Le cronache di Nicolai Ivanoff: Suor Angelica al Liceu.

SuorAngelica_foto_BofillGran Teatre del Liceu, 27 de julio

 

La última producción importante de la temporada del Liceu ha sido el insólito programa doble formado por Il prigionero de Dallapiccola y Suor Angelica de Puccini, que, si no me equivoco, ya se ha visto en París y Madrid. Mi propósito aquí no es discutir la pertinencia de esta singular unión (que, dicho sea de paso, funciona discretamente bien gracias a la escenografía de Paco Azorín, aunque sin conseguir salvar el abismo estilístico entre las dos composiciones). Tampoco pretendo valorar los alaridos que prodigaron los protagonistas de la primera obra (Ivgueni Nikitin, Jean-Michèle Charbonnet y Robert Brubaker) o comentar la honesta labor del maestro Edmon Colomer, enésimo sustituto del desapacible titular de la casa, Josep Pons, que se esforzó encomiablemente para acompañar a las voces y describir las distintas atmósferas de la partitura. Es mi intención

​plasmar las impresiones ​que tuve ​sobre las dos lujosas protagonistas de Suor Angelica: Maria Agresta en el rol titular, en sustitución de la inicialmente anunciada Barbara Frittoli, y Dolora Zajick como Zia Principessa.

Maria Agresta posee una agradable voz de soprano lírica, más adecuada para Musetta que para Mimì. Sin embargo, la proyección de la voz es siempre limitada, a consecuencia de una emisión engruesada y atrasada. Quizá, para aparentar mayor plenitud de la que realmente tiene, Maria Agresta oscurece y ensancha el centro de la voz. La octava grave, tubada, casi siempre resulta inaudible. Los agudos a media voz, ya a partir del pasaje, se resuelven acudiendo a falsetes blanquecinos y pusilánimes, carentes de la necesaria proyección para causar

​ impacto deseado. Por otro lado, ​ ​en la mayoría de casos,​ ​los agudos emitidos a plena voz ​, resultan ácidos, duros y spintos. Aunque las intenciones musicales e interpretativas de Maria Agresta son pertinentes, los defectos vocales citados, comprometen el legato, desdibujan la pronuncia y ​ ​​desmerecen ​el fraseo, de modo que la caracterización del personaje es incierta o, en el mejor de los casos, fragmentaria.
La veterana Dolora Zajick se hizo cargo de la Zia Principessa. La tesitura del papel, bastante grave, acentuó la dishomogeneidad de registros de la mezzosoprano americana, resaltó el “buco” de su centro, muy erosionado por un repertorio muy pesado cantado durante muchos años, a la vez que impidió la exhibición del tercio agudo de la voz, que sigue siendo ​ la ​privilegiada y de mayor impact​o de su instrumento​ ​. A pesar de que Dolora Zajick nunca ha destacado como fraseadora y “dicitrice”, hay que admitir que pronunció el texto de forma mucho más transparente que su oponente italiana, y trazó de forma bastante convincente las líneas maestras del personaje, alternando momentos de gran severidad hacia la sobrina con instantes de sentida humanidad.

 

L’ultima grande produzione della stagione del Liceu ha visto come protagonista un insolito accoppiamento costituito da Il prigioniero di Dallapiccola e Suor Angelica di Puccini, dopo essere passato da Parigi e Madrid. Il mio scopo qui non è quello di discutere la rilevanza di questa singolare coppia (che, tra l’altro, ha funzionato particolarmente bene grazie alle scene di Paco Azorin che però non è riuscito a salvaguardare il divario stilistico tra le due composizioni). Né intendo valutare le urla dei protagonisti della prima delle due opera (Ivgueni Nikitin, Jean-Michèle Charbonnet e Robert Brubaker) né tantomeno ho intenzione di commentare il lavoro dell’onesto maestro Edmon Colomer, ennesimo sostituto del difficile proprietario di casa, Josep Pons, che ha cercato, con lodevoli risultati, di accompagnare le voci e descrivere le diverse atmosfere della partitura. Ciò che invece vorrei fare è condividervi le mie impressioni sui due protagonisti di Suor Angelica: Maria Agresta nel ruolo del titolo, che ha sostituto Barbara Frittoli, e Dolora Zajick come Zia Principessa.
Maria Agresta ha una bella voce da soprano lirico, più adatta ad una Musetta che a una Mimì. Tuttavia, la proiezione della voce è sempre limitata, a causa di un’emissione ispessita e sempre indietro. Per mostrare una pienezza di voce più robusta rispetto a quella che realmente possiede, Maria Agresta scurisce, allargando il centro della voce. L’ottava, tutta intubata, è quasi sempre impercettibile. Gli acuti a mezza voce, già a partire dal passaggio, vengono sempre risolti in bianchi e pallidi falsetti, privi della giusta proiezione per suscitare l’effetto desiderato. Dall’altro lato, nella maggior parte dei casi, gli acuti emessi a piena voce risultano acidi, duri e spinti. Sebbene le intenzioni musicali e interpretative di Maria Agresta siano coerenti, i difetti vocali sopra citati, alterano il legato, la pronuncia e il fraseggio a tal punto da rendere incerta se non frammentaria la caratterizzazione del personaggio.
suor-angelica-liceu-foto-de-a-bofillLa veterana Dolora Zajick ha interpretato il ruolo della Zia Principessa. La tessitura del ruolo, abbastanza grave, ha messo in luce la disomogeneità dei registri del mezzo americano: su tutti, è emerso chiaramente il buco del suo centro, orami consumato a causa di un repertorio pesante cantato per diversi anni, buco che a sua volta le ha impedito la giusta emissione della terza ottava della voce che comunque continua ancora ad essere la parte privilegiata e più impressionante della sua voce. Nonostante Dolora Zajick non sia mai brillata come fraseggiatrice e dicitrice, bisogna comunque riconoscere che la pronuncia che ha sfoggiato nel corso della serata è stata certamente più trasparente della collega italiana, riuscendo in tal modo a delineare più chiaramente i caratteri del proprio personaggio alternando in questo senso momenti di grande severità verso la nipote con momenti di sentita umanità.

Traduzione: Manuel García

3 pensieri su “Le cronache di Nicolai Ivanoff: Suor Angelica al Liceu.

  1. Maria Agresta all’ inizio mostrava delle qualità interessanti, come nel caso di altre cantanti segnalatesi negli ultimi anni. Certo, se poi dopo la seconda nota ben cantata della loro vita queste signore evitassero di farsi trascinare in repertori del tutto al di fuori della loro portata, credo che ne guadagnerebbero sia le nostre orecchie che le loro longevità artistiche. Ma ormai si è capito anche troppo bene che oggi la parola “repertorio” vuole solo dire “catalogo di ruoli che riesco in qualche modo a portare in fondo” e questo crea storture irrimediabili…

  2. Per Mozart : mi pare che tempo fa, in risposta a Pasquale, tu avessi gia’ predetto un rapido deterioramento del mezzo vocale della Agresta, che, qui a Torino, cantera’ non Musetta, ma Norma.

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