Rigoletto secondo Carsen: “Ridi pagliaccio!”

rigolettoNon avendo ancora completamente digerito il Ballo in maschera scaligero secondo Michieletto, mi sono imbattuto nel Rigoletto di Aix-en-Provence. Ancora Verdi, dunque, e ancora una messinscena che decide di decontestualizzare la materia drammatica e far piazza pulita del libretto originale. Stavolta tocca a Carsen: “genio” indiscusso del moderno teatro di regia, modello “intoccabile” e punto di riferimento per la critica più a la page e per quella frangia di pubblico, anche nostrano, che tanto si crede più intelligente e migliore apprezzando ogni possibile elucubrazione registica e riservando facili e superficiali ironie su messinscene tradizionali (e naturalmente trattando da minus habentes i “poveri ottusi”, provinciali da terzo mondo che ancora si aspettano di vedere in scena qualcosa che non faccia a pugni con la musica che si ascolta). Liberissimi di farlo naturalmente: ognuno ha le sue opinioni! Allo stesso modo sia liberissimo chi non è d’accordo di esporre le proprie ragioni (e un po’ di ironia sia concessa). Ma di questo parlerò dopo aver descritto le principali trovate di Carsen. Durante il preludio si affaccia dal sipario un…clown che allarga le braccia e ride sguaiatamente (risa che verso la fine del brano si tramutano in un pianto disperato). La sensazione di aver sbagliato opera e di essere incappati nei Pagliacci di Leoncavallo lascia presto lo spazio al comico involontario, quando questo Rigoletto/Clown estrae dal sacco che trascina in scena, una bambola gonfiabile ad uso sessuale con cui simula rapporti carnali: si apre il sipario e ci troviamo in un bizzarro circo dove uomini incravattati siedono sugli spalti bevendo, sniffando e fumando sigari mentre spogliarelliste e prostitute danzano su cubi toccandosi e stuzzicando il pubblico già abbondantemente eccitato (sono stato tante volte al circo, quando ero bambino, e mai mi sono imbattuto in papponi e puttane…evidentemente l’infanzia di Carsen è stata più “traumatica”). Il Duca ovviamente non è un duca, ma il proprietario/domatore di belve che spunta in accappatoio da una specie di palco centrale. L’abituro di Rigoletto è ovviamente una roulotte e la locanda di Sparafucile è uno spazio ricavato al centro del circo, delimitato da funi (tranquilli: Maddalena rimane una battona)… Potrei andare avanti e descrivere le ulteriori trovate involontariamente grottesche, le incongruenze, le ingenuità etc…ma non è necessario aggiungere altro: ci penseranno gli estimatori di questa roba a farne una più compiuta esegesi con dotti riferimenti alla psicanalisi e alla simbologia più colta e raffinata. A me sembra solo – per stare in tema con l’ultima moda registica – una puttanata. Lo è per diverse ragioni, nessuna delle quali riducibile al mero attaccamento a scene dipinte e scenari da figurine Liebig. A parte la gratuità e volgarità delle scelte (il giochino è ormai sempre quello: scandalizzare e provocare), a parte la bolsa e ripetitiva “baggianata” per cui l’opera andrebbe attualizzata e avvicinata alla nostra sensibilità (vero cavallo di battaglia dei blablaologhi di tutto il mondo che, evidentemente, pensano che il pubblico dell’opera sia un sottobosco di rimbecilliti che ha bisogno di essere accompagnato per mano ad ogni passo perché, altrimenti, non potrebbe capire Verdi o Mozart o Wagner senza l’ausilio di scene di stupro, prostitute, malformazioni fisiche e mentali e tutto il resto dell’armamentario radical chic che fa tanto “intellettuale”), a parte, pure, il solito abuso di ogni titolo per farne veicolo di personali elucubrazioni in un trionfo di solipsismo ormai di maniera, a parte tutto questo – dicevo – ciò che realmente infastidisce è il travisamento completo della drammaturgia originaria e il tradimento dei valori musicali. Ammesso e non concesso che si possa spostare allegramente epoca e ambientazione (anche se non capisco per quale ragione sarebbe più “fruibile” ad un pubblico contemporaneo lo spostamento di un paio di secoli), trovo che sia grave superficialità, arroganza e mancanza di cultura sufficiente, modificare la materia drammatica, i rapporti tra i protagonisti, il senso di quel che la musica descrive. Inutile dire che quando Verdi scrive il Rigoletto, lo scrive su un determinato testo che