Concorsi e concorsi: 1933 – 2013.

 

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Per la seconda volta nel corso della sua ormai ventennale storia si è tenuta in Italia la finale del concorso Operalia, la competizione canora creata e diretta da Placido Domingo. Dopo Milano, nel 2010, era di turno Verona, città in cui il patrocinatore della manifestazione ha trascorso buona parte dell’estate, dividendo i propri servigi di cantante, direttore d’orchestra e imprenditore musicale tra la città scaligera (non nel senso del Tempio ambrosiano) e Salisburgo. La finale non si è tenuta all’Arena, bensì al Teatro Filarmonico, e la scelta si è rivelata avveduta, perché la notte prescelta (24 agosto) è stata funestata da un violento temporale, che ha causato non pochi problemi alla trasmissione in diretta streaming sul sito medici.tv. Il video del concorso, anzi dell’Evento è stato prontamente inserito su Youtube, fonte sempre preziosa tanto per le novità del mercato quanto per i tesori del passato remoto e recente.

Non crediamo sia necessario commentare la serata, bastando e avanzando i fischi che la pur compassata platea veronese ha rivolto a una delle concorrenti, salita sul podio al termine della gara, l’interminabile pausa determinata dalle prolungate e, immaginiamo, sofferte deliberazioni della giuria, che schierava molti rilevanti critici, sovrintendenti teatrali e consimili esperti di voci, e la cerimonia di premiazione, in cui l’ego del padrone di casa ha avuto modo di espandersi anche oltre il consueto.

Preferiamo affidare la risposta alla voce e, più ancora, alla lucida e cosciente memoria di Giulietta Simionato, che intervistata da Rodolfo Celletti, rievoca la sua vittoria al concorso organizzato nel 1933 in occasione del primo Maggio Musicale Fiorentino. Presidente di giuria Tullio Serafin, tra i componenti la commissione alcuni autentici miti del canto, da Alessandro Bonci a Rosina Storchio e Amedeo Bassi, fino a quella che poneva in maggior soggezione la giovanissima cantante e, supponiamo, molti suoi colleghi, la divina Salomea Krusceniski. L’esito della competizione e le sue conseguenze sulla carriera della Simionato esprimono come meglio non si potrebbe la distanza tra i due concorsi di canto, o meglio, tra due antitetiche concezioni della professione operistica (e ciò vale per cantanti, direttori, agenti di canto). Buon ascolto.

 

Una vita per la musica – Rodolfo Celletti intervista Giulietta Simionato (1974)

 

Verdi – La forza del destino

Atto IV

Pace, pace mio Dio – Salomea Krusceniski (1902)

 

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26 pensieri su “Concorsi e concorsi: 1933 – 2013.

  1. Cosa ci si poteva aspettare da Domingo?

    DOMINGO: a) un mediocre tecnico vocale;
    b) un musicista del tutto opinabile quando affronta scritture vocali a lui consone (poche) o meno (tante);
    c) un iconoclasta e fonoclasta della tradizione tenorile novecentesca insieme a Carreras e quella massa di svociati allevati da lui quali Villazon e Cura;
    d) un distruttore della tradizione “tot ruolo=tot voce” abituando ed assuefacendo il pubblico a sentire tutto cantato in qualsiasi modo e alla meglio;
    e) un arrogante e superbo celebratore della sua carriera che è riuscita ad essere direttore di un festival ed auto-scritturarsi in 5 opere su 10 rappresentate (Expo 92 Siviglia);
    f) un ipercinetico stacanovista che ha battuto sul tempo tenori migliori;
    g) un curatore della sua immagine fino all’ossessione;
    h) un programmatore del culto futuro della sua immagine con teatri e sale dedicate alla sua memoria ;
    i) un nepotista che ha sempre infilato moglie e parenti nelle sue imprese (nel caso di Operalia moglie in giuria e figli al management).

    Se avesse cantanto zarzuela ed i suoi ruoli secondari o al massimo barocchi … Se solo avesse lasciato in pace l’opera e la sua tradizione invece di di martoriarla unlteriormente con questa sua ingordigia di scena!

    • non vorrei presumere che i tuoi progressi nello studio del canto non sono quelli auspicati…mi pare che ce l’hai col mondo, con Domingo non te la devi prendere; Kleiber gli diceva tu sei felice quando lavori, io quando non faccio nulla. Io condivido il pensiero del grande direttore…ma se penso alla fine che ha fatto lui e al benessere dell’ex tenore, non so più da che parte stare

      • Io non ce l’ho col mondo: a parte avercela con tutti coloro che stanno in posti che non li compete e con quegli incapaci che dirigono loro subordinati più capaci, ce l’ho con quegli INETTI che non sanno respirare, appoggiare e proiettare, ossia coloro che fanno finta di fare canto, e sopratutto con gli arroganti che non studiano anche durante la carriera!!!

