Ascolti comparati: “Quando me n’vo”. Carmen Romeu vs. Anna De Cavalieri

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Anne McKnight (con Frank Valentino, Salvatore Baccaloni, Licia Albanese, dir. Arturo Toscanini – 1946)

 

MUSETTA
Quando me n’ vo soletta per la via,
la gente sosta e mira
e la bellezza mia tutta ricerca in me
da capo a piè…
(sempre seduta dirigendosi intenzionalmente a Marcello, il quale comincia ad agitarsi)

MARCELLO
(agli amici, con voce soffocata)
Legatemi alla seggiola!

ALCINDORO
(sulle spine)
Quella gente che dirà?

MUSETTA
…ed assaporo allor la bramosia
sottil, che da gli occhi traspira
e dai palesi vezzi intender sa
alle occulte beltà.
Così l’effluvio del desìo tutta m’aggira,
felice mi fa!

ALCINDORO
(si avvicina a Musetta, cercando di farla tacere)
(Quel canto scurrile
mi muove la bile!)

MUSETTA
E tu che sai, che memori e ti struggi
da me tanto rifuggi?
So ben: le angoscie tue non le vuoi dir,
ma ti senti morir!

MIMÌ
(a Rodolfo)
Io vedo ben…
che quella poveretta,
tutta invaghita di Marcel,
tutta invaghita ell’è!

 

Tra una decina di giorni avrà principio il Rossini Opera Festival. Ormai da qualche anno la manifestazione adriatica tenta di emulare i talent show televisivi e si propone quale vetrina e trampolino di lancio delle cosiddette voci di domani, grandi speranze, star in erba e via di sciroppo pseudodickensiano. Peccato che una simile bevanda abbia spesso un retrogusto al fiele, atteso che le vedette lanciate, in pompa magna e con altisonanti proclami, dalla sagra adriatica molto, troppo spesso, esauriti i clamori del lancio, scompaiono nel nulla o, se proseguono la carriera, questa non è quasi mai all’altezza dei mirabolanti primi passi. Mirabolanti soprattutto perché, di tutti gli autori del grande repertorio, Rossini appare il meno indicato per simili esperimenti (se proprio si vuole a ogni costo tentarli), poiché presuppone una padronanza dei ferri del mestiere, che di rado si riscontra in cantanti in tutti i sensi alle prime armi. Prendiamo ad esempio Carmen Romeu, già impegnata al Rof dapprima nel Viaggio a Reims “accademico” (il titolo giusto per dei debuttanti!), poi in parti di fianco nelle produzioni “maggiori” e infine, lo scorso anno, protagonista di un’edizione concertante di Donna del lago, sotto la bacchetta di Alberto Zedda, che ha recentemente diretto la signorina Romeu in una serie di rappresentazioni dell’Otello ad Anversa e a Gand. Il cursus honorum è, insomma, di quelli importanti, o che oggi passano per importanti. Passando in rassegna i video della signorina Romeu proposti da Youtube ci siamo imbattuti in una esecuzione bilbaina, risalente allo scorso anno, del valzer di Musetta e ci è parso opportuno compararla con quella di un’altra debuttante, Anne McKnight (più nota con lo pseudonimo italianeggiante di Anna de Cavalieri – per la biografia, rimando a un bellissimo quanto remoto post del collega Nourrit: http://www.corgrisi.com/2009/05/serie-b-a-chi-sesta-puntata/), che nel 1946, poco più che ventenne, fresca di studi musicali, venne selezionata e diretta da Arturo Toscanini in un’edizione di Bohème giustamente celebrata, tanto per la presenza del grande direttore quanto per l’impiego nel cast di cantanti del calibro di Jan Peerce e Licia Albanese (per tacere di Salvatore Baccaloni, impegnato nella duplice parte di Benoit e Alcindoro). La brevità e relativa facilità del brano (un Tempo di valzer lento, che arresta, solo in apparenza, l’azione fulminea e giocosa del secondo quadro dell’opera) permettono di evidenziare le caratteristiche salienti delle due giovin principianti (ammesso e non concesso che si possa parlare di principiante con riferimento alla Romeu, già in carriera da un lustro abbondante al momento dell’esecuzione proposta).

