Sorella radio: Un ballo in maschera a Santa Cecilia

Il Ballo in maschera dell’Accademia di Santa Cecilia radiotrasmesso sotto la guida di Antonio  Pappano e con un cast che prevedeva Francesco Meli , Dmitri Hvorostovky, Liudmyla Monastyrska, Dolora Zajick e Laura Giordano  è la dimostrazione che, per eseguire un titolo del melodramma, servono in primo luogo i cantanti e che in assenza degli stessi un direttore, che passi per un ottimo direttore, poco o o nulla possa. Resto sempre dell’opinione che buoni cantanti con una mediocre bacchetta sortiscano un ben superiore risultato che una buona bacchetta con cantanti assolutamente inidonei.

Impossibile anche per bacchette assai più rodate ed esperte di Pappano  trarre qualche cosa da cantanti impresentabili come la Monastyrska ed Hvrovstovsky. La prima non emette suoni decenti e professionali a partire dal la acuto (salita del “consentimi o Signore”  biglietto di presentazione di  Amelia e delle difficoltà che la parte comporti). Che cosa  accada  nella grande aria del secondo atto, ma anche in frasette del quintetto che chiude l’atto o dove la voce sale al  si bem4, nell’ultimo straziante incontro fra gli amanti è difficile da definire. C’è tutto il  repertorio del  cattivo canto: note basse aperte e spinte, centri vuoti, acuti fissi e fischianti se tentati in piano, ballanti urlanti sul forte, ovunque fiati corti. E la “pensata” di far eseguire la chiusa dell’aria in un filiforme falsetto è squallida per chi l’abbia pensata e chi l’abbia praticata, come pure la salita al do5 della seconda aria.  Celebrate Amelie l’hanno omessa e rimangono Amelie di assoluto riferimento. Lo stesso dicasi per il baritono ormai aggravato dagli anni oltre che dal discutibile metodo di canto sia alla scena iniziale che all’aria del terzo atto dove non riesce a cantare  non dico piano, ma mezzo forte senza emettere suoni stimbrati e fissi. L’autentico miracolo è che entrambi arrivino a terminare i numeri in cui hanno parte.  Lievemente meglio Francesco Meli. I difetti sono quelli evidenziati per altre esecuzioni del titolo, l’idea di eseguire frasi  “a mezza voce” ovvero  piano implementa falsetti e suoni stimbrati,  il metodo di canto che ignora una corretta esecuzione del passaggio rende impossibile squillo e slancio, che per un tenore lirico (da Nemorimo e Des Grieux di Massenet) sono la condicio sine qua non per poter portare a termine l’onerosa parte del protagonista. Meglio ancora pur con la voce rotta in due tronconi  Dolora Zajick, Ulrica, parte di contralto affidata ad un mezzo acuto che anche dalla ripresa radiofonica  lascia intendere una proiezione ed una ampiezza ignota al resto del cast, nel quale dobbiamo segnalare gli strilletti ed il timbro acido di Laura Giordano, Oscar. Nessun languore, nessuna ambiguità,  nessun dire e non dire che del paggio sono la sigla e qui anche carenza in buca.

Diciamo subito che l’orchestra suona bene ed è precisa, che gli interventi del coro sono precisissimi e con un gran bel  suono ( soprattutto al finale atto secondo ed alla lugubre festa), ma la direzione latita e parecchio. Mi spiego, con cantanti come il soprano ed il baritono anche le cure palliative sono inapplicabili e quindi i numeri solistici sono persi e con essi anche alcuni ensemble come il terzetto dei “passi spietati” perché con un tenore lirico non si può far molto. Ma sono risultati pesanti tutta l’introduzione di Amelia all’orrido campo, meglio dall’ingresso dei congiurati in poi con anche qualche guizzo degli archi a sottolineare la feroce ironia dei congiurati verso il marito cornuto ( o presunto tale), ma la scena della congiura e l’antro di Ulrica  (ovvero i numeri del  direttore)  sono solo pesanti e fragorosi e, per contro non c’è  verve salottiera nella chiusa del primo quadro del primo atto e il finale dell’opera con la lugubre mazurka non rende la tragedia della festa su cui incombe la Morte.
Dirò anche per  chiudere questa  riflessione e rispondere alle osservazioni di Duprez in morte di Bartoletti che ascoltando le registrazioni di Walter e di Mitropoulos in questi passi (hanno a disposizione grandi professionisti , non fuori classe) potrei concludere che è vero che la differenza fra direttore da opera e direttore da sinfonica è inutile, ma al contempo dovrei anche
chiedergli se sia ancora convinto che Pappano appartenga alla medesima schiatta dei Walter e Mitropoulos. Domanda, mi pare consequenziale all’assunto della inesistenza delle due categorie.

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14 pensieri su “Sorella radio: Un ballo in maschera a Santa Cecilia

  1. Io ho assistito allo spettacolo dal vivo e posso dirvi che la voce di Meli è veramente bella dal punto di vista timbrico: dolce ma allo stesso tempo brunita. Il tenore è poi dotato di una verve non comune e secondo me sa stare molto bene sul palco. Gli abbandoni lirici, i passi ironici e da “sbruffone”, i momenti di disperazione…secondo me Meli li ha resi molto bene. Al di là di un confronto con i grandi del passato che hanno cantato questo ruolo, in primis Pavarotti, ritengo che Meli sia uno dei pochi che oggi, vuoi per dote naturale piuttosto che per perfezione tecnica, riescono a portare a casa il ruolo. Sarà che ho un debole per lui e che lo seguo ormai da tanto tempo…
    Mi aspettavo di più da Hvorostovsky, la voce l’ho trovata povera di armonici e anche di volume abbastanza ridotto.
    Mi è piaciuta la Zajick (l’introduzione di Pappano a “Re dell’abisso” è stata veramente spettacolare).
    Un po’ insignificante la Giordano.
    Della Monastyrska, che dire??? Grande grande volume ma un modo di cantare abbastanza rozzo, non piegato alle mille sfumature del canto verdiano. Devo però dire che rispetto al soprano drammatico che attualmente viene spesso propinato, almeno la voce non è intubata.

