Puritani a Torino

puritaniSono stati la presa in giro del capolavoro di Bellini per grazia di direttore soprano e baritono si è salvato il solo tenore. Precisamo nulla di che Dmitri Korchak quale Arturo, ma in mezzo a tanto duolo, alla stentata sufficienza con qualche aggiusto ed accomodo nei fiati come quello utilizzato per emettere il rebem di “credeasi misera” (quello previsto in primo enunciato chè nel secondo  comparirebbe il famoso fa), con l’aiuto di molto naso nell’emettere gli acuti, in luogo del corretto immascheramento, scarso legato problemi di intonazione evidenti sin dall’attacco della sortita e migliori esiti interpretativi allorché a Arturo debba aggredire, come accade alla sfida, che non quando il Talbo cavaliere debba sospirare e gemere come accade in buona parte del terzo atto.

Discreto Nicola Ulivieri, che non è un  basso e manca dell’opportuna solennità, richiesta ad un padre per giunta guerriero. Pessimo e più ancora imbarazzante, invece, Nicola Alaimo dalla voce consumata ed inesistente, dura, forzata nei pochi acuti previsti, che suonano spinti ed indietro, quando non gridati. Parlare di accento dolce ed accorato, di eleganza, di canto elegiaco, che erano le peculiarità di Antonio Tamburini non pare proprio il caso.

Ma l’autentico scempio, pur salutato dagli applausi del pubblico parimenti composto di ottuagenari locali, preoccupati di scartar caramelle e di componenti dei circoli melomani della Val Padana, grati per un pomeriggio diverso da quelli forzatamente dedicati alla tv ed al burraco l’hanno perpetrato direttore e soprano.Perché se il tenore può lucrare  qualche perdono in virtù delle difficoltà della parte (pur chiaro che Arturo non è il Gualtiero del Pirata) il soprano è chiamata ad una parte onerosa quante molte altre del repertorio protoromantico. Non solo accanto ad autentiche specialiste di questo repertorio le solite Sutherland, Sills, Devia ed oggi la Pratt  anche cantanti come Gabriella Tucci e Virginia Zeani sono state Elvira di vaglia e qualità. Ma qual più qual meno vantavano saldezza di emissione, voce sonora al centro, buona estensione (i sovracuti sono tutti di tradizione e non previsti in spartito) propensione al canti di agilità, capacità di  varietà di accento e di colorire la frase.  A Torino Olga Peretyatko è stata una Elvira dal timbro, peso e colore da soubrette ( diciamo Serpina, Adele di Fledermaus, Nannetta), con voce mal impostata al centro, come comprovano i suoni fibrosi del  duetto con Giorgio all’atto primo, lo scarso legato al centro durante il finale primo (rabberciato nelle puntature di tradizione) dove o hai la voce sontuosa di una Tucci o la astrale facilità di una Callas messicana, di una  Sutherland o di una Devia ( a parte, irraggiungibile, Regina Pacini Alvear perché ha tutto quello che spartito e tradizione interpretativa richiedono); aggiungiamo una limitata capacità virtuosistica come confermano staccatini e picchettati  piazzati all’incipit della polacca, che opportunamente è eseguita scorciata, difficoltà e poca brillantezza nella ornamentazione di forza della cabaletta della pazzia e suprema presunzione nell’inserire l’allegro (eseguito molto  rallentato) “sento o mio bell’angelo” che sarebbe proprio della versione Malibran od eseguito a due  voci di quella parigina. La signora Mariotti arriva alla fine stravolta e quando soprano e tenore chiudono con il re nat, Elvira è sovrastata e zittita da Arturo pure provato dal terzo atto.