veicola determinati messaggi…messaggi che vengono elusi e fraintesi nella rivisitazione di Carsen. Non si dica poi che lo stesso autore – di cui è nota l’attenzione quasi ossessiva al libretto (i carteggi con i librettisti ne è testimone) – ha modificato l’ambientazione originaria perché è chiaro a tutti, anche a chi è in mala fede, che una corte rinascimentale italiana è perfettamente sovrapponibile a quella di Francesco I per ciò che riguarda la caratterizzazione dei personaggi (così come il XVII secolo in una colonia inglese è sovrapponibile alla corte svedese dei medesimi tempi o di poco successivi). RIGOLETTO-747Che c’entra il circo con l’annoiata e nullafacente aristocrazia di una corte? Che c’entra un domatore di leoni con la figura del Duca di Mantova? E’ chiaro che Carsen sfrutta solo l’idea del parallelo tra pagliaccio e giullare (forzandolo peraltro) al solo fine di proporre gags triviali e provocazioni gratuite senza altro costrutto se non quello di scandalizzare. E’ chiaro che qui non si tratta solo di mutar costumi o fondali, ma di intervenire pesantemente sui significati dell’opera ottocentesca che è e resta un prodotto legato ad una specifica retorica e cultura, che non ha bisogno di essere aggiornata, ma deve essere rivitalizzata sfruttandone le già perfette strutture. Il teatro verdiano poi, soffre di queste attualizzazioni più delle astrattezze del teatro barocco o di quello rossiniano e non è un caso che proprio con opere di Verdi i professionisti dello scandalo hanno esibito le loro doti peggiori ottenendo i risultati più bassi. Naturalmente ci sarà chi griderà al capolavoro, al Rigoletto scoperto per la prima volta, allo sputo in faccia alla più vieta tradizione (quella che tanto disgusta i nuovi “melomani adulti”, ma che – paradossalmente – non infastidiva registi come Ponnelle o Strehler), e ovviamente ci sarà chi coglierà l’occasione per scagliarsi contro la retroguardia culturale da terzo mondo e il provincialismo più becero di chi non si trastullerà in queste “magnifiche sorti e progressive”… Ecco a tutti loro voglio regalare l’ennesima occasione di mostrare la loro presunta intelligenza e il loro essere migliori rifacendomi ad una battuta celeberrima del cinema comico italiano degli anni ‘70: questo Rigoletto circense è “una cagata pazzesca”…sarà politicamente assai poco corretto, ma scommetto che sortirebbe analogamente i 92 minuti di applausi strappati dal Rag. Ugo Fantozzi…
Ps: un breve, brevissimo accenno alla dimenticabilissima performance musicale – che comunque non ha interessato nessuno – gradevole solo per ciò che riguarda la concertazione di Noseda (alla testa della sempre splendida LSO), che dipinge il suo Verdi teso e drammatico, ma del tutto carente nel cast vocale (Irina Lungu che reitera il solito personaggio bamboleggiante ed infantile; l’evanescente Arturo Chacon Cruz che affronta il Duca come farebbe un cantante pop ed incapace di risolvere decentemente gli acuti; il triviale Georg Gagnidze che propone un Rigoletto più che verista; lo Sparafucile in affanno – soprattutto in basso, dove non arriva neppure a calci – di Gabor Bretz; comprimari censurabili).
Pps: nel 1984 la XLVII edizione del Maggio Musicale Fiorentino, venne inaugurata dal Rigoletto di Ljubimov  che, come Carsen oggi, decontestualizzava l’opera facendone occasione per veicolare un proprio messaggio (anche in quel caso il gobbo era un clown e la Gilda cantava la sua aria dondolandosi sull’altalena: alla faccia della geniale originalità del regista canadese…): finì ad urla e fischi. Durante le prove Cappuccilli e Bartoletti abbandonarono lo spettacolo in aperta polemica col regista, la Gruberova pure diede forfait (pare sia scoppiata a piangere resasi conto dell’allestimento), ma venne convinta da Berio – allora direttore della rassegna – a rimanere. I dissidenti, peraltro, allestirono un contro Rigoletto di protesta a Pistoia, in forma di concerto (si aggiunse la Devia). Rimpiango che oggi nessun artista riesca ad imporsi su scelte offensive e idiote e non riesca più ad opporsi a certi presunti geni che costringono un cantante ad eseguire brani difficili a testa in giù o arrampicandosi su una scaala o simulando una masturbazione o circondato da battone che spingono… Altri tempi, altri artisti, altri uomini…