        Caro albertoide, o Kleiber non capiva cosa fosse il canto (d’altronde, aver fatto un Otello con Domingo quando al massimo RIUSCIVA a fare Cassio 10 anni prima con del Monaco quale Otello) oppure non aveva altro da dirgli ed ha “leccato” l’orgoglio di Domingo.

        Hai presente la favola di La Fontaine del corvo e del pavone? Un corvo (Domingo) voleva essere bello come il pavone (i veri tenori tipo Pavarotti) e allora raccattò alcune piume della coda del pavone e se le mise nella sua coda, dandosi arie. A parte l’immagine grottesca, venne poi beccato dal pavone 😉
        http://www.ciffciaff.org/sites/default/files/i046_th_0.jpg

        La Bartoli e Domingo sono come il corvo 😉

    • Se Cleopatra avesse avuto il naso storto
      sarebbe cambiata la storia di Roma,
      dell’ Italia e della tua Sardegna. E se ci fosse veramente una Tamburini-Stignetti, magari anche bella da vedere, e con un filo di innovazione a livello interpretativo, saremmo tutti piu’ contenti….
      E se qualcheduno si mettesse fuori dalla Scala
      con un cartello sul quale fosse scritto
      “Domingo e’ un cane, rovina le nuove generazioni
      di cantanti, e mette la moglie incompetente nelle giurie” verrebbe immediatamente portato a sirene spiegate alla neurodeliri…..Poi, pero’ al rilascio,
      comincerebbero le interviste….e chissa’ mai!!!!

  2. Domingo ha capito molto bene il giro del fumo, e lui lo segue allo spasimo indifferente a ciò che vuol significare. Il guaio è tra coloro che dovrebbero deviare il fumo verso il camino e invece contribuiscono al circuito tossico.

    • Pavarotti mezzevoci opache? Certo, se si ascrive il discorso a dopo il 1981, e cioè, dopo il suo debutto in Aida. Ma il Pavarotti dal 1968 al 1980 la mezzavoce ce l’ha, e non è opaca, è bella, dolce e pastosa, e ne fa uso pure frequentemente. Occorre solo conoscere approfonditemente le carriere dei cantanti e avere un orecchio decente. Solo questo.

    • Mi ha preceduto Cortecci che sottoscrivo.
      Caro Alberto, ora ti rispondo con un po’ di rimprovero però, perché c’è un limite – molto fine – tra l’essere innocenti ed essere sciocchi (e tu giochi molto sulla pazienza di chi ti legge fino a quando non spari una delle tue perle di scemenza che ri-invito nonna Giulia a raccogliere in una rubrica): Pavarotti è stato un personaggio interessante ed importante nel mondo operistico fino a metà anni ’80 (a mio avviso), con una conseguenza decadenza non di certo vocale ma stilistica e di carattere. Era bravo, ricco e famoso e si è quindi un po’ “seduto sugli allori”.
      Fino al 1991 (quando la Sutherland si ritirò) è stata una decadenza limitata, dopodiché dal 1991 in poi è stato un colare a picco asintotico, pur con qualche punta di merito che non è di certo rappresentata dai Tre Tenori o i Pavarotti & Friends!
      Pavarotti aveva le mezzevoci e belle pure tra il 1968 ed il 1980, come dice cortecci, differentemente da Domingo che non le ha mai avute ed invece cantava con falsettino ( http://www.youtube.com/watch?v=bTpWFz1Qnd4 ) applaudito pure!

      Sentiti questo bel Recital alla Scala 1983 : http://www.youtube.com/watch?v=NLyN39eykX8

  3. guarda Cortecci che io amo molto Pavarotti ma ad onor del vero ti cito alcune mezze voci opache sulle quali non potrai avere una lettura diversa dalla mia anche antecendenti l’aida che é del 1985:
    1) Ingemisco nel Requiem con la Rai a Roma (direttore Abbado, a.i. Horne Scotto Ghiaurov anzi Ghiaurev :-)
    2) Boheme 1979 a Milano vari passaggi;
    3) Gioconda Verona (per esempio oh sogni oh sogni d’or)
    4) Elisir d’amore 1979
    5) Ballo in maschera 1978
    6) Tosca anche in disco

