La provincia italiana: Manon – Trieste 1973

Trieste è una strana città, la definizione più felice e, credo condivisibile, è una INTERNAZIONALE città di PROVINCIA. Per una serie di circostanze che non siamo noi tenuti a precisare non essendo il corriere della Grisi la sede pur nello spazio e nell’ottica delle cosiddette città di provincia Trieste ha sempre ospitato popoli di più razze e lingue e religioni , magari non sempre in armonici rapporti o in considerazioni paritarie, ma lo ha fatto come nessuna latra città italiana. Forte di questa sua peculiarità che si è sempre trasformata in autonomia le stagioni operistiche del capoluogo giuliano spesso sono state del livello delle maggiori città italiane e molto spesso molto più variegate nelle scelte di titoli ed autori.

La scelta di Manon, ancora in italiano negli anni ’70 e con l’omissione del Cours la reine (tipica della tradizione italiana) è, forse un’operazione all’antica e nel solco della tradizione da censurare, benchè seguita in Scala ancora nel 1969 (la Manon Freni Pavarotti) ma…. ma ci sono Alfredo Kraus ed una stupefacente  Maria Chiara. Se Kraus nell’arco della propria quarantennale carriera fu spessissimo interprete di Des Grieux, per Maria Chiara il title role fu, invece, un incontro fugace. Peccato era perfetta per questo ruolo e se nei teatri allora come oggi avessero utilizzato il cervello avrebbe cantato tante Manon quante Aida o Butterfly, sensuale per virtù di timbro, fraseggiatrice varia, se non originale è l’ultimo soprano che offra una esecuzione della giovane ed esperta innamorata dove primeggia la voce d’oro all’italiana. Liberi poi di obiettare che il personaggio è francese ed in francese. Il “picciol desco” dolce ed intimo, l’appassionata scena della seduzione e dell’albergo della Transilvania (che non costa fatica ad un soprano del tonnellaggio della Chiara) ed il legato e raccolto canto della scena della morte fanno parte dell’esperienza, irrinunciabile per qualunque appassionato di opera, di vocalità e di storia dell’interpretazione.

Siccome mai si deve perdere il contatto con la realtà ed anche questa mattina abbiamo scorso i giornali con la polemica sulle fantasiose e faraoniche idee della Scala di Pereira a questo non condiviso modo di agire, che esula dal fare cultura, dedichiamo la più famosa pagina dell’opera: le rêve ops il SOGNO!!!

 

 

Gli ascolti

Jules Massenet

Manon

Manon – Maria Chiara
Des Grieux – Alfredo Kraus
Lescaut – Claudio Strudthoff
Il Conte – Giannicola Gigliucci
Guillot – Franco Ricciardi
Brètigny – Lucio Rolli
Poussette – Anna Assandri
Javotte – Maria Loredan
Rosette – Eleonora Jancovich
La Servente – Laura Cavalieri
Un Oste – Vito Susca

Orchestra e Coro del Teatro Giuseppe Verdi di Trieste

Oliviero de Fabritiis

Trieste, 11 Dicembre 1973

Atto I

Atto II

Atto III

Atto IV

Atto V

15 pensieri su “La provincia italiana: Manon – Trieste 1973

  1. Che dire…amo Kraus, stimo molto la Chiara…. ottima scelta.
    A proposito di Scala e Pereira: stasera prima dell’inizio di Fidelio gli hanno urlato da un palco :”Ci voleva un austriaco per cambiare l’ora di inizio della Scala!”……. cominciamo bene…….

    • vedi caro billy budd l’episodio è significativo. Un tempo la Scala era di una puntualità assoluta e tutte le guide turistiche lo riportavano con il sotto inteso invito ai turisti di adeguarsi. I Milanesi, che erano la maggioranza degli utenti del teatro, lo sapevano dall’infanzia quale che fosse il settore del teatro frequentato. Oggi i cinque minuti “accademici” ci dicono che importano solo o quasi i turisti che una volta nella vita devono essere entrati nella sala del Piermarini. Scontato perché con i prezzi e la qualità che si spacciano questo pubblico solo può ancora fruire del massimo teatro milanese.

    • due pro memoria
      a) una rilettura della legge fondamentale dello stato italiano o costituzione …sai il famoso articolo 3
      b) da adesso in poi hai il tuo posticino nel corbello. O forse vuoi che lo chiami Bronx, Harlem, Ghetto così puoi fare un’altra figuraccia e cominciare ad essere allocato nel corbello!

      • Regola numero uno: storicizzare sempre…soprattutto i principi che ci piace credere immutabili.

        Mi spiace doverti spiegare anche che la legge non è la giustizia né la verità.

        Prova ad andare oltre Montanelli, Don Ferrante. Ti consiglierei di cominciare con la Leggenda del Santo Inquisitore, che si trova nel romanzo russo (Kultura straniera) intitolato Fratelli Karamazov.

