (non voglio entrare nel problema se sia autentica o no), mi commuove sempre l’accenno di uno Shostakovich ormai anziano al passato; e questo è fatto di cadaveri, di montagne di cadaveri. Terribile; e questo è senz’altro autentico, lo sguardo angosciato di un musicista che D’Amico giustamente definiva, semplificando ma anche cogliendo in qualche modo nel segno, come il più cupo della storia della musica. Il più cupo ma anche fra i più grandi, coinvolto suo malgrado in polemiche dolorose. Da una parte le avanguardie lo rifiutavano e lo rinchiudevano nell’angolino riservato ai reazionarucoli da quattro soldi. Dall’altro la guerra fredda lo rendeva inviso ai reazionari nostrani; facile per questi difendere una democrazia nella quale non rischiavano nulla e dare poi dello stalinista a Shostakovich. Un paradosso per chi tutta la vita non aveva fatto che aspettare di essere arrestato durante la notte. Terribile, dico. Ma una cosa ai comunisti deve essere riconosciuta: un sacro rispetto, certe volte perfino eccessivo, per la cultura. Un mercato come quello di ieri sera per nessuno di loro sarebbe stato pensabile, nemmeno per uno strenuo nemico della modernità, della grande modernità, come Zdanov.
    Marco Ninci

    • Caro Marco,
      tutto quanto scrivi a proposito di Shostakovich mi trova in toto concorde. Poi non che io abbia pensato che tu sia un nostalgico della vecchia Unione Sovietica. D’altra parte, penso che proprio alla fine di questo tuo intervento tu metta in evidenza un punto fondamentale: il socialismo reale, con tutti i suoi difetti e le sue degenerazioni, non era solo un modello economico ma anche un sistema di pensiero – ripeto, criticabile finché si vuole, ma pensiero. Il capitalismo, per contro, è solo un modello economico, all’interno del quale ogni cosa – e persona – è ridotta a numero, a merce, a variabile di qualche complessa equazione per calcolarne il valore di mercato, cioè, in definitiva, il prezzo. Di pensiero nemmeno l’ombra. E i risultati sono, ahimè, sotto gli occhi di noi tutti, e non solo in ambito musicale.
      Buon tardo pomeriggio – finalmente mite e asciutto – a tutti.

  5. Duprez, che dirti? Sono sostanzialmente d’accordo con te. Anzi, più che sostanzialmente.

    La lirica sarà abbastanza grande da farsi ricordare per cose migliori di queste? Io spero di sì.

    Sto guardando un libro commemorativo uscito oltre 10 anni fa e dedicato a Victor de Sabata. Ebbene, c’è la sezione dellle cronologie scaligere di costui, dal 1930 agli anni ’50.
    Queste persone che dicono “Bocelli porta i GGGGGIOVANI alla lirica” hanno mai sentito parlare di questi cantanti? Si leggano i nomi: Augusto Beuf, Carmelo Maugeri, Ettore Nava (l’Amonasro titolare delle Aide del 1937-38, anche in tournée a Berlino), Piero Biasini, Gaetano Viviani (impegnato, in questo caso, nella Salomè di Strauss), Duilio Baronti, Raffaele de Falchi, GIuseppe Lugo, Nino Piccaluga. Questo per non citare i mostri sacri come Gigli o Pasero. E anche alcuni nomi ancor più negletti: Clara Jacobo, Antonio Bagnariol, Antonio Salsedo, Franco Zaccarini. Di questa gente non esiste quasi testimonianza discografica. E oggi ci dobbiamo sentir dire che la lirica è Bocelli?

      • Sono riuscito a trovare uno spezzone dell’Aida portata da De Sabata a Monaco e Berlino.
        http://www.youtube.com/watch?v=iyNasdL9CHI
        A parte la qualità sonora decisamente buona (la radio tedesca ci sotterrava), si sente questo Ettore Nava, oggi ignoto ai più, che fa sentire una voce solidamente emessa. Non sarà stato Tagliabue, ma il livello delle “seconde linee” dell’epoca è decisamente sufficiente a dare a Bocelli la dimensione che gli compete sul palcoscenico lirico: un nano (per giunta amplificato) in un universo di giganti (ieri molto più di oggi, ma questa è la storia).

  6. Tutto quanto mi viene da dire su questa serata da Ambra Jovinelli, beninteso col massimo rispetto per l’ avanspettacolo nel quale spesso lavoravano professionisti seri, oltretutto registrata e col pubblico gestito come in uno studio televisivo, con gli applausi a comando (come raccontatomi da amici che lavorano in Arena) è una battuta.

