Genetliaco di Rossini: dove siamo, Maestro?

RossiniLa circostanza che il 2016 sia anno bisestile consente di celebrare nel suo giorno esatto il genetliaco del cigno di Pesaro. La celebrazione di Rossini è stata vocale ed orchestrale per offrire in 24 ore una immagine di Rossini. Rossini ovvero l’autore che in questo ultimo cinquantennio ha rappresentato la punta di diamante delle preferenze del pubblico anche grazie ad una sapiente e credibile operazione di recupero filologico e ad altrettanto commendevole e ben orchestrata operazione pubblicitaria e commerciale. Solo che da tempo chi ha visto e sentito le Horne i Blake, i Ramey e magari pure le Sills e le Sutherland si fa domande e non si ferma alle parole e “slide”, che da un quindicennio circolano, magari inneggianti ai cantanti della cosiddetta quarta generazione. Quando si celebra (battesimi, sponsali o esequie, poco cambia nei toni) non si dovrebbe puntar dita o metter sempre le medesime nella piaga. Ciò non di meno una celebrazione e i modi della celebrazione possono essere anche i mezzi per ulteriori stimoli di riflessione e studio.
Oggi rendiamo omaggio a Rossini per mezzo oltre che di qualche storica bacchetta anche e soprattutto mediante cantanti i quali richiamino le caratteristiche degli esecutori rossiniani delle prime generazioni e le loro caratteristiche vocali ed interpretative, alcune delle quali sono difficili da comprendere oggi.
Abbiamo avuto in primo luogo l’omaggio a quella che Rossini definì la propria miglior cantante ovvero Isabella Colbran “la mia prima moglie” con il ruolo di Armida e con quello di Semiramide, che segnò in maniera non troppo gloriosa la fine della carriera della divina ed entrò,con pochi altri come Desdemona, nel repertorio di moltissime altre cantanti differenti per qualità vocali sia pure famose come la prima fossero esse la Pasta, la Malibran, la Grisi e la Ronzi. Ma quando si parla di soprano è limitato parlare solo di Isabella Colbran perché Rossini prima dell’incontro con il soprano spagnolo utilizzò in parti dalla psicologia ben differente Elisabetta Manfredini Guarmani prima Amenaide, Amira, Aldimira sino ad Adelaide (1817) ed alla psicologia corrispondeva anche una scrittura vocale differente e forse anche arcaica. Come per il caso di Zenobia, scritta per una divina della generazione precedente Rossini Lorenza Correa e la Bianca del Bianca e Falliero pensata per Violante Camporesi.
Analizzare Rossini ed i suoi cantanti significa, poi, il rapporto con la voce di tenore perché Rossini, limitatamente a Napoli (e con le conseguenze che la scelta comportò per la ripresa di alcuni di quei titoli fuori di Napoli) mise in scena sempre almeno due tenori dalle caratteristiche vocali ben differenti sfruttate nella scrittura, nella psicologia del personaggio e nella drammaturgia e che diedero luogo a grandi scene di sfida dallo spessore tragico ben superiore alle sfide sino allora conosciute nel melodramma fra il musico (donna od evirato che fosse) ed il tenore baritonale
Ma quando si parla di Rossini la prima categoria vocale che emerge è il contralto ovvero il musico. A parte il rapporto occasionale con l’ultimo castrato sul quale nulla è stato indagato, Rossini ebbe nelle proprie opere tutti maggiori contralti del tempo a partire da Adelaide Malanotte e Marietta Marcolini sino a Rosmunda Pisaroni e Rosa Mariani. A parte il rapporto limitato ad un titolo solo come prima esecutrice (Falliero) con Carolina Bassi, che rappresentò, però, il vero veicolo di diffusione di tutti i melodrammi rossiniani, che prevedessero il musico, per le difficoltà vocali e drammatiche che fanno di quella parte e della cantante un assoluto unicum nel repertorio rossiniano. E come Rossini scriveva che si deve partire dal contralto noi possiamo dire che dal contralto devono ripartire gli studi e la filologia rossiniana dopo la fase che oggi inequivocabilmente si va spegnendo. Piaccia o non piaccia Rossini scriveva le opere per i cantanti i quali spesso con le loro richieste e caratteristiche vocali e la presa che facevano le loro prestazioni sul pubblico erano di fatto coautori dei drammi e mentori delle loro fortune e sfortune. Ricordiamoci che Rossini, pragmatico ed uomo del suo tempo, accettò, lodò e pure collaborò alla circolazione del Tancredi di Giuditta Pasta che ha più Pasta, Pacini e Niccolini, che non Rossini e che dove è di Rossini non è detto sia come e dove l’autore abbia pensato il numero. E’ questa la strada, la chiave di volta per imparare, scoprire e gustare ancora più Rossini e tutta l’epoca che lo precede o gli succede non limitandosi alla partitura originale (che magari non si trova più o peggio ancora che per l’autore ed i coevi non rivestiva l’importanza capitale, che noi figli dell’idealismo gli attribuiamo), ma considerando l’opera un work in progress cui più soggetti oltre all’autore, che sapeva bene quale fosse prassi e sorte della propria produzione vi hanno prestato la propria opera e magari la propria arte.
Questo non è tradire Gioachino, è prolungarne la vita non solo musicale, ma culturale. Ma oggi la cultura è un concetto maltrattato quasi e più della democrazia e della libertà di parola, pensiero ed espressione.

