Ascolti comparati: Tombe degli avi miei – Vittorio Grigolo e Giovanni Malipiero

Questo è l’ascolto comparato, che era stato inizialmente previsto per la giornata di ieri 31 gennaio. Per buona creanza e senso di “fair play” (forse eccessivi, l’una e l’altro) avevamo ritenuto preferibile proporre ben diversa comparazione. Oggi, a prima scaligera – in ogni senso – consumata, possiamo senza alcuno scrupolo offrirlo all’attenzione dei nostri lettori. – DD

Per l’ascolto comparato di oggi proponiamo dunque la scena finale di Lucia di Lammermoor affidata ad un tenore oggi di grande fama come Vittorio Grigolo e ad un grande tenore del passato mai assurto a gloria internazionale come Giovanni Malipiero.
Due modi interpretativi molto diversi di affrontare la scena, soprattutto in virtù delle diverse capacità tecniche, oltre che della diversa natura vocale.

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L’esecuzione è integralmente abbassata di mezzo tono a partire dal recitativo, estendendo oltre misura l’abbassamento dello scomodo finale “Tu che a Dio”. Le prime frasi di Grigolo rivelano fin da subito una voce gonfia e artificialmente scurita, già dal La bem di “infeliCE” e dalla successiva frase centrale “Deh raccogliete voi”. L’accento è concitato, poco poetico, per niente nostalgico, come rivela il Larghetto “Per me la vita è orrendo peso”. Sempre nel recitativo l’ascesa al fa diesis di “l’universo intero è un deserto” rivela un suono fibroso, avvisaglie queste di un registro acuto per niente facile che si conferma nella salita al la di “Io della morte”, difficile e fibrosa. Viene da chiedersi, visto che abbassare di mezzo tono la scena non sortisce l’effetto di facilitare il registro acuto in questo caso, perché non limitarsi a cantare la frase centrale presente in spartito in luogo dell’oppure che porta al si bemolle di tradizione, certamente di bell’effetto, per chi fosse capace di eseguirlo come si deve.
Nella prima parte della sezione centrale le intenzioni interpretative ci sarebbero e sarebbero anche buone, soprattutto nel rispettare le forcelle e gli accenti presenti nello spartito, ma il centro è poco a fuoco e questo porta l’interprete a passare da sussurri, laddove dovrebero esserci dei piani, a suoni forti molto poco gradevoli per l’orecchio perché incontrollati. Sempre il poco sostegno del centro porta l’interprete ad affaticarsi e ad abbandonare ogni buona intenzione già a “Ah fin degli estinti”, dove il segno di legatura appare vistosamente spezzato, legato che si perde anche alla successiva frase “Tu pur tu pur dimentica2, dove l’assenza di veri piani si fa sentire. Nella parte finale dell’aria possiamo notare ancora come sia di nuovo fibroso il fa diesis di “Ah, rispetta almen”, così come il successivo la bem di “Rispetta almen le ceneri”.
vittorio-grigoloInsomma tutta la zona centro acuta è fibrosa e, nel finale dell’aria, persino ballante, causa lo sforzo cui l’interprete deve ricorrere per arrivare alla fine del brano.
Nel “Tu che a Dio” abbiamo di nuovo dei piani per niente a fuoco e un centro inscurito e ispessito contro natura che rovina ogni intenzione possibile e che ovviamente porta a suoni difficoltosi, stretti in gola, persino sull’orlo della stonatura nella stretta della prima ripetizione di Bell’alma innamorata, tutto ciò in quella che per un tenore contraltino dovrebbe essere la parte più facile e squillante della voce.
La stretta manca di astrazione e patetismo, che la situazione drammatica imporrebbe, mentre al loro posto abbiamo suoni che si fanno stretti in gola, nessuna ampiezza nei vari sol di Un nume in ciel e un ultimo acuto difficoltoso, cui si giunge dopo un taglio della stretta finale, sicuramente imposto dalla stanchezza dell’interprete.
Insomma abbiamo davanti un tenore leggero che probabilmente in virtù di una buona sonorità naturale ha deciso di gonfiare il centro per cercare un colore e uno spessore che non gli sarebbero affatto propri (pratica comune a molti suoi colleghi), col solo risultato finora di vedere un centro ispessito a discapito di tutta la zona medio alta, che così facendo perde di brillantezza e facilità, ma soprattutto limitando ogni possibilità di governare la voce in quella sezione. Abbassare di mezzo tono la scena è un espediente, inoltre, cui hanno fatto ricorso finora soprattutto tenori in fine di carriera, magari dediti anche a repertorio più pesante, come è stato il caso dell’ultima Lucia di Carlo Bergonzi a Londra nel 1986, o dell’incione tardissima di Checco Marconi etc..