CarmenRomeuL’attacco “QUAndo me n’vo” (un mi4) evidenzia nella spagnola un timbro precocemente senescente e una voce malferma, impressione rafforzata dalla frase successiva che, insistendo sulla quinta re#4-sol#3, induce la cantante ad emettere suoni artificiosamente gonfi, allo scopo di simulare un centro corposo e (almeno nelle intenzioni) sensuale, salvo poi gridare quando la tessitura si alza anche solo di poco (“tutta ricerca in me”), con fortunoso approdo al si naturale e susseguente discesa, che nella sua farraginosità ha ben poco dell’ammiccamento malizioso, che dovrebbe caratterizzare il canto della sirena del Momus. L’indicazione “con molta grazia ed eleganza” resta lettera morta, e il tempo marcatamente largo non aiuta certo l’esecutrice. La quale poi, come suol dirsi, ce ne mette di suo alla frase “che dagl’occhi traspira”, con suoni acidi e pigolati sul mi# e fa#4, su cui l’autore avrebbe previsto uno stentando, e analogamente poco dopo, alle parole “tutta m’aggira”, ancora sulle stesse note. Non casualmente, visto che si tratta del punto in cui dovrebbe cadere il secondo passaggio della voce sopranile, quello che dovrebbe propiziare la salita agli acuti. Nuovi suoni in difetto di appoggio, un po’ meno tubati, alla frasetta centrale “così l’effluvio del desio”, mentre l’inciso “felice mi fa”, che dovrebbe risultare “espansivo”, risulta in primo enunciato maldestramente gridacchiato (con dote naturale di poco spessore), alla ripetizione ancora una volta sibilato e comunque ben poco ammaliatore. La ripresa del tema principale non ispira alla cantante (e come potrebbe, attesa anche l’inerzia della bacchetta?) alcuna significativa variazione dinamica o agogica, e il gridolino sul si naturale di “ti SENti morir” è il degno coronamento di un’esecuzione che, se proposta in sede di esame di conservatorio, susciterebbe nella commissione più di un legittimo dubbio circa la preparazione della candidata.

Anne_McKnightAscoltando Anne McKnight sentiamo un’esecuzione, forse non particolarmente estrosa, ma sicura, solida e, quel che più conta, plausibile, perché il mero (si fa per dire) rispetto di quanto previsto in partitura assicura, almeno in una pagina come questa, la possibilità di cogliere tutte le sfaccettature del personaggio. Sostenuto dal tempo giustamente mosso, ma in nessun caso metronomico e anzi sommamente elastico, di Toscanini, il soprano americano risolve in scioltezza tutti i punti più insidiosi della pagina (benché il registro grave, ad es. sul mi3 de “l’effluvio del desiO”, risulti un po’ vuoto, soprattutto se paragonato allo smalto della voce in zona medio-acuta), riuscendo ad essere al tempo stesso insinuante e fascinosa, benché il fascino sfoggiato faccia pensare più alla stellina del ballo delle debuttanti di un liceo della provincia statunitense che non alla “femme fatale” parigina, che si veste all’ultima moda grazie alla borsa di attempati signori. Per inciso la De Cavalieri ebbe, nel prosieguo della carriera, frequentazioni solo sporadiche con il repertorio rossiniano (fu Matilde del Tell in un allestimento al Teatro Grande di Brescia nel 1963), ma praticò, assieme a molti altri, anche alcuni titoli del primo Ottocento, fra cui Pirata e Norma, in cui la scrittura fiorita per certo non scarseggia. Avesse debuttato trent’anni più tardi, questa vigorosa ragazza yankee sarebbe stata uno dei cardini della Rossini Renaissance. A chi legge, ed ascolta, trarre le conclusioni su quale sarebbe l’impiego vocale più idoneo per l’altra signorina.

