Ascolti comparati: Celeste Aida

verdiScrive Enrico Stinchelli sul suo sito (a fondo pagina il link dell’articolo) che la Celeste Aida incisa da Jonas Kaufmann nel cd “The Verdi album”, sarebbe una delle esecuzioni più corrette e fedeli di un’aria che la maggior parte dei tenori avrebbe invece cantato “a squarciagola”, tradendo le indicazioni del compositore di cantare piano e con dolcezza, e snaturando così lo spirito del brano. “La voce e la tecnica può piacere o non piacere”, e in fondo queste sono cose che interessano solo ai melomani “fissati”, ciò che importa è la fedeltà alla lettera dello spartito. Come se, ci permettiamo di chiosare, il solo segno scritto potesse essere esaustivo di tutte le informazioni necessarie per la corretta esecuzione di un brano musicale: fosse così qualsiasi scimmia ammaestrata sarebbe un cantante o un musicista (e qualsiasi sprovveduto in grado di contare quante “p” abbia scritto Verdi, un critico musicale).
Dunque proviamo a dare il nostro contributo al dibattito, servendoci ovviamente anche noi dello spartito, e, ben più importanti, delle orecchie bene aperte, oltreché della comparazione con altre incisioni della celebre romanza.

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Partiamo dal recitativo. Subito si potrebbe notare come Kaufmann proferisca le prime due frasi (“se quel guerrier io fossi” e “se il mio sogno si avverasse”) senza dare il giusto rilievo alla pausa che le separa, e senza differenziarle; musicalmente sarebbe ovvio e naturale dare di meno nella seconda frase di risposta, e invece è tutto uguale, forte. Ma questo forse non interessa a chi affida l’intera comprensione di un brano alla lettura pedissequa delle indicazioni del compositore, che qui in effetti non scrive nulla. Come se il compositore potesse scrivere tutto.  “Un esercito di prodi da me guidato” batte sul passaggio e l’emissione si fa subito spinta e affannosa, con vocali gonfiate (“da me guidOto”). Su “e la vittoria”, non cura la doppia t. Arrivati a “e a te mia dolce Aida”, cessano gli squilli di tromba e l’atmosfera si fa improvvisamente non più eroica e battagliera, ma dolce e amorosa (sullo spartito non c’è scritto, ma è ovvio, naturale: ribadisco, il compositore non scrive tutto). Ovviamente questo repentino cambio di carattere, deve tradursi in una emissione non più stentorea ma alitata dolcemente sul fiato, e invece l’attacco sulla E (fa diesis) è duro, ghermito con violenza, preso dal basso. Davvero una brutta cosa. Sul nome dell’amata “Aida”, l’emissione si incaglia sulla vocale i, che somiglia più ad una ü, tutta indietro, sorda e tappata nel naso. Risulta grottesco e sgraziato, bolso, innaturale. Chi sente queste cose, e purtroppo siamo in pochi, non può che averne raccapriccio. Il cantante non sa cosa voglia dire emettere la i, per lui questa vocale non esiste. Sull’acuto di “per te ho vinto” (la bemolle) infatti è obbligato ad emettere una sorta di E. Sono versi rozzi e ferini, che non veicolano significati, parole, ma esprimono solo violenza e forza bruta.
E arriviamo quindi all’aria. Sullo spartito Verdi prescrive il piano per l’orchestra, per la voce indica “con espressione” e poco più avanti “dolce”. Pianissimo “di luce e  fior”. Le intenzioni musicali di Kaufmann sono senz’altro corrette, ossia evitare di dare un accento brusco e di cantare forte i fa e fa# di “celeste Aida”, “forma divina”, ”mistico serto”. Salire a quelle note alleggerendo l’emissione però richiederebbe bel altro vocalista, ne risultano infatti ululati rauchi e strozzati. La voce è come sempre costruita, ingrossata e oscurata di gola, in conseguenza di ciò l’emissione si tappa ancora sulle i di “a-i-da”, “di-vi-na”, “mi-stico serto”. La linea non è omogenea perché ogni vocale suona in un posto diverso, ora in bocca ora in gola, ora indietro, ora ancora più indietro.  C’è un evidente problema di intonazione su “di luce e fior” (re naturale): la O è tutta indietro, presa con uno scivolone dal basso e all’inizio è calante oltreché fissa. E’ una registrazione in studio e stona pure! Faccio a meno di indicare tutte le i difettose, sarebbe estenuante dato che non se ne salva una. Arriviamo a “tu sei regina”, dove la vocale U sull’acuto (sol) in verità non è una U ma un urlo qualsiasi, potrebbe essere una O oppure un verso d’animale. Alla frase “il tuo bel cielo vorrei ridarti” Verdi scrive “sempre dolcissimo”, ma a chi sostiene che questa sia la più fedele delle esecuzioni, chiediamo cosa ci sia di dolce in questo vociare tutto ingolfato e artefatto. Il si bemolle, a fronte di tali carenze, è forse la cosa migliore. Alla ripresa si ripresentano uguali gli stessi problemi sin qui segnalati, linea di canto che si chiude, come avesse un tappo in bocca, sulle numerose i (“celeste A-i-da, forma d-i-v-i-na ecc…”), e poi ancora suoni trattenuti, indietro e strozzati, ancora identica la stonatura su “di luce e fior”. Il rispetto delle dinamiche significa ben poco se eseguite a prezzo di tali deficienze di emissione,che rendono macchinoso ed innaturale il modo di porgere la parola e di legare i suoni.
Che poi il cantante riesca a filare (a modo suo) il si bemolle finale, lascia ancora il tempo che trova. Si tratta peraltro di un suono indietro alla maniera tedesca neanche da paragonare alle prodezze di un Corelli, che proponiamo qui in un live. L’esecuzione a dire il vero, a parte il si bemolle filato, non è irreprensibile sotto il profilo della musicalità, d’altronde non erano tempi in cui si potesse barare inventandosi mezzevoci posticce, senza averne la perfetta padronanza tecnica.