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Per quanto riguarda Giovanni Malipiero, tenore lirico spinto dedito, oltre che a Lucia, Elisir e Manon di Massenet anche a Mefistofele, Tosca, Manon Lescaut di Puccini e che esegue lo stesso abbassamento di Grigolo, si rileva come la voce risulti a fuoco sin dalle prime battute. Ciò gli facilita il rendere il carattere eroico e malinconia dell’eroe, a ciò essendo bastante l’attacco e la piccola variazione dinamica su “Deh, raccogliete voi”. Il centro brillante e sonoro, facile, in virtù del fiato, rende questo Edgardo capace di fraseggiare e scandire ogni frase con facilità, basti notare la variazione di accento e colore all’interno della frase “tu ridi esulti accanto al felice consorte”. Anche Malipiero ricorre all’espediente di abbassare la scena di mezzo tono pur di salire all’oppure acuto nel recitativo, ma quanto sentiamo è un suono facile e squillante, eroico. Nella sezione centrale poi, le forcelle sono più precise, si apprezza il centro veramente cristallino e facile, un suono totalmente diverso da quanto fatto sentire dal collega perché naturale, mai scurito artificialmente. L’unico difetto finora che mi sento di rilevare è qualche portamento un po’ strascicato come , per esempio, dal fa diesis al la nat centrale di “Ahi misero”.
Molto bella anche la frase “Tu pur tu pur dimentica” dove cantante e interprete ci permettono di sentire l’eroe orgoglioso e il rimpianto dell’amante ferito, pur senza essere di fronte a Gigli o Schipa, rinomati Edgardi di quella generazione. Mentre nel finale dell’aria opta per una diversa cadenza con variante centrale in luogo dell’acuto di tradizione.
Nelle battute di conducimento che portano alla cabaletta le frasi centro acute di risposta al coro sono bellissime, perchè tutte facili e sonore, nonostante siano scritte tutte praticamente sulla zona del passaggio di registro, ogni suono, infatti, è avanti, sempre squillante. Nel “Tu che a Dio” Malipiero attacca in mezzoforte, tenendo la voce raccolta, chiara e leggera, con bellissimo effetto di piano, tutto sostenuto dal fiato e dizione scolpitissima come sempre.
malipieroLa resa di “Bell’alma innamorata” è facilissima, e l’interprete può permettersi anche un rallentando nella battute prima del crescendo finale della frase. Sentire poi la differenza impressionante sui vari “Il Nume in ciel”, come siano ampi e sonori, privi di sforzo alcuno.

53 pensieri su “Ascolti comparati: Tombe degli avi miei – Vittorio Grigolo e Giovanni Malipiero

  1. Benedetto Iddio, chi abbia anche per poco tempo frequentato teatri anche non rinomati non può che trovare INSOPPORTABILE il tentativo di canto di Grigolo, per una infinità di ragioni: La dinamica espressiva è talmente altalenante che ci si domanda dove tiene il fiato costui?, in secondo luogo l’aria dovrebbe esprimere una miriade di sentimenti nei confronti di un presunto torto subito, ma per seguire queste sue note, non note, tonalità alte basse persino ferrose allocuzioni, uno si perde e allora addio al pathos, poi cerchiamo di capire il dolore, macchè anch’esso un po’ su un po’ giu’ e avanti sino alla fine.
    Malipiero non è certo un mio idolo, ma non posso che levarmi il cappello: quì si esterna un dolore con chiarezza e timbro fermo,
    anche colui che arrivasse al momento direbbe: cosa fa soffrire costui?, chi lo tradisce? La narrazione è logica e chiara, le emozioni sono tutte lì, tranne forse una scarsa propensione alla lacrima, (in quegli anni imperante) ma il suo dolore ti pervade anche per la lucidità della disperazione. (Perchè in fondo si tratta di melo-dramma o no?)

