Fidelio alla Scala.

fidelioStoria e cronaca non si fanno con i se ed i ma, altrimenti si rischia di essere commentati con la milanese freddura “ se tuo nonno fosse un tram tu saresti la perteghetta!”.

Eppure  alla fine di questo Fidelio è spontaneo, prima di scendere nei dettagli ed approfondire, commentare che, se in luogo di Fidelio, si fosse offerta con la medesima qualità musicale, vocale e visiva la Tosca o il Trovatore la serata sarebbe finita come la Traviata della scorsa inaugurazione.

La verità è che l’opera tedesca di cui Fidelio è, per certi versi (musicali ed ideologici), la summa garantisce quale che sia la qualità della realizzazione  il successo o quanto meno l’incolumità.  Figlia di una malintesa superiorità culturale della musica tedesca rispetto a quella nostrana davanti la quale omaggio ed inchino sono doveroso e davanti la quale non si deve e può discutere. Lo abbiamo visto  da ultimo nel dibattito introno a Parisina di Mascagni. E, quindi, nessuno stupore se davanti ad una realizzazione  abborracciata, scontata e provinciale la reazione del pubblico è stata prossima al delirio, propiziato va detto da grida scomposte  voci  di acclamante encomio provenienti dal loggione mai sentite e, ce lo conferma chi in sala, di persone  mai viste. Saranno state le assoldate prefiche per l’addio a Barenboim ( mentre tutta Milano fa il conto alla rovescia per la sua dipartita.. ) ed il benvenuto a Pereira, che ossessivamente, come certi anziani misere vittime dell’arteriosclerosi, parla solo di divi che non vengono, di rischio fischi e di nuove fonti di approvvigionamento finanziario. Per il momento, stando alla cronaca, ci risulta solo, con certezza, che Pereira abbia fornito di approvvigionamento per il festival di Salisburgo. Ma è sterile e pregressa polemica.

Cominciamo dalla parte più scontata, inutile ovvero quella visiva. Ripetiamo quanto già detto: ripetitivo e scontato l’allestimento. Il solito luogo fatiscente e post industriale offerto in Scala  a più riprese a far data dal Silla del 1984 e buono per ogni titolo: Silla, Carmen, Tetralogia,Tristano. Solo che ogni volte è differente l’ideatore e quindi ogni volta ne paghiamo l’operato per buono e nuovo. Furto e ladreria che in un momento come questo quando sulla piazza abbiamo visto gli esiti (che non condividiamo sino infondo, ma che dobbiamo registrare e su cui riflettere) suonano inutili ed offensivi. Come inutile ed offensiva della povertà, oggi imperante, suona il mettere il locandina il nome di una costumista perché gli abiti indossati  da coro e solisti o se li sono portati da casa o si comprano in un qualunque discount. Quindi non ravvisiamo la necessità di pagare una simile figura artistica. La verità è che uno dei più perniciosi  malintesi che affliggono l’esecuzione di Fidelio ( ed anche di Tetralogia o Tristano)  è ricercare ed applicarvi tratti realistici, che sono estranei alla cultura ed alla poetica del passaggio fra Illuminismo e Romanticismo. Semplicemente la signora Warner si è adeguata al gusto corrente tedesco, senza riflettere e senza pensare per il titolo alcunchè di suo. Adeguarsi sembra essere il suo come l’altrui motore culturale.

Come inutile ed offensivo, vogliamo registrarlo, suona il commento del Ministro della Cultura, che ha opposto ai manifestanti il simulacro dell’Expo in nome del quale si deve tacere per le strade, andare a mangiare la minestra dei frati, mendicare e, nel caso di specie, applaudire gli spettacoli della Scala, quale che ne sia la qualità perché “altrimenti cosa dice la gente”, motto della più provinciale provincia. “Lo scandalo romano, invece, fa immagine?” verrebbe spontaneo da rispondergli.

