ARNOLD XXVIII: MARIO FILIPPESCHI

Immagine anteprima YouTube

Quando si parla dell’Arnoldo di Mario Filippeschi adesso va di moda dirne male, trasformando il tenore fiorentino dalla lunghissima carriera e vita in quanto di più negativo possa esistere, insomma l’icona del NON ARNOLDO compreso solo delle proprie saette in zona acuta. Saette che va detto Filippeschi dispiegava non solo come Arnoldo, ma anche e sopratutto come  Manrico, Arturo dei Puritani e Radames. Siccome ascoltare significa, per noi della Grisi, riflettere riguardo l’Arnoldo di Filippeschi non si può liquidarlo come inespressiva macchina per acuti. E’, infatti, necessario distinguere il cantante dall’interprete. Quest’ultimo è quello che è ovvero tutto preso e proteso dall’esibizione del suo facilissimo registro acuto facile e squillante, ma il controllo che il cantante ha della voce e del suono non solo in gamma acuta sono davvero significativi e fanno pensare che riveduto e corretto nel gusto, spronato al fraseggio vario Filippeschi sarebbe stato un Arnoldo di levatura.

5 pensieri su “ARNOLD XXVIII: MARIO FILIPPESCHI

  1. Stavolta non sono d’accordo con il collega Domenico: con i “se” e i “ma” chiunque potrebbe essere (o avrebbe potuto essere) qualsiasi cosa. Aldilà della suggestione delle ipotesi restano i fatti: ossia che l’Arnold (anzi, Arnoldo) di Filippeschi è l’inespressiva macchina da acuti totalmente insensibile alla poetica rossiniana (peraltro della parte cantava solo un torso e pure accomodato). Non così in altri ruoli (penso al Duca di Mantova) dove Filippeschi era a suo maggior agio

  2. Son d’ accordo sul fatto che Filippeschi non sia Arnoldo di riferimento cantandolo in modo estraneo alla poetica rossiniana ma mi permetto d’ essere in disaccordo sul discorso del torsolo della cabaletta. Filippeschi cantò il Tell tagliato, riveduto e corretto che si usava cantare all’ epoca e che si sarebbe cantato anche Merritt se fosse stato attivo in quegli anni. Sono però sicuro che per mezzi vocali naturali Filippeschi avrebbe potuto cantare anche la odierna versione completa

  3. Sono intervenuto perchè, e ovviamente non mi riferisco a te, debbo dire che son quasi stanco della rigidità filologica con cui viene visto oggigiorno il Tell, per cui sembra che tutte le edizioni “tagliate”, anche se magari cantate bene, andrebbero buttate. E’ come se dovessimo gettare alle ortiche tutti i Puritani e le Lucie del passato perchè cantati tagliati (che poi manco sono sicuro che oggigiorno si cantino intieri)

    • Hai ragione e sono d’accordo con te: è stupido lamentare oggi le pratiche del passato. Ogni esecuzione, ogni incisione, andrebbe inquadrata nel suo tempo e non giudicare certe scelte passate con i criteri odierni. Oggi è possibile eseguire certe opere che tempo fa riposavano impolverate sugli scaffali delle biblioteche (penso a Maria Stuarda o al Rossini serio), oggi il criterio dell’integralità è tranquillamente accettato da esecutori e pubblico mentre tempo fa non era così. E’ sbagliato fare i Beckmesser e rifiutare tutto ciò che non corrisponde a determinati criteri. Tali criteri non esistevano, per tante ragioni – giuste o sbagliate che siano – che possiamo solo accettare. Si conti poi che certi titoli, che oggi rientrano nel repertorio, erano poco più di curiosità enciclopediche, riproporre Norma, Mosè o altri titoli non era un’operazione facile né scontata.

Lascia un commento