    • Confronto improponibile in quanto Malipiero e’ un signor professionista mentre Grigolo e’ un semidilettante. Piuttosto qualcuno conosce il basso che interpreta Raimondo ? I suoi interventi nella scena finale sono cosi’ disastrosi che, in confronto, Luciano Neroni, che pure non e’ certo il mio ideale di basso, e’ da monumento in piazza!!!

  2. Ritorno costernato,incazzato e triste dalla recita poco più che amatoriale di Lucia alla scala (tutto miniscolo!) aver visto il pubblico applaudire con fervore prestazioni vocali e orchestrali al limite dell’imbarazzante mi convice sempre più che il melodramma , ormai, è definitivamente morto. Le risatacce (due!) e l’urlo che Lucia caccia durante la scena della pazzie basterebbero a chiudere il discorso, ma che dire dell’aria finale cantata da grigolo mezzo (o addirittura di un tono) sotto?
    ” Tu che a Dio “sembrava una canzonetta per baritono e non la sublime aria per tenore scritta da Donizetti.
    Sarebbe poi il caso di dedicare un intero post al vezzo di alcuni cantanti di farsi amplificare……

    • Ho visto la generale. Uno spettacolo a dir poco squallido. Sulla tua affermazione finale, io non lo credo. Ho assistito alla prova da un palco di proscenio, e poi sono salita in loggione per capire se quanto si sentiva dal palco fosse analogo in alto e a me pare proprio di si. Spinge tantissimo…tanto tanto, e nonostante l’abbassamento non era in grado di cantare la seconda strofa del Tu Che a dio” tanto era stanco. L’ha parlata tutta!
      Fin tanto che la gente applaude, loro ce li mettono davanti.

  3. Donna Giulia l’affermazione che fino a che il pubblico applaude, loro (chi?) ce li mettono davanti.
    Quindi la politica dei Sovrintendenti che costano un milione di Euro, è solo di presentare fuffa purchè tiri?
    Non hanno dignità? Non esiste più il pudore?
    E’ uno scandalo che ci si sia rivolti all’estero per avere fuffa, e per di più ben pagata.
    La vera vergogna è il presentare al mondo intero questa indecenza
    (Se la Scala fa il pieno è solo perchè ancora esiste il turismo, non certo per la qualità di spettacoli che dispensa a costi altissimi)

  4. Grigolo, cantante senza tecnica e scuola, sfiatato e senza acuti che cerca alla bell’e meglio di farli. Come si può pretendere che ci sia qualcuno che “bui” [=faccia booh]?
    Con tutto il parterre di VIPS che frequenta come Armani, Cavalli, i fratelli Caten, la Sozzani, e poi gli Agnelli, la Pirelli, e non ultimo il mentore Placido Prezzemolingo, anche se latrasse o neppure cantasse, verrebbe adorato! Sic transit gloria mundi!

  5. Su facebook mi tocca litigare continuamente con un sacco di gente (ma proprio un sacco) che sostiene che il miglior Edgardo della storia sia stato Di Stefano con Karajan. Costoro portano ad esempio il suo “poeticissimo” “Tu Che a Dio”, strillato da cima a fondo. Ma mi chiedo: certe forzature non le sentono? Il miglior Donizetti è dunque quello leoncavallizzato?
    Viva Malipiero, tenore ingiustamente dimenticato.
    IN quell’edizione avete poi sentito Manacchini, immagino. Si mette in tasca quasi tutti gli Enrico apparsi dopo di lui in disco. Peccato per il solito taglio della scena dell’uragano.

  6. Grigolo è l’ennesimo esempio dell’anticanto. Voce da canzonettista e tecnica inesistente. Inoltre l’atteggiamento è oltremodo ridicolo. Caro El Gratta , io su fb ho rinunciato da tempo a discutere con i tifosi da stadio. È tempo perso.

  7. Grigolo è l’ennesimo caso di cantante di infimo livello senza un minimo di consapevolezza tecnica che ovviamente, pompato dalle casa discografiche, viene ritenuto degno di esser scritturato nei migliori teatri del mondo. Va bene che siamo in un momento nero ma piuttosto rinunci a fare Lucia piuttosto che farla in quel modo osceno e vergognoso!!!