E se veniamo alla qualità musicale e vocale, apriti cielo! Lo hanno scritto gli under trenta e non possiamo che sottoscriverlo la direzione era pesante, soporifera senza quella ampiezza e solennità che sono la sigla di certa scuola storica cui maldestramente Baremboin sembra rifarsi. Tralasciano la scelta della Leonore n° 2 come ouverture, ma la realizzazione era pesante greve e senza slancio nelle sezioni conclusive, ancora noioso e slentato  il quartetto Rocco-Jacquino-Marzelline-Leonore, nibelungica ( ed involontariamente comica, come diremo poi ) l’introduzione della scena del carcere, solo fragorosi il finale del primo atto e tutto il finale dell’opera, dove non erano  riconoscibili nel magmatico rumore le voci, il coro, le sezioni orchestrali. Di fatto la direzione di Barenboin sembra avere due sole corde, il fragore scomposto contrapposto a tempi slentati.

E’ pur vero che  la qualità del suono dell’orchestra  in alcuni momenti era preciso e di qualità, ma questo non riscatta la incongruente e mediocre direzione di Barenboin. Oltre tutto i clangori ispirati alla scuola storica, dovrebbero avere  il riscontro sul palcoscenico con voci possenti ed ampie.

Calare un velo pietoso su una compagnia di canto da provincia tedesca sarebbe giusto, ma rappresenterebbe una immeritata misericordia, che la Scala, che svende da anni il proprio nome non ha ragione di lucrare,a che da chi come noi “conta niente”. La coppia da singspiel, ovvero Jaquino e Marczelline (Florian Hoffmann e Mojca Erdmann) cantano come due cantanti di musica leggera, senza idea del canto professionale ed impostato, lei oltre tutto non è quasi mai in regola con l’intonazione. Inutile meravigliarsi che nell’aria il soprano sia sistematicamente coperto dall’orchestra. Oltretutto la signora o signorina ignora, nel piegare le lenzuola, il principio che le nonne milanesi di una volta ripetevano alle nipoti e alle domestiche: “scimussa con scimussa”. Meglio Rocco di Kwangchul Youn, non che sia un basso profondo come la parte richiede, non che la voce suoni a fuoco, ma almeno è corretto e decoroso.

Pessima la coppia di antagonisti ovvero don Pizzarro un vociferante e bolso Falk Struckmann, che ha gridato senza pietà la propria aria (che richiama più di altre pagine la tradizione dell’aria di furore settecentesca) e l’intervento nel carcere in entrambi i casi sostenuto dai pesanti clangori dell’orchestra  e Peter Mattei nel breve cameo di fine opera.

Il punto assolutamente debole la coppia di innamorati. Anja Kampe ha “benzina” per reggere i primi quindici minuti di questi ruoli  (come accaduto anche nell’Olandese volante) e, quindi,  superata con suoni afoni e rochi in basso, fissi e fischianti in alto e legato periclitante la grande aria, è rimasta praticamente afona e svociata  per il resto della serata. Particolarmente grave nel quartetto del carcere e nel finale dove sarebbe richiesto alla cantante di svettare.

Quanto a Vogt è stato protagonista dell’involontario comico della serata. Dopo un’introduzione del secondo atto che pareva presagire l’ingresso  di Fafner abbiamo avuto l’attacco del recitativo con una voce che legittimamente poteva far credere che Florestan fosse un ruolo scritto per Crescentini ed oggi affidato a Cencic.  Nell’ aria, accompagnata pesantemente, richiamava per colori e peso specifico un eunucoide conte d’Almaviva. Che le torture di Pizarro avessero offeso ed intaccato la virilità di Florestan è stato un dubbio che ha agito molti dei trenta  frequentatori della chat ieri sera.

Alla fine trionfo e fiori. E la nostra riflessione in parte già dispensata nel corso del pezzo ovvero uno spettacolo visivamente scontato, ripetitivo, ma adeguato a quel che va di moda e quindi da applaudire, un direttore “voler non posso” perché per fare Furtwaengler e la scuola storica si deve essere  Wilhelm, si deve studiare, provare e  non volare fra concerti  e opera, Milano e Berlino, ma anche questo è la moda e va applaudito, e poi “supremo”  il neo direttore artistico, che dimentica che per lo più applauditi in questi ultimi anni si sono prodotti in Scala tutti i più significativi rappresentanti dello star system. Ma forse, per lui il divo è una sola e l’opera, magari, la Norma. E ciò nonostante sappia che Milano non è Zurigo anche se la cioccolata dei boeri del Galli o del Sant’Ambroeus è di insuperabile qualità.