    La Clerici e la lirica? “Ma falle gli occhi neri…”

  7. Cara Lontanodalmondo, mi fa piacere raccontarti un episodio. All’inizio degli anni Duemila andavo da Firenze a Roma su un treno che veniva da Venezia. Su questo treno c’era una copia del “Gazzettino”, che ho cominciato a scorrere. E’ un giornale che, per motivi ovvi, non mi capita mai in mano. Ma su questo giornale c’era un’intervista a Innocenzo Cipolletta, allora un pezzo grosso (non mi ricordo con precisione che ruolo aveva) di Confindustria. In questa intervista Cipolletta faceva una considerazione interessante sullo stato sociale (ancora non c’era l’uso di chiamarlo “welfare”). E diceva una cosa precisa. Noi l’abbiamo costruito per rispondere alla sfida costituita dai paesi socialisti. Ora che i paesi socialisti non ci sono più, non vedo il motivo per cui dovremmo mantenerlo. Elementare, Watson. Limpido, preciso; soprattutto, sincero. E privo di quelle contorsioni cui sono obbligati i profeti della sinistra “moderna”, i Blair, gli Schroeder, i Letta, per dirti la stessa cosa. Ma prima di tutto queste parole, che per me sono una boccata d’aria pura, mettono in evidenza un dato che si tende molto spesso, e colpevolmente, a dimenticare; che queste scelte sono sempre politiche, non sono mai contabili. Derivano da rapporti di forza e non hanno nulla a che vedere con il fatto che “avremmo vissuto al di sopra dei nostri mezzi” e che dobbiamo ora “fare i compiti a casa”, frasi che mi irritano oltre ogni limite. Perché, come tu dici giustamente, queste frasi sono la negazione del pensiero e un monumento all’ipocrisia. E’ un’altra faccia di questo raccapricciante capitalismo, nel quale sembra persa ogni aspirazione all’autenticità.
    Ciao e un saluto affettuoso
    Marco Ninci

  8. mah che dire, ieri mi sono ascoltato il ballo in maschera di Pappano,e forse se ho voglia ,vedrò questo surrogato che viene propagandato come spettacolo lirico in rai replay,in base a quello che ho visto nelle ultime edizioni,è solo un polpettone da servire a un pubblico generalista,che anni di drive in , è simili,oltre a spettacoli da usa e getta,hanno formato un pubblico televisiso dal pensiero labile.
    non è il capitalismo che porta a questo,solo che un certo signore che grazie alle sue televisioni ha degradato la qualità in generale,e la rai si è accodata.
    mi ricordo certe feste dellunita di paese , quando ero giovane,che oltre a fare da mangiare,e ballare,facevano dibattiti ,proiettavano film qualche spettacolino,la gente che partecipava era sempre pochina,finchè qualcuno ha detto,è basta con questi dibattiti,film,e altre cose del genere,la gente vuole divertirsi.senza stare troppo dietro a questi discussioni.è difatti in qualsiasi festa dell’unita(o meglio del pd )che non siano quelle importanti,ci si limita a fare da mangiare,è un orchestrina per ballare,ecco cosi è la televione nelle ore di maggior ascolto,la gente non vuol pensare vuole solo divertirsi,come questa buffonata (per noi ) della Clerici,però se tra un pubblico generalista questo programma ha avuto successo,beh meglio che niente, hanno avuto un infarinatura,certo che è assurdo che sia Bocelli ha rappresentare la lirica,nell’edizione dell’anno scorso a parte Grigolo,mi ricordo di qualla giovanissima soprano,che ha cantato quell’aria della figlia del reggimento,bella voce,non ne ho piu sentito parlare.qualcuno ha qualche notizia?

  9. concordo su tutto con tutti; purtroppo anch’io ho visto un po’ del programma. Trovo interessante il paradigma dell'”ipocrisia” per interpretare tutte queste manifestazioni politiche-artistiche, è molto vero, ed è catastrofico

    • D’ accordo. Con il “beh meglio che niente” abbiamo come risultato quel tipo di pubblico che negli anni Novanta, dopo i concerti dei Tre Tenori, andava nei negozi di dischi e voleva comprare “Vincerò”. E questa sarebbe educazione? L’ infarinatura va bene per il pesce prima di friggerlo!