  8. buona sera, ero in teatro mercoledi alla prova generale di LUCIA, ero uno dei 5-6 che hanno dissentito in platea piu’ di una volta. Mia la voce che ha pronunciato ” ma dove” in risposta al bravo elevato dai palchetti al baritono.
    Non sono un musicista, non sono un addetto ai lavori; la mia prima Lucia e degli anni 70 al Petruzzelli con Serra, appera arrivata da Teheran, l’ultima quella del Regio di Torino nel 2011, con Campanella sul podio.
    Ebbene dopo pochi minuti ho capito l’andamento della sera dalla assenza completa della orchesta e della concertazione.Eppure in dischi e alla radio ne ho ascoltati tanti di direttori cimentarsi in Lucia ma nessuno a mia memoria con tanta povertà di colori e di pochezza concertante come il direttore Morandi. Persino Ranzani alla Scala e Massimo De Bernard al San Carlo ( Morino e Mazzola) hanno saputo fare di meglio.- sulle voci esprimo semplicemente una delusione collettiva , per tutti, incredibile, specie se confronto con la Lucia del MET con la stessa regia e scenografia di due o tre anni fa.
    Da quanto ho letto comprendo che la delusione è condivisa.
    Speriamo in tempi migliori, un saluto a tutti e grazie della attenzione.

      • miguel da’ una esatta collocazione d questo cantante molto strano. Io pur non amandolo lo rispetto perche’ si distingue dal cantante ne’ carne ne pesce in quanto pesce. Se fossi Cracco direi che e’ un singolare caso di baccala’ agitato. Fibroso sapido ma abbastanza agile legato e sonoro. Probabilmente l ideale sara’ presenziare alle sue recite del venerdi. La mia recita di Lucia e’ molto avanti per cui del suo Edgardo al momento non posso dire niente. Certo abbassare ” Tu che a Dio…” toglie luminosita’ al pezzo. Lo fece Pavarotti alla seconda recita della Lucia con la Serra. Evito’ le defaillances avute alla prima ma Donizetti fu un po’ meno Donizetti.

        • il paragone di grigolo con cracco o altri cuochi da tv è felice . I primi non sono capaci di cucinare un risotto e ossobuco decente l’ altro di cantare da professionista la furtiva lacrima. Poi si inventano ignobili pastrocchi

        • Veramente questo bambino tenore abbassaa dal rwcitativo tutta La scena. Pavarotti il tu che a dio perche quella e’ la tradizione. Ma sto qui su ‘io della morte’ non gliela fa…..non regge tessitura alta m nwmmeno ha l acuto isolato. Stafucking, per dirla con lily

        • Albertoemme…
          Sempre secondo me, Vittorio Grigolo
          non e’ “un cantante strano”,
          e’ un cantante che non e’ in grado
          di cantare bene “Lucia”.
          Dei suoi ridicoli atteggiamenti scenici,
          delle sue ridicole e peraltro
          malcopiate pose da artista profondamente commosso con occhi chiusi e bocca spalancata quando
          riceve l’applauso dai suoi fans, del suo
          ritenersi un Di Caprio della lirica,
          del suo sbracciarsi in scena stile
          Lendl degli anni d’oro, e del suo riuscire a star mezzo seduto
          anche quando e’ in piedi (beato lui!
          Avra’ delgli ottimi quadricipiti), di tutto
          questo, Alberto, non mi interessa un
          fico secco. E’ un Signore che, oggidi’
          in buonissima compagnia, non e’ in grado d’eseguire bene la “Lucia”.
          Da appassionato del canto qual mi
          ritengo, il fatto che non canti bene e’
          la sola cosa che mi interessa. E non
          devi guardare nella sfera della maga
          per capire come cantera’ la recita che
          andrai a vedere, ascolta quel che ha
          postato Nourrit, e’ li’ da sentire.
          Ti aggiungo pure, che i canzonettisti,
          quando bravi, cantano in altro modo.
          Ma tu, che spesso sei fin troppo
          fantasioso, saresti forse in grado di
          indicare a me, dove sono tutti questi
          grandi Edgardi? Di grandi non ce ne
          sono, di a volte sufficienti , (che son comunque meglio del nostro
          Di Caprio dell’Opera), ne abbiamo tirati
          fuori pochini, no? Provaci tu.
          Ti prego di risparmiarmi gli Shtoda , i Pollenzani, gli Albelo, i Pirgu e compagnia bella. Ciao, Vettel.