    • Francamente non capisco poi tutta questa aggressività S.O. non siamo mica tifosi e se t saltano i nervi per queste innocenti provocazioni chissa quelle vere che ti troverai a dover affrontare nel prosieguo della vita…oh giovane virgulto!!! :-)
      Detto questo vorrei salvare due bei falsetti di Domingo che ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo. Quello proprio a chiusura dell’Aida (discutibile perché la voce cambia completamente ma molto più efficace di quella porcheria che fece Alagna qualche S.Ambrogio fa) e, soprattutto,quello con cui termina il duetto con Micaela nel primo atto di Carmen.-

      • ahahah se dovessi prendermela per le idiozie che dici, mi avrebbero già ricoverato! Tranquillo, non me la prendo tanto io so che tu BLATERI e non sai di che parli, vedi le smentite di giù di Cortecci, che sa di canto e ne da sempre cristallina prova diversamente da te, per cui si potrebbe fare un archivio della CASTRONERIA CANORA 😉

        Un insegnamento che ho appreso da tempo è quello di tacere se non si sa: non c’è cosa peggiore di chi parla di cose che non sa e (dopo decenni come te) continua a non capirne 😉

          • Alberto non esprime opinioni: dice scemenze!
            Il giorno in cui Alberto dirà che gli asini volano dovrò pure crederci perché è una sua opinione? Non mi pare.
            La tecnica del canto è (quasi) oggettiva: non esistono opinioni ma solo maggiore o minore conoscenza ed esperienza!

  4. Dunque, tranne il Requiem del ’70 che non conosco, le altre le conosco tutte e bene. Per il Requiem, ne esiste uno stratosferico e molto famoso, quello del ’67, con la Price, Cossotto, Ghiaurov e Karajan. Basta ascoltare quì alcuni passi dall’Ingemisco e l’attacco dell’Hostias per assaporare pienamente la mezzavoce di Pavarotti. Nella Bohème del ’79 con Kleiber non mi pare siano opache le mezzevoci, anzi è una delle Bohème migliori di Pavarotti. Se mi citassi i punti esatti in cui ti pare opaca la mezzavoce sarebbe meglio. La Gioconda la conosco a memoria, e nel'”oh sogni d’oro” non ricorre proprio alla mezzavoce, ma addolcisce un mezzoforte già molto morbido. Nel bis è più mezzavoce. Nella Tosca non mi pare siano opache. Il fatto che vorrei dire è che un mezzoforte di Pavarotti ha la dolcezza e la morbidezza di una mezzavoce. C’è il live della Favorita del ’78’in cui spesso ricorre alla mezzavoce, e certo non è né stimbrata né opaca. Dopo aver debuttato Aida a San Francisco nell’81, la voce s’è maggiormente ampliata ma la capacità di modulare s’è notevolmente ridotta. Non marcarono momenti eccezionali anche negli anni 1980. C’è un live di un recital a Monaco del novembre 1985 in cui canta sovente a pura mezzavoce.

  5. Ma poi, aver ascoltato Domingo dal vivo, non mi pare proprio una fortuna. A me non è mai piaciuto.
    Quando venne fuori, nella seconda metà dei 60, certo fece sensazione per le bellezza e il calore del timbro, agganciandosi così al leggendario fascino timbrico dei tenori spagnoli, iniziando da Gayarre e continuando sul filone dei varii Fleta, Lazaro, Cortis. Ma a questi, purtroppo, era assolutamente imparagonabile sia dal punto di vista tecnico che da quello interpretativo. Tecnicamente parlando, ancora mi stupisco del successo che è riuscito a mietere in decenni di intensissima carriera, strozzandosi già sul Sol acuto . Cioè, che voglio dire: che cosa me ne faccio di un tenore senza gli acuti, che ignora il suono veramente coperto,immascherato e squillante? Non parliamo poi d’un cantante limitato nell’estensione, ma agguerrito tecnicamente, tipo Schipa, che giungeva fino al Si naturale nella prima parte della carriera, poi limitandosi al Si bemolle, ma arrivandoci con una facilità e purezza d’emissione straordinarie. Quì parliamo proprio di qualcuno che si strozza già sul Sol per insipienza tecnica! Questo, da un professionista tanto celebrato, non posso accettarlo: è una contraffazione autentica. Quindi, per tornare a Pavarotti, e giudicandolo nel suo periodo più fulgido, io neanche lo porrei in paragone con Domingo. Come paragonare un grandissimo professionista che sa cantare -a prescindere dalla natura musicale e d’interprete- con grande tecnica, a un cantante dotatissimo in natura ma analfabeta tecnicamente.