34 pensieri su “Ascolti comparati: “Quando me n’vo”. Carmen Romeu vs. Anna De Cavalieri

  1. Mi chieda come fara’ la signorina Romeu a cantare “D’amor al dolce imperio” e tutto il resto dell’Armida.
    Da medico avrei una terapia drastica: come nel film “Arancia meccanica” chiusa in un laboratorio, farle ascoltare la interpretazione della Callas sino a sfinimento e scelta di carriera idonea.

  2. Personalmente non credo che questo festival possa produrre più nulla di interessante, il suo programma, come del resto gran parte dei teatri d’opera nazionali e non, si regge più che sulle nuove voci, sulle agenzie teatrali. Se penso che oggi un importante quotidiano, sul suo inserto Style apre con una intervista al J.Kaufmann…”sogno di essere cattivo”…alla quale son tentato di rispondere ” sogno di non esser preso per i fondelli” Si capisce come si crea un divo “…il più famoso tenore del mondo, di qualità ne ha molte, quasi tutte. E’ giovane (44 anni) bello, bravo, e anche simpatico…”
    Nulla è spiegato se riesce a eseguire determinate note, se sa smorzare, cantare piano, variare, indurre emozioni etc.
    Come ho già detto fa carriera perchè ha i riccioli.

  3. Anche i francesi per lodare il Kau sbrodolando elogi non vanno affatto male…
    Quanto all’articolo, concordo in pieno con Tamburini.
    La De Cavalieri si mangia la più recente collega in un boccone.
    Non riesco francamente a capire come la Sig.na Romeu potrà essere in grado di cantare Armida. C’è il rischio di rimpiangere seriamente la Fleming. Senza poi scomodare il paragone con la Callas in Armida, mi pare che pure la Gasdia diretta da Scimone in disco (saggiamente la veronese non l’ha fatta in teatro) avesse ben maggiori frecce al suo arco vocale, pur affrontando una parte che le stava larga; riusciva a far credere di essere in parte, almeno questa è l’impressione che ne avevo avuto quando, appena uscito il CD, l’avevo acquistato e sentito più volte da buon rossiniano sfegatato.
    La Deutekom diretta da Franci a Venezia aveva il difetto – stando alla registrazione dal vivo – di una pronuncia tutt’altro che chiara (di certe frasi pronuncia metà delle parole), ma aveva la voce e l’accento.
    Questa signorina Romeu cos’ha?
    Ma, purtroppo, ormai a Pesaro le cose vanno come dice Tamburini. Mentre negli anni ’80 era una gioia per le orecchie sentire le esecuzioni pesaresi ed all’inizio degli anni ’90 le cose potevano ancora andare bene, adesso sono dolori.
    Quanto al Maestro Zedda, il cui lavoro di studio non potrà mai essere abbastanza lodato e la cui esperienza direttoriale con le partiture rossiniane è pure indubbia, fa specie vedere i cast che si trova oggi a dirigere in Rossini, se li confrontiamo con quelli di un termpo. Solo un esempio: Semiramide al Regio di Torino 1981. Cast: Ricciarelli/Cuberli, Valentini Terrani, Furlanetto, Gonzales, Rinaudo. Ma anche l’Elisabetta Regina d’Inghilterra di Napoli una ventina d’anni or sono, accanto alla Antonacci ed alla Jo, schierava Merrit e Blake, cioè gli interpreti perfetti per Leicester e Norfolk. Mentre adesso…..

  4. Tornando all’ascolto, mi chiedo come faccia lo Zedda ad aver scelto la Romeu visto che ogni nota che emette è ballante ed accentata, fuor misura. La salva solo aver voce fresca vista l’età, ma è troppo poco.