  10. Conosco da vicino coloro che preparano spettacoli per commemorazioni, centenari e anniversari di ogni tipo. Che vi posso dire: quelli che li compilano li considerano solo occasioni di mercimonio, nel senso che si aspettano un mero ritorno di “daneè”
    Chi ci marcia in tale occasioni sono (ahimè!) le agenzie.
    Come non chiedersi come mai girano sempre gli stessi nomi di cantanti. Di norma se un cantante è serio non si prostituisce
    per simili pacchi che comunque vanno infiocchettati per il pubblico
    meno esigente. Una cosa va detta: un tempo la rai (ahi-ahi-ahi) non ci si prostrava, e non per emulazione delle TV private, ma per un residuo di decenza. Non sono d’accordo con Duprez quando pensa che tutta questa paccottiglia sia solo televisiva, molti teatri si sono prestati a farne una fonte di reddito, extra.

  11. solo un appunto all’indecente pagliacciata ad uso dei beoti che ancora credono che in questo modo si porti la cultura alle masse……… onor di verità vuole che si sottolinei come, Bocelli, Clerici e campagnia ululante al seguito permettendo oramai i tatri italiani si stiano sempre più svuotando. Punto. L’arena stessa sono anni che non vede i tutto esaurito di vent’anni fa. Gli unici teatri che ancora fanno numeri meno deprimenti sono appunto l’Arena ( ma provate a vedere quanta gente va ad uno spettacolo invernale al Filarmonico…) e la Fenice dove frotte di turisti tra una foto con i piccioni e un giro in vaporetto in canal grande trovano una serate per questo prodotto tipico locale…come sono pittoreschi questi italiani. e meno male che i biglietti del teatro li vendono insieme al pacchetto turistico…

  12. ho provato anche io a farmi del male ma dopo aver ascoltato un canzonettista microfonato (Bocelli) due pseudo baritonetti che parevano usciti da un talent della De Filippi e il bluff per antonomasia (Domingo ) Pulsante off dalla tv e buona notte.

  13. Ostrega !
    Ho visto anch’io 4 o 5 minuti su un “balletti” della mia adorata Aida che sono stati “saccagnati” villanamente.
    (preciso per dovere : il saccagno era una lama adattata con cui il borsaiolo tagliava la tasca del derubando per arrivare al valsente).
    Poi ho cambiato canale, ma la curiosità e quel po’ di masoch che mi allietano, mi hanno spinto di nuovo lì.
    Ringrazio Ninci per l suoi posts, che condivido nella sostanza.
    Ringrazio anche Mozart, che mi ha ricordato di avere personalmente incontrato un p….a che chiedeva “vincerò” in un negozio di Como, e che all’ Ambra Jovinelli – verificato de visu tanti anni fa’ – si esibivano fior di professionisti, altro che ‘sta robaccia !
    Non ringrazio bocelli, clerici – fossi in lei coprirei la peciottera – el flebo-domingo, e il resto, anzi i resti, di chi ha berciato in arena ieri sera.
    D’altronde, siamo da tempo al “panem e circenses”…..

  14. dopo averla vista su rai replay questa trasmissione, che dire? resto dell’idea che mi sono fatto nelle altre edizioni, insomma è stato solo un gran polpettone ,è una trasmissione scadente,ma nazional popolare,non di nicchia.
    certo magari l’opera tornasse veramente nazional popolare come una volta…

    • Ma davvero è necessario che l’opera sia “nazional popolare”? A furia di “abbassare”, “volgarizzare”, “semplificare” non si facilita la comprensione, ma si contribuisce a rendere più ignorante un pubblico trattato sempre come una massa di mentecatti.

      • Totalmente d’ accordo. Non si può assecondare la pigrizia del pubblico trattandolo come un neonato da imboccare. Come diceva Fedele D’ Amico, nemmeno le quattro operazioni si possono iniettare con la siringa. Per assistere a qualsiasi forma di spettacolo è richiesto un minimo sforzo di comprensione; anche per vedere una semplice partita di calcio, bisogna almeno fare la fatica di imparare le regole. Ma poi io trovo odiosamente classista questa distinzione tra noi che saremmo persone “colte” e il popolaccio ignorante che andrebbe educato con questa roba.