  6. Scusa, Gianluigi, ma che differenza c’e’ tra “mezzavoce” e “mezzoforte”?, dal punto di vista foniatrico, non sono la stessa cosa?,il che non puo’ dirsi (come fisiologia della voce) per il falsetto.Grazie, Max

    • Il mezzoforte è emesso a voce piena normalmente in qualsiasi registro, mantenendo una morbidezza di fondo senza essere forte. Quindi è una sonorità normale, a metà strada tra il piano e il forte. La mezzavoce è timbricamente a metà, direi, tra il falsetto e il mezzoforte. Non è però mezzoforte perché non è voce piena, né tantomeno falsetto, perché è sempre più piena timbricamente. Poi è chiaro che ci si possa rendere conto perfettamente della differenza che c’è tra la mezzavoce e il mezzoforte solo con gli esempi in disco. Ad esempio,solo per citare i piu celebri, la mezzavoce autentica s’ascolta nei primissimi dischi di Caruso, nei primi dischi di Gigli, in cui si può dire che canti quasi tutto a mezzavoce, e in Lauri Volpi nel periodo 1923/1936( ad es L’attacco nel “parmi veder le lagrime” inciso nel 1934 per l’HMV). Si potrebbero citare infiniti esempi. Ci sono alcuni tenori che non emettono una mezzavoce autentica, ad es Schipa, il più celebre tenore di grazia del 900, il quale, alla mezzavoce sostituisce un’infinità di sonorità intermedie, che vanno dal pianissimo appena palpabile, al forte. Oppure ci sono tenori eccezionalmente dotati timbricamente, tipo Pavarotti, ma direi anche Domingo se non fosse così tecnicamente sprovveduto, che emettendo un mezzoforte morbido riescono ad avere nel suono la dolcezza di una mezzavoce.

  7. Sardus non penso che Alberto,possa scrivere che gli asini volano,non sarebbe un opinione,sarebbe da ricovero,però se lui ascolta,e si fa una sua idea- sbagliata o giusta che sia- è un opinione,se lui ha un modo suo intendere le vocalità,è il suo pensiero,opinabile,ma sempre una sua opinione,non mi sembra che Alberto abbia una grande simpatia per Domingo comunque…

  8. Dunque Cortecci, mi limito al primo atto di Boheme (fa conto che io ne vidi quattro dal vivo compresa quella trasmessa in TV e che si ascolta completa su You Tube). Anche tralasciando interventi brevi come il “così” dopo “ed ora cosa faccio?” o il “tanta fretta” che sono momenti di velatura che forse non si possono percepire benissimo nella ripresa, ti assicuro che il”fremon nell’aria docezze estreme” risulta chiaramente opaco. L’intento interpretativo era ottimo ma il risultato non ineccepibile. Tutto qui. Già che ci sono ti cito anche la Miller e le opacità di frasi come t’amo, amo tel sol dicea che mi pare si possono cogiere anche nel 1976 (riferimento Live Myto). Ma son rilievi per amor di precisione e verità, io amo molto Pavarotti. Ah se non sei ancora soddifatto della mia replica, puoi dare un’occhiata alle recensioni di Celletti (che mi pare hai in buona considerazione) relative a spettacoli dal vivo. Per es. quelle sulla rivista “Epoca” o qualcosa anche su discoteca HiFi (che pure conosci) in cui stigmatizza questo difetto che penso che anche uno come Miguel Fleta, che ricordo ebbe ad assistere a di una recita, possa confermare. Bye Bye

  9. Ho riascoltato ora il live della Boheme in questione, ripresa del 22/3/1979 dalla Scala. “Fremon nell’aria dolcezze estreme” non mi pare emesso a mezzavoce pura, ma è nel piano; probabilmente una lieve opacità si percepisce al termine della frase, forse a causa della stanchezza, ma si potrebbe anche sorvolare su questo. Per il resto, canta la Gelida stupendamente e la coclude su un Mi bemolle a pura mezzavoce molto bella. Il live della Luisa però lo trovo straordinario, l’ho ascoltato poco tempo fa, non ho riscontrato opacità di nessun genere. E metterei pure in conto che in opere come Luisa, in cui la parte del tenore è sfiancante, uno o due suoni lievemente velati potrebbero starci, anche se parliamo di Pavarotti. Roba da ridere tutto sommato. Ricordo l’attacco del “allor ch’io muto e statico” fosse, per l’intera frase, a mezzavoce.
    E’ vero, ho in enorme considerazione Celletti, con cui ho parlato a lungo e sovente, tra il 1999 e il 2000. Posso dire che probabilmente senza di lui non mi sarei occupato a fondo della storia della vocalità. Ma non amo essere un clone. Mi ritrovo spesso in ciò che sostiene , ma non sempre. Quindi, il fatto che sostenga di aver riscontrato nel Pavarotti del ’79 alcune occasionali opacità non mi sorprende, e non lo prendo neanche come oro colato.

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