 

29 pensieri su “Rigoletto secondo Carsen: “Ridi pagliaccio!”

  1. Era Sinopoli il direttore che diede forfait…mamma quanto tempo é passato…caro Duprez, ma cosa ci vuoi fare? A me per esempio starebbe benissimo rivedere per la centesima volta il Rigoletto con la regia di Deflo (che tanti ha stufato), così come avrei continuato volentieri a vedermi Macbeth e Falstaff negli allestimenti di Strehler o il Ballo in Maschera con la regia di Zeffirelli. Dubito però che in futuro si potranno vedere regie tradizionali ma non banali e allora é inutile farsi venire il mal di pancia. Peraltro la cosa singolare é che quelle poche “tradizionali” che vengono fatte sono criticate trasversalmente sia da “quella frangia di pubblico, anche nostrano, che tanto si crede più intelligente e migliore apprezzando ogni possibile elucubrazione registica e riservando facili e superficiali ironie su messinscene tradizionali” che da “quella” più rigorosamente passatista. Per esempio l’ultima Aida di Firenze che mi pare di ricordare ha scontentato un po’ tutti. Tu se fossi un addetto ai lavori cosa inventeresti? Metti Patrice Cherau a libro paga per una stagione intera o riesci a trovarne cinque succedanei facendoti semplicemente un giro tra Parco della Vittoria e Bastioni Gran Sasso?

  2. Caro Duprez, i 92 minuti di applausi alla Sua recensione sono sacrosanti. Ho assistito al iive di un paio di settimane fa e devo dire che non so se fosse peggiore la regia o la parte musicale: Gagnidze è forse il peggior Rigoletto che mi sia mai capitato di sentire, la Lungu ha retto discretamente fino alla fine del secondo atto, poi è crollata (già nel Sì vendetta, a dire il vero), il tenore era da brividi. Sul basso stendiamo un velo, molto bbona l’attrice che impersonava Maddalena. Il terzetto dell’uccisione di Gilda è stato semplicemente raccapricciante. Francamente, non mi ha molto convinto neppure la direzione di Noseda (che avevo assai apprezzato in altre prove), il quale ha contribuito ad accrescere la confusione nel disastroso quartetto del terzo atto e che in qualche punto mi è parso davvero un po’ troppo maestro di banda. Senza contare un paio di scollature abbastanza imbarazzanti per un direttore del suo livello, come nel coro dei cortigiani che collega l’aria e la cabaletta del tenore.

  3. Un tempo a leggere le recensioni dello spettacolo, mi arrabbiavo, ora ho deciso di non andare più a nessun spettacolo, se ne giovano le mie coronarie, e dal punto di vista musicale non mi rovino l’udito.
    Purtroppo capisco che molte altre persone non lo fanno perchè a teatro si va anche per mostrare la propria appartenenza alla cultura attualizzata. Nulla di nuovo sotto il sole. Capisco che chi non ha assistito a spettacoli con cantanti di grande professionalità, anzichè di gigolò come oggidì, riesce difficile fare un paragone. Mi consola la
    previsione che tra vent’anni al massimo le attuali cattedrali musicali finiranno quali magazzini di merce varia, come è successo a molte sale cinematografiche, chiuse o trasformate in asili di di centri sociali per disadattati psichici. (vedi cinema Maestoso a Milano)
    Ciò che ancora non riesco a spiegarmi è la pervicacia dei gestori di quella cattedrali (tipo la Scala) di voler proseguire in una attività suicida…. guardatevi le immagini del nuovo ring di Bayreuth postate da Mozart ieri. Definirle raccapriccianti è poco. Sono solo prodotto di menti malate, molto malate e mi fermo quì.
    http://www.abendzeitung-muenchen.de/gallery.bayreuther-festspiele-die-ersten-fotos-von-wagners-ring-des-nibelungen-param~1~0~0~8~false.173cd33c-21cd-4ba9-9daa-5f9f58d65b77.html