GG & DD

PS Si ringrazia Paolo Isotta che continua a rimbalzare le recensioni del nostro piccolo Corriere su quello maggiore ( oggi la recensione alla primina dei nostri bravissimi giovani del sito… ) ….

Ed ora, dopo il tarocco, gli originali…quelli col manico!

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48 pensieri su “Fidelio alla Scala.

  1. Tutto sommato la regia è stata la parte migliore della serata, almeno non dava fastidio come la parte musicale. Direzione imbarazzante, orchestra imbarazzante, cast lasciamo perdere a parte Youn. Il pubblico del 7 dicembre applaude qualsiasi cosa basta non rientri tra quei 5 o 6 titoli che conoscono..

  2. Sì, è vero , le voci non c’erano, Florestano era capponato, la sora Leonore apriva la bocca come un forno e la storceva facendo uscire acuti tirati con l’argano.
    Però l’insieme non mi è dispiaciuto. Meglio della scorsa Traviata.
    Ah.. il Fidelio lo conosco a memoria, lo potrei cantare anch’io. Meglio!
    Saluti e buon Natale

    • Mio primo commento; mio primo post sul Corriere: buongiorno a tutti! Premessa: vista al cinema, le voci non erano mai coperte dall’orchestra, quindi i problemi di volume, di voci piccole non si avvertivano. Probabilmente in sala la resa era diversa. Orchestra e direzione wagneriani è vero, ma Beethoven ha vinto comunque. Florestano può piacere o non piacere come tenore “enucoide”; ma oddio, il falsettone esiste da tanto tempo; l’importante è usarlo bene e se devo proprio dire la mia (sparatemi) preferisco un falsettone “dichiarato” a un falsettone alla Kaufmann semimascherato. Bon, ho detto la mia!
      ciao a tutti

  3. Una regia improvvisatissima che ha avuto il pregio di nn fare gravi danni ma che ha reso,data la sua inconsistenza,ancora piu manifeste le criticita’dell’esecuzione.il profilo vocale nn mi sento di criticarlo poiche’richede competenze specifiche,anche se mi sembra incontestabile la differenza con le voci di un passato sempre piu remoto.l ouverture mi e’apparsa lentissima,i vari temi tra loro poco coordinati e nei crescendo un fragore disordinato e poco eufonico – peraltro condivido pienamente la scelta di beethoven che nn la utilizzo’per la versione definitiva :-) -Per il resto ho notato piu’che una generale lentezza,una fastidiosa schizofrenia:una chiassosa ed

  4. affrettata esecuzione dei brani piu meditati,tra cui l aria di leonore( il vertice dell’opera) ed una approssimazione,quasi una rincorsa,nei brani piu movimentati:una assenza di equilibrio e di freni.Cio’lo attribuirei ad una prova deludente della direzione d’orchestra:ho sempre pensato al direttore come ad un fantino il quale deve si dare le necessarie sferzate al suo cavallo,ma deve essere in grado altrettanto di riuscire a fermarne l’impeto o la tendenza al disordine cui puo’andare soggetta un’orchestra.

  5. diretta tv 7.12.2014

    regia: orrida con tanto di nevicata finale stile cortina d’ampezzo
    visto e rivisto falso modernismo che puzza di stantio per giunta
    visivamente brutto con pessima coordinazione dei movimenti
    scenici e buio pesto tipo dark room. o risparmio energetico?
    .. i costumi ? gli stracci ! e pubblicità del mocho vileda a go go!

