Sovrintendenti comparati: Emma Carelli vs Alexander Pereira.

Esito scontato quello dell’affaire Pereira: nel dubbio se tirare fuori gli attributi, assumere una decisione forte, che per certi versi avesse quale presupposto un “ forse abbiamo sbagliato”, oppure tacere dimostrando quale colonia culturale siamo ormai, si è optato per il tertium genus a termine per l’Expo, questa ara laica cui tutto si sacrifica e si piega, con possibilità, “se il pupo fa il bravo”, di rinnovo fino a quella che era la scadenza naturale ed originaria del contratto. Spettacolo consono ai tempi. Spettacolo da cui escono tutti male Pereira per un clamoroso conflitto di interesse, la Scala per questa fumosità e ambiguità di rapporti (mi RIFIUTO di credere che Pereira abbia agito all’insaputa della Scala), Pisapia e Ministero per la squallida soluzione trovata (un colpo al cerchio e uno alla botte)… Francamente credo che se Pereira avesse avuto un po’ di dignità non avrebbe accettato un compromesso del genere. Insomma questi danno tutta la colpa a lui, ma certamente la Scala è complice e lo è nell’offrire questa soluzione. Altro non aggiungo in punto lo ha fatto egregiamente sulle pagine del massimo quotidiano milanese Ugo Savoia e, quindi,parafrasi e parodie non ci interessano.

Possiamo fare un po’ di profezia di quella per cui non servono tarocchi e sfere di cristallo, ma solo buon senso: adesso per salvare il mezzo salvato partiranno campagne di stampa, comitati anti fischio, cori di osanna in modo tale, che le pecore di Animal Farm, si umanizzino. A vergogna, si aggiunge vergogna.

Una signora, nel senso di donna coniugata, lavoratrice sulle tavole del palcoscenico e negli adiacenti locali un secolo avrebbe commentato un siffatto accadimento con una scarica di bestemmie in napoletano stretto. Non possiamo riportarle, ma la signora, che rispondeva al nome di Emma Carelli coniugata Mocchi soprano, patronessa del Verismo che più verista non si poteva, costretta a gestire il teatro Costanzi di Roma le relative tournee in Sud America quando il consorte, socialista della prima ora, godeva dell’ospitale Regina Coeli. Lauri Volpi ne ricorda in “voci paralleli “gli scoppi di ira, Nazareno de Angelis, sodale politico di Mocchi, nella propria autobiografia ne parla come di una valida direttrice di teatro, dotata di grande orecchio (riservando il peggio degli insulti al marito). Gestì il teatro Costanzi dal 1912 al 1926. Siamo andati spigolando nella stagioni Carellli/Mocchi per capire i presupposti delle scelte e fare, pur in attesa della prima stagione Pereira, differenze e distinguo.

La prima differenza che balza agli occhi: la Carelli non cantò quasi mai nel teatro che gestiva, limitandosi alla prima italiana di Elettra ed a qualche recita di Cavalleria ed Iris. E’ vero che la cantante era prossima al capolinea, ma altrove occasionalmente si esibiva. Primo esempio di onestà e di attenzione a non agire in conflitto di interessi, autoscritturandosi.

Secondo esempio di grande professionismo: non c’era giovane e promettente voce, che l’orecchio esperto della Carelli non proponesse al proprio pubblico quando non erano ancora divi: Schipa, la Galli Curci, Pertile, Lazaro (utilizzato e spremuto vorrei dire) Gigli, Rosa Raisa e, poi, Lauri Volpi e persino la giovanissima ed esotica Ninon Vallin, in uno “scambio” con l’opera-comique, Giannina Arangi-Lombardi ancora mezzosoprano sino a Bidu Sayao. Nel contempo: Erano regolarmente proposti cantanti di gusto e tendenze assolutamente opposte a quelle della Carelli, ma insuperati ancora, se non pur non giovanissimi, come Mattia Battistini (con tanto di ripresa di Rohan, che credo per la Carelli fosse un titolo improponibile, vecchio e superato) o Bonci che trionfava nel Ballo e nella Borgia, Giraldoni primo Scarpia, ancora solfureo barone nel 1917 dopo essere stato Boris. Onestà verso il pubblico e verso l’arte. Solo con questo presupposto di competente professionismo ed onestà si può scritturare in tutto il proprio repertorio la coetanea Rosina Storchio, l’anti Carelli per gusto e sobrietà e per durata di carriera. Possiamo anche dire, limitandoci ad una categoria vocale – il soprano drammatico- che dal 1912 al 1926 tutte le maggiori esponenti della categoria si presentarono al Costanzi di Roma. Scorrere le cronologie per verificare.