Peggio della moglie il marito, che per nascita e censo  i suoi rumorosi fans, che mal tollerano contestazioni vorrebbero  far assurgere a lume del repertorio protoromantico ed ovviamente rossiniano. Siamo, invece, al perenne saggio di conservatorio della perenne premessa  locale. Basta sentire l’attacco scolastico e moscio, ricordare come appena ci sono cori in scena e fuori il dubbio dello scollamento palco-buca diviene certezza, come mai venga creata l’atmosfera sia all’ingresso del prode  Arturo accompagnato da un coro ed un’orchestrina da operetta, o come al finale primo non ci sia differenza fra il metronomico accompagnamento (con sonorità da quartetto d’archi per soccorrere la protagonista) dei deliri di Elvira e del suo stato di allucinazione e la drammatica condanna del coro e degli altri solisti che “parlano” il linguaggio del più tragico finale di opera italiana ovvero di Semiramide. Le cose non vanno meglio al famoso duetto Riccardo-Giorgio meccanico e metronomico oltre che  sdilinquito nella prima sezione , fragoroso nella stretta e tacciamo del terzo atto  dove è esemplificata  la figura dell’eroe romantica  tanto innamorato quanto fuggiasco e braccato  e che riesce a sortir soltanto una “piva” natalizia all’aria di Arturo (il vero grande momento dell’opera) e rumori per il temporale e per gli armati che inseguono il fuggiasco. Dobbiamo poi completare rilevando come in un allineato sito on line il direttore abbia detto che dei tre tagli tradizionali dei Puritani (terzetto Enrichetta, Arturo, Riccardo, sezione mediana del duetto del terzo atto e  stretta di Elvira) riaprisse solo quest’ultimo. Abbiamo già detto che  quella “roba” eseguita (non solo dalla signora Mariotti) non è dei Puritani parigini, ma della abortita versione Malibran, mentre la sezione centrale del duetto d’amore è proprio dei Puritani parigini ed anche nell’800 almeno la parte a due voci  veniva eseguita per rispettare la struttura tripartita del duetto aggiungiamo che  a partire dalla polacca  per finire al duetto sono stati fatti, come sempre tagli e riduzioni. Essere un direttore da melodramma protoromantico continua  ad essere un difficile mix tra accompagnatore, creatore di atmosfere, supporter dei cantanti, abile tagliatore e cucitore, “variatore” ,conoscitore di stile dell’autore e delle voci di cui si dispone. Solo con queste qualità si può fare della seria professione, talora dell’arte. In difetto se la moglie è il soprano si rischi di giocare a “piccoli Bonynges”.

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27 pensieri su “Puritani a Torino

  1. Come sento nominare Mariotti, mi viene istintivo metter le mani sul capo, perchè se a Pesaro il padre bene o male ha gestito un festival
    che in taluni momenti “fu” interessante, Da questo il nascere una stirpe
    musicale ce ne vuole. Con la nomina a direttore stabile a Bologna, io pensai si fosse recato prima dalla Madonna di Fatima o di Lourdes.
    Ora si capisce che le ha visitate entrambe.

  2. Il tenore oggi era Enea Scala si è preso un buffone al primo atto da uno dal palco,poi nel secondo atto alla sua entrata,la scena prima del duetto gli ho urlato”sveglia cerca di cantare bene” beh non ci crederete,e migliorato tanto alla fine del duetto una ovazione per lui e la Desiree,alla fine della recita,uno mi e avvicinato e mi ha detto.ma non si vergogna di fare una critica preventiva,e io ho risposto ,se invece di applaudire sempre,ogni tanto protestare,vedi che se sono capaci, si danno da fare…

    • Quando ho scritto l’altro post non avevo ancora letto lquesto resoconto di oggi pomeriggio. Eh, rimpiango un po di non esserci stato. Ma Scala e’ migliorato fino al punto da meritare l’ovazione ? E anche la Rancatore la meritava ? Del Savio ? Palazzi ? .