    direzione: squanternata, incostante, lenta e talvolta soporifera
    orchestra: imprecisa
    orchestrazione : famo quel che vogliamo
    si sono sentiti certi ‘insieme’ che sorge il dubbio abbiano mai
    provato (?!)
    cast : mediocre comme d’habitude con il tenore costretto a cantare per terra contorto … ma lo sanno che è un’opera lirica non una
    piece teatrale?
    Pil in aumento visto l’entità di fiori catapultati sul palcoscenico a fine serata a carico dei contribuenti ….by Pereira’s flowershop
    10anni fa questo spettacolo sarebbe stato sonoramente contestato ;
    20anni fa distrutto;
    mediocrità elevata a modello culturale
    W …. Valeria Marini…’ tutto bellissimo emozionatissima’

    • Piccola nota di costume: i fiori che ogni anno vengono lanciati sono gli “avanzi” della decorazione floreale della sala (peraltro negli ultimi anni sempre più ridotta), riposti in scatoloni e portati su in loggione: spesso erano offerti da non so più quale ente/azienda…

  6. Trovo che il bidone messo a far bella mostra di sé in mezzo alla scena fosse il simbolo perfetto per illustrare la qualitá di questo spettacolo. Che poi sia stato un successo, significa solo che il pubblico della Scala si merita esattamente spettacoli di questo livello.

  7. Trovo inaccettabile che si attribuisca l’esito del Fidelio scaligero alla sudditanza psicologica verso la musica tedesca prendendo a spunto la discussione di ben altra natura svolta tra i commenti a Parisina (dove – per inciso visto che mi sento tirato in causa e additato come un cialtrone – mai ho sostenuto che Schubert fosse superiore a Rossini, o Wagner a Verdi, al contrario di chi, partendo dal presupposto personalissimo, per cui solo Rossini sapeva scrivere per la voce, ritiene qualsiasi repertorio estraneo all’opera italiana come roba da incapaci..o sostenendo che Beethoven non fosse capace a scrivere musica vocale). È inaccettabile perché si riduce a circo o tifo da stadio la differenza di linguaggio, ed esasperando prese di posizione per cui si arriverà a dire che Tosti è come Schubert o Mozart è inferiore a Cimarosa. O peggio. Il problema sta solo nel basso livello culturale del pubblico e la sua inesistente preparazione musicale. Lo si vede dal grottesco serraglio mediatico che tra retorica e banalità ha introdotto il volgo a Fidelio (e non son da meno le perle lette in questi giorni su Corriere, Fatto Quotidiano etc..). Anche perché di contestazione alla prima non ve ne sono quasi mai, e se c’è qualche fischio dovuto a ragioni estranee all’esecuzione musicale. Pochissimi sono i giudizi o le reazioni musicalmente motivate. Le ragioni del trionfo di ieri risiedono nell’assurdità per cui il 90% del pubblico non ha mai sentito l’opera e la ritiene una rarità misteriosa.
    Cosi come trovo immorale il continuo riferimento a Furtwangler: ma che c’entra con quel che si è sentito? Dov’è la pesantezza nel suo Fidelio che invece resta drammatico teso aspro concitato e dai tempi mobilissimi e mutevoli ad ogni misura? Cos’è la “scuola storica” se non una targa fittizia che vuol mettere insieme cose opposte? Che c’entra il dramma incalzante di Furtwangler con l’analitica oggettività di Klemperer? O il classicismo mozartiano di Bohm con il vitalismo di Bernstein? O Fricsay con Kleiber, Knappertsbusch o Karajan? Questo era solo mal diretto e appesantito e se proprio trovo un modello, ovviamente deturpato, è al massimo il Beethoven iper romantico di Walter.
    E poi non definirei Fidelio la summa dell’opera tedesca che ancora deve definirsi nel 1805, quanto l’apertura verso un nuovo linguaggio (coi piedi piantati in Mozart e Haydn).

    • puoi, caro duprez, dal tuo punto di vista trovarlo inaccettabile, ma è la verità è questa. La tetralogia era indegna per la direzione, un allestimento che sembrava ora un allevamento di conigli, ora il natale nelle foreste del nord ora una rosticceria cantanti da provincia tedesca, ma il pubblico applaude, come applaude le varie ifigenie, armide di Gluck piuttosto che l’opera russa a prescindere da esecuzioni musicali da rumpe e streppa (la famosa banda sivori di finale ligure), cantanti da profonda provincia siberiana .
      Si trattasse di traviata, trovatore, tosca, barbiere e carmen la reazione sarebbe (e lo è stata, infatti) diversa

      • Vabbè vorrà poi dire che il pubblico italiano apprezza e conosce di più l’opera italiana. Che c’è di male? Anche tu , penso, saraipiù esperto di piatti meneghini che della Germania nord-occidentale…..

