Loggionisti: essere o non essere?

enfants-du-paradis-1-43-05-gNell’immaginario popolare il loggionista era (si badi al tempo verbale) un appassionato d’opera, che non perdeva una recita delle opere che nella propria o nelle circumvicine città si “davano”, spesso mosso dall’amore per la musica, più ancora per il canto, talora per un singolo cantante. Era, quindi, un ascoltatore nutrito da molti e diretti ascolti, dove rientravano anche quelli che la radio italiana (dapprima Eiar poi Rai) sino alla metà degli anni sessanta diffondeva animata da autentico spirito di informazione e culturalizzazione. Non era necessariamente persona di grandi studi, ma la lunga e costante frequentazione dell’opera era spesso occasione e lo stimolo per recuperare studi, che contingenze economiche avevano frustrato. Naturalmente il loggionista di questa specie poteva anche soffrire di simpatie ed antipatie irrazionali. Non è questa la sede per evocare le risse tra fans di Stagno e Gayarre, di Gigli e Lauri Volpi e, più vicine a noi di Callas e Tebaldi.
Possiamo anche dire che esistono luoghi dove il loggionismo era condizione e status sociale. In punto leggende e favole parmigiane si sprecano. Si sprecano e stupiscono rispetto al presente dove ancora Parma è esempio, ma negativo, perché un loggione che deve valutare lo spettacolo ed il canto in primis sembra essere vincolato a partiti, cordate tutte rigorosamente campaniliste, che limitano ed ottundono l’udito.
Oggi pare che talvolta non solo i loggioni, ma interi teatri stranieri facciano sentire il dissenso. Quiescente, come il Vesuvio, quello napoletano, resta quello milanese, falcidiato, inquinato, talvolta redarguito da stampa e teatro, vittima di intimidazione, di tentata circonvenzione, di indebite richieste di supporti ed aiuti.
Siccome a queste lusinghe non sono sensibile, anzi allergico, mi sono domandato se posso farne parte. A parte che il loggione non è una contrada senese nella quali si nasce, accasa e muore, ma solo un luogo dove andare all’opera, e andare di frequente, visto che il prezzo del biglietto è l’unico congruo alla qualità degli spettacoli, mi sono ripetuto la domanda.
Se si è loggionisti per l’esprimere, come quelli di un tempo, l’opinione sullo spettacolo senza che nessun aspetto possa inficiare il giudizio ,allora vi appartengo e devo aggiungere che vi appartengo in versione XXI secolo (pur nato, educato e scolarizzato nel precedente) perché vado agli spettacoli con il bagaglio degli studi, delle letture e degli ascolti. E credo che questo sia il punto: gli ascolti, ovvero i precedenti. I demoniaci strumenti del quarto potere mediatico sono la declinazione del “diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”, sicché quel veicolo mediatico, che fa rimbalzare il successo di cartapesta dell’ultima diva sempre di cartapesta, che si crede la Pasta, è il medesimo che ti serve, comodamente seduto in salotto, al tuo tavolo di lavoro, mentre sudi sul tapis roulant altre dieci/venti colleghe, che in un secolo hanno vestito quei panni sacerdotali, quella mantilla e che inesorabili, fatte le tare del suono, del gusto ti hanno formato e fatto di te un loggionista udente e, quindi, pensante.
Ecco la tragedia: gli imbonitori di turno, di cento ascoltatori, novanta ne “invorniscono” coi loro mezzi, dieci li trasformano in formidabili pericolosi mostri, cioè in essere udenti e pensanti. Poi questi dieci insultateli, sbeffeggiateli dal basso della vostra mediatica ignoranza, ma rendetevi conto di non poterli contraddire e smentire. Dimenticavo: un cinquantenne è ormai un dinosauro, loro, cioè loggionisti così fatti, stanno sotto i trent’anni. E non dite: “non hai sentito la Frittoli, come puoi fischiare la Agresta?”, perché risponderanno: “hai in mente la registrazione del 1909 della Korsoff?”.

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39 pensieri su “Loggionisti: essere o non essere?

  1. Attenzione che il passo tra certo loggionismo in perenne fregola per le voci dall’oltretomba e il petulante isterismo da opera queen è assai breve. E non è un fenomeno recente: le lagne sul decadimento dell’arte del canto sono vecchie quanto il teatro d’opera stesso.