10 pensieri su “Genetliaco di Rossini: dove siamo, Maestro?

  1. Qualcuno ha visto iersera su RAI5 L’italiana in Algeri fiorentina?
    Se si riusciva a sopravvanzare l’immane quantità di corbelerie svenevolezze e castronerie dei c.d. conduttori, troppo impegnati a disquisire sui massimi sistemi e dire cosette politicametne corrette su tutt’altro che sull’opera rossiniana, con modi stili ed argomenti da far venire il latte alle ginocchia o, meglio, la sciolta, ci si è trovati di fronte a:
    una direzione che era tutto sommato la cosa migliore, dato che sul podio c’era un maestro che di Rossini ne ha diretto tanto e bene (la mia prima Italiana l’ho sentita dirigere da lui, ma i cantanti erano la Valentini, Dara, Alaimo e Blake!); una messa in scena non eccezionale, ma tutto sommato ancora abbastanza piacevole, aliena da cazzate tipo teatro di regia, che si lasciava vedere e strappava qualche sorriso; un tenore pessimo (ed è ancora fargli un complimento); i bassi fuori ruolo, a prescindere dalle reali capacità di ognuno; le due seconde donne bravine ine ine anche se niente di che, forze meglio il ms; un contralto che, senza essere una delle Isabelle degli anni buoni, nei cui confronti sarebbe molto ridimensionata, in confronto al tenore, nonostante degli errori e dei problemi, giganteggiava.
    Sarei curioso di sentire il parere di altri.
    Saluti rossiniani da un rossiniano notorio convinto palese e praticante.
    W Rossini nonostante tutto!

    • caro don carlo
      potrei risponderti come anni fa mi capito al teatro odeon di Milano in occasione di una serata dei famosi Legnanesi cui assistetti con alcuni compagni di liceo. Ridevamo con tale rumore che la gente rideva per il nostro ridere. A quel punto Felice Musazzi (la Teresa) commentò “un quai d’un el me porta via el lavourà”.
      Potrei parafrasare Musazzi
      L’ho visto anche io. Spettacolino…… pessimo il tenore stonato come una campana nella scena dei pappataci. Le altre due donne ine ine ine ine e poco avvenenti ( tralascio le comparse femminili che sembravamo le sorelle o fratelli fate voi Poli) e quanto al contralto vola davanti agli altri, ma respira da dilettante e in alto per arrivare emette suoni alquanto sbiancati. Poi davanti a quella cantante che per l’ultimo decennio a partire da Pesaro ci hanno spacciato per il vero mezzo rossiniano (Horne, Berganza e Dupuy erano verdiane!!!!) è la reincarnazione della Marcolini, ma che dico della Bassi Manna!!!!

  2. Purtroppo l’ho vista (…almeno per quanto si poteva resistere)! Sinceramente l’ho trovato un pessimo spettacolo, proprio a cominciare da Campanella: una direzione smorta, noiosa, lenta…un vero mortorio fin dalla sinfonia. Un Finale I così smorto e opaco non m’era mai capitato d’ascoltarlo. Nel cast primeggia la Pizzolato, cantante che ho sempre apprezzato (anche se ieri, pur essendo nettamente la migliore, non era nelle serate migliori) e che si conferma credibile interprete rossiniana. Anche Spagnoli è stato discreto, ma il resto… Indifendibile il tenore, stonato e impacciato. Pessima, a mio giudizio, la parte scenica: una farsa circense, gratuita e volgare, con gags stantite e balletti da villaggio vacanze o da Bagaglino… Il fatto sconvolgente è che una produzione del genere – già discutibile in un’ipotetica Roccacannuccia – è stata presentata a