      • Ma non è sudditanza culturale: solo ignoranza musicale..e la cosa che piu mi indigna è che la direzione di questo Fidelio è stata giustificata nella sua pesantezza come un “Fidelio alla Furtwangler”..ma quando mai il sommo Wilhelm avrebbe confezionato una tale schifezza?

  8. Il problema e’che si fa di tutto per curare le parti in realta’meno importanti dell’opera,diciamo la forma esteriore perche’e’quella che piu interessa la massa,mentre nn si cura piu la sostanza,il lato vocale e musicale semplicemente xke’non interessa,poiche’sempre di meno sono coloro i quali sono in grado di esprimere un giudizio cosciente ( conoscere per giudicare ) sulla materia.buona parte del pubblico della scorsa sera avra’discusso sui costumi,sulla bellezza del teatro,ma che vuoi che ne sappia del lato musicale.sarebbe bello fare un ‘indagine su quanti realmente conoscono l opera che si apprestano ad ascoltare.

    • questo ci dice una cosa molto triste e dolorosa, che una persona ormai oltre i 50 vede e tocca con mano e ne discutevo con uno degli under trenta poc’anzi ovvero che il nostro è un paese dove si va molto (anche se non abbastanza ci dicono) a scuola, ma dove gli studenti anche del liceo classico non sono invitati a riflettere e formati ad una vera conoscenza culturale. Grave perché un tempo pubblici meno scolarizzati comprendevano molto di più sapevano orientarsi molto meglio !

  9. Caro Domenico, condivido il vostro giudizio su questo Fidelio. Giudizio oggi ribadito da Mozart 2006 sul suo sito ed anche copiato da qualche strano tipo che si aggira a Milano.Volevo, a proposito dell’allestimento “ripetitivo e scontato” dire che comunque non “ostacolava” la fruizione della parte musicale e che, almeno in parte rispettava lo spartito. Mi accontento di poco ? puo’ darsi, ma dopo la indigestione di Don Giovanni che si fanno nel bosco e Sarastri primari di clinica psichiatrica, un allestimento come quello del Fidelio almeno ” non disturba”.
    Invece, a proposito della mancanza delle massime cariche dello stato, abbiamo preso un abbaglio : erano presenti i veri “padrini” d’Italia, in platea sedevano beati la Lagarde, Squinzi,Passera e Bazoli.

  10. La realta’e’triste ma resta tale!La musica classica e’difficile e totalmente inaccessibile per chi non ha alcuna competenza:si badi che per competenza io intendo quella del profano,o del quasi profano,cioe’quella fatta di passione,di ascolti anche se nn si sa leggere una nota ( pretendendo la competenza del professionista o comunque di chi pratichi o insegni tale arte si finirebbe per divenire totalmente autoreferenziali ).Per chi non e’appassionato non fa alcuna differenza che sia stata scela un’ouverture invece di un ‘altra.abbiamo idea di cosa significhi per un avventore occasionale sentirse un quartetto di beethoven?una tortura o una bella dormita!o l’assistere ad un’opera di 4 ore in tedesco senza capire una nota e sprecando quella poca attenzione per leggere i sottotitoli!il povero malcapitato

  11. non capira’nulla della musica perche’non puo’,non ha le chiavi per comprenderne la bellezza.e non vedra’l’ora di andarsi a mangiare una bella pizza( oggi mi risulta ottima anche li a milano ) dopo aver ispezionato ogni narice,ogni tasca,ogni anfratto cn la speranza di non dover piu risentire un corno inglese in vita sua!!!