      • Il tenore si è preso un buffone da uno del palco, in piena scena,e poi da me quando stava entrando sul palco nella scena prima del duetto,gli ho urlato sveglia canta bene,prima che attaccasse l’aria,non so se ha avuto effetto,resta il fatto che si è svegliato sul serio ah ah…la Rancatore è due volte che la ascolto dal vivo,e non sono molto d’accordo con le critiche che si fanno qui….non lo so forse è migliorata rispetto a prima, che lo ho ascoltata solo in registrazione, non lo so..riguardo a Mariotti per lo meno i cantanti cerca di favorirli ,l’orchestra mi è piaciuta,ma parliamo del Regio di Torino,sarà da quanto in quella sala qualcuno non ha contestato

  3. Sostanzialmente dissento. Con le dovute riserve su Alaimo e Ulivieri, il mio modesto giudizio si inverte rispetto al vostro, perche’ non mi e’ spiaciuta la Peretyatko, mentre mi e’ invece spiaciuto Korchak, cioe’ ho ravvisato in lei la migliore e in lui il peggiore, per la sua emissione dura e tagliente; la recita e’ la stessa, quella di Domenica pomeriggio. Sull’allestimento non vorrei dilungarmi, fermo restando che ho cercato di non prestare molta attenzione a quanto accadeva in palcoscenico: zombie, tombe, ecc., gia’ visto in tv da Firenze. Qualche “buu” Domenica e’ piovuto, su soprano, direttore e uno su Alaimo.
    Dunque, oggi c’era qualcuno che puo’ dire qualcosa sul 2^ cast ? Pasquale, se non ho capito male, c’era. Io avrei voluto andare ma non ho trovato un biglietto per un posto soddisfacente. Giusto per curiosita’, avrei sopportato nuovamente gli zombie anche se Piazzola e’ sparito dal 2^ cast, come , d’altro canto, dal primo e’ sparito Salsi.

    • pensare che Piazzola era uno dei motivi ,perche volevo andarci,un baritono che ormai è piu che una promessa,pazienza,per me rispetto all’ascolto radiofonico,il secondo cast è stato meglio, il punto debole il tenore,anche se nella seconda parte è molto migliorato,ma non mi sembra molto idoneo a reggere quella tessitura,proietta poco,legato scarso,e il fraseggio latita,la Rancatore mi è sembrata piu che a suo agio in questo ruolo,a parte qualche insicurezza nella polonaise,nel duetto” Finì…me lassa” è stata brava rimorchiando in qualità anche il tenore,ovazione e richiesta di bis ( bis che difficilmente al Regio concedono,anche se i cantanti lo vorrebbero ) le altre voci accettabile,Mariotti e orchestra non mi sono dispiaciuti,il direttore ha sempre cercato di stare dietro ai cantanti e favorendoli ,la scenografia già si è detto e in certi momenti i ballerini danno anche fastidio con quei rumori di scarpe sul palco,meno male che al soprano le hanno fatto cantare l’aria finale,non capisco perche l’avevano tagliata a Firenze,il teatro tutto esaurito

    • la polacca di olga peretyatko è un momento veramente surreale perchè proprio fraintende, e lo stesso il consorte sul podio, il senso del brano, trasformato nell’apparizione di una cocotte neoliberty. non hanno capito i due ( che tanto si sono fatti fotografare al cospetto di mariella devia in qualità di maestra rifinitrice del soprano russo…(!) manco che il canto fosse arte che si trasmette in un paio di giorni..), che la polacca non è un brano comico ma men che meno un brano piccante. quell’infilata di picchettati scolastici con cui entra dice già tutto di quello che poi si sentirà….meglio la scena di pazzia, ma in generale un senso di “vorrei ma non posso” ( esemplari i tentativi di sopracuti attaccati legati stile devia con la nota finale sempre calante o indietro, cioè senza suono per cui senti solo l’attacco da sotto…). In generale un procedere per effetti, a cominciare dalla buca, quasi tutti “telefonati” con largo anticipo, pausone sconce dell’orchestra ( il vero accompagnatore le fa ma non te le fa sentire ), rialzi improvvisi di volume effetto manopola dello stereo come già scritto da altri escamotage o trucchi, che però non vanno da nessuna parte. Mariotti convince che Bellini non sa orchestrare e che i Puritani sono un ‘opera noiosa, la moglie che Elvira è un personaggio brillante da operetta, lo slancio della scrittura acrobatica o malinconica che diventano meccanicità e stucchevolezze.
      Insomma un pomeriggio pesante il cui acme si è raggiunto in quel finale primo con i tempi così rallentati da essere tutti fermi ed il coro che cantava da solo perche le puntature del soprano, note non prescritte da Bellini, non si sentivano. Fare per dire di fare ma senza saper fare davvero bene…perchè oggi va così.
      Ne concludiamo dunque che dopo tanta compiaciuta pubblicità facebook con le foto in compagnia di Mariella Devia, i cui Puritani erano assolutamente sublimi, che i due sono semplicemente andati per un pranzo dalla diva!