  15. E’ un problema vecchio quanto il mondo. Si sa che non tutti possono leggere la “Scienza della logica” di Hegel. Non tutti possono andare al cinema e godere di “Ordet” di Dreyer. Non tutti possono ascoltare il “Crepuscolo degli dèi” e goderne come farebbero invece a contatto con “Pagliacci”. Nonostante questo i vantaggi di una mediazione buona e intelligente non sono da sottovalutare. Soltanto occorre avere talento per farlo; il che non è certo il caso della Clerici. Basta pensare all’opera straordinaria, a mio parere una vera rivoluzione copernicana, che sta facendo sul suo blog (“Goofynomics) l’economista Alberto Bagnai, nel momento in cui fa vedere le criticità della moneta unica e il suo sostanziale fallimento. E tutto questo senza abbassare il livello teorico della discussione. Perché tutto si può spiegare alle persone intelligenti, anche se non sono colte o competenti. Tante volte anzi la supposta competenza crea barriere che impediscono di capire. Ma quest’ultimo è un mio discorso vecchio, sul quale ho già discoso con Giulia e che non vorrei riaprire qui.
    Marco Ninci

  16. Prima di postare il mio primo commento, vorrei salutare tutti gli animatori di questo blog e ringraziare coloro che lo hanno ideato.
    Leggo da alcune settimane le vostre discussioni e, anche se spesso mi trovo in totale disaccordo, devo ammettere di aver trascorso diverse piacevoli serate spulciando tra i vari argomenti, ascoltando, confrontando, approfondendo su altri siti. Insomma…davvero grazie per l’ottimo lavoro!!!

    A proposito della discussione in corso, vorrei ricordare a Gilbert-Louis Duprez che l’opera è stata viva e feconda finché è stata nazional popolare, animata nei teatri da un pubblico semplice e volgare, sorretta da un’inconsapevole e pure irrefrenabile urgenza dell’animo. Lo stato penoso in cui versa attualmente, è frutto in parte della normale evoluzione del gusto, in parte di chi ritiene che il “bello” vada definito e tutelato da apposite commissione di illuminati, ovviamente colti ed intelligenti.
    Condivido in parte ciò che scrive Marconinci. Tuttavia, l’esclusione dei “non intelligenti”, che sembra essere implicata dal suo ragionamento, non riesco a comprenderla pienamente. Infine io ritengo, parere questo del tutto personale, che la moneta unica sia una delle poche scommesse coraggiose e profetiche che i popoli d’Europa abbiano saputo concretizzare.

    • condivido tutto, ma mi soffermo su questa sua frase: ” Lo stato penoso in cui versa attualmente, è frutto in parte della normale evoluzione del gusto, in parte di chi ritiene che il “bello” vada definito e tutelato da apposite commissione di illuminati, ovviamente colti ed intelligenti.”
      Qui dissento quasi del tutto. il gusto è una componente variabile col tempo, le mode, i cambiamenti del mondo in generale che di certo influiscono nell’esito finale. e il gusto c’è, agisce ed influenza, e ne abbiamo più volte parlato discutendo ad esempio l’influsso portato da cantati famosi, caruso, callas etc…
      il problema del declino dell’opera attiene però principalmente alla sfera della tecnica vocale, indipendentemente dai gusti di ciascuno, dai luoghi e dal repertorio. Parliamo di TECNICA, ossia degli strumenti che permettono il canto e consentono la realizzazione delle idee, che possono esserci o non esserci. Il che, poi, a ben vedere anche nella direzione orchestrale come nella regia, è una condizione di declino generalizzata, di PERDITA DI COMPETENZE TECNICHE, che inficia tutto. Quello che abbiamo visto in tv l’altra sera era certamente popolare come idea, ma se avesse avuto realizzazione competente e capace, anche scenicamente ( chi ha mandato in scena Maestri così malvestito non è capace di vestire un cantante né di vederlo…dico bene?), sarebbe stato altro spettacolo. abbiamo poche idee, poco da dire, perché l’opera è ormai estranea al nostro mondo e al nostro modo di oggi di rapportarci a questa arte, ma andiamo anche in scena nelle mani di persone sempre meno capaci. le quinte cadono a milano come a roma, le orchestre suonano peggio di un tempo, i direttori d’orchestra con l’opera ormai poco ci azzeccano, i cantanti fanno fatica ad istruirsi e a trovare bravi maestri etc…si chiama PERDITA DI COMPETENZE, e se parla anche per altri contesti e livelli. Siamo incapaci in certi settori di trasmettere a chi viene il sapere accumulato in passato, esperienza e pratiche…
      quindi caro Gottardo lasciamo l’ironia sulle censure dei saggi o degli intelligenti dove deve stare, cioè fuori dalla discussione. se lei ritiene davvero che lo standard della lirica sia, in termini generali, lo stesso di 50 anni fa non so che dirle, ma l’oggettività di questa discesa è misurabile e documentabile con fatti , esecuzioni, cronologie, video, dischi etc etc…