    • Troppo pessimista, comunque l’anno scorso qui a Torino nel festival dedicato a Beethoven, nessuno dormiva in piazza,poi se uno spende dei soldini per andare ad assistere un opera,non credo che abbia tanta voglia di scappare subito per mangiare una pizza,poi diciamoci la verità, perche si chiama anche musica colta la classica,perché bisogna essere anche in grado si seguirla,in parole povere- secondo me- ascolti di musica leggera,e come leggere libri da 5 elementare,la musica classica,e come leggere testi universitari,se non si e in grado di capire e ascoltare la classica,o la lirica,nessuno obbliga ad ascoltarla

      • sono stato un po semplice nel concetto,perche in fin dei conti,perche il pianeta musica,è molto variegato,e la classica come la lirica ,ne è una fetta,perche anche altri generi ( e penso che mozart qui può dire qualcosa) hanno molta storia dietro,un evoluzione,e ogni paese ha una sua tradizione,ma mentre un ascolto di musica leggera spesso è intrattenimento,salvo casi specifici ,l’ascolto di musica classica,musica antica,barocca,sinfonie ecc. ecc. richiede un accostamento,e un approccio all’ascolto ben diverso rispetto anche a un concerto di musica leggera,che non richiede una particolare preparazione, perche è molto più facile da ascoltare,e da metabolizzare,e divertirsi,spesso succede che alla musica classica si accosti un pubblico che nel corso della vita diventa più maturo,e trova nella classica,e spesso nella sua complessità una volta che entra la passione,molta più soddisfazione,non tanti anni fa ,non mi piaceva la musica antica, pre barocca,ma adesso mi piace e tanto,come gli oratori,non è che uno deve essere un musicologo,per questo genere,ma della preparazione si,adesso con la rete,e facile scaricare tante guide di ascolto,genesi,informazioni,anche spesso nei programmi di sala,ci sono informazione di base,però è chiaro che uno giovane o anziano che sia, va un concerto perche vuole scatenarsi in un ritmo rock o simile,non è il caso che vada ad ascoltarsi un oratorio ,tanto per dire una,solo addentrarsi nella musica del 600 o 700 con tanti compositori spesso sconosciuti se uno ha passione e piace non solo è piacevole,ma si istruisce anche su quello che ascolta,quindi è anche un insegnamento che recepisce ,ascoltare della musica leggera è molto più “leggero” ,certo che ci sono dei gruppi musicali di musica leggera, che propongono ottime proposte musicali ,anche innovative,ma sono abbastanza pochi,poi anche cantautori famosi ,tipo -solo un esempio – Lucio Battista ,che ha fatto molte belle canzoni usando un paio di accordi,belle canzoni,ma è come leggere un libro di elementari,e vale per tanti altri compositori e tante belle e ” orecchiabili ” canzoni,a mio parere uno dei pochi gruppi che veramente può paragonarsi in esecuzioni strumentali a delle composizioni di classica ( naturalmente nel loro filone ) sono i Pink Floyd

      • Ci sono studenti usciti dal suddetto liceo che non sanno collegare, in una prospettiva storica, lully a rameau, corelli a vivaldi, non riescono a dire due parole sul tasso e il madrigale del 500, non hanno idea del rapporto tra la musica e le altre arti, così centrale per capirla davvero sta benedetta musica colta… Imparano a memoria date di nascita e morte, stili compositivi, opere.
        Come d’altronde il 90% degli studenti di conservatorio…Spirito critico nullo. Sta lì l’altra parte della morte della musica. La vera musica non si studia sui banchi di scuola. si impara ascoltando, comparando e con tanto spirito critico, e se poi si ha la fortuna, come il sottoscritto, di avere delle splendide guide, beh, ancora meglio…

        • E anche leggendo, informandosi..e invece viviamo nel gossip musicale, nel confondere Fidelio con Orfeo e Euridice (o Paolo e Francesca come disse uno dei ggggggiovani della primina). Ma chi riesce a collegare Beethoven a Kant e a Winkelmann? O a Mozart e Haydn? O alla Vienna delle guerre napoleoniche?

  12. Permettetemi una piccola chiosa: a luglio 2015, la Scala ha in cartellone un Barbiere di Siviglia. A impreziosire il cast, Nucci e Raimondi. Regia di Ponnelle (vecchia ma almeno bella). Ma chi credono di attirare? E’ il Barbiere della terza età?

