Il convento di San Giusto, il convento del grand-opéra. Decima puntata: Margaret Price vs. Ghena Dimitrova.

Margaret_PriceIl mese di ottobre si avvicina rapidamente (complice anche l’inclemente stagione estiva potremmo quasi dire che ci siamo già) e sono quindi imminenti le celebrazioni verdiane, che massime nelle lande emiliane comportano, da parte di aficionados e critica allineata, l’utilizzo di termini mirabolanti, spesi il più delle volte per eventi e fenomeni che di mirabolante hanno, tutt’al più, l’apparato mediatico e pubblicitario che li avviluppa. Questa puntata del nostro ciclo conventuale propone due cantanti, che senza essere ai vertici della storia dell’interpretazione per quanto riguarda il ruolo di Elisabetta (non siamo, tanto per non fare nomi, al livello di una Caniglia o di una Cerquetti) si pongono come utile ed istruttiva pietra del paragone per quei fenomeni e quegli eventi sopra richiamati. Anzi Margaret Price e Ghena Dimitrova, entrambe non esenti da difetti, oltre che fraseggiatrici non irresistibili, svettano quali autentiche gigantesse, non solo per la cospicua complessione fisica. Quella che oggi inibirebbe loro, con ogni verosimiglianza, la carriera solistica o almeno la limiterebbe seriamente.
Margaret Price, insigne mozartiana, ha nella facilità irresistibile e nell’assoluta solidità della zona medio-alta della voce la vera carta vincente della sua Elisabetta. Per contro la prima ottava suona un poco vuota e di conseguenza l’esecutrice risulta a disagio soprattutto nelle prime frasi dell’aria. Da manuale l’attacco “Francia”, in cui la Price sfoggia un perfetto controllo del fiato, e in generale tutti i passi in cui l’infelice regina di Spagna è chiamata ad esprimere la dolcezza del ricordo amoroso, più che la tetra disperazione della preghiera. Nei passi squisitamente patetici una voce di soprano lirico spinto, importante per natura e, più ancora, timbrata e suadente perché correttamente emessa, come quella della cantante gallese è in grado di reggere perfettamente le onerose richieste della scrittura verdiana, senza per questo trasformarsi ipso facto in una voce di autentico soprano drammatico. Da questo punto di vista la Price può essere considerata l’erede della Rethberg, della Teschemacher, della Lemnitz, in generale di quei soprani lirico spinti (tutti o quasi di matrice germanica) capaci, in forza di una robusta natura congiunta ad una saldissima tecnica, di alternare per sistema Mozart, Verdi e Wagner, risultando interpreti sempre congruenti, spesso anche storiche. Al duetto con il “falso figliolo” (un precocemente bollito Placido Domingo, che emette grida scomposte quando vuole suonare eroico e falsetta malamente il “Ma lassù ci vedremo in un mondo migliore”) la Price monta in cattedra nel passo in stile grandioso “Sì l’eroismo è questo”, che “batte” sulla quinta situata tra il do centrale e i primi sfolgoranti acuti, e nella sezione conclusiva è dolce e composta come si conviene a un’innamorata, che abbia ormai raggiunto la completa rassegnazione, senza che questa si tramuti in stucchevole rigidità. Ripeto: non ci sono invenzioni di fraseggio, tali da far sobbalzare sulla sedia, ma soltanto (soltanto?) un canto sicuro, professionale, incrollabile, che trova nell’elegia del sentimento purificato dal dolore la propria collocazione ideale.
DimitrovaCompletamente opposta, ma non meno impressionante, la raffigurazione della Valois che ci consegna il live napoletano di Ghena Dimitrova, colta al fianco di un Jaume Aragall sempre di bella voce ma decisamente in difficoltà sotto il profilo dell’intonazione. Colpisce, letteralmente, il suono tonitruante, il timbro luminoso, per nulla bitumato o ingolfato, segnatamente nella zona superiore della voce, in cui però la Dimitrova, o come la invocavano a gran voce i fan (sentire gli applausi dopo l’aria), la GHENA non ha la saldezza e il controllo supremo di una Price o di una Steber. L’ascolto smentisce peraltro la vulgata, che dipinge la cantante bulgara come una sorta di virago dedita esclusivamente all’emissione di suoni di consistente volume e precaria tenuta. È vero che l’aria non è rifinitissima (complici anche i fiati, non sempre di adeguata lunghezza) e al susseguente duetto lo slancio della regina (eroico e davvero guerriero il “Sì l’eroismo”) supera di gran lunga la sognante mestizia dell’innamorata, tuttavia l’esecutrice è in grado di cantare piano e sfumato, quando decide di farlo (“a lui sorrideranno” e, più avanti, “ma t’ammiro”). Non è poi sorprendente che una cantante, abituata ad alternare ruoli sopranili a parti da mezzosoprano, sfoggi una prima ottava di regale sontuosità. Quanto alle difficoltà (innegabili e palesi) di manovrare sempre nella maniera migliore una voce davvero importante, che cosa dovremo dire delle tante voci, di importanza davvero relativa, che oggi riscontrano gli stessi problemi, se non altri, e ben più gravi? E appunto questo sarà il tema delle ultime due puntate della nostra rassegna.

 

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2 pensieri su “Il convento di San Giusto, il convento del grand-opéra. Decima puntata: Margaret Price vs. Ghena Dimitrova.

  1. Concordo sostanzialmente con Tamburini: ci troviamo di fronte a due grandissime cantanti. La Dimitrova ha una voce salda come poche (e come oggi non se ne sentono più). Pur essendo una cantante slava era di scuola italiana (ai tempi in cui c’era una vera scuola e non una squola…). Già il suo maestro in Bulgaria, Brambarov (maestro anche di Ghiurov e Ghiuselev) aveva studiato in Italia, poi lei, dopo il debutto, si era perfezionata alla scuola della Scala con la Carosio e la Cigna (ah! che tempi!!!).
    Tutto ciò si sente. Se proprio le si deve fare un appunto è nella non troppa fantasia del fraseggio. Da questo punto di vista mi pare superiore la Price. Trovo, in particolare, veramente splendido il modo in cui esegue, sfumando, il “Francia…”.
    Dei due Carli, Aragall mi pare meglio di Domingo, sia dal punto di vista del timbro che dell’interpretazione. Il problema di Aragall, però – è noto – sono sempre stati i nervi, troppo poco saldi, mentre altro colleghi li avevano saldi sin troppo…
    Domingo. Alias, per gli ascoltatori di un nota programma, “Il Topone”. Un tempo cantanva Don Carlo. Adesso cosa fa?
    Invito tutti a vedere cosa fa adesso Domingo andando a vedersi questo video, ricordando che – solitamente – qualsiasi cantante dovrebbe fuggire il contatto con qualsiasi liquido gelato che possa portare ad un raffreddamento della gola. Ma se uno non ha più nulla da perdere….
    https://www.youtube.com/watch?v=sOZepBHZZMc

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