Concerto per l’otto marzo: i seduttori… vocali.

ansseauIl seduttore operistico non deve essere gnocco o “figo”, deve rigorosamente evocare la sottil carezza e spiace per chi non perde mai l’occasione di insultare, la seduzione operistica non è muscolare ma insinuante, a fior di labbro. Talvolta il timbro caldo, appassionato può aiutare e soccorrere, ma senza il sostegno del canto di scuola il nostro seduttore e’ solo un becero urlatore.

 

Buzzi Peccia: LolitaAureliano Pertile

Gastaldon: Musica proibita – Alain Vanzo

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2 pensieri su “Concerto per l’otto marzo: i seduttori… vocali.

  1. Brutta cosa è il far capire ai contemporanei che fino agli anni ’50 del 1900 la ” musica operistica ” comprendeva nella accezione popolare
    anche le famose canzoni napoletane. Non quelle dei vari festival partenopei ma anche una produzione di musica altamente orecchiabile
    e facilmente imitabile ma, che era una specie di riduzione di opera per
    il grande pubblico. Chi come mè alla fine della seconda guerra mondiale ha vissuto la sua prima infanzia, ricorderà anche le due voglie popolari di allora: il ballo e il cantare. Sì! cantare era un modo per scordare le brutture della guerra e poter sfogare il proprio entusiasmo, anche in presenza di grandi difficoltà economiche,
    la voglia repressa per anni di sentirsi padroni di se stessi. Non esisteva famiglia in cui almeno uno dei componenti non tentasse di
    cantare sia in pubblico che in privato. Ricordo benissimo mia madre
    esercitarsi a cantare ” ….vorrei toccare,,, i tuoi capelli neri …” canzone pop di quegli anni etc.
    Alla Radio, che da Eiar era diventata quella Rai dai canali ” colorati”
    ma che irrimediabilmente effondevano musica di qualità….chi può dimenticare le opere in diretta da Milano, Roma e Napoli, e le intriganti serate in concerto “vocale e strumentale” dei Martini & Rossi. Ovvio che oltre alle audizioni di autentici big di allora (Callas Tebaldi,Siepi, etc.) si affiancassero anche le “operette” e le serate di prosa. Il posto accanto al monumentale apparecchio radiofonico era
    il più ambito.
    Questo per mè è stato il corso accelerato di musica e operistica e sinfonica. Mio padre che non era uno sfegatato, al rientro di un suo fratello dall’america se lo portò a Verona all’arena dove di esibiva una certa Maria Callas poi diventata Maneghini.
    In quelle condizioni, non si poteva “vedere” se il cantante era un “figo” ma lo si osannava sulla base della sua voce e prestazione canora. Le voci eran belle se musicalmente ti entravan nel cuore
    e smovevan le emozioni.

  2. Tutto vero ma… Le copertine dei dischi o le foto di quegli anni mostravano cantanti in pose eroiche se non “machiste” (Del Monaco), piacione (Di Stefano), ammiccanti (la splendida foto di Schipa che avete postato qui sopra). Quanto poi alla canzone napoletana, io che sono nato dopo Rigoletto, credo, sono del 1958, l’ho sempre trovata stucchevole se cantata dai cantanti leggeri e poco interessante, salvo i grandi capolavori, se cantata da voci impostate. Ammetto che per arrivare al melodramma ho dovuto partire dalla musica sinfonica, per apprezzare la voce ho dovuto sentire la “sequenza III” di Berio con Carol Plantamura (avevo 13 anni) in mezzo ai boati di un pubblico di conservatori (eravamo al conservatorio di Milano). Se devo essere sincero, se proprio devo scegliere un genere popolare, scelgo le grandi canzoni americane, scelgo il rock. D’altronde la Caballè ha cantato coi Queen e Anne Sofie von Otter ha inciso uno splendido disco con Elvis Costello, mica con Claudio Villa o Claudio Baglioni (con tutto il rispetto per quest’ultimo).

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