          Per Giulia.
          Giulia cara, non parlo dello spettacolo,
          rispondo ad Alberto. Del resto tra i
          brani postati c’e’ Grigolo che esegue
          “Lucia”.

          Per Er Gratta.
          Contentissimo che qualcuno si
          ricordi di baritoni, non di grande nome,
          ma di grande professionalita’ .

          Per Nourrit.
          Potresti essere un poco meno
          pigro e scrivere di piu’. Sei bravo.

      • aspetto le recensioni ufficiali, certo loro sono gli addetti ai lavori, loro ascoltano con il cervello io piu’ modestamente col cuore, se non lo sento vibrare non sono contento e spesso l’ho sentito vibrare ascoltando voci che non sono state molto celebrate ma sicuramente molto amanti e amate.

  9. Quando nel 2000 a Cagliari Grigolo si esibì come Gastone ne ” La Traviata” e sostenne una recita come Don Ottavio in “Don Giovanni”, girava per il teatro dicendo a destra e a manca che lui era il ” Di Caprio” dell’Opera Lirica…….. Dal momento che staiamo affondando come il Titanic direi che ci sta…. Saluti

    Maometto II

  10. Però, vorrei dire a Giosuelivio, in piena amicizia, che il “persino” antecedente la menzione di Massimo De Bernart, un avverbio che sottintende una scarsissima stima del direttore, non mi sembra affatto giusto. Le volte in cui l’ho ascoltato io, Massimo De Bernart mi è sembrato eccellente, bravissimo.
    Marco Ninci

    • si forse l’avverbio non è stato eccellente, ho ascoltato il maestro de Bernard solo in quella occasione e nonostante certe risereve di chi mi stava vicino il suo Donizetti non mi sembrava male, ho accostato due direttori ( de Bernard e Ranzani) ai quali idealmente Gavazzeni ha ceduto la bacchetta della sua Lucia.
      Il persino era legato al fatto che tra i direttori che ho ascoltato i due citati erano tra i meno osannati, diciamo così, lungi da me il mancare di rispetto, anzi.
      grazie per la osservazione.

  11. Io preferisco far fare a Grigolo con i suoi singulti pseudoespressivi e il suo canto sullo sfiato la fine di Giordano nell’altro post: confinarlo nell’indifferenza più totale.

    Mi rallegro invece per la scelta di Malipiero che è uno dei mie cantanti preferiti, anche se – e forse proprio perché – non mi ritrovo nella definizione di “lirico spinto” di Nourrit: della vocalità spinta in Malipiero non ci sento granché. Ho sempre pensato fosse una autentica voce lirica con lo sguardo rivolto al canto aggraziato. Sentirlo per credere nella sua versione della Serenata di Toselli oppure il Sogno della Manon o per restare in tema nel duetto dalla Lucia con la Pagliughi… Già le battute di sortita sono nobili, gentili, ispirate.
    Di lui mi è sempre piaciuto come fosse evidente la bella emissione, magistrale esempio di suono alto e sul fiato, tutto omogeneo e tale per cui si sente che tutte le parole cadono nello stesso punto “sui denti”.
    Bravo bravo bravo.

      • Infatti, nel live del 3º atto della Manon Lescaut dalla Scala ’46, Malipiero, diretto da Toscanini, affronta il Si naturale acuto con squillo e impeto, dunque un tenore completo e dotato di grande sensibilità, e la definizione di lirico spinto ci sta tutta.

      • Ma scusate quindi per questo anche Tagliavini sarebbe uno spinto perché ha cantato parti spinte?
        A parte il fatto che quando si parla di voci umane le categorie sono secondo me un po’ costringenti, a ma sembra spinto uno Ziliani più che un Malipiero che mi sembra più attento ad un canto ricco di dinamiche e colori.

        • Ciao Enrico.
          Anche io ho difficolta’ a pensare
          a Malipiero come ad uno spinto.
          Figuriamoci con Tagliavini, sempre
          che per Tagliavini, tra i tanti che ci
          sono e che ci son stati si intenda
          Ferruccio. Ma guarda che ci
          addentriamo in un terreno pieno
          di buche. Pensa invece una bella
          rubica : “Il tenore lirico spinto”,
          e li’, tutti tireranno fuori la loro,
          ma alla fin della fiera riusciremo
          ben a capirci, o no?
          Son comunque d’accordo con te,
          e secondo me non era un lirico spinto
          neppure Ziliani. Ciao caro.