E lo stesso vale per le bacchette perché nella stagione 1917-’18 sostituisce Edoardo Vitale, che è il direttore quasi ufficiale del periodo Carelli-Mochi con un giovane Ettore Panizza, cui affida una teoria di titoli in esclusiva e la stagione successiva altra teoria di titoli per il poco più che trentenne Gino Marinuzzi addirittura nella stagione 1922 presento Fritz Reiner nei Maestri cantori, Boris e Tannhauser e nella stagione successiva Otto Klemperer diresse Sigfrido.

Terzo esempio: l’evento che è tale per sua propria forza, non per interventi pubblicitari, deliri di massa. Nel 1914 diretto da Toscanini si presenta Caruso nei Pagliacci e nel 1922 addirittura nella stagione di prosa si manifesta Sarah Bernhardt, a meno di un anno dalla propria morte. La Bernhardt si presenta a dicembre sullo stesso palcoscenico l’altra divina della prosa Eleonora Duse. Nomi e date sono ” a basta”.

Cassetta o cultura? Nessuna disgiunzione: cassetta e cultura. Se l’imperativo per Emma era il primo, la seconda non languiva certo e l’evento era tale per forza sua e i “sold out” erano la regola. Oggi vediamo la proposta culturale con cinquanta palchi vuoti e delle due o l’ignoranza è sempre più crassa o l’evento culturale non è tale ma millantato e il pubblico non abbocca.

Quarta esempio: accertato che cassetta ed arte andassero di pari passo al mese di giugno nel teatro si insediava la compagnia di operette di Caramba (e proponeva praticamente tutti i titoli leggeri allora scritti) o arrivava la compagnia di Ermete Zacconi (e il solo nome del patriarca della prosa era garanzia), cui si alternarono le compagnie di Annibale Ninchi e Maria Melato o, addirittura, compariva la serata straordinaria dedicata all’arte nuova ovvero il cinema con la presentazione di Assunta Spina con Francesca Bertini, ossia la Carelli del cinema. Oggi affittiamo la Scala per le sfiliate di moda, così già si vocifera. La moda non è l’arte nuova! E’ una delle poche attività che ancora tirino in Italia.

Guarda che strano, una ventina di paginette di cronologie di un teatro ci fanno riflette, offrono un impietoso raffronto passato presente perché ci dicono – inesorate- che le stesse parole: onestà, conflitto di interessi, attenzione alle eccellenze, attenzione ai giovani, rispetto della tradizione, pluralismo culturale possono essere dense di significato o assolutamente vuote!

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10 pensieri su “Sovrintendenti comparati: Emma Carelli vs Alexander Pereira.

  1. Ma che ci vuoi fare caro Donzelli. Tu pensi che Pereira conosca almeno la metà degli artisti sopra citati???? e Pisapia ? (avrà certamente riconosciuto la Duse , Schipa e Gigli…) eppure il destino del Teatro alla Scala è nelle loro mani

          • mah… fantastica solo perché parla male della Scala e del pubblico (e quindi di voi, anzi: di noi)?

            non sarà che la gran dama è arrabbiata con pereira perché chiamerà il di lei ex-marito a cantare nel werther (orrore, preparatevi…)? bel premio per uno che ha abbandonato il teatro a metà di un atto… vorrei che il mio datore di lavoro mi trattasse così!

          • La ritieni più opportunista di Kaufman o Chailly che sin sono spesi a favore? Cmq ero anche ironica. Ha detto che a Milano si sente coccolata. Dopo le contestazioni in traviata mi risulta fosse a cena in un ristorante vicino al teatro incazzati nera, ad alta voce diceva che non voleva più venire perché qui la odiano etc etc. FANTASTICA, si perché esterna a tutto spiano anche rimangiandosi cose dette, di volta in in volta accomodando la realtà come le fa comodo. Occorre anche del cosiddetto becco di ferro per fare carriera, e credo sia la sua più grande dote . fantastica perché le dice anche vere se le aggrada, e credo che su Pereira dica la verità, anche se la dice per ragioni personali. Ripeto, preferisco leggerla che sentirla cantare

  2. La composizione trovata tra la Scale e Pereira mi ricorda una poesia di Trilussa: Il duello de jeri:

    Appena ch’er dottore arzò l’ombrello
    l’avvocato je dette ‘no spintone.
    — Va’ la! — je disse — brutto beccaccione!
    — Vecchio ruffiano! — je rispose quello.

    Siccome, in fonno, aveveno raggione
    venne deciso subbito er duello;
    e, jeri, ne la villa d’un castello,
    ce fu lo scontro che riuscì benone.

    Uno, come risurta dar verbale,
    c’ebbe uno sgraffio ar cuojo capelluto
    e l’antro ne lo spazzio intercostale.

    Doppo de che se dettero la mano:
    così er dottore nun è più cornuto
    e l’avvocato nun è più ruffiano.

    Risolto così il conflitto di interessi, la difficoltà di mettere in piedi una stagione ragionevole, la necessità di un po’ di cirlataneria per l’ Expo.

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