Manuel García omaggia Jean-Philippe Rameau. Terza puntata: Les Indes Galantes.

Rameau-Jean-PhilippeDopo i vivaci dibatti scatenati dalla prima rappresentazione della tragédie lyrique Hippolyte et Airicie nel 1733, Jean-Philippe Rameau decise di rivolgere la propria attenzione ad un nuovo genere operistico più facile e leggero, in voga in Francia già a partire dal XVII secolo (Lully, Les Saisons, 1661; Campra, L’Europe Galante, 1697): si trattava dell’opéra ballet, una forma di spettacolo musicale che prevedeva una particolare commistione di musica, danza e teatro con tematiche e trame sempre di origine mitologica, ma più spensierate e distese, spesso di tipo amoroso. Per la stesura di questo libretto, Rameau chiese la collaborazione di Louis Fuzelier (1672-1752), uno dei drammaturghi di spicco del cosiddetto théâtre de la foireuno storico teatro che a scadenza annuale animava le fiere parigine di Saint-Germain e Saint-Laurent rispettivamente dal 1176 e dal 1183. Ne Les Indes Galantes, Fuzelier decise, approfittando della collaborazione col modernissimo compositore Rameau, di proporre qualcosa di assolutamente diverso infierendo, forse più dolorosamente di quanto non avesse fatto la precedente coppia Pellegrin-Rameau, sugli anciens classicisti parigini. La proposta di Fuzelier ruotava attorno ad un netto rifiuto del meraviglioso tragico mitologico per approdare ad una nuova concezione del merveilleux, ispirato da quell’esotismo che gli scritti dei viaggiatori e le riflessioni dei philosophes stavano alimentando e diffondendo anno dopo anno. Così, nella Préface al libretto de Les Indes Galantes, Fuzelier si espresse a riguardo:

«Un Autore impegnato nel desiderio di piacere al suo pubblico ha torto di pensare che bisogna talvolta cercare di divertirlo senza il soccorso degli Dei e degli Incantatori? Forse presentando a questo pubblico, disponibile a novità, dei temi scelti nei climi più lontani, accorderà la sua preferenza ad uno spettacolo singolare che fornisca a Erato e a Tersicore l’occasione di esercitare il loro genio. La prima Entrée del Balletto che oggi si osa proporre è copiata da un illustre originale. Si tratta del gran Visir Topal Osman, così conosciuto per l’eccesso della sua generosità. Se ne può leggere la storia nel “Mercure de France” del gennaio 1734. Il Vulcano che compare nell’intreccio dell’Entrée Americana non è un’operazione favolosa quanto le Operazioni della Magia. Le Montagne di fuoco sono comuni a tutte le Indie. Il Messico è famoso per quella del Popocatépec, che eguaglia il Vesuvio di Napoli e il Gibel di Sicilia. Quanto al Perù, esso è soggetto ai terremoti […]. I naturalisti più abili appoggiano le testimonianze dei viaggiatori con ragionamenti scientifici e con esperienze che sono ben più convincenti degli argomenti. Mi si condannerà se io introdurrò nel teatro un fenomeno più verosimile di un Incantesimo? E così adatto a sollecitare delle Sinfonie Cromatiche?».

Ricorrendo ai resoconti di esploratori e semplici viaggiatori, Fuzelier riuscì a compiere una doppia e fondamentale operazione poetica: da un lato riusciva a giustificare le scelte tematiche, dall’altro legittimava il personalissimo e coraggioso cambio di rotta verso la realtà e contro le tematiche mitologiche dominanti non solo nella tragédie lyrique ma nello stesso genere dell’opéraballet. Oltretutto, in tal modo, Fuzelier fornì al genio musicale di Rameau una ghiotta occasione per sfoggiare la propria audacia musicale. Occasione che il compositore di Digione seppe cogliere con una rara intelligenza musicale muovendosi tra la spettacolarità del nuovo merveilleux e la vigorosa, quasi shakespeariana drammaticità di alcune scene e personaggi dando vita così ad una messinscena straordinaria.