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Come esempio di canto dolce, morbido, ben legato e sfumato, proponiamo l’ungherese Koloman von Pataky, che riesce impeccabilmente laddove Kaufmann invece si limita alle buone intenzioni: sentire come alleggerisce impeccabilmente le arcate di “celeste Aida”, “forma divina”, senza gola, disomogeneità, chiusure e strozzamenti. Da notare la morbida cautela nell’attaccare gli acuti, presi in falsettone e poi rinforzati.

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Ascoltiamo infine il fenomenale Miguel Fleta per capire cosa siano le vere mezzevoci, gli acuti davvero avanti e squillanti, pur senza il diminuendo finale. Sentire come nel recitativo riesca ad attaccare dolcemente la frase “e a te mia dolce Aida tornar di lauri cinto”, laddove Kaufmann urlava. Nell’aria commette solo l’errore di cantare forte la frase “le dolci brezze del patrio suol”, anticipando il crescendo che dovrebbe partire da “un regal serto sul crin posarti”. A parte questo la padronanza delle dinamiche è trascendentale, le mezzevoci sono davvero “sul fiato” e non stitici trattenimenti operati con i muscoli del faringe. Impressionanti soprattutto perché ad eseguirle è una voce di tale possanza.

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http://www.enricostinchelli.it/site/news/354-un-divo-vicino-al-sol.html

http://conquest.imslp.info/files/imglnks/usimg/c/c8/IMSLP09436-Verdi_aida_vocalscore.pdf

52 pensieri su “Ascolti comparati: Celeste Aida

  1. Ancora non comprendo come si possa accettare l’associazione Kau kau + grande cantante…posso capire che una Netrebko possa avere un timbro gradevole, che un soprano corto come la Garanca possa essere, a tratti e in certi intervalli, corretta e visivamente gradevole…ma qui oltre all’assenza assoluta di una base tecnica, parliamo oggettivamente di un timbro orrendo, berciato, ingolato da patata rimasta per traverso durante una sbronza in osteria (ogni riferimento alla volgarità di emissione è puramente casuale)

  2. Gentile Fernando Corena, non si tratta di insulti,ma di analisi. Se volessimo essere ossessivi nell’analisi potremmo usare alcuni programmi di analisi vocale che controllano e intonazione e composizione di armonici di una nota emessa, e scoprirebbe che il Sib finale di Kaufmann in almeno 2 punti cala . Credo che tutti, da Stinchelli a Lei,sarete d’accordo che la voce del divo e’ indietro e non a fuoco, e, forse, il suo maggior merito e’ quello di esser riuscito a trasformare i suoi difetti in “pregi”. Dimostrando cosi’, assieme a Florez una intelligenza che latita nei tenori nostrani.