    • Caro Pomponio, piaccia o meno l’opera non è più un genere “popolare”: è diventato giocoforza intrattenimento colto (che non significa snob), nel senso che il posto che essa aveva nel’800 o nei primi anni del ‘900, è stato preso dal cinema prima e dalla televisione poi. L’opera come genere musicale fecondo e attivo è venuto meno, parallelamente al recupero storico e culturale: oggi si rappresentano titoli di ogni epoca, nel XIX secolo non accadeva. Non comprendo quindi l’esigenza di semplificare per facilitare l’accesso: a parte che non credo che si renda maggiormente fruibile l’opera con eventi tipo quello areniano. Io credo che le persone siano abbastanza mature da poter scegliere quel che gli piace ascoltare: se a uno non piace l’opera non vedo con quale diritto o dovere culturale gli si deve imporre o facilitare l’ascolto. Ogni disciplina necessita di una preparazione di base che non può essere elusa: è il fruitore che deve prepararsi, non certo l’arte imbruttirsi per rendersi maggiormente appetibile. Se voglio leggere un trattato di fisica teorica metto in conto difficoltà che – pur nella scelta di testi divulgativi – sono connaturati alla disciplina stessa, non pretendo che sia di lettura immediata come la Gazzetta dello Sport. Lo stesso per l’opera: si può partire da un repertorio più facile e immediato, ma non deve mandare tutto “in vacca” per renderlo maggiormente fruibile a chi non vuole fare alcun passo per comprenderla.

      • Carissimo Gilbert
        io, invece, credo nel valore della semplificazione. Credo anche che i processi di “democratizzazione”, tipici del consumerismo moderno, possano non essere solo un male. Concordo pienamente con la tua osservazione circa il fenomeno del recupero storico e culturale come segno del cambiamento che il melodramma ha subito nel corso degli ultimi 70 anni. Tuttavia, ritengo che i nuovi mezzi di comunicazione possano svolgere un ruolo potentissimo nel riallacciare quel filo di familiarità e di affetto che ci ha sempre legato come popolo al mondo dell’opera e che sembra essersi spezzato. Quando penso ai concerti dei tre tenori, al vari Pavarotti and friends, a Bocelli o alla Caballé che canta con Freddy Mercury credo che non abbiano dato luogo a nessuna operazione di fine filologia musicale o culturalmente raffinata, ma hanno acceso i riflettori su di un mondo che langue. Hanno raccontato a tutti, anche ai Millennials, che l’opera “esiste” e può essere addirittura di moda. Mi rendo conto che Antonella Clerici possa apparire un po’ inadatta e che Placido Domingo non sia oggi il massimo da mettere in vetrina ma almeno qualcuno ha allestito una vetrina in prima serata e su RAI 1.

        • Caro Pomponio, scusami, ma è proprio questa l’impostura: trattare l’opera o la musica classica in genere come fosse un festival di canzonette non amplia la platea degli appassionati, ma impoverisce la già scarsa qualità generale. La TV ci tratta come otri da riempire di scemenze, per “educarci” dicono, ma in realtà contribuisce solo a impigrire i cervelli: ma davvero è uno sforzo eccessivo far ascoltare un tenore vero e non uno stonato canzonettaro? Davvero credi che il pubblico sia così imbecille da non poter “reggere” al fatto che “vincerò” (come la chiama pure A. Grasso improvvisato critico musicale) sia “nessun dorma”? Ma chissenefrega dell’opera in TV, l’opera va fatta nei teatri, non negli stadi o nei circhi.

    • ciao non siamo, per ignoranza diffusa, un blog di economia. Tutti troviamo comodissima la moneta unica. Se hai una “certa” età avrai sperimentato quanto fosse scomodo viaggiare in europa prima dell’euro. Quanto al gusto che cambia rilevo che il gusto può essere cresciuto ed educato. Potrei raccontare, pur non unica e speciale, la mia esperienza di ascoltatore principiata con il monito “di stefano è sempre sguaiato negli acuti” oppure “le note della stignani sono tutte uguali” frasi buttate lì da chi mi portò per prima all’opera e che nel tempo hanno fatto effetto. Potrei, passando all’applicazione pratica del canto ricordare che Miguel Fleta, uno dei tenori più eleganti (fors’anche un poco lezioso e ricercato) nasceva guardiano dei maiali in un paesino della Spagna e Mario Basiola, bracciante in quel di Annicco provincia di Cremona. Eppure….