  4. Ho assistito alla prova generale una decina di giorni fa e, in attesa di risentire l’opera domenica prossima, non posso che sottoscrivere quanto detto da Donzelli su Alaimo, del tutto fuori ruolo, che cercava di fare il vilain (senza avere i mezzi dei grandi vilain del passato) in una parte da baritono grande seigneur se mai ve ne è stata una. A me il migliore della distribuzione era sembrato Ulivieri, perchè di tutti era quello che cercava di cantare in modo morbido e legare, non cercava mai di strafare, rifuggiva dai muggiti, non provava a fare una voce cavernosa da basso profondo che non ha e rifuggiva dagli eccessi. Il tenore non mi ha entusiasmato, anche se, con quel che passa il convento e per la difficoltà della parte, tante grazie! Almeno era sufficiente e cercava di cantare correttamente.
    La primadonna aveva voce troppo piccola per il ruolo, non brutta, ma inadatta. Mi era stato detto che alcuni anni fa a Lione, prima di diventare famosa in terra pesarese, aveva fatto sensazione (in senso positivo) ma nel Rossignol di Stravinsky, parte del tutto diversa da Elvira. Direzione non memorabile. Al maestro si poteva concedere di non cercare di coprire i cantanti ma c’era la stranezza in alcuni punti della artitura di un aumento improvviso e repentino del volume orchestrale, come se su uno stereo si andasse dall’altezza di volume 2 alla 6-7. Messa in scena inutile e ridicola. Costumi discutibili fra il nero ed il violaceo con un po’ di bianco e rosso per Elvira e di azzurro per Arturo che sembrava un nerazzurro, mentre Riccardo un rossonero (già tanti anni fa una messa in scena di Trovatore a Firenze con Pavarotti e Zancanaro, poi ripresa a Torino vedeva Luna ed i suoi vestire di nero e azzurro e Manrico ed i suoi di rosso e nero…..). Forse che i costumisti traggono ispirazione dall’ormai decaduto (come la Scala) derby della Madonnina (incidentalmente: è proprio vero che San Siro è la Scala del calcio…. ormai il livello medio è quello…. d’altro canto spesso, per come giocano certi clubs locali parrebbe di assistere a una vera opera lirica: “Pagliacci”! Chiusa la parentesi calcistica)? Movimenti di mimi abbastanza inutili; ridicoli i 4 boys 4 nerovestiti che accompagnano Elvira in scena durante la pazzia; il tutto come varietà e tinte ricordava i paramenti di una messa da morto in una chiesa di provincia. Regia francamente solo pretenziosa. Le solite masturbazioni mentali spacciate per grandi idee.
    Ricordiamo solo che a Torino 19 anni fa I Puritani erano cantati da Devia, Sabbatini, Servile e Pertusi con Campanella sul podio… anche in quel caso la messa in scena era del tutto risibile, ma le voci e la bacchetta c’erano, eccome!