    • Beh, trasformare i difetti in pregi…. Solo un incompetente può scambiare quei difetti per pregi. Chiunque abbia una minima coscienza vocale e canora non può sopportare certe cose. Florez è diverso, può piacere, non è un cattivo cantante, neanche un grande fuoriclasse, ma può piacere. Il fatto che piaccia Kaufmann invece è solo sintomo di decadenza e profonda ignoranza, un fatto tristissimo.

  3. Caro Mancini, hai ragione, avrei dovuto scrivere “far passare i propri difetti per pregi”, ma, come sai meglio di me, oggi abbiamo cantanti con degli “affezionati” che acriticamente bevono tutto e perpetuano quella che tu chiami decadenza e ignoranza.
    Quanto poi al rispetto e fedelta’ allo spartito, anche senza troppi approfondimenti, basta ascoltare, dopo il Divo, Bergonzi dal vivo al Met nel 62 o 63, non ricordo bene, in, appunto,” Celeste Aida”ove pur non essendo sempre fedele allo spartito, rede “palpabile ” acusticamente la differenza tra belcanto e malcanto (e cantava al Met, ove devi farti sentire, e non in uno studio di incisione)http://youtu.be/k8Wa6E76n2s

  4. Sembra che nelle varie classifiche di gradimento e popolarità dei cantanti lirici (che probabilmente vanno ad influenzare anche le scelte dei cast dei teatri più importanti) abbia sempre più importanza l’aspetto fisico rispetto alla qualità del canto. Kaufmann canta male, però è “figo”, al pubblico piace, quindi canta bene…

  5. D’accordissimo sul povero Kaufmann (secondo me è vittima di se stesso) che ha solo due tinte di uno stesso colore (grigio). Probabilmente non ha nemmeno una profondissima comprensione dell’Italiano per cui qualche volta è approssimativa la correlazione tra parola e nota.
    Però…gli altri tenori se fossero passati allo stesso scandaglio di Kaufmann non l’avrebbero passata liscia.
    Lo stesso Mancini su Corelli ce lo confessa per primo. Anche se qui ha ragione, il paragone è impietoso e Kaufmann proprio scompare al confronto. Tuttavia attendere un’ora e mezzo prima dell’ultimo “un trono vicino al sol”, così da preparare l’acuto è comprensibile e forse ti regala quel Sib, ma musicalmente è proprio brutto, spezza la linea e si perde la connessione tra inizio e fine. Manca solo che si senta il respirone…Da notare che il disegno di “celeste Aida” è fondamentalmente un arpeggio “riempito” sullo spazio di un’ottava da Fa a Fa. I due “un trono vicino al sol” finali ne sono l’ideale conclusione (da Sib a Sib) con un arpeggio perfetto, asciugato dalle note di passaggio tra una nota. Il che renderebbe il pezzo “concluso” e “unito”.
    Kolman: le intonazioni (a chi fa le analisi coi programmi vocali si ascolti ‘sto Sib finale che ondeggia dappertutto…), le vocali (celeste AidUA…), gli acuti col falsettone (che non sono belli, dai, non importa quanto morbidi…) ma soprattutto la melensaggine della tinta generale…in questo blog in cui non si perdona alla Caballé la mancanza di un vero accento verdiano (e pur non essendo così severo, posso essere d’accordo…) sarebbero stati errori imperdonabili. Invece di un condottiero ardente, ardito ma lacerato mi sembra un mollaccione un po’ affettato.
    Fleta: “e a te mia dolce Aida” fatto dolce a prezzo di cambiare il ritmo in maniera così assurda che l’enfasi sembra su “e AAA te mia dolce Aida…”, il primo “formA-Divina” non intonato, il primo “mistico seRTO” col Fa# duro e di intonazione discutibile, col “di luce e fiOr” con la O troppo aperta che diventa calante…insomma. Grandissimo, però alla lente d’ingrandimento…
    Capisco l’intento, capisco la differenza di qualità “generale” e a me Kaufmann non piace in questo repertorio (Personalmente ho trovato il suo Parsifal del MET l’anno scorso davvero convincente), però…avere le orecchie aperte deve valere per tutti!