  17. commento popular l’opera popular si faceva nel 1934 sulla piazza di cremona all’ombra del torrazzo proponendo Gioconda con il seguente cast Cigna/Gigli/Basiola/Pederzini/Nicolai al castello sforzesco 1939 proposero Rigoletto con Galeffi e la Pagliughi (ricordo vivo di mia madre per la voce di Galeffi e le dimensioni della Linona) nel 1952 o 1953 all’Arena si alternavano nei panni di Violetta Valery le signore Olivero e Callas e se vogliamo possiamo andare avanti. era opera popolare con i cantanti più famosi ed amati, i titoli più conosciuti, angurie, meloni, pane e frittata, birre e gassose. Ma quei cantanti e tanti altri menzionato da Er gratta erano professionisti solidi e capaci, taluni artisti di levatura storica (non mettiamoci a discutere su Callas ed Olivero o Galeffi) che non disdegnavano cantare per tutti ed in tutti i luoghi, ma lo facevano con un professionismo ed una preparazione, che non ammetteva sbandamenti o compromessi, perchè non li permetteva la cosciezna dell’artista, la legge del confronto, della sopravvivenza, la critica ed il pubblico. Sentire al riguardo un primo atto di Otello cn Francesco Merli (1939) al Castello, nessuna differenza con quello dell’inverno in Scala con de Sabata e la Caniglia ossia con il top allora in circolazione

  18. Caro Pomponio, un po’ d’intelligenza ci vuole. Su questo non c’è niente da fare. Sull’euro. Sarà stato anche più facile viaggiare, non c’è dubbio. Ma la politica che è stata imposta dall’adozione dell’euro ha distrutto economie intere. Questa non è una verità rivelata; ma almeno gli economisti critici hanno avuto il merito di avviare una discussione su un tema che prima di loro era oggetto di una venerazione quasi mistica. Soprattutto da parte della sinistra. Il che conferma una cosa sempre più vera; non c’è nulla di meglio della sinistra per fare una politica di destra, riduzione dei salari e distruzione dello stato sociale. La decadenza dell’arte ha a che vedere con questi temi più di quanto non appaia a prima vista.
    Marco Ninci

  19. Ha assolutamente ragione Ninci quando scrive che “tutto si può spiegare alle persone intelligenti, anche se non sono colte o competenti” avendone il talento. Ed anche la Rai Tv ha dato nengli anni buoni esempi in tal senso, nel caso presente invece credo non si debba neanche porre la questione se è il giusto o no questo modo di far riguadagnare popolarità ad un genere che l’ha persa. Quello che fanno Clerici and Co., Bocelli o a suo tempo Pavarotti buon anima non è opera; é un nuovo genere, che parte dall’opera ma che rimasticato, sbocconcellato, macinato, mixato e digerito è tutt’altro. Uno spettacolo. Uno spettacolo scemo, volutamente superficiale, in pillole, orecchiabile per pochi minuti alla volta, cotto e confezionato per una fruizione epidermica e veloce. Non è neanche il caso di discutere se è il modo giusto o no di diffondere l’opera, é un altra cosa; è un prodotto diverso. Come comparare una cucina casalinga ad una minestra precotta da scaldare 5 minuti in microonde. 2 cose nate per target di mercato diversi.

  20. Per Pomponio, benvenuto, e seguendo Giulia (Chapeu !) e gli altri, (non ho più cappelli e ce ne vorrebbero tanti stasera).
    Vediamo un po’ : Regio di Parma, primi anni ’40, Cavalleria Rusticana ( l’ aneddoto è di mio padre ed è certo. perchè ho conosciuto altri che erano in teatro quella sera), il tenore è “un cane” (sic !), e quando arriva all’ addio alla madre e dice “vado fuori all’aperto”, dal loggione parte un devastante ” toev ben sò la caerta !”, e il teatro vien giù dalle risate, poveretto !
    Poi, e qui viene il bello, si scoprì che il disgraziato aveva già dovuto scappare dalle piazze di alcuni paesi in cui si era esibito nella stessa parte.
    Vogliamo ancora parlare di popolarità dell’ opera ?
    Donzelli con La Gioconda del ’34 a Cremona docet….

