Cronache dalla provincia parte seconda: Macbeth al Coccia di Novara.

profondorosso«Qualcosa che non si è mai visto – ha detto il regista -. Ho inserito effetti speciali, scene cruente, citazioni da “Profondo rosso” per chi saprà coglierle e anche i miei tempi cinematografici. In fondo cinema e lirica non sono poi così lontani. Lì si recita, qui si canta. C’è tutto: storie, scene, personaggi, trucchi. E Verdi a tonnellate. Non il solito Macbeth di Verdi” (http://www.oknovara.it/news/?p=86558)
Così prometteva generosamente (verso se stesso) Dario Argento, alla vigilia della prima novarese al Coccia del suo Macbeth. E per cogliere quello che non avremmo saputo cogliere siamo andati con amici conoscitori di Dario Argento e di storia del cinema: onore al NOME scelto per creare l’evento, secondo una formula tanto abusata da non riuscire più nemmeno ad annoiare. E come previsto ed abituale oggi, non c’era nulla di speciale. E qualcuno se n’è pure accorto, considerata la pur lieve riprovazione che ha accolto il regista alle uscite singole. Uno spettacolo insignificante, insomma, pieno di citazioni soprattutto da altri Macbeth lirici visti e stravisti, una povertà di idee registiche prima di tutto, da far cadere le braccia. Idea sdrucita, liberamente scopiazzata dall’ultimo fiorentino firmato da Vick, con l’azione portata alla prima guerra mondiale, il re Macbeth vestito da soldato semplice, un cavallo morto al centro della scena, tre proiezioncine di foto della Grande guerra ad inizio spettacolo, la Lady in tailleur nero, poco anni ’10, una casa torre sulla sinistra, oppure un grande interno vuoto con poltrona in pelle isolata al centro etc, l’ombra di Banco insanguinato in piedi al centro della scena del banchetto, la Lady sonnambula  in pigiama di raso bianco come la Serjan a Firenze. Il sesso? la povera Theodossiou a cavalcioni del marito steso a terra durante la Luce langue ed un gesto proibito al primo duetto Uh, che scandalo! Ah già, scordavo l’horror: il sangue sul vetro della casa all’omicidio di Duncano (un po’ come succedeva in “Profondo rosso” quando Hemmings vedeva da una piazza la medium assassinata alla finestra del suo stabile), il rivolo di sangue rosso che scorre  verso il centro della scena dopo che i sicari hanno trafitto Banco e il protagonista assassinato poi decapitato alla fine, forse vago prestito dal lontano “Trauma” . E con questo si è creduto di fare cosa? Teatro? Scandalo? Cultura? Omaggio a Verdi? A me è parso si sia trattato soltanto di 5 minuti di pubblicità gratuita su alcuni giornali in nome di un vecchio regista da film che, come altri, è transitato per un momento in quel che resta dell’opera lirica odierna, in cui tutto passa, metabolizzato istantaneamente, pure la pena suscitata dalla parte musicale, senza lasciare traccia nella memoria del pubblico. Arrivi al parcheggio e già non ricordi cosa hai visto.
O sentito: una parte musicale apertamente amplificata tanto da sentire le correzioni di volume a scena aperta ( per tutti, la voce del bambino alla profezia del terzo atto, aumentata mentre questo cantava ), l’ eco del coro in galleria ove eravamo seduti, tanto che la voce delle signore coriste al primo atto pareva venire immediatamente alle nostre spalle ( ci siamo girati pensando che il regista avesse messo parte del coro dietro il pubblico); annientamento delle voci solistiche che transitassero occasionalmente nella porzione più laterale del palco ( il signor Altomare alla scena del banchetto , tutto a sinistra; la signora Thodossiou nelle ultime battute del sonnambulismo ); un gigantesco stropiccìo di piedi del coro entrante prima del Patria oppressa, e più in generale, un abnorme incremento di volume di voci a noi stranote, che il Coccia avrebbe così miracolato. Insomma, se lo fate, almeno fatelo bene, controllate almeno il riverbero. Raggirateci bene, per favore, in modo che abbiamo almeno una momentanea illusione per i denari che vi lasciamo!
Detto questo, devo recensire il canto ? ha senso farlo a questo punto ? Già, perché alzare il volume di una voce o di coro e orchestra, significa amplificare anche i difetti, di una giornata che ha avuto punte di vera nefandezza vocale ( tanto nefasti da essere addirittura …sublimi !) Posso ricordarvi solo il nome di Giorgio Giuseppini, che in acuto va tutto indietro, ma almeno ha cantato. E della bacchetta, Giuseppe Sabbatini, il tenore di qualche tempo fa, per tutto quello che non sia l’accompagnare il canto, ove è stato meccanico e fiacco. Erano buone le streghe ed  il clima generale. Poi il coro ci ha anche messo del suo, impreciso più volte, ed i giochi erano fatti. Il resto: una spedizione punitiva, come la giornata piovosa che annuncia l’inverno…e non solo per il clima.