        Ulisse

      • Francamente, Ulisse, mi pare – dopo i tuoi commenti – d’essere stato catapultato nel teatro dell’assurdo o nella neolingua di orwelliana memoria… Davvero resto incredulo quando, in nome dei distorti presupposti del perbenismo politico (quel “politically correct” che ha prodotto vere e proprie mostruosità), si crocifigge una parola. Decontestualizzata e additata come tabù. Ora, la parola “razza” non è buona o cattiva, non è in sé discriminatoria: è l’uso che rende le parole strumenti di un’idea o un’ideologia. Il termine “razza” si trova nella lingua comune (e per lungo tempo in quella scientifica), anche senza intenti spregevoli. Nel caso di specie, poi, Donzelli la utilizza per indicare il multiculturalismo di una città come Trieste…come si fa confondere tale uso con un intento discriminatorio? Mica ha riscritto il manifesto della razza o i protocolli dei savi di Sion! Ma ti rendi conto di quanto sia fuori luogo il tuo invito a “togliere di bocca” tale parola? E quanto sia ridicolo! Peraltro il termine è utilizzato nella Costituzione repubblicana all’art. 3 (testo che credo sia sopra ogni sospetto di razzismo) proprio per evitare discriminazioni e persecuzioni. Così come è usato nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: anche l’ONU deve sciacquarsi la bocca per criptorazzismo? Certamente la legge non coincide con la Giustizia o con la Verità…ma è uno strumento per vivere insieme in modo civile e salvaguardare i nostri diritti. Certamente la verità e la giustizia non sono patenti che tu puoi attribuire a tuo (in)sindacabile giudizio.
        Mi permetto, tuttavia, di rivolgere a te stesso l’invito a “storicizzare”: anche i termini che ritieni “impresentabili”… A questo punto se sorge in te un moto d’indignazione per aver letto la parola “razza”, immagino che sarai disgustato e scandalizzato quando a teatro ti trovi costretto a vedere “Il mercante di Venezia” o “Otello”, e che avrai già firmato petizioni per eliminare dal Ballo in maschera la frase “immondo sangue dei negri” o chiedendo venga imposto di rappresentare Monostatos come un “tipo umano” (così i tuoi fervori neolinguistici saranno soddisfatti) bianco… Qualche tempo fa ci fu qualcuno che suggerì di vietare Madama Butterfly perché discriminatoria nei confronti dei giapponesi, sostenendo che non solo il libretto è razzista e colonialista, ma pure la musica…per cui andrebbe del tutto riscritta. Immagino sarai d’accordo con lui…
        Quanto ai tuoi suggerimenti letterari: ti ringraziamo, ma Dostoevskij l’abbiamo letto tutti… A te consiglio di leggere Tartouffe di Molière.
        Detto questo ti invito a parlar di musica.

        • Mi pare che l’edizione DECCA del “Ballo” diretta da Bartoletti (ma potrei sbagliarmi, avendola ascoltata almeno 2 anni fa) censuri la detta frase del primo giudice sotituendola con altra più politically correct. Un esempio di censura simile – stando a quanto avevo letto allora su una rivista specializzata – dovrebbe essere capitato alcuni anni fa a Firenze con “I Lombardi alla prima crociata” circa certe frasette inerenti i mussulmani.
          Forse, però, nel caso di specie, dato che i Lombardi non erano vestiti in cotta di maglia ma in mimetica ed imbracciavano, moderno more registico, non il brando, ma il mitra, si voleva evitare di attualizzare troppo…
          A questo punto devo dire che ritengo sicuramente più intelligenti le censure ottocentesche.
          In ogni caso: che bella Manon!

          • Sono censure idiote (lo erano nell’800, lo sono – ancor di più – oggi). Purtroppo l’elenco è lungo, proporzionato all’immensa imbecillità dei custodi del politically correct: peraltro la frase del Ballo incriminata viene solitamente sostituita con “l’immondo sangue gitano”…evidentemente per gli intelligentoni della neolingua è accettabile dare dell’immondo ad un gitano e non a un negro…
            Chi perde tempo inseguendo queste fole per me apparterrà sempre alla “razza” degli imbecilli!

        • Non si polemizza con un interlocutore, attribuendogli posizioni che non ha affatto espresso. E, comunque, tu OGGI adoperi forse nella conversazione la parola negro?

          Non sono sorpreso che la parola razza venga utilizzata proprio da chi si sente minacciato dal fatto che alla Scala si mettano in scena la Frau ohne Schatten o il Peter Grimes.

          Saluti e buone letture. La lettura del Tartuffe era in programma e, dopo il tuo invito, diventa prioritaria.

          Ulisse

          • Ti pubblico solo per risponderti: chi si è mai sentito “minacciato” dalla programmazione della Frau o del Peter Grimes??? Non certo io, né l’amico Donzelli. Quanto alla polemica, ti rappresento che tu, per primo, l’hai innestata “suggerendo” di levarsi da bocca la parola razza! Parola che – ribadisco – non è certo offensiva in sé, come invece è “negro” (almeno nell’accezione che ha assunto oggi). Dato che il termine “razza” è contenuto in documenti e testi mirati proprio a salvaguardare i diritti e l’eguaglianza (che tu puoi pure ritenere criptorazzisti o antisemiti o blablabla, ma che DI FATTO tutelano le conquiste giuridiche politiche e sociali del nostro secolo contro il rischio della discriminazione), è sbagliato e pretestuoso paragonarlo ad altri di natura evidentemente spregiativa. Pertanto la tua accusa rivolgila altrove, per cortesia, e se ritieni sottoscrivi appelli per “epurare” la neolingua da termini politicamente scorretti… Buona lettura anche a te (i Karamazov già li ho letti e riletti)

          • sinceramente non capisco,perche dare del negro a una persona di colore,è un offesa e dare del bianco a una persona di razza bianca invece no,come dare del mangia banane a un africano, è un offesa,invece a un europeo no,ho l’impressione che qui stà montando un razzismo al contrario,e lo si vede tutti i giorni,come abolire tante nostre abitudini,per non offendere gli “ospiti” ma i benpensanti non si accorgono che anche le altre “razze ” hanno il seme del razzismo,o solo in Italia dare del razzista a una persona,e peggio che dargli dell’assassino?

    • tutti noi melomani vorremmo avere la macchina del tempo e tutti vorremmo postarla per sentire quello che della storia dell’opera e del canto più ci incuriosisce. Non è una delle mie priorità, ma il don Giovanni di Garcia, Bonoldi o Tacchinardi mi incuriosisce

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