    • e ti aggiungo un particolare quell’anno si facevano, credo anche i lituani perchè era il centenario di ponchielli. Però siccome la “bella” del ras di cremona (roberto farinacci) si chiamava gianna pederzioni venne aggiunta (chissà perchè?) la carmen……. la mentalità era la stessa, ma ti prendevi la pederzini in carmen…. oggi chi avremmo…

  21. Accesi per sbaglio il televisore, pensando che fosse ora di telegiornale. Vidi una nuvola svaporante in rosa con accanto una signora che parlava di Pavarotti e della fondazione a suo nome.
    La rosea disse, presentando l’astro Bocelli e altri quattro svociati, che erano il testamento di Pavarotti, che volava in cielo con lui … più o meno così, ho rimosso le parole esatte, ma so di certo che pensai che il testamento di Pavarotti era finito nelle mani di quella signora della fondazione e che, se quello musicale erano Bocelli and company, ne avremmo fatto volentieri a meno. Poi Bocelli attaccò Manrico, nel vero senso della parola, perché gli fece molto male … io pensavo a Popper e alle sue teorie sulla televisione.

  22. sono molto critico verso Bocelli cantante d’opera,molto meglio nel suo campo cioè tenore pop di canzonette,ma voglio spezzare una lancia in suo favore,a volte non si prende in considerazione,che Bocelli come non vedente,non può leggere lo spartito,nemmeno leggere le parole,deve tutto memorizzare,anche se ha un assistente a fianco,e sopratutto non può vedere il direttore d’orchestra,che è un vero faro (almeno dovrebbe essere ) in una recita,o quando si ha una grande orchestra alla spalle,ma Boccelli vende..e di conseguenza viene osannato,comunque anche lui comincia a dimostrare i suoi anni nella voce.

  23. oltre alle tue giuste considerazioni (che lo penalizzano anche in studio dove pure con tutti i supporti tecnici a disposizione non é mai riuscito a realizzare quello che le sue doti gli avrebbero consentito) aggiungerei che la voce ha un’omogeneità non comune, un bel colore e le prime due ottave sono a posto. Nell’ottava alta la voce si restringe in maniera anomala, anziché espandersi e quindi i suoi acuti sono sottili al limite dell’udibile e si possono apprezzare solo in disco. Intenditori nati negli anni venti che lo hanno sentito insieme a me a Verona nell’Amico Fritz e nella Messa di Versi, hanno fatto anche paragoni con tenori leggeri del passato e Bocelli ne é uscito con giudizi lusinghieri. Di sicuro é un passo avanti rispetto all’icona dei tenori da disco (Mario Lanza) ed é una gloria nazionale a cui mi piacerebbe si desse una volta la possibilità di cantare alla Scala.-

  24. albertoemme, il dottore !
    …una pastiglia per la tosse, una per la febbre, una per il mal di gola…
    Mozart è un signore, francescoemme… buona !
    Il guaio è che il dottoralbertoemme, …se rispondesse ai posts in altri commenti, ma forse è in difficoltà – con la stessa prontezza con cui tira battute sulle qualità canore dei Bocelli : l’ Amico Fritz, (anemo figioi !), la Messa di Ver(s)di (credo), e il paragone con Mario Lanza…
    Ouei giuvinott !!!
    Mario Lanza in casa mia, ma solo per fugare eventuali dubbi, non entrava neanche pagando, e il prezzo sarebbe stato troppo alto per lui, chiaro ?!
    Il buon Bocelli, limiti visivi a parte – e qui concordo con Mozart -, absit iniuria verbis, è un tenorino leggero che mi ricorda Claudio Villa, solo che ha forse meno voce di lui, e Villa non andava all’arena a cantare brani d’opera, mi spiego ?
    …e va subito in debito di fiato, il che, a parte il fatto che la sua terza ottava manca di spessore per limiti suoi, gli garantisce quella che , dottoralbertoemme lei – si, preferisco la terza persona – bontà sua, chiama strozzatura.
    Quanto agli intenditori nati negli anni venti, se hanno detto quel che lei riferisce, credo gli serva un otorino.
    Lettura di spartito a parte, mi scusi, lei sembra aver scelto la parte del bastian contrario…forse il guaio è, come ha scritto lei altrove, che c’è chi ha visto Tucker…, eheh !
    E mo’, mi mandi pure a quel paese, tanto il dato di fatto non cambia, nè per Bocelli, nè per Tucker… fosse invidia la sua ???

  25. Comunque il buon pasquale ha detto una stupidaggine grande come una casa. Ricordo che la Callas era miope come una talpa e senza occhiali non vedeva a un metro di distanza, eppure in scena non sgarrava il tempo neanche di una semibiscroma, perchè era una professionista, lei!!!