23 pensieri su “Cronache dalla provincia parte seconda: Macbeth al Coccia di Novara.

  1. Buonasera, mi chiamo Federico, ho 24 anni e purtroppo ho assistito a questo “Macbeth di Dario Argento” più che altro per una provocazione: quando ho chiesto tramite Facebook cosa potesse offrire al mondo dell’opera il signor Dario Argento tanto da far passare in secondo piano tutto il resto mi hanno invitato a “vedere per credere” la genialità del maestro. Quando in altre occasioni ho espresso la mia perplessità dicendo che l’opera è innanzitutto per i cantanti mi son sentito dire che per loro sono tutti sullo stesso livello (registi compresi) e che NON MI POSSO LAMENTARE dei cantanti che si sono esibiti la scorsa stagione (in particolare Praticò e la Bonfadelli nel Matrimonio Segreto) tutti quanti a loro detta di altissimo livello. Ci ho riso su. Poi hanno pure avuto il coraggio di citare tra questi “grandi cantanti” la Pratt che come sanno meglio di me è accorsa all’ultimo momento per sostituire la Bakanova (la quale era invece in cartellone) che dopo la prima di Lucia (che ho malauguratamente sentito) aveva dato forfait. Se questo è l’andazzo… Tornando al Macbeth, condivido in pieno quanto detto, secondo me la cosa più vergognosa, dopo la “regia” di Dario Argento, è stata la direzione di Sabbatini, veramente indegna. Domenica pomeriggio nemmeno una contestazione al “direttore”, qualcuna al regista, mentre i cantanti si inchinavano letteralmente a lui all’uscita sul palcoscenico. Colgo l’occasione per complimentarmi con gli autori del sito (la Divina Grisi in particolare): penso che offriate sempre spunti interessanti di riflessione specie per chi, come me, non è del mestiere.

    • Buonasera Federico e benvenuto. Le ciance dei plauditores, da quelli che affollano le piazze di provincia (e fanno da codazzo ai “divi” che di lì transitano) a quelli stabili (in ogni senso) presso i cosiddetti grandi teatri, sono sempre le stesse e il loro sempre più flebile suono non riesce certo a soffocare l’udito e l’onestà intellettuale di chi si accosta alla musica con autentica e non prezzolata passione. Sottoscrivo, per inciso, la vergogna della direzione d’orchestra di questo Macbeth, certo la cosa peggiore subito dopo l’insulsa regia e la gracchiante Lady Macbeth.

  2. l’horror che Argento crea (o meglio creava ) nel cinema,non può mai avere lo stesso effetto in un teatro,per tanti motivi giochi di luce,come vengono riprese le scene,la colonna sonora,insomma per me a leggere in giro,e la vostra recensione,poteva benissimo essere evitata,qualcuno ha scritto che era più comico che horror,sulla parte musicale non posso dire niente ,perché non ho nessun ascolto..

  3. Evviva, anche il Giuseppe Sabbatini si è dato alla direzione d’orchestra, che cosa gli poteva restare, visto il suo vezzo di esibirsi in nero in ogni opera (ne sanno qualche cosa quelli che si toccavano i gioielli di famiglia al suo apparire) Speriamo che almeno sul podio sia più presentabile (fisicamente)
    Non mi stupisco più di nulla, oramai pare che solo scioccando la parte visiva si possa emergere. (aspettiamoci almeno una incensata da parte di Giovanni Gavazzeni o della Pier Anna Franini, oppure della omnipresente Carla Moreni ) non vi trovo invece nulla sulla partecipazione della Theodossiou ? Che la Lady si sia angelicata ? Narrate deh!

  4. non ho né visto né sentito qiuesto Macbeth per cui non ne parlo, ma siamo ancora qui a parlare di regia, di eventi e di cose non non dovremmo aver “mai visto prima”? Ma qua lo scandalo vero è l’amplificazioni del canto!, non le pagliacciate dei registi, quelle omai potremmo anche ignorarle, se non si comincia a alzare barricate contro questa contraffazione delle voci, l’opera sarà veramente morta tra qualche anno; ci ritroveremo a breve senza nessun confine tra l’opera e il musical… Signori parliamone, lamentiamoci, protestiamo l’amplificazione sarà la pietra tombale della tecnica vocale, e questa volta in via definitiva.
    ps
    perdonate se non risponderò ad eventuali risposte, parto tra un ora v per lavoro verso lidi in ci internet non è scontato :-)
    ciao

  5. Sabbatini come tenore non era impresentabile. Lo ricordo nel Rigoletto scaligero con Muti – Rost – Bruson e non mi sembrava avesse sfigurato, anzi mi pareva avesse retto bene il confronto con simpatia Alagna. Saranno passati vent’anni….