Dopo una ricca ouverture bipartita secondo i più rigidi canoni francesi, segue il solito prologo allegorico che si apre con l’ingresso di Hébé (soprano), la dea della giovinezza, che invita alla danza quattro giovani, le quattro nazioni, Italia, Francia, Spagna e Polonia. Bellona, la dea della guerra, le mette però in fuga costringendo Amore a rivolgersi verso le più lontane coste delle Indie. Con questa semplice operazione letteraria, Fuzelier riuscì a collegare il prologo, la cui allegoria faceva un evidente riferimento alla sua contemporaneità, con la scelta dei quattro diversi scenari geografici de Les Indes Galantes. Il primo luogo su cui Amore posa lo sguardo è l’Oriente Favoloso (classico topos letterario che di lì a pochi anni avrebbe attirato l’attenzione dei vari Mozart, Rossini e Weber) dove Osman (basso), pascià di un’isola sperduta in mezzo al mare, ama la sua schiava Emilia (soprano), fidanzata a sua volta con Valère (tenore), ufficiale di marina prigioniero di Osman. Questo però nutre verso l’ufficiale prigioniero un profondo senso di riconoscenza per essere stato un tempo da lui salvato. Per tal ragione Osman rinuncia ad Emilia approvando l’amore verso Valère. Dall’oriente Fuzelier ci porta in Perù aprendo così forse la più affascinante delle quattro entrée dell’opera: la giovane principessa peruviana Phani (soprano) ama, corrisposta, l’ufficiale spagnolo Don Carlos (tenore), suscitando però la gelosia dell’Inca Huascar (basso), uno dei personaggi musicalmente meglio riusciti di tutta la letteratura musicale di Rameau: la sua gelosia e la sua rabbia provocano una violentissima eruzione. Huascar soccombe sotto una pioggia di fuoco mentre Don Carlos salva l’amata Phani. Dal Perù si passa alla Persia, per una nuova entrée, forse la meno spettacolare: il principe persiano Tacmas (tenore) ama Zaire (soprano), la schiava del suo cortigiano prediletto, Alì (baritono), mentre Alì ama Fatima (soprano), schiava di Tacmas. Dopo vari inconvenienti che impediscono le due relazioni, la terza entrée si conclude con un semplice scambio di schiave. L’ultima entrée, aggiunta successivamente nella revisione del 1736 fatta dallo stesso Rameau, ci porta in un luogo non precisato in America dove gli abitanti locali sono stati sconfitti dai colonizzatori europei. I due ufficiali francese e spagnolo, Damon (tenore) e Don Alvar (basso), cercano di conquistare la mano di Zima (soprano) che però non ama nessuno dei due preferendo il capo delle popolazioni sconfitte, Adario (baritono). Dopo che Damon riesce a placare Don Alvar, furente per la sconfitta amorosa, vincitori e vinti celebrano una festa per la pace comune con la celeberrima Danse du Grand Calumet de la Paix che chiude il grande cerchio allegorico dell’opera proponendo un’emblematica (e utopica) armonia tra coloni e colonizzatori: il bon sauvage dell’America diventa dunque uno strumento per sostenere l’idea illuministica, che caratterizza le quattro entrée, di una comune natura dell’essere umano al di là delle diversità culturali, sociali e politiche.

1736_Les_Indes_GalantesLa musica di Rameau raggiunge ne Les Indes Galantes vette altissime. Nella prima entrée spicca sicuramente la scena della tempesta e il successivo coro dei marinai: un grande coro sillabico martellato su una straordinaria furia ritmica degli elementi naturali che culmina in un climax drammatico di grande intensità. Come sempre, nella musica di Rameau, l’accompagnamento orchestrale è il grande co-protagonista capace di seguire le voci ma allo stesso tempo di assumere una sua autonomia musicale straordinaria che mai copre o danneggia le ora meravigliose (nel senso teatrale del termine) e ora romantiche azioni dei personaggi. Lo stesso dicasi per la grande cerimonia sacra di adorazione del Sole di Huascar (Brilliant Soleil), seguita da un coro grandioso e dalle danze degli Incas (Clair flambeau du monde). A questa cerimonia segue l’eruzione che pone fine all’entrée: la musica è sontuosa e austera, non c’è nulla di frivolo o semplicemente esotico. E’ musica al servizio del teatro, al servizio della rappresentazione pittorica della realtà. La terza entrée, pur essendo la meno spettacolare, contiene però una delle pagine vocali più affascinanti di tutta la letteratura operistica di Rameau: uno dei rari quartetti vocali di Rameau di geniale impianto polifonico (Ah! Seigneur, quel moment!) accompagnato da un ballet d’action che mima, secondo la ormai stabilita estetica musicale ramista, la delicatezza del vento proveniente da ovest (Zéphire) e la violenza di quello proveniente da nord (Borée). Nella quarta e ultima entrée merita una nota la potente chaconne finale concepita con sontuosa magnificenza che sancisce il collegamento che Fuzelier e Rameau seppero compiere tra la spettacolarità del merveilleux del nuovo teatro musicale francese e la proposizione di nuovi e più moderni ideali.

Rappresentata per la prima volta il 23 agosto 1735 presso l’Académie Royale de la Musique, Les Indes Galantes riscosse un notevole successo, molto simile alla precedente Hippolyte et Aricie nonostante prevedesse solo il prologo e le prime due entrée Le Turc Généreux e Les Incas du Peru (la terza venne introdotta a partire dalla terza rappresentazione): dopo la ripresa nel 1736 con l’aggiunta della quarta entrée Les Sauvages, l’opera raggiunse le quasi duecento rappresentazioni fino al 1761 per poi essere ripresa a pezzi nel corso del secoli successivi (storica la ripresa della III entrée con l’orchestrazione di Paul Dukas nel 1925 con Miguel Villabella nelle vesti di Tacmas). L’opera venne ripresa rappresentata nella sua veste completa solo nel 1952 all’Opéra di Parigi sancendo il definitivo e meritatissimo successo di cui oggi questo capolavoro gode. 

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2 pensieri su “Manuel García omaggia Jean-Philippe Rameau. Terza puntata: Les Indes Galantes.

  1. E’ un dovere @imparato. E’ un dovere rendere onore a Rameau e ai suoi capolavori. Sono tante le pagine “sconvolgenti” di questo capolavoro! Sogno spesso come sarebbero state cantate dalle grandi voci del passato… ma ahimé, non ci resta che l’immaginazione.

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