    • Le vocali di von Pataky non hanno nulla che non va. Semmai, a voler fare le pulci, potevi notare alcuni errorini di accento (se quel guerrier iO’ fossi, tu di miA’ vita) o le consonanti strascicate (“uneregalesereto” “eregeretiunetorono”), vezzo comune di molti cantanti dell’epoca. Quanto alla “melensaggine”, questa è una romanza da cantare con dolcezza, l’ho proposto unicamente come esempio di canto morbido ed estatico. So anch’io che non è una voce verdiana e non può essere un Radames completo, ma d’altronde il confronto è con il Radames virtuale di Kaufmann, che per adesso ne ha incisa solo l’aria in studio.

      Le stonature di Fleta appartengono più che altro alla tua immaginazione. Su “di luce e fior” convengo non è perfetto, ma il vero suono aperto e calante qui è di Kaufmann, e l’ho segnalato nel post. Più che il “cambio di ritmo” su “e A te mia dolce Aida” (è un recitativo, mica va fatto a metronomo), potevi notare anche qui qualche accento sbagliato (“tu di mia vita SEI’ lo splendor”, con l’accento sulla i di “seì”). Qua e là c’è poi qualche birignao.

      Quanto al fatto che in altri repertori Kaufmann possa essere “convincente”, non mi pare che altrove canti diversamente (tempo fa analizzai anche il suo Lohengrin e i problemi vocali erano identici).

      • Sono d’accordissimo che Celeste Aida debba essere cantata con dolcezza. Però è proprio nel trapasso dall’eroico al dolce che si gioca (anche drammaturgicamente) tutta l’aria. A me Kalman, anche non considerando la globalità del personaggio ma solo il pezzo estrapolato, continua a suonare troppo affettato proprio nei primi due versi, per cui sarebbe già fuori gara.

        Non intendevo fare il recitativo a metronomo. Ma mi sembra una scelta sbagliata enfatizzare quella A (Fleta) che poi lo ingabbia a fare quasi un ritmo puntato (“e AAA te mia-dolceA-ii-da”); e in questo modo la deformazione ritmica (accettabilissima nel recitativo) quasi nuoce più che enfatizzare.
        Compresa la scelta, secondo me assurda, di tanti tenori di fermarsi su “se il mio sogno SIIII avverasse” (questo lo fa persino Corelli). La parte meno importante di tutto il verso.

        In Fleta comunque:
        formA-Divina: il Sib cresce, b.3 dell’aria
        mistico seErto: b.6 dell’aria, forse più che l’intonazione del Fa# è il fatto che s’indurisce a disturbarmi anche se a me dà l’impressione di essere leggermente calante e poi aggiustato e ammorbidito.

        Su Kalman sono stato poco preciso: non è che ha tutte le vocali fuori posto; é solo Aida che diventa AidUA alla seconda battuta dell’aria (Fa). Forse non facendo il portamento (che pure è suggerito in partitura) per acchiappare quel Fa in maniera morbida, crea qualche aggiustamento improprio. “Forma divina” con portamento (due battute dopo) è perfetto.
        Interessante che a parità di segni grafici, il “dolce” Kalman nell’aria, nelle b. 2 e 6 (in quest’ultima è anche segnato “dolce”) non fa portamento, ma a battuta 4 sì…

        Sono piccoli dettagli e si potrebbe andare avanti nota per nota, ma non è quello che intendevo. E’ solo che mi sembra che a qualcuno non si perdona proprio niente (e va benissimo, sono d’accordo con quanto scrivi su di lui), mentre con altri si è un po’ più buoni!

        • Vedi, possiamo discutere tutti i nano secondi di ciascuno, ma di k non funziona l imposto totale e corre la sua corsa da paralitico, mentre gli altri la corrono da corridori. Non è un sentire unilaterale, ma è un sentire cantanti di fronte a un non cantante. Io avrei scelto altri esempi,ma pazienza . ci sono esecuzioni migliori, ma anche Mancini ha le sue preferenze. Non sarà certo il parco smorzare di k a collocarlo tra i tenori come Pertile Tucker fleta o altri, dato il modo in cui fa ogni cosa. Poi possiamo trovare le imperfezioni di ognuno di loro o delle loro bacchette ad iniziare da Toscanini con Tucker.

          • No, non possiamo discutere nessun nanosecondo, se lo si fa bisogna averne i criteri. Le stonature che costui dice di sentire non esistono. Von Pataky fa i portamenti, non c’è nulla di sbagliato in questo. La voce non è un pianoforte. Ma non dice affatto “Aidua”, è pura sua immaginazione. Chi ama il canto sul fiato non può restare indifferente a tale levigatezza di canto, fluidità, morbidezza e uniformità di suono. Qui si impara cosa intende Verdi quando scrive “dolce”.