          • Ciao Miguel!

            Giustamente io ho dato per scontato Ferruccio, ma ci fu anche Franco che a me piacque moltissimo in una registrazione che ho perso della Mme Sans-Gêne di Giordano (a proposito di “musica proibita”). Ecco forse Franco Tagliavini (ce ne sono stati altri?) è quello che più si avvicina alla categoria?
            Ma in fondo, sono d’accordo con te: è un terreno veramente incerto quello della classificazione dei tenori!
            Ho detto Ziliani per una certa tensione nella linea vocale… l’avverto particolarmente nel duetto con la Cigna della Francesca da Rimini. Tra l’altro è un tenore poco ricordato e a torto.
            Alla prossima Miguel!

            (A proposito di “musica proibita”: chissà che non vi rientri una puntata sulla simpatica duchessa di Danzica!)

        • Tra tenore lirico e lirico spinto io non ci vedo abissale differenza, Tagliavini nel periodo di maggior rigoglio vocale, e cioè tra il ’38 e il 47/48, si presentava come tenore angelico epigono di Gigli e Schipa, ma con una ricchezza timbrica e pienezza di voce che gli consentivano azzardi anche fuori dal suo normale terreno d’elezione. Ci sono le incisioni RCA del 47, tipo l’o paradiso, in cui coniuga attacchi nella zona di passaggio dolcissimi e a mezzavoce, affascinante purezza di legato e di portamenti e Si bemolli acuti squillanti. Lo stesso vale per Pourquoi me reveiller. E naturalmente nel suo caso, al contrario di Malipiero, possiamo parlare di voce eccezionale. Forse rispetto al primo Di Stefano, il tenore più vicino a lui come repertorio e temperamento,ha personalità meno singolare, ma voce più penetrante nei centri e più squillante nell’acuto.

          • Gianluigi, però a rigore allora anche Gigli andrebbe annoverato negli spinti: se non altro per la resa di certi personaggi come Canio e come Alvaro, pescanod nel mazzo. In Forza come fu documentato qui sul Corriere… Altro che angelico! Lo stesso dicasi per il suo Chenier, se non lo ricordo male.
            Quanto alla qualità della voce, so di andare controcorrente: ma io, che amo le voci più strane, trovo infinitamente più bella e più ricca la voce di Malipiero rispetto alla pasta un po’ fanciullina di Tagliavini Ferruccio. Che non ho mai trovato così eccezionale, la voce pur bella; e che mi ha sempre annoiato un po’, l’interprete.
            Eccezionale fu la timbrica di Di Stefano. Peccato che da un certo punto in poi cominciò a non girare più i fiati. E del giovin Lucianone

        • La Forza, almeno fino al 1895, è stata spesso appannaggio di tenori angelici, era cavallo di battaglia di Angelo Masini, il tenore di grazia più importante della seconda metà d’800, le recensioni dell’epoca riportano di come amasse Masini eseguire l’incipit di “o tu che in seno agli angeli” a mezzavoce, e di avere impeto e squillo nel declamato. Essere tenore angelico a fine ‘800 non precludeva certo intensità di suono e pienezza timbrica. Ci sono diversi live di Gigli nella Forza, famosissimo è quello dalla Scala del ’34 in cui esegue con una straordinaria mezzavoce la prima parte del duetto della barella riuscendo però ad essere eloquente e espressivo, in un’altra esecuzione del ’38 inizia l’aria del 3º atto proprio come Masini, a mezzavoce, all’ascolto è tanto spiazzante quanto straordinario.
          Certamente l’accento tragico gli era sostanzialmentestraneo, dopo la metà degli anni ’30 in Gigli ci fu un eccesso di singhiozzi e effetti direi populistici che poco hanno a che fare col vero accento tragico/romantico, ma la pienezza della voce, la facilità nell’acuto e direi, in parte, anche lo squillo e la grande varietà di colori, lo portano ad essere al di sopra di tutti i tenori venuti dopo di lui, anche in alcuni di questi ruoli drammatici tipo Alvaro. Se si ascoltano le primissime incisioni di Tagliavini – tenore angelico nel senso antico del termine- si capisce che, oltre ad avere voce d’eccezione, aveva intensità di suono e squillo, vedi la mia letizia infondere del ’40, vedi l’o paradiso del ’47 o lo squillo dei Si bemolli di Pourquoi me reveiller del ’47. Il primo di Stefano, per quanto affascinante, non aveva la pienezza di voce del primo Tagliavini.