    • Della Stignani Lauri Volpi ne dice abbastanza, una pagina e mezza in corpo 9 nelle “Voci Parallele”. Cercherò ovviamente di riassumere andando per stralci.
      Dopo aver ricordato gli inizi di carriera della collega, L. V. prosegue: “Passarono gli anni, la voce e il corpo si arricchirono, l’una di suono, l’altro di carnosità, perdendo questo in attrattive, guadagnando quella in sonorità e colore. La fonazione, dal primo istante, si manifestò sapientissima, ma in essa doveva prevalere la sonorità inarticolata della prima vocale, la più ricca e, perciò, chiamata ‘regina delle vocali’ “.
      L. V. prosegue sottolineando come la Stignani fosse, a suo parere, più un perfetto ‘strumento vocale’, che una interprete veramente emotiva: “…insomma, musica ‘pura’, priva di accidenti e contingenze, dentro il pensiero musicale e fuori dell’idea poetica” (…) “ond’è che un sommo direttore d’orchestra la definì ‘voce di una sola vocale’ (…) Sarebbe pedanteria pretendere da lei la creazione di un personaggio: tutti i personaggi sono uguali, tutti somo ‘lei’; e vano sarebbe sforzarsi di indovinare le parole del testo. Non v’è testo che conti in quella voce tutta pacata, inarticolata, beata ed ebbra di sé”.
      L. V. prosegue con qualche variazione sul tema, poco aggiungendo a quanto riportato sopra.

      fonte: G. Lauri Volpi, VOCI PARALLELE – III edizione, Bongiovanni editore – Bologna 1977 – pagg. 96-97

          • sua o della stignani?
            se della stignani ovvio non dica nulla perché le cantanti molto dotate al centro tipo ponselle, rethberg, caniglia e cigna oltre che nei mezzi la stignani vengono maltrattate dal tenore di lanuvio per ovvi motivi.

          • Donzelli, della Stignani. Non è ben chiaro ciò che hai scritto sotto. In ogni caso la Stignani mi sembra sovente tutt’altro che dotata al centro, sembrando in quella zona quasi svociata: è ciò che mi incuriosisce, non certo per fare la fenomenologia della Stignani ma per lo studio della voce in genere. Quali sono gli ovvi motivi? e perché?

          • Non è nulla di così strano, se ho ben inteso a cosa ti riferisci. Si sente ad esempio nelle Aide degli ultimi anni, uno scollamento tra registro grave (di petto), e registro medio. E’ fenomeno diffuso tra i mezzosoprani, specie a “fine corsa”. I primi centri, parlo dei primi due o tre semitoni, superate le ultime note di petto (che i cantanti avanti con l’età tendono a portare oltre la soglia del fa), sono deboli, velati, fiochi. E’ un fatto tipico e molto interessante per capire i registri.

          • Una perplessità: se la Stignani era poco dotata al centro, come ha fatto a cantare per oltre trent’anni, e con ritmi che oggi giudicheremmo da superlavoro, un repertorio che spaziava dai titoli del belcanto a Verdi e Wagner? Quanto a Lauri Volpi, ha “patito” la Stignani in molte occasioni, principalmente nel Trovatore (non proprio una parte che possa prescindere da un centro più che a posto), occasionalmente in Norma e Favorita (titolo per il quale pare che il tenore avesse posto un “veto” alla presenza della collega), ma neppure lui tenta di ridimensionare il valore della Stignani cantante, concentrando le sue osservazioni sulla latitanza dell’interprete. Eppure, se si ascoltano il monologo di Adalgisa e il duetto con Pollione, anche nelle recite degli anni Cinquanta, non c’è una frase che non sia precisamente articolata e un’intenzione espressiva che non sia raccolta da quella che veniva considerata solo una perfetta “macchina da suoni”. https://www.youtube.com/watch?v=bRDPx8VnFtY (da 46:20)

          • Gli esempi di articolazione chiara e intelligibile della parola sono ben altri, come ben altre sono le doti salienti della Signora Stignani.

          • Hai perfettamente ragione, la Stignani non può certo vantare l’articolazione della parola di Fedora Barbieri, che, complice l’origine geografica, ricorda l’indimenticabile Elsa Vazzoler, che però faceva l’attrice, nei panni di dona Cate Polegana. Peraltro sappiamo bene che talune articolazioni nette e dizioni scolpite di area mitteleuropea, come Ernestine Schumann-Heink, Sabine Kalter e Ottilie Metzger, ti lasciano assolutamente indifferente.