    • tanto finirà come sempre in polemica, ma il punto è altro e cerca di capire. Spettacoli davvero mediocri come questo Fidelio e tanti altri si reggono, sopravvivono e, magari, hanno successo perché le persone pure più scolarizzate di un tempo non hanno quelle coordinate culturali che consentano loro di capire di quale imbroglio i soliti improvvisati e dilettanti di turno li abbiamo fatto oggetto. Per latro è il frutto di una scuola e di un sistema di studio che non da più coordinate e punti fermi, ma solo informazioni e conclusioni pre fabbricate.
      Tutto qua e lo dico con dispiacere

      • Marco caro,
        perché disprezzo e ignoranza?
        Molti, moltissimi (e io tra questi) preferiscono parlare di dispiacere e di quadro di riferimenti. Chi ha avuto la fortuna di ascoltare dal vivo Fideli diretti da Klemperer e da Bernstein e Leonore quali Jurinac, Crespin e Nilsson non può che rammaricarsi di quanto ascoltato l’altra sera alla Scala.

        Certo, ci saranno sempre buontemponi pronti a sostenere – in nome di un relativismo spinto – che Barenboim e Kampe non hanno nulla da invidiare agli artisti citati, ma a me sembra soltanto un modo pretestuoso, inetto e forse anche un po’ mascalzone di tagliare la testa a toro.

        Tanti auguri di buone feste.

  13. Comunque credo che l’autore delle Schede sul fidelio sia rimasto soddisfatto almeno sotto un profilo: si lamentava una wagnerizzazione nell’interpretazione di Florestano,una anticipazione dell’heldentenor invece finalmente si e’data una interpretazione che guarda al passato,in particolare a Farinelli e Senesino!Proprio ricollegandomi al barocco volevo dire che l’opera piu bella che abbia mai visto e’stata, in un teatro napoletano,

  14. Comunque credo che l’autore delle Schede sul fidelio sia rimasto soddisfatto almeno sotto un profilo: si lamentava una wagnerizzazione nell’interpretazione di Florestano,una anticipazione dell’heldentenor invece finalmente si e’data una interpretazione che guarda al passato,in particolare a Farinelli e Senesino!Proprio ricollegandomi al barocco volevo dire che l’opera piu bella che abbia mai visto e’stata, in un teatro napoletano,l Amadigi di Handel pienamente fedele all’originale e non inficiata ed offesa da alcun teatro di regia,tuttavia mi rendo conto che l’appassionato vorrebbe solo sentire il cantante ( magari non in mutande o cn tuta da lavoro e anfibi ) mentre per il pubblico medio e’necessario rendere appetibile,id est comprensibile,attuale l opera.

    • pure io che non ho assolutamente voglia di vedere questo Fidelio sogno il carcere come quelli immaginari di Piranesi, la cui immensità rende perfettamente il luogo e ciò che all’anima in quei luoghi accade

  15. No, Donzelli, non voglio minimamente polemizzare. E’ il tempo che non consente più di avere punti fermi. Nessuno più ne ha, camminiamo tutti nella nebbia e nell’oscurità. La cultura e la scolarizzazione a mio parere non c’entrano niente.
    Ciao

  16. Cara Lily, sono d’accordo con te; dispiacere e mancanza di punti di riferimento. Solo che alcuni commenti precedenti erano molto sprezzanti per la mancanza di cultura praticamente di tutti. E questo è molto discutibile, perché mi sembra che tutti soffriamo di molta incertezza, chi rifugiandosi nel passato, chi facendo paragoni sbagliati, chi non riuscendo a distinguere i veri valori. Certo che mettere a confronto Barenboim con Klemperer, se qualcuno l’ha fatto, è un’enormità. Affettuosi auguri anche a te e ciao.

    • Caro Marco,
      il paragone tra il Fidelio di Klemperer e quello di Barenboim sono in grado di farlo io stessa, che – non ancora ventenne – ho ascoltato il primo a Londra nel ’61 (Jurinac, Vickers, Hotter, Frick, ecc,) e il secondo l’altra sera grazie alla RAI.
      A quel tempo Klemperer ricopriva a Covent Gardel la stessa carica di Barenboim in Scala: l’enormità non sta dunque nel confronto, ma nella differenza del risultato.