  6. Buongiorno a tutti.
    Ero presente al “Coccia” di Novara la sera della “Prima”, cioè venerdì 4 ottobre, in platea, a pochi metri di distanza da Katia Ricciarelli.
    Dopo aver fatto 300 Km. circa in auto sotto la pioggia (dato che vengo da Bologna) ero anticipatamente entusiasta per 2 motivi: il desiderio di vedere una regia d’opera di Dario Argento (ebbene sì, sono un “cultore” dei suoi film, dato che lo seguo dai tempi dell’Uccello con le piume di cristallo, il primo vietato ai 14 che vidi appunto a quell’età) e la voglia di risentire la Theodossiou, dopo averla sentita in Norma a Modena qualche anno fa.
    Beh, vi dirò che, dal punto di vista musicale, non mi è sembrato un Macbeth da dimenticare (tra l’altro, perdonate la mia “innocenza”, ma non mi sono accorto che le voci fossero amplificate, con la sola eccezione della marcia del corteo di Duncano del 1° atto – orchestra registrata – e delle profezie “fanciullesche” che si sentivano anche troppo bene, quando invece le voci bianche all’opera sono quasi sempre inudibili – pastorello della Tosca e della Fedora compresi! -).
    Ho apprezzato la Lady, Altomare e Giuseppini che, a mio modo di vedere, hanno “interpretato” oltre che cantato. Su Sabbatini non mi pronuncio (come non mi pronuncerò mai su Alberto Veronesi) perchè poi sarei costretto a giustificarmi coll’absit iniuria verbis…
    Lo scopo di questo mio commento era però quello di manifestarvi la mia “delusione” per la regia dell’Argento: proiezioni e filmati? (3 fotografie 3 durante il preludio) – far sussultare il pubblico sulla sedia? (ma quando mai?) – effetti scenici sugli omicidi? (Duncano muore tra fiotti di sangue, ma non si vede neppur la mano di chi l’uccide e quel vetro traslucido lascia molto all’immaginazione) – unica buona eccezione la testa “spiccata” dal manichino Macbeth nell’ultima scena dell’opera, anche se, santi numi, lo stesso avrebbe potuto essere posizionato meglio con le braccia sulla poltrona e non legate attorno ai fianchi, così da vanificare di gran lunga l’effetto sorpresa!
    Ho apprezzato invece la parte prettamente musicale (ma le cabalette mi piacciono “ripetute” come Verdi desiderava, magari con variazioni d’accento e le puntature al posto giusto): ho visto altri Macbeth e, vi assicuro, erano assai più “scadenti” di questo.
    Chiosa finale: ho portato con me i miei 2 figli di 18 anni, che pur apprezzando la musica rock, non disdegnano di assistere all’opera: si sono emozionati (avevano visto in febbraio il Macbeth di Bologna con Solari e la Larmore) e l’hanno sicuramente apprezzato più di quello, in tutti i sensi…

    • Che dire? A me più che altro fa pena, non sa nemmeno cosa dire perché completamente estraneo al mondo dell’opera. La rabbia la provo invece nei confronti di chi l’ha ingaggiato per una po***ta del genere. Fino a qualche anno fa il teatro Coccia aveva un coro e una orchestra sua, oggi sono costretti (per motivi di budget) a ripiegare sulla Corale di Trecate (sulla quale non mi sento di esprimere pareri troppo severi) ma il denaro per il regista (che visto il nome penso abbia richiesto una parcella di tutto rispetto anche se non posso averne la certezza) l’hanno trovato eccome. Se le gestioni dei teatri di provincia, che più di altri risentono dei tagli alla cultura, sono queste, allora ben vengano i tagli. Scusate, sarò drastico ma per me è così!

  7. caro federico messo il dito nella purulenta piaga della gestione dei teatri figlia dell’infernale amplesso fra provincialismo e ignoranza di chi, per meriti e qualità assolutamente metartistiche deve decidere di questo teatro come dei più grandi- Tutti assolutamente identici seguiti da un pubblico la cui capacità uditiva e critica scema di giorno in giorno. Erano questi i pensieri che mi hanno tenuto desto durante il don Carlo scaligero

  8. visto che si parla di marco carta e che pertanto siamo ai margini del mondo della lirica, restando fuori tema non pensate che il caro e dolcissimo Sardus potrebbe trovare un posto anche non secondario in un romanzo come “Gli Dei hanno sete” di A. France

  9. Carissimo Albertoemme, mi farebbe molto piacere sapere che sei arrivato a “Gli dèi hanno sete” attraverso il saggio di Milan Kundera. Questo creerebbe fra noi un legame non banale. Se così non è, peccato, ma non importa. “Gli dèi hanno sete”, di un autore oggi totalmente dimenticato, resta comunque un magnifico romanzo.
    Ciao
    Marco Ninci

  10. stimatissimo m.n. io non sono che un povero fanciullo oscuro e buono a nullo. A quel romanzo c ero arrivato da solo a 19 20 anni prima ancora d arrivare a Proust tanto che ho fatto fatica a rivedermi l autore in Bergotte. Poi l ho riletto perche’ m aiuta a trovare un metodo per tentare di essere un uomo libero

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