    • prima di tutto, opera queen sarai te, ok? secondo, nessun isterismo, oggi non c’è decadenza, semplicemente non si canta più. se tu avessi qualche riferimento per parlare un po’ più approfondito, ti accorgeresti che la questione del declino del canto oggi non è quella dei tempi in cui l’opera era un genere presente, di produzione contemporanea. la questione del “declino” di cui si parla nel XIX secolo ( non ci sono più i castrati…etc..), attiene allo stile esecutivo, era puntuale ad ogni evoluzione del gusto e della composizione lirica, aveva luogo ogni volta che un compositore utilizzava la voce in modo diverso dalla prassi consolidata ( basta leggere cosa scrive verdi stesso..). oggi i termini della questione sono molto molto diversi, siamo alla ineseguibilità, alla incapacità di costruire voci correttamente impostate etc.., e ciò riguarda la musica vocale di ogni genere e tempo, dal barocco al verismo. ci sono anche ottime letture che puoi fare per comprendere la differenza tra le lagnanza del passato, e lo stato dell’arte vocale di oggi.

          • ma perche’ almeno qui siamo tutti in buona fede…certo anch’io preferirei che i grisini si prebdessero meno sul serio ma non esiste il BLOG AZZURRO 😉

        • Alby come sai io penso che la “lagna principale” sia un imperativo categorico di chi capisce cosa sia il canto, anche un minimo come me, e abbia coscienza di come si (non) canti oggi. A maggior ragione lo sdegno lo dovrebbe provare chi, sempre come me, per anagrafe era troppo giovane per andare a teatro da solo a sentire ultimi grandi interpreti o voci: Horne, Ramey, Blake, Sutherland, Pavarotti stesso pur con le sue 4 espressioni in croce e compagnia briscola…
          Scusa eh, ma se io sento dischi e poi vado a teatro ho o non ho ragione di inc******i??

  2. Cara Giulia, sui riferimenti che io abbia per parlare più o meno “approfondito” non penso che tu possa saperne molto. Confesso che a volte anch’io mi sorprendo a pensare che oggi si canti peggio che in passato e, in tutta onestà, mi chiedo se ciò corrisponda al vero o piuttosto tale opinione non sia un sintomo di una mia tardiva omologazione ai luoghi comuni che da che mondo e mondo serpeggiano nei loggioni. E comunque credo che oggi, fortunatamente, si canti ancora. Magari meglio di come fa la Siems nel non entusiasmante esempio che proponi ( in effetti essa ha dato il meglio di se’ in altri repertori ).

    • Infatti produciamo le Sutherland, le Callas, le generale, le condotto, i ramey, le cavalletto, i Pavarotti come i funghi . Ti basta la puntata sulla storia di norma a sentirti senza dubbio, essendo stata la Callas l ultimo grande tragico a dare voce al title Role, mentre oggi siamo qui a farci prendere per i fondelli da una Bartoli che non sa nemmeno cantare sul fiato un brano brillante da opera comica. Porta qui argomenti vocali, corona, portali con nome e cognome, brani, esempi audio . portali e smentisci qualcosa che non sai smentire in nulla, ma solo con la forza becera dell’insulto. Prendi verdi, o rossini, o Puccini, e dimostraci che non si canta peggio……con dei fatti

  3. Sono d’accordo, questo è un periodo in cui – in linea di massima – si canta peggio rispetto al passato prossimo. Che è cosa diversa dal dire che il canto sia finito, affermazione piuttosto enfatica. Aggiungo che non era né è mia intenzione ricorrere alla forza becera dell’insulto. Non ne vedo i motivi.

  4. Buonasera e scusate se mi “intrometto” in questa discussione. Sono nuovo del blog, ma vi leggo molto spesso e faccio i complimenti a tutti, indistintamente da come la pensino: chi parla di opera con tanta passione merita tanta stima e plauso! Sono molto d’accordo con ciò che dice la Sig.ra Grisi: oggi, pur essendo giovane, i cantanti hanno perso non solo la tecnica, ma la voglia di costruire un personaggio, da quel che sembra. Tutto sembra improvvisato. Ho conosciuto qualche cantante “in voga” adesso e noto con enorme rammarico che iniziano con i migliori pressupposti, ma si lasciano andare ad un marketing sulla loro immagine, a mio avviso, indecente. Il fatto che non si ribellino a scelte di cartellone fuori dal comune e insensate per loro mi fa molto pensare. Anche una volta c’erano accostamenti di titoli diversi: ma la tecnica poteva tutto. Ora, senza tecnica, sembra che si accontentino di portare a casa la serata: bene? “Meglio, sono passato/a per un/una belcantista” Male? ” Il pubblico non accetta le novità”. Quindi ben venga il Loggione che ricorda a volte che non si può entrare in scena e fare quello che si vuole, ma che il canto è uno strumento per comunicare, e che strumento!

    P.S. Sono stato prolisso forse e mi scuso di nuovo!
    A.M.