  6. buon giorno, la domenica mattina ho qualche minuto per vagare ed è sempre piacere leggervi.
    accidenti oggi si parla di “celeste aida”
    leggo, rileggo i vostri interventi e mi senti piccolo, piccolo. Poi rileggo e quando sento parlare di spartito penso al valore delle note scritte, allora non mi tornano i conti con la dolce voce dell’ungherese presentato, Kalman, ma vedo che si sorvola; poi sento il mio Corelli e lo confronto con gli altri presentati, compreso Fleta e mi sembra di cogliere anime diverse dello stesso Radames; alla fine salgo su in archivio ( il mio piccolo archivio) e riesco a recuperare 13 edizioni diverse di Celeste Iida, tutte diverse fra loro e mi sembra di cogliere in tutte la bellezza della musica e la forze creatrice del compositore e , scusate , allora riesco per un motivio e per un altro ad apprezzarle tutte: potere della bellezza della musica e della consapevolezza che non si puo’ sempre avere Corelli, ecc. ecc.
    E mi viene pero’ un pensiero mefistofelico rileggendo alla fine alcuni dei vostri interventi ” chissà cosa non avrebbero detto di Bergonzi, Pertile, Caruso ecc, ecc., se il Corriere della Grisi ci fosse stato, con questi esperti di oggi, 50 o 70 anni fa; mi viene il sospetto che persino il Corelli sarebbere stato fatto a fettine, confrontato con il passato”. Buona domenica a tutti e come sempre, grazie

    ps. riprendo la chiusa di Puck: ” If you pardon, we will mend”

  7. Ho sentito l’intervista di Stinchelli-Suozzo fatta a Kaufmann la scorsa settimana (credo) e a parte la mollicchesca mielosità del tutto, mi è sembrato un bravo ragazzo, simpatico, spiritoso, dal buon italiano, e che di tecnica di canto ne parlava e non male.
    Il cantante è un’altra cosa: per me, come Villazon e Cura, Kaufmann è l’Anti-Canto, ossia la deformità, i difetti e la negligenza tecnica elevata a metro (per non parlare dell’espressività, specie in Italiano).
    Il “Celeste Aida” inciso in sala sopra ne è la prova (non difficili da trovare) anche se Mancini è stato pure buono nel scegliere quel brano: io propongo quest’altro perfidamente, un inno al Malcanto indicibile http://www.youtube.com/watch?v=WZlCSelK9tM

      • C’ero (purtroppo) in ambedue le occasioni. La prima volta mi scandalizzai, la seconda fu anche peggio, oltretutto cantato come bis dopo un recital schifoso e già con la voce a pezzi (oltre ai succitati difetti, che ormai si ripetono senza soluzione di continuità). E pensare che in quell’occasione qualcuno mi apostrofò in malo modo perché osai lamentarmi di questo becero Ingemisco, ma io confermo tutto quanto sopra, punto su punto. E a proposito dell’italiano, è pur vero che il signor Kau lo parla bene, ma anch’io me la cavo bene con il tedesco, anche se non so cantare, e questo è il punto….

          • Non ho detto che la filatura di Rosvaenge non è perfetta, semplicemente la trovo meno suggestiva e spettaccolare di quella che esegue Corelli. È un fenomeno, un nostro di bravura Corelli, c’è poco da fare. Interessantissimo è pure Von Pataky, singolare tenore, voce dolcissima eppure penetrante, esecuzione suggestiva.

  8. certo palati fini ma mica tutti uguali per fortuna. Gli ultimi “ingemisco” eseguiti da K. alla Scala effettivamente non sono stati all’altezza di quelli di tre quattro anni prima dove avevo riscontrato maggiore elasticità e ampiezza. Circa il suo Celeste Aida devo dire che non é né corretto, nè fedele. Piuttosto é abbastanza originale, sicuramente non noioso e quel carattere ombroso e introverso riscatta i problemi vocali e musicali sottolineati da Mancini. Per me é una prova che supera la sufficienza e non escludo che il suo Radames in teatro potrebbe nel complesso funzionare come nel Werther dove tanti sono usciti ammirati. La sfida di Kaufmann é fare tutto e penso che ancora per una decina di anni ci troveremo a discutere di lui. Tornando al merito della comparazione, ritengo che il confronto più interessante nel Celeste Aida sarebbe con Jon Vickers che é el ’62 un po’ l’ispiratore di Kaufmann. Di seguito la sua edizione ufficiale d(inferiore ad altre sue live) http://www.youtube.com/watch?v=5Nsi3kGjxnE