  5. caro don Carlos per fare dei puritani decenti bastavano un altro soprano, un altro direttore e un altro baritono e rigorosamente in forma di concerto! tanto per le nefandezze che ci ammanniscono
    ciao

    • Difficile non essere d’accordo. Soprattutto sulla forma di concerto. Ricordo a chi non lo conosce, di leggere o rileggere quell’articolo di Celletti (pubblicato in “Memorie di un ascoltatore”) intitolato “Rigoletto e Controrigoletto” sulle opere in forma di concerto versus le castronerie registiche (il “Controrigoletto” concertante di cui parlava aveva per protagonisti Cappuccilli e la Devia…. scusate se è poco!)

      • Eh, si’, i 4 mimi erano proprio una delle cose che piu’ disturbavano, ma anche se non in forma di concerto, basterebbe una regia rispettosa del testo; insomma, i fantasmi, i mimi, le cattedrali diroccate, le tombe e poi, quando un padre benedice la figlie e il prossimamente genero si rivolge ovviamente e testualmente alla “coppia” e invece Elvira non c’e’ piu’: e’ gia’ uscita di scena, e che fai, benedici solo il tuo quasi genero ? Io capisco che occorre il tempo tecnico perche’ Elvira si cambi d’abito e, dopo pochi minuti, torni in scena in “vesta di sposa”, pero’ in altre produzioni ci si riesce lo stesso: si veda l’edizione di Bologna in dvd.

      • Non saprei… ma un cantante degno di questo nome non dovrebbe nemmeno in prova o nei vocalizzi in camerino emettere questi suoni… Non voglio dire non abbia margini di miglioramento, etc. Solamente non possiede il bagaglio tecnico necessario per affrontare Arturo (che non è nemmeno Gualtiero o Fernando)… Su alcuni ruoli rossiniani che ha già affrontato si può barare, spoggiando e ingolando le agilità alla baroccara maniera, ma in questo ruolo no.

  6. Vista e sentita ieri l’ultima de I Puritani al Regio di Torino. Sconvolto dopo il primo atto, inconsistente. Un pò meglio il secondo e terzo atto per essere magnanimi. Le “pecche” già segnalate ci stanno tutte. Dai cantanti, non all’altezza dei ruoli, al direttore Mariotti che alza e abbassa ma alza troppo spesso in modo fastidioso. Per non parlare della messa in scena, insignificante. Giusto in questo caso, come segnalato dall’amico Don Carlo e da altri, allestire l’opera in forma di concerto. Salvo il coro, gradevole. Un merito però a Ulivieri che ha cantato conscio dei propri limiti senza mai voler “strafare”. Non sono un fan tipo ultras della Pratt ma, sentita a Cremona 2-3 anni fa, era molto molto meglio della vocina con strilli annessi della Peretyatko.
    Korchak ha fatto quel che poteva ma voce troppo, troppo leggera per convincere come Arturo. Decisamente insufficiente Alaimo. Ridicola la scelta dei mimi! W solo Bellini!!!

  7. condivido la critica sulla “vocina tuta strilli e gridi” della Peretyatko. L’avevo ascoltata in un concerto con Villazon e Thoma Hampson, dove con quest’ultimo cantava il duetto dal 2o atto del Rigoletto. Una pena! Mi chiedo come mai una cantante così impreparata possa cantare insieme a nomi famosi e continuare la carriera.Si sa che ci sono voluti sempre molti “appoggi” per una carriera, ma almeno una volta venivano appoggiati grandi artisti. Un mistero…

      • Almeno in altri anni, se si sceglievano delle cantanti carine, si voleva, nel contempo, che pure sapessero cantare.
        Ecco l’esempio di un illustre soprano che non era solo una donna indubbiamente avvenente, ma che, proprio ne I puritani, si dimostrava tutt’altra cosa rispetto alla sua giovane collega sentita a Torino, pur avendo anch’ella una voce abbastanza leggera.
        https://www.youtube.com/watch?v=UNIGsJgmdos
        poi che belle vedere delle scene che sono le scene giuste per I puritani!
        Proviamo poi a paragonare la Elvira della Peretyatko con quella della Freni, che pure non è stata celebre prima di tutto per questo ruolo (affrontato solo alcune volte e che non l’ha accompaganta per tutta la sua carriere), ma per altri (Mimì, tanto per dirne uno), e si sentirà la differenza.
        https://www.youtube.com/watch?v=layNUSAmwl0