  5. buona sera sono spiazzato dopo aver letto i vostri interventi. Vado controcorrente. Amo la lirica o l’opera o il melodramma chiamatelo come volete.
    credo che morirò prima della sua definitiva scomparsa , ma credo che non mi sopravviverà moltissimo.
    leggo che la Callas è stata l’ultima interprete di Norma, credo sia vero, accidenti. Ma se guardo al panorama dei compositori attuali li vedo lontani anni luce dal nostro repertorio, così come i musicisti compongono altra musica , così le voci interpretano altra musica. Non hanno tempo, credo non trovino ragione per mantenere fortemente viva la necessità di interpretare il melodramma, che diveterà sempre piu’ nicchia.
    Domando: quanto volte in un anno secondo voi vengono interpretate le musiche composte da leonardo da Vinci?
    E così sarà, non subito, ma prima o poi anche per molto del repertorio del nostro amato melodramma
    Ieri mi rigiravo tra le mani il cofanetto di oltre 120 Cd dedicato a mozart; ho cercato nei cataloghi degli interpreti: decine per don giovanni , ma per altre pagine, quasi il deserto. Credo che vada così per le cose umane.
    Conserviamo quello che abbiamo ringraziando per averlo e averlo sentito di persona per molti di noi ( non i trentenni ovviamente) e raccontaimolo senza troppa enfasi a chi vuole stare ad ascoltarci, ma facciamoci una ragione: siamo i difensori di un patrimonio che andrà disperso .
    Proposta: carichiamo tutto il possibile su una navicella e lanciamola nello spazio. Sarà bello comunicare ad altri il nostro tesoro o vederlo tornare sul pianeta tra 300-400 anni, magari per caso.
    Buona notte e scusate l’intervento-
    Noi siamo forse tra gli ultimi fortunati, abianti di un sempre piu’ lontano loggione sule cui pareti stanno arrampicate le nostre preziose memorie musicali.

    • Bellissime e sagge parole, quelle di Mariani e del Reverendo. Basterebbero a giustificare l’esistenza di questo nostro civilissimo, dottissimo, vivissimo loggione virtuale.
      La fortuna futura dell’Opera?
      INSHALLAH !

  6. Caro Reverendo, non sarei così accorato. Sofocle lo leggiamo e lo rappresentiamo ancora. Eppure è ben più anziano di qualunque opera lirica. Non c’è dunque da preoccuparsi. E se anche l’opera sparisse, che problema c’è? Tutto ciò che nasce si corrompe, lo sapeva Aristotele, lo sa il più mediocre degli uomini. Il lungo periodo non è affar nostro perché, come diceva Keynes, “nel lungo periodo saremo tutti morti”. Ciao, stammi bene
    Marco Ninci

    • Le ho scritte e non dette (un po’ di precisione di lessico non guasta!) dopo averci pensato molto, a differenza di molti.
      Non capisco o meglio lo capisco benissimo, ma finiremmo nelle solite sterili polemiche che è più facile ed opportuno aggredire la forma (scrivo un bellissimo e fluido italiano, per nulla inficiato da linguaggi di casta, francesismi, sciocche paratassi, inutili ipotassi)che la sostanza, se difettano le argomentazioni o, meglio, se si condividono, divulgano e sostengono, soprattutto in altri luoghi virtuali che di loggione il nome disonorano, quelle contrarie.
      ciao Marco!

    • Naturalmente non era un paragone, ma solo un appunto all’uso di due aggettivi che potrebbero, a ragione, applicarsi anche alla prosa di Gadda, se si decidesse di tralasciare tutto il resto.

      Per altro, credo che quest’uso distorto, mediatico e sofistico che fai di recente della nostra lingua sia perfettamente in tono con l’ultimo avatar da te scelto, ossia la ministra e conterranea Maria Elena Boschi.

      Complimenti per l’orecchio assoluto.

  7. Io consiglio al Sig. Mariani di non entrare anche lui nella deriva di quali che amano “non” farsi piacere le cose e di godersi quello che di buono c’é in giro. Non sono così tordo da sostenere che questo sia un momento di vacche grasse, ma di buoni e ottimi cantanti ce ne sono e di alcuni si sentiva la mancanza anche trent’anni fa. Florez, Agresta, Cedolins, Alvarez, Maestri, Kunde, Meier, Kaufmann, Urmana, Dessay, Bartoli, Filianoti, Dessì, Terfel, Albelo, Osborn, He, Damrau, Mosuc, Pape, Furlanetto, Nucci, Netrebko, Botha, Ganassi, Esposito, D’Arcangelo, Frittoli, Meli, Sartori, Pertusi, D’Intino, Keenlyside (ma potrei andare avanti ancora con altri venti nomi) nei loro ambiti adeguati e nelle loro prove migliori, in questi ultimi dieci anni hanno portato avanti la baracca con onore.-