  4. E pure oggi, più letale e subitanea di un cobra dagli occhiali, arriva la rubrica “L’OFF TOPIC del Gratta”. Elvio Giudici su una nota rivista ha elargito cinque stelle alla Norma con la Bartoli. Io non la conosco, a quando una vostra disamina?

  5. Condivido pienamente.

    Sulla nota finale: qualche coraggioso, che apertamente si schiera, c´e´. Cito il Maestro Oren, che a Salerno non ammette scempi, e il Maestro Santi. Ricominciamo da loro, forse una speranza c´e´.

    • Dici? Santi ha diretto il Poliuto di Zurigo con la regia di Michieletto…quello ambientato in uno spogliatoio di “camicie verdi”. Per quel che riguarda Oren…di scempi ne fa già abbastanza con la bacchetta e i suoi cast…

        • Infatti…personalmente considero Oren uno dei peggiori direttori in circolazione (il fatto che molti cantanti “adorino” essere diretti da lui è solo sintomo di pigrizia degli stessi ed, evidentemente, di scarsa preparazione musicale). Anche di Santi ho scarsissima stima dal punto di vista musicale.

          • Liberissimi di pensarla come vi piace. Ma rimanete fermi sul tema. Io ho parlato di Oren e delle regie, il resto e’ tutt’altro discorso e qui non ci interessa. Altrimenti, all’italiana, partiamo da una cosa in comune e ne troviamo poi decine che ci dividono e – cosi’ – non andiamo da nessuna parte.

          • Ma che dici Bisale….? Tu hai parlato di Oren che non è un regista, ma un PESSIMO direttore. E poi di Santi che ritieni non accetterebbe spettacoli come quello di Aix. Ebbene Oren – che ritengo una calamità per qualsiasi musica si ritrovi a dirigere – fa già abbastanza danni zompando sul podio, sbraitando e “dirigendo” (e pure lui certe porcherie registiche le ha dirette…). Santi, a Zurigo, ha diretto un Poliuto raccapricciante…vai a vedere gli spezzoni su YT. Ecco, io ho replicato su regie e Oren, mi sembra perfettamente in argomento, no? :)

  6. Un’altro colpo al teatro, non tutti i drammi è possibile contestualizzarli al giorno d’oggi, soprattutto i drammi Verdiani, in questo sono d’accordo con Duprez, che i registi si leggano per bene i libretti prima di provarci… ripeto che Zeffirelli spesso è stato attaccato per le sue regie… ma almeno erano fedeli al dettato dell’autore e alla sua musica. Lui dovrebbe essere un esempio come tanti altri del passato citati nell’articolo… per esempio La Cenerentola di Ponnelle è ancora attuale nonostante sia di quarant’anni fa, non è un caso che venga ancora riproposta

  7. Solito dilemma…
    Da un lato sono solita dirmi che il regista teatrale, in quanto artista, non deve necessariamente avere l’erudizione di un raffinato musicologo o storico della musica. Altre doti, spesso innate, come una grandissima sensibilità,curiosità, senso estetico, senso del teatro e, nel caso dell’opera, senso della musica, portano il regista a valorizzare il lavoro messo in scena, la psicologia dei personaggi, a mettere in luce potenzialità fino a quel momento restate nascoste e che tutti gli approfondimenti in biblioteca non avrebbero mai saputo o potuto evidenziare.
    Poi, di fronte a produzioni del genere, sono obbligata a chiedermi: ma Michieletto, Carsen, e via dicendo, amano l’opera? E soprattutto, hanno il necessario bagaglio di letture e di ascolti per poter mettere in scena Verdi? Sono incuriositi da questo particolare genere teatrale e musicale, ne subiscono il fascino, lo “sentonto”? O Traviata, Rigoletto, Ballo, sono solo nomi interscambiabili che leggono tra le righe di un succulento contratto di lavoro?