  5. Mancini, ne avevamo infatti già parlato nel tuo articolo sul registro di falsetto. Il fatto è che questo tipo di suono si sente, magari meno accentuato, anche in alcune sue registrazioni anteriori all’ultima fase, se non anche giovanili; soprattutto sulla A o su quelle vocali che piazzava nella A (Ò ed È), ovvero su quella vocale che allarga dietro: infatti mi sembra il suono battere dietro alla faringe, pur essendo alto.

    Tamburini, a rigor di logica hai ragione tu. E sono sicuro che così fosse. Il fatto è che poi spesso si sente altro. Sia chiaro, neppure io tento di ridimensionare il valore della Stignani né voglio farle il processo: io mi ubriaco col canto dell’Ebe… In Adalgisa fraseggia discretamente, ma allo stesso tempo è vero che sembri talora la zia di Norma, anche a causa di quello strano colore vocale nella prima zona centrale. Hai citato il Trovayore: ecco, secondo me, stando alla registrazione scaligera, in Azucena riesce ad essere veramente interprete di un personaggio, essendo la più straordinaria zingara che io abbia sentito: tra l’altro, nessuno riesce a gridare “il figlio mio” in quel modo… E chissà perché, in “si la stanchezza” e “ai nostri monti”, passaggi che battono proprio nella zona centrale, manca quello strano suono oggetto della discussione.

    • Penso che il vero limite della Stignani in Azucena fosse dato dal fatto che le incursioni all’acuto sono parche e circoscritte. Quando ho voglia di sentire “la Stignani”, non ho dubbi: scena del giudizio dell’Aida. Anche le ultime. Come diceva un’altra grandissima, Grace Bumbry: in certi ruoli, o sei Ebe Stignani, o devi inventarti qualcosa 😀

          • Mancì, e tu vaje truvann’ sempe ‘o cocc’ ammunnato e bbuon’? Aspetta…

          • è da due settimane che aspetto… non ci vuole tanto, per capire ciò che dici vorrei un esempio puntuale.

          • Eh eh, ho problemi di narcisismo: mi piace far aspettare le persone…
            Scherzi a parte, entrata di Amneris:
            Quale insolita gioia NEL TUO (sib-sol) sguardo! Di quale… volto! DEGNA (lab-sol) d’invidia -Oh quanTO (sol)!- saria la donna… TANTA LUce (fa-fa#-sol-re) di gaudio IN TE (fa-sol) destasse…
            Ci sono anche altre punti (sempre in questa parte fino poi alla sua uscita) dove si sente meno evidente, sempre sulle note che vanno dal sol fin’anche al sib. Nota anche che non sempre mette il fa nel petto (anche un re).

          • Ok, sono le stesse frasi che avevo notato anch’io. Gravitano attorno al passaggio, ossia al Fa (canonicamente l’ultima nota di petto dovrebbe essere il Mi; saltuariamente può accadere di aprire un Fa o un Sol, capitava a molti cantanti antichi, ma non deve diventare un’abitudine, altrimenti si scardina l’unione dei due registri, che avviene canonicamente sul Fa e non oltre). All’inizio, in queste frasi che segnali, la Stignani tende a passare sul Sol anziché sul Fa. Sul Fa e anche sul Fa# va di petto. Invece sulle parole “tanta luce e gaudio ecc…” si sente nelle prime tre note (TAN-TA-LU, Fa-Fa#-Sol) come alleggerisca producendo così il registro di falsetto (effettivamente molto flebile). Convengo che come inizio sembra un po’ in impaccio.

          • Aggiungo che questo è uno di quei punti in cui la Stignani sembra un prosciutto.

          • Hai ragione, qui è impeccabile. Mi pare che anche nell’ultima sua Aida registrata, quella del San Carlo 1956, dove ella ha problemi col fiato e gratta un pochino ogni tanto sul passaggio inferiore appunto, non si presentino però questi suoni sfalsettanti e deboli (ma sto andando a memoria: potrei sbagliarmi)… Peccato che di quella Aida del ’37 non ci sia il IV atto!..

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