Ventiquattr’ore di Barbiere /1 – Sinfonia I

Claudio Abbado:

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Il nostro omaggio al Barbiere di Siviglia inizia ovviamente con la celebre Sinfonia. Sgombrato il campo dal mito dell’esistenza di una prima sinfonia originale su temi spagnoli (leggenda forse suggerita dall’autore stesso) è noto che il brano sia stato preso dall’Aureliano in Palmira (1813), passando prima in Elisabetta regina d’Inghilterra (1815), ma in altra versione e con orchestrazione differente. I primi problemi filologici nascono già qui: 1) nel manoscritto del Barbiere, infatti, la Sinfonia non compare (ci sono solo le linee di violoncello e contrabbasso), segno che Rossini si limitò a trasferire il brano dall’Aureliano senza modifiche; 2) nelle successive versioni a stampa è presente la Sinfonia dell’Elisabetta o, addirittura, quella del Turco in Italia; 3) il manoscritto dell’Aureliano è attualmente disperso; 4) lo studio delle fonti disponibili dell’Aureliano mostra un’incoerenza strumentale: la strumentazione originale prevede 2 oboi, 2 flauti e un timpano, mentre la più modesta orchestra del Barbiere si limita a 2 soli strumentisti per oboe e flauto (con obbligo di ottavino) e nessun timpano. Per lungo tempo il problema non si è posto: si è sempre eseguita la Sinfonia dell’Elisabetta invece di quella di Aureliano e si è sempre modificato l’orchestrazione con inserimento di timpani e altri strumenti. Oggi, con le nuove fonti, il problema riemerge e suggerisce maggior riflessione: il colore orchestrale del Barbiere, con le sue leggerezze mozartiane e le sue sfumature, è stato finalmente riconquistato. Proprio per questo – tralasciando l’approfondimento dei suddetti problemi e le soluzioni proposte – ho scelto la storica versione di Claudio Abbado che fu tra i primi, insieme a Vittorio Gui, a ripensare il modo di interpretare il Rossini comico, con un suono diverso e una rinnovata freschezza. L’esecuzione è nota e non ha bisogno di commenti: solo si notino i perfetti giochi di sfumature, la solare evidenza dei temi, la leggerezza che non è mai superficialità. La scoperta di un nuovo mondo, che non toglie il fascino a quello vecchio.

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