    • Secondo me, semplicemente, hanno pochissima stima del contenuto drammatico dell’opera (che evidentemente ritengono scindibile dalla musica) e così credono di estrapolare quello che loro ritengono il nucleo teatrale (per temi e categorie generalissime e liberamente interpretabili) e lo declinano secondo proprie elucubrazioni – inserendo significati e messaggi che LORO ritengono presenti nella mente stessa dell’autore – confezionando trame e drammaturgie completamente avulse dalla musica. In questo senso qualsiasi titolo è interscambiabile perché i grandi temi verdiani (penso al potere il destino o il conflitto tra dovere e amore) sono presenti in tutti i suoi titoli: se si allestisce un Trovatore in un appartamento sudicio e lo si trasforma in una specie di “Carnage” (il film di Polansky), lo stesso può essere fatto con Otello o con La forza del destino…a questo punto si tratta solo di scelta di “colonna sonora”.

  8. Il problema é solo la mancanza di fantasia e di idee. Punto! La scorciatoia per fare qualcosa di creativo che sembri di avanguardia é quello che ormai fanno il settanta per cento dei registi di opera che riescono così a mascherare quelle lacune di background che secondo Paoline Viardot sono sempre più evidenti. Vedi Duprez Cherau c’entra perché é un regista che avendo bagaglio culturale e fantasia raggiunge sempre un risultato e anzi progredisce sempre nel senso di non affossare con il suo progetto la musica ed il canto. Ma con la domanda di novità che comunqe emerge nel mondo dell’opera che provoca un’inflazione di allestimenti come si fa a garantire la loro qualità?

    • Il problema è che ormai siamo giunti alla “provocazione” di maniera (metto il termine tra virgolette perchè tanto non “provoca” o scandalizza più nessuno!). Prendi Michieletto (Carsen è altra cosa, ne convengo: molti suoi spettacoli sono stati splendidi) che pare un “bignami” ad uso studente lazzarone del peggior ciarpame del “teatro di regia”. Non ci sono idee originali, ma solo trovate per scandalizzare e creare polemica. E allora si abbonda in puttane, stupri, droga, malformazioni…incuranti di dare un senso a tutto questo e, soprattutto, disinteressati a che tutto questo c’entri qualcosa con l’opera che si allestisce. Ambientare Lohengrin in una forma di pecorino con i topi bianchi e neri e Tannhauser in una fabbrica che produce alimenti lavorando escrementi umani, o trasformare Trovatore in una farsa comica e Macbeth in un film inglese anni ’70, oppure rielaborare il Don Giovanni per farne un dramma borghese tra le mura domestiche e inventarsi improbabili parallelismi con la propaganda politica per trasformare il Ballo in maschera in una festa elettorale…non è “rivitalizzare” l’opera o darle nuova linfa vitale oppure rispondere ad un’esigenza di novità, ma è solo sfruttare ogni titolo per proporre stranezze brutture, e nascondere un desolante vuoto di idee…

  9. qui purtroppo duprez t do’ ragione. E sai qual ‘ e ‘ la deriva piu’ fastidiosa? Che la marchetta di Carsen piuttosto che quella d Michieletto o d Guth e’ dietro l ‘angolo e magari a farne le spese sono proprio i grandi teatri…io ribadisco d aver retto bene il ballo d Michieletto alla scala o il Cosi (cosi) fan tutte d Guth d Salzburg che vedremo alla Scala ma certo non erano le loro regie piu’ ispirate nonostante fossero state commissionati da istituzioni che in altri ambiti sarebbero considerate Grandi slam.

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