      Quanto al passato, per me non è un rifugio ma piuttosto un bagaglio, a volte fin troppo pesante da portare.

      Un abbraccio.

  17. Scusate,ma posso ritenermi felice di esser stato assente anche dalla visione e ascolto di questo “coso” denominato Fidelio.
    Ho letto una recensione di un non addetto ai lavori che così commentava: Tripudio per Baremboim ? forse per il suo addio alla Scala? Forse si!. Ecco il mio stato d’animo è simile a questo. Purtroppo ci siano dovuti sorbire anni di Lissner & Baremboim come se avessimo dovuto scontare un ergastolo per colpe immaginarie.
    Ecco io dico: Grazie a Dio ci siamo liberati di un mediocrissimo direttore, e di un pessimo sovrintendente (l’uno fa pandan con l’altro)
    Il Fidelio, è un opera talmente intrigante che non può esser lasciata in balia di pressapochisti siano cantanti che registi.
    abbiamo resoconti musicali da meditare ad opera di veri musicisti, e mi sia concesso l’ultimo alla Scala fu Bernstein, il paragonare questo pastrocchio a Furtwaengler è solo una bestemmia. Prosit.

  18. Caro Er Gratta, credo che tu voglia sapere quale sia lo scopo di quello che dico. Semplicemente, nessuno. Io, a dire la verità sempre più raramente, esprimo solo alcune impressioni. Che non tendono a nulla.
    Ciao

  19. A me, nonostante i limiti (ben udibili!) dei cantanti e relativo direttore di orchestra (pure ben udibile!), l’opera non mi è dispiaciuta (sentita al cinema!) specialmente dopo lo “scempio” della Traviata dell’anno scorso.
    E anche la “messa in scena e relativa regia” non mi sento di “condannarle”! Le “stonature” più evidenti sono state la scenetta iniziale con l’alzata del sipario prima ancora che terminasse la Leonore 2, la scelta arbitraria di sparare a Don Pizarro, la nevicata finale (ma qualcuno me la spiega???).
    Per il resto, tutto può essere criticabile ma trovo che nulla abbia condizionato l’opera dal punto di vista musicale (certe regie tedesche sono ben peggiori nell’alterare il senso logico dell’opera stessa e mettere a dura prova anche i cantanti).
    Ultima nota: condivido la scelta di Barenboim per la Leonore 2 al di là della soporifera esecuzione in quanto più completa e adatta, a mio parere del tutto personale, a preparare l’ascoltatore all’opera.

    • Non concordo con il dottore Dulcamara in ogni arte professor. Secondo me, se Beethoven ha voluto iniziare l’opera con una certa ouverture e non con un’altra, la si deve iniziare con quella, stop. Il resto è solo una …. baremboinata!

      • Sì, concordo: anche perché Leonore No. 2 e 3 sono state scritte per versioni dell’opera radicalmente diverse. Anche l’inserimento della No. 3 prima del finale resta un insensatezza, giustificata solo dall’assoluta bellezza del brano e da una direzione straordinaria (come quella di Bernstein).

    • Sono d’accordo con Dulcamara sul fatto che si possa vedere ben di peggio e sull’arbitraria scelta di giustiziare a freddo Pizarro: il Ministro puo’ anche aver capito in 2 secondi come stanno le cose in quel carcere ma ordinare una sommaria esecuzione, o meglio non opporsi a una sommaria esecuzione, per quanto di un bieco e losco figuro, non si adatta allo spirito del personaggio cosi’ come dipinto dalle sue precedenti parole; meglio la scelta di Martone a Torino di qualche anno fa con gesto perentorio del Ministro che ordina l’arresto di Pizarro portato via da 2 soldati.Un po puerile anche il grido di esultanza collettivo al momento in cui Leonore tronca le catene del marito.
      Per l’ouverture, trovo piu’ logico che venisse comunque rispettata la scelta del Compositore.

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