14-25 aprile: fiera campionaria e scala 4^

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Il conflitto mondiale ed i cinque anni di sofferenze patite dal popolo italiano furono sorpassati e superati ( altro concetto è dimenticati) e l’Italia si ripresentò motivata all’appuntamento della ripresa economica al processo di industrializzazione, prodromo del boom economico della fine degli anni ’50. Criticata che fosse per la necessità di altre ricostruzioni,  uno dei primi oggetti della ricostruzione fu la Scala ed a far data della stagione 1946-’47 il massimo teatro milanese propose nella gran copia di spettacoli  quello per la inaugurazione della fiera campionaria. Lo fece con uno stile molto diverso da  quello attuale perché se la prima opera fu popolare ossia Bohème con due cantanti (Favero e Lauri Volpi cui si aggiunse il Marcello di Carlo Tagliabue) ormai alla fine della parabola artistica e la novità era rappresentata da una ragazzotta  di 23 anni che aveva la voce d’oro ossia la giovanissima Renata Tebaldi, poi  l’anno successivo si affiancò al Ballo, affidato a Mario Rossi  niente meno (14 aprile 1948) il Tristano affidato a de Sabata e con la coppia più celebre del tempo ossia la Flagstad, che solo nel dopoguerra si presentò venerata ed applaudita a Milano e Max Lorenz. Proporre il Tristano non era una scelta facile perché se da un lato a Milano accorrevano molti stranieri, il titolo restava difficile al grande pubblico  a maggior ragione perché proposto in lingua originale. Preciso che quello che propongo non è la serata del 1948, ma quella del febbraio 1947, che era stato il debutto della Flagstad a Milano. Eppure Wagner, de Sabata e la Flagstad dovevano essere stati apprezzati ( eufemismo perché la cronaca del tempo testimonia un trionfo) perché l’anno successivo durante la fiera de Sabata ripropose Wagner con la Flagstad  in Walkiria. Devo dire che era stato un programma non facile perché la vera inaugurazione dell’omaggio scaligero era stata affidata ai Puritani  con Margherita Carosio, che brillava più per avvenenza che per bravura e freschezza nel 1951  e ad Eugene Conley famoso per il registro sovracuto squillante e svettante. Colgo l’occasione per dire che pochi titoli alla Scala hanno avuto pochi e  validi allestimenti come l’ultimo capolavoro del maestro catanese. Scorrendo le scelte dell’opera per la fiera degli anni successivi la Scala brillò per fantasia (che non è mai stata il suo forte, tanto per polemica nel 1949 una miope e grassa cantante greca aveva spopolato nei Puritani qualche mese prima proprio rimpiazzando la Carosio) proponendo il Mosè con Tancredi Pasero, che dimostra nella registrazione di qualche anno prima come un grande basso può declinare senza suonare fioco, ballante e stomacale e nel 1951 un titolo che mancava dal 1917 alla Scala come la Borgia. Venne affidato il ruolo della protagonista ad una voce sontuosa e ricca, ma dal gusto  e dalla tecnica adatta a Verdi ossia Caterina Mancini. Stando al racconto di Rodolfo Celletti il vero trionfatore fu un giovane e fresco Rossi Lemeni e siccome per la penisola cominciava sempre più a circolare  salutata come un fenomeno (perchè allora lo era) la miope e  grassa  ragazzona greca Maria Callas, diventata signora Meneghini, la Scala perse l’occasione di proporre una Lucrezia inarrivabile.  Era l’inizio dei tempi nuovi ? Per fortuna delle successive, possiamo ben dire!

 

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