    • Buonasera Signor Alberto.
      Apprezzo moltissimo la sua “preoccupazione” per me e la ringrazio davvero! Come lei ha ben detto, spero anche io di non diventare un nostalgico ad oltranza o simili. L’unica cosa che forse mi manca è l’elettricità di un esecuzione; anche le/i grandi cantanti del passato, dal vivo, non erano immuni da difetti, anzi. Quello che non trovo consono da parte degli odierni cantanti è la mancanza di un’ organizzazione non solo vocale ( a volte, poiché molti all’inizio della loro carriera sono notevoli), ma mentale. In ogni cosa nella vita ci vuole organizzazione, specialmente per uno strumento delicato quale la voce umana. Se si manda allo sbaraglio, oppure si fanno scelte avventate sorge spontanea una domanda: Voglio fare 20 anni di carriera e uscirne come un valido e bravo professionista e artista, oppure fare 5 anni ed essere allo stremo delle forze? Purtroppo se quei cinque anni di bellezza vocale fossero supportati da prove veramente singolari e notevoli forse basterebbero, ma ahimè, sovente, non è così. Il gioco vale la candela? Un dono si può gettare via così per la fama subito? Il troppo, forse, a volte stroppia. Grazie mille!!

        • di quello che crede la gente non mi importa nulla. questo è un sito dove le persone che scrivono vogliono seriamente parlare di canto, musica, dei relativi problemi. un sito di dibattito serio e non di coglionate. per cui ritengo, e non solo io ma molti altri che qui scrivono sempre, inutilissimi e molesti gli utenti che scrivono solo per scocciare, disturbare il dialogo, comportarsi come trolls. se non vi va il target, o non vi trovate nel clima del parlare comunque con serietà ve ne potete serenamente andare.

  8. Il post di Donzelli è interessante. Secondo voi, frequentatori di teatri di tutta la penisola, esiste ancora da qualche parte il loggione? Inteso ovviamente non come luogo fisico ma gruppo di frequentatori abituali. Quando ero giovane avevo molto più tempo e meno soldi per cui frequentavo i loggioni molto più assiduamente di adesso, ora il tempo è pochissimo e come scrive Marianne in altro post, vado a teatro solo se attratto da qualche titolo interessante. Ricordo però loggioni vivaci, preparati, anche chiassosi…
    Di certo a Venezia non c’è più, a Verona nemmeno, ma Venezia e Verona sono teatri allagati da turisti di ogni dove dal dubbio interesse, Parma…lasciamo stare. Un “loggione” oggi forse resiste a Milano per quanto storicamente incancrenito; ma Torino? Roma? Napoli?
    Il loggionista è dappertutto veramente oramai annacquato nel pubblico generalista dei teatri d’oggi?

    • per me il loggione è anche un luogo fisico,per esempio qui al Regio Torino ci sono i palchi ma niente a che fare con il loggione vero è proprio,poi delle vere contestazione qui a Torino non ne ho mai viste..

    • Per quanto ho visto io a Venezia non c’è un loggione inteso in quel senso, sarà la presenza enorme di turisti… nelle poche puntate che ho fatto a Trieste e Verona neppure. Paradossalmente ho sentito più critiche (non buh, piuttosto lamentele, malcontento e pochi applausi tra il pubblico) ad un Trovatore a Treviso o Oderzo (non ricordo esattamente) con un cast da “grande teatro” (Fraccaro, Lewis, e un orrendo mezzo che mi sfugge, ma è assai famoso) che alla FeniceXD

  9. Buona sera, rispondo con ritardo e mi scuso con Marconinci (assenza dovuta a cause di forza maggiore) : si Sofocle,Euripide, Proust, e molto del teatro antico e recente richiedono spesso una tavola di palcoscenico , voci recitanti, un pubblico; credo che lo spettacolo che offre oggi il teatro di prosa ci dica che pure li’ si fa fatica; pensare di rendere in forma di concerto con una piccola orchestra un’opera puo’ essere una alternativa , non restituisce pero’ il melodramma così come concepito. A questa stregua basterebbero le incisioni di oggi; no, credo che stiamo lentamente salutando il mondo fantastico che tanto amiamo, forse non noi ma i nostri nipoti ne sentiranno solo parlare quando avranno la nostra età; forse non è un male, forse una legge di natura; stasera hanno inaugurato il nuovo teatro d’opera a Firenze; alla fine dello spettacolo mi sono domandato: riuscirà mai ad invecchiare questo teatro?

    grazie come sempre , un saluto a tutti e a ciascuno e alla prossima.

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