  26. Figuriamoci se mando a quel paese Akonkagua che sta al Corriere della Grisi come Gallego stava a Maradona, o Trapattoni a Rivera…piuttosto insisto col sostenere che Pasquale non ha detto alcuna sciocchezza…basta provare a cantare una romanza su una base e accompagnati al pianoforte o meglio ancora coll’orchestra. Nel canto si sa non é solo la nota bella e giusta “qui fait la guerre” sono anche quelle piccole intuizioni estemporanee dove il rapporto cantante accompagnatore deve essere intensissimo. A mio avviso la situazione di Bocelli é per lui molto penalizzante e ritengo miracoloso quello che come artista é riuscito a dare.-
    Vostro Francescoemme

    • La ringrazio per la bontà che mi dimostra, dottore, e mi congratulo con lei per la sua competenza, calcistica naturalmente,… perchè con le voci…
      Per il resto, se ci sta lei qui dentro, con le frescacce che spara, ci possiamo benissimo stare tutti e due.
      Si ricordi ogni tanto di scendere dal piedestallo su cui si è proditoriamente auto-issato.
      Lo dico senza intenzione di offendere, solo per la sua salute, perchè tutta l’aria che prende lassù poi le da’ alla testa e i risultati si leggono.
      Qualche aria in meno, caro dottorealbertoemme, e forse si avvicinerà un po’ alla definizione con la quale firma il suo ultimo spropo-post.
      Quanto all’oggetto del contendere, sono sinceramente dispiaciuto per la menomazione di Bocelli, ma la sua voce è quella che è, e nè lei nè altri ci possono mettere una pezza.
      Sono d’accordo sull’affiatamento necessario fra cantante e accompagnatore, è vero, basta provare per rendersene conto, ma nessun sostegno risolve le vere carenze vocali e il problema di Bocelli è proprio quello, quando sale non ha spessore, debito di fiato precoce ed evidente a parte.
      Suo, umilmente ma non troppo, akonkagua (quello che ha “visto” Tucker, eheh).

    • mozart io ho messo in evidenza la difficoltà di un cantante “lirico” di relazionarsi con l’orchestra o accompagnatore,e seguire le indicazioni del direttore di orchestra,non parlo di cantanti che cantano in complessi musicali,dove nella voce, non ci sono le sottigliezze di una recita lirica,o romanze,sulla vocalità di Bocelli come cantante d’opera ho sempre scritto che in teoria non lo è,ma in pratica piace e vende,e io volevo solo sottolineare le difficoltà di un non vedente a relazionarsi con gli accompagnatori.
      poi che tutti possiamo cantare anche senza vedere spartite o note(a meno che si è sordi o stonati per natura),basta una canzone orecchiabile,è possiamo cantarla,ci pensa il cervello a decifrare senza che noi ci rendiamo conto,le note.

    • Scusa Mozart, non mi sono forse espresso bene, quando dico che le carenze vocali non si possono risolvere con accompagnamenti o altri aiuti, intendo proprio quello che dici tu : la musica non necessita di luce.
      Bach, Ray, Stevie, Walcha, l’ultimo Haendel, ecc…. lo dimostrano.
      Accennavo alla cecità di Bocelli solo strumentalmente, cioè : è chiaro che essere in quelle condizioni non è gradevole, però poi se decidi di cantare, diventa solo un problema tuo, mezzi fisici e studio.
      Tutto qui.
      Se poi vogliamo parlare dei sordi eheh…

      • Tranquillo, non mi riferivo a te ma a pasquale che parla di cose di cui non sa nulla. I ciechi studiano musica esattamente come gli altri, nei Conservatori esistono classi apposite per loro. Ho citato Lennie Tristano, che era un pianista jazz e NON un cantante, perchè era diplomato in composizione e aveva imparato a leggere e scrivere la musica come chiunque. Solo usava gli spartiti scritti in Braille. Comunque, per fare un paragone appropriato, ascoltatevi gli ultimi dischi incisi da Borgatti, che aveva lasciato le scene proprio perchè era diventato cieco e trovate le differenze…

          • la mia chiosa di partenza era la difficoltà di un cantante non vedente,di relazionarsi con gli accompagnatori,orchestre e direttori,poi possono anche essere delle cime in canto composizioni ecc.
            Bocelli come non vedente ( ma da giovane prima della malattia vedeva,e forse è peggio) deve superare questo handicap che i vedenti non hanno,è solo a questo mi riferivo.
            D’altrone a parte le cecità,di cantanti esecutori e compsitori,un Beethoven da sordo ( anche se in maniera progressiva) ha composto pagine immortali.

  27. eheheh, qui egregio Mozart mi diventi feroce, capirai, loro piangono sul “povero” Bocelli e tu gli spari lì Borgatti…è una sculacciata !
    Il resto poi è tutto vero e chiunque lo puo’ verificare sempre e dovunque.

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