    • Bergonzi l’ho ascoltato, mi piace molto. Tucker no l’ho mai sentito.
      Ma quando sento Luciano cantare “Ma se m’è forza perderti” mi vengono le lacrime agli occhi…seguite da un brivido al suo “Sì rivederti Amelia, e nella tua beltà anco una volta l’anima d’amor mi brillerà”.

      • leopardi scriveva che chi non avesse sentito il primo atto di donna del lago non poteva conoscere l’opera italiana lo parafraso dicendo che non si può parlare di ballo in maschera di riccardo del ballo senza aver sentito tucker (con mitropoulos magari) gli altri gli stanno dietro salvo certe perle a 78 giri.

    • Caro Rigoletto, Bergonzi sarà pure il tenore verdiano più conosciuto e riconosciuto, grande tecnico e fraseggiatore, ma purtroppo si sa che gli acuti non sono mai stato il suo forte.
      A mio modestissimo parere, il problema suo principale è che nella brunitura del passaggio (come dice Blake “bisogna di aggiungere più color scuro”) poi non seguiva pienamente la rimozione di questo color scuro (sempre Blake) e l’acuto diverse volte rimaneva leggermente calante.
      http://www.youtube.com/watch?v=ANah5FSFXdY
      In questo ingemisco, a parte i glissandi melensi che fa lungo tutto il brano, quell’acuto finale, che è comunque grande perché in posizione e proiettato, è fastidiosamente e terribilmente calante!

  2. personalmente ho apprezzato solo i cantanti italiani
    mi ha fatto molto piacere sentire Meli meglio dei mesi scorsi, più fresco e meno in difficoltà. resta il problema degli acuti ma…..lo vedo in pole per il ballo scaligero, ove si apriranno dei varchi a mio avviso….

  3. …si parla del Ballo, e allora …a mio modo di vedere :
    Su Tucker ho un po’ rivisto la mia opinione, ero influenzato dai difetti di pronuncia, ma ora l’ ho riascoltato recentemente, con Mitropoulos sul podio, ed è perfetto tecnicamente, ha tutta l’estensione, i registri e i colori per la parte e i difetti vanno a farsi benedire, è un gran bel sentire, direi il migliore.
    Bergonzi, squillo a parte, è un altro assolutamnete da non perdere, è sempre un grande piacere e la sua voce è molto adatta al ruolo.
    Pavarotti è abbastanza apprezzabile nell’ edizione del ’78, decisamente meno in quella dell’ ’86.
    So che adesso qualcuno storcerà il naso, ma l’ho già affermato altrove, il Di Stefano del ’57 lo trovo molto gradevole, la voce aveva acquistato un colore un po’ più scuro e rendeva meglio certi passaggi, ci mette spinta e passione e si sente che è veramente in parte, canta fregandosene bellamente dei suoi difetti tecnici.
    In quanto a brividi poi, il suo “invan ti celi Amelia” è caldo e al tempo stesso suadente.
    I Riccardo di oggi, rispetto a quelli di “ieri”, come dicevano i miei zii buonanima, ne devono mangiare di polenta !
    Quanto alle bacchette, Mitropoulos e Gavazzeni sono i miei preferiti.
    Il guaio del Ballo oggi – anche questo l’ho già detto – è che ritengo impossibile comporre un cast degno di un simile capolavoro.
    Se tutti i protagonisti non sono all’altezza, è un bagno, e difatti anche stavolta puntualmente….

    • Concordo su tutto! evidentemente abbiamo lo stesso modo di intendere il Ballo in maschera (per me il capolavoro assoluto di Verdi insieme a Trovatore , a proposito qual è la tua edizione preferita di quest’ultimo?la mia è Corelli-Schippers e Callas-Lauri Volpi)

  4. Un po’ duro scegliere, Corelli ne ha da vendere, si, un po’ stentoreo, ma averne, e poi se Graziella Tucci avesse sempre cantato così…..
    ..e poi c’è Merrill che, piaccia o no sa quel che deve fare e lo fa.
    Callas – Lauri Volpi…
    Maria, tanto per cambiare, divina – mi spoglio : come amo quella voce imperfetta, “stridula”, capace di tutto, l’unica che mi porti non importa dove, per me è stato amore eterno alla prima nota, lo confesso e ne sono orgoglioso, il mio solo rimpianto è di non averla vista sul palco, ahimè ero troppo piccolo.
    Lauri Volpi già al tramonto ma, se me li mettete sul palco oggi, corro e vendo le gioie di famiglia per entrare.
    Per un attimo al Ballo : l’ ho già detto altrove ma ..’57 – Maria e Giulietta che duettano – consentimi o signore.. – e danno l’impressione di abbandonarsi alla voce e al suono, roba da fanatici innamorati del canto, per fortuna di chi “ha la fortuna”…

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