          • Ciao Cortecci.
            Nel caso io fossi un infante
            curioso, come mi racconteresti la vocalita’ di un tenore che,
            a differenza di altri tenori
            vien definito in questo strano
            modo : “Lirico spinto”?
            Come mai si chiama cosi’?
            Cosa canta generalmente?
            Quali sono le prerogative tipiche
            di questa voce? Cosa gli e’
            precluso? Quali le differenze
            tra il nostro spinto, ed un lirico od un drammatico?
            Grazie. Volevo aggiungere,
            che in tantissimi casi, anche per me non e’ cosi’ importante
            distinguere un lirico puro da
            un lirico spinto, come giustamente hai gia’ scritto tu,
            pur tuttavia qualche piccolo distinguo ci dovra’ pur essere, penso. Lasciamo pero’ perdere un attimino chi sia piu’ dotato
            tra Di Stefano e Tagliavini, o se
            Gigli fosse in grado di emettere
            perfetti squilli e perfette mezzevoci. Ma secondo te come mai Lemeshev e’ ritenuto un lirico e Nelepp uno spinto, visto che entrambi squillano direi egregiamente, e
            sempre entrambi conoscono
            l’arte di smorzare un suono?
            Ciao Cortecci, a presto.

            Per Enrico T.
            In generale, senza scendere
            in particolari e, mettendo insieme pregi e difetti dell’uno
            e dell’altro, siamo d’accordo
            anche su Malipiero, nel senso
            che lo preferisco a Tagliavini.
            Buon appetito, ciao.

          • Gianluigi scrivi: “Essere tenore angelico a fine ’800 non precludeva certo intensità di suono e pienezza timbrica”.
            Per me non lo dovrebbe precludere mai…
            Su gigli concordo. Su Tagliavini e di Stefano, mi limito a parlare di impasto vocale… Di voci belle come quella di di Stefano ne nasce una ogni…

            Miguel, siam d’accordo! Buon pomeriggio!

          • infatti schipa cantava senza fatica con soprani di grande tonnellaggio come la ponselle, la muller (don giovanni del met) o la cigna (più volte in traviata). Vi immaginate florez a cantare con la monastyrska o la d’intino, che non sono proprio la muller e la stignani!!!!!!!!!!!

  12. accidenti ho vissuto un viaggio nel tempo… ho seguito alcune prove e l’antigenerale; la sera di giovedì sono entrato in teatro pensando di ascoltare un’opera del 1800 e mi sono trovato di fronte a una maialata pseudoveristica… MAH. Mi e’ piaciuta la regia (poca fantasia nell’ultima parte, ma le prime scene erano bellissime), il soprano dignitoso, grigolo il solito guitto che nei momento clou si spinge sulle punte dei piedi come bolle (ma bolle balla e grigolo non canta…), il resto passa e va.

    Sono curioso di sentire il secondo cast, che potrebbe dare prova di un minimo di aderenza alla partitura (malgrado la lettura orchestrale). Ad maiora!

  13. Per Fleta:
    non amo classificare così schematicamente le categorie di tenori , lirici, lirici spinti, di grazia, leggeri, drammatici etc.. Credo esistano alla base 3 tipi di tenore, di grazia, lirico e drammatico , e così anche i soprani, ognuna delle categorie ha varie possibilità di repertorio a seconda del cantante, del colore della voce, della possibilità di sostenere parti pesanti etc.. Il discorso si farebbe lungo, io ho portato l’esempio di Masini, Gigli e Tagliavini proprio per indicare 3 tenori di grazia per antonomasia che hanno affrontato anche ruoli da tenore eroico senza lasciare a desiderare alcunché, almeno vocalmente parlando. Allora forse lo schema di classificazione andrebbe fatto più che per il tipo di voce , per il temperamento di ciascun cantante,
    per l’accento. Schipa è vero, cantava Traviata con la Cigna, ha inciso splendidamente quando le sere al placido, ma ha abbandonato Tosca Cavalleria e Zazà dopo pochi anni di carriera. E non credo solo per una questione di peso di voce (lui che quando voleva sparava si bemolle e si naturali in principio di carriera che erano vere e proprie sberle) ma proprio Per intima inclinazione personale , per temperamento. Gigli, tenore angelico e voce tra le più complete di tutto il 900 ( sarà anche oro la voce del giovane di Stefano, ma se è oro la sua quella di Gigli che cos’è?) è riuscito ad essere convincente sia nel repertorio di grazia che nelle incursioni del repertorio eroico, tipo Aida, pur con i limiti di temperamento di cui parlavo prima. Per quanto riguarda il discorso tra Lemeshev e Nelepp, non ci vedo grande differenza sostanzialmente. Nelepp È sempre stato considerato il tenore drammatico per antonomasia in Russia , aveva comq una voce più dura e meno flessibile di Lemeshev e kozlovsky, più povera nei centri,
    meno estesa, e anche minore eloquenza. Onestamente non lo trovo cantante straordinario . Quindi, tenore drammatico o no, gli preferisco gli altri due senza ombra di dubbio.