    • Ma veramente gli ingemisco di 3/4 anni fa alla Scala furono pessimi (c’ero). Quindi, non oso pensare cosa siano stati gli ultimi. E forse, allora, è meglio non chiederselo.
      Il suo Celeste Aida è così morchioso e privo di luminosità che non c’è neanche bisogno di analizzare la correttezza musicale. E’ terribile anche ad un ascolto distratto.
      Il si bem finale in pianissimo se lo poteva evitare: instabile, sul filo del rasoio fra la fissità e lo scrocco.

    • Hai mai sentito la voce di Vickers in teatro?? L’ampiezza?? So che non è molto amato da queste parti, però non c’era orchestra che poteva coprirlo, MAI!
      Per quanto riguarda Kau… Lasciamo perdere!

    • perché rinforzare un acuto è più facile che smorzarlo. almeno secondo alcuni. ad esempio in campo femminile i do 5 scritti per giuditta pasta (norma ed anche beatrice) sono sempre scoperti. Una discreta smorzatura la fa Alessandro Bonci ed anche in una registrazione in tedesco Rosweange. Preciso ne circola una live dove non al fa

      • Se stai parlando dell’Aida del ’38 con Rosvaenge, il si bemolle lo esegue a mezzavoce che prepara già dal fa, non lo smorza dal forte al piano. Per quanto mi rocordi, i grandi tenori del ‘900 che attaccano il si bemolle a piena voce e lo smorzano sono due: Bergonzi, nel live dal Met del ’63 e Corelli, innumerevoli volte dal ’66 al ’68.

        • finalmente rileggiamo Cortecci. Aggiungerei che anche Pavarotti nel 1986 eseguiva il Si bemolle a perdita di fiato e nella mia recita arrivò di fatto a spegnerlo piano piano. Conosco tre di quelle recite oltre la mia: la prima del 7.12 (col cambio in corsa Cappuccilli/Pons) e quella messa in commercio. Ogni sera il Si bemolle era diverso. Con riferimento alla testimonianza di Billy, io apprezzo molto nei tenori gli estremi acuti attaccati piano e poi rinforzati e se fossi un cantante professionista il Si bemolle “de quo” lo eseguirei così. E’ più virile e eccitante. La questione se sia più facile rinforzare o smorzare é molto interessante e io quasi propendo per il rinforzare, tenuto conto che si deve partire con un attacco liquido, netto e perfettamente a fuoco. Certe smorzature sotto il profilo del gusto lasciano poi il tempo che trovano. Si pensi a quella di tradizione di “E lucean le stelle” che a me non ha mai detto nulla.

          • Attaccare l’acuto piano per rinforzarlo poi gradualmente, è prassi dei tenori d’800 e di gusto romantico. I dischi di De Lucia sono pieni di acuti emessi così, l’effetto è sospendente se si pensa a certi tenori angelici, tipo De Lucia o Constantino, che arrivavano dal piano a emettere squilli d’effetto, meravigliando il pubblico. Per quanto riguarda l’Aida di Pavarotti della Scala 1985, ci sono i live.. Io conosco quello del 7/12, lo tiene molto ma lo smorza poco, si sente che addolcisce la nota. A me piace molto, ma chiaramente, sotto l’ambito puramente tecnico, di fronte alla filatura di Corelli, soccombe.

    • impressionante questa carellata di “un trono vicino al sol” , quasi mio malgrado devo ammettere che tutti di fronte allo splendore, puramente timbrico fatto di impasto, vibrazioni e colore, di Bjorling devono soccombere! Certo è un parere personale, ma credo che “fisicamente” sia la voce tenorile più “bella” del secolo appena trascorso.

  9. Il Maestro Bergonzi smorza il sib anche in studio; non nel primo recital DECCA del 1957 e nenche nell’integrale DECCA del 1958 (o 1959), ma nel maxi-recital PHILIPS del 1974, le “Verdi: 31 tenor arias” (che poi non sono 31 perche’ i due brani dell’Attila sono dell’integrale del 1972): in questa terza incisione in studio Bergonzi attacca piano la nota e, sul finire, la smorza fino al “pianissimo” ed esegue piano tutta la frase finale: i due “un trono vicino al sol”.

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