      • Penso che ci possano essere pochi dubbi sulla particolare importanza attribuita negli ultimi anni o decenni all’aspetto fisico delle cantanti, altrimenti non si spiegherebbero le copertine dei cd della Machaidze, Kurzak, Netrebko, Gheorghiu, e cosi’ via.
        Cio’ vale ovviamente anche per la Peretjatko, che puo’ certo far colpo o contribuire a far colpo sugli occhi dell’ascoltatore, andando poi a condizionare le sue orecchie.
        Ma non e’ pero’ detto che sia sempre cosi’.
        Nel mio caso, ad esempio, la difesa che ho fatto della Peretjatko potrebbe magari essere attribuita ad una facile contentabilita’ del sottoscritto, in sostanza ad orecchie piccole, (ma mica poi tanto facilmente contentabile perche’ spessissimo cio’ che ascolto non mi accontenta proprio per niente).
        Se di orecchie piccole si tratta, pero’, nel mio caso non credo di doverlo attribuire ad un significativo e pesante condizionamento visivo.
        Infatti, se e’ vero, nel caso in oggetto, che la cantante e’ molto graziosa, la Machaidze, a mio giudizio, e’ un vero schianto, cio’ che, in proporzione, avrebbe dovuto indurmi a coprirla di elogi anziche’ severamente criticarla, come ho fatto alcune settimane or sono.