    • CORTECCI!!!
      Son d’accordo su tutto!!!
      (Pero’ Nelepp non era un drammatico).
      Oh, che peccato, la rubrica sul tenore
      di forza e’ gia’ finita. Vuol dire che sara’
      bene stare piu’ attenti a come cantano
      sti’ benedetti tenori e a che possibilita’
      hanno, invece che classificarli, (anche
      se e’ possibile, sai? Si, si, e’ possibilissimo).
      Bene, t’abbraccio. Miguel.

  14. Condivido Cortecci nella ripartizione in tre categorie perché le intermedie nascono dalla versatilità di taluni cantanti e dalla loro evoluzione. Non sono invece d’accordo con Donzelli sulle conclusioni che tira su Florez partendo dalla circostanza che Cigna e Schipa hanno cantato insieme in Traviata. La voce di un soprano drammatico può convivere con la voce di grazia. Pensiamo a Nicola Monti (per citare uno che anche i detrattori viscerali e sistematici non possono ritenere superiore al peruviano) che canta Sonnambula con la Callas prima di cantarla con Joan Sutherland. La cosa rilevante é che una voce importante (come fu la Callas o la Cigna) se ha successo in un ruolo estremo come Violetta o Amina é perché é stata in grado di piegare la propria voce alle esigenze del personaggio e degli altri colleghi. Vi é quindi una forte componente camaleontica che nello specifico porta anche la superdotata o il superdotato (si pensi a un Corelli) a utilizzare la propria potenza limitatamente a quanto basta.

        • l’osservazione non è pertinente perché stiamo parlando di mero volume e tonnellaggio di una cantante non del suo gusto o della sua tecnica, che è altro.
          Quanto poi al giudizio è da estendere ed amplificare per la violetta della Ponselle e cara grazia che non abbiamo quella della Favero. Cara grazia per la Mafalda, ovviamente
          Quanto poi al giudizio è quello che abbiamo imparato da celletti. solo che per sua fortuna è morto nel 2004 e la schifezza propinata nell’ultimo decennio ( e forse anche dal 1997 circa in poi) non l’ha sentita perché la traviata delal caniglia davanti è tutto questo è almeno cantata con voce sontuosa e di qualità e nella festa e nel duetto con germont padre e nel terzo (per loro quarto atto) fa tutto fuorché schifo.
          dopo di chè vorrei sentire quella della muzio !!! Anche sfasciata nel 1935

          • L’osser vazione non è pertinente? Madonna Santa. Parliamo di opulenza di voce della Caniglia,poi s’ascolta il live del 39 con Gigli, quando ancora la Caniglia era – diciamo – in buona forma, s’ascoltano infatti suoni grossi al centro, acuti presi non si sa come, perennemente calanti, nel forte al limite dell’urlo, nel piano spesso stimbrati (vedi addio del passato), senza poi contare il pessimo gusto. Quindi è logico, canto con tutti questi limiti, ma chi se ne frega in fondo, la voce è opulenta tanto da essere ricordata.Semmai sarà impertinente il confrontocon la Ponselle, che sì aveva acuti poco spontanei anche lei ed era costretta ad abbassare la fine del 1º atto, ma la voce era anche più ricca di quella della Canigliae l’approccio col personaggio meno superficiale e soprattutto molto più ritenuta nel gusto. Se poi si tira in ballo la sensibilità che emerge dagli ultimi dischi della Muzio…

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