  8. Risentiti ieri I puritani, dopo l’ascolto della prova generale, mi hanno, rispetto a questa, dato delle conferme ed hanno evidenziato alcune piccole differenze.
    Metto giù le considerazioni che facevo con l’illustre Dottor Dulcamara nel foyer, durante l’intervallo, ed alla fine dell’opera.
    Nel complesso il tutto non è stato troppo convincente, ma, ciononostante, è stato meglio dell’orrido Turco in Italia marzolino, Persino la brutta, noiosa, risibile, pretenziosa, velleitaria messa in scena, nella sua cupa soporifera bruttezza era meno peggio di quella inquailificabile del Turco.
    In ogni caso la messa in scena non mi è piaciuta 2 settimane fa e non mi è piaciuta ieri. Non si capisce cosa voglia dire il regista, né ci sono di aiuto le sue elucubrazioni sul programma di sala, dato che di tutto ciò sulla scena nulla si comprende. Un regista che abbia delle cose da dire le fa caprie al pubblico senza bisogno di tante parolo, con la sola forza della sua regia. Così i vari Strehler, Zeffirelli, Visconti, Ronconi, De Lullo, Enriquez etc.
    I costumi mi sono parsi ancora più orridi, orripilanti e funeratizi in particolare quelli del coro femminile. Ridicoli i movimenti mimici. Notevole la capacità del regista nel sbagliare entrate ed uscite, rispetto a libretto e partitura, sì che ad un dato punto in scena non c’è chi ci deve essere oppure c’è chi non ci deve essere, ovvero taluno arriva troppo in anticipo o se ne parte troppo in ritardo rispetto a quanto previsto da testo e musica. La scena con la volta di chiesa gotica vista dal basso in alto ad un primo momento è suggestiva, ma poi ti viene da pensare che simili prosettive ardite erano roba che facevano già circa un quarto di secolo fa Ronconi e la Palli (Lodoiska alla Scala 1991) e, quindi, non sono certo una novità. Poi tutto scuro, tutto nero, le tombe, le lapidi, il viola…. che mortorio! I puritani non sono opera lugubre, quindi, tutto ciò è sbagliato e fuori luogo. E il “bianco vel” che ben s’addice alla virginea testa di una felice, e che, invece, era tutto nero, manco servisse per l’abito da lutto di una vedova in gramaglie. Ma poi il regista non sa che troppo viola in teatro porta jella?
    Direzione poco convincente sempre con improvvisi aumenti di livelli sonori del tutto incomprensibili. Non si comprendono i tagli alla polacca, che anche ai tempi dei “tagli di tradizione” mi pare non si facessero. Mariotti mi era parso più convincente in un Don Pasquale di alcuni anni or sono.
    Come già segnalato dal Dott. Dulcamara il primo atto è stato nel complesso abbastanza disastroso, mentre gli ultimi due sono venuti, alla fin fine, meglio.
    Continua a non farsi apprezzare, e ad essere del tutto fuori parte, ma, rispetto alla generale, Alaimo un pochettino è risultato, se non migliore, almeno meno peggio, cercando un pochettino di più di cantare morbido e cercando di evidenziare qualche migliore intenzione interpretativa (se poi si concretizzassero è altro discorso).
    Korchak, pur avendo evidenziato anche lui qualche problemino nel primo atto (una stonaticchiatina o due), nell’ultimo si è comportato tutto sommato bene, eseguendo correttamente e con un certo necessario lirismo le strofe del trovatore, tirando fuori gli acuti quando ce ne era necessità (pur ai limiti delle sue possibilità, ché è un po’ troppo leggero per la parte… ma mai quanto l’Elvira di turno!) e sparando al finale un acuto che copra quello della sua Elvira. Prova positiva, soprattutto con quel che passa il convento. Reitero il giudizio positivo su Ulivieri. Si tratta di un cantante intelligente, che conosce i propri pregi ed i propri limiti e sa impostare di conseguenza il suo canto; non cerca di fare la voce cavernosa senza averla, cerca di interpretare nel modo giusto, di cantare con morbidezza e con il dovuto patetismo la parte di Giorgio. Non sarà Rossi Lemeni, ma sentirlo cantare – rispetto ad altri colleghi – era un sollievo per le orecchie.
    Invero deludente la bella signora Peretyatko in Mariotti, con un primo atto pieno di stonacchiatura e tante cosette discutibili. Un po’ meglio nel secondo e nel terzo, ma siam sempre di frotne ad una cantante alle prese con una parte più grande di lei, che arriva in fondo in modo discutibile, nonostante l’aiuto del consorte sul podio. Bene il coro. Pubblico estremamente poco portato all’applauso al primo atto. Un po’ di più durante gli altri. Ulivieri più applaudito di Alaimo. La prima donna lucra pochi applausi dopo la polacca, ma alla fine dell’opera tutto sommato qualcosa lo ricava, anche se mai come la Devia nel 1996…
    Per finire: gran premio “Mongolino d’oro” con menzione speciale ai possessori dei ben tre telefoni cellulari che sono squillati durante l’opera, scegliendo di preferenza dei passi con l’orchestra in “p” o “pp”. A quando un nuovo exploit paragonabile a quello di quel tizio che, durante una recita della “Forza del destino” una ventina d’anni or sono (anno più anno meno), tenne il telefonino accesso sì che lo si udì squillare sonoramente proprio durante l’assolo di organo e violino in piano, al finale II, prima de “il santo nome di Dio Signore” e che poi si udì da parte di tutto il teatro rispondere al chiamante, dicendo: “Sono al Regio, ti chiamo quando c’è l’intervallo”?

    • Be’, e’ stato gentile ed educato a rimandare la conversazione all’intervallo: avrebbe potuto continuare, salvo pero’ essere probabilmente disturbato ed infastidito da quel tizio vestito da frate che andava sproloquiando a proposito di anime venute a piangere l’errore che fra queste balze chiedono ricetto. Meledizione, non ci voleva.
      Ma, gia’ che siamo in tema di quella scena ricordo, forse proprio in quell’edizione anche se non in quella recita, un’assemblea sindacale di coro e orchestra dopo il colloquio tra Leonora e Padre Guardiano e prima delle consacrazione di Leonora. Carina, come idea; certo, non si poteva proprio aspettare l’intervallo prolungandolo oltre il normale limite, no, occorreva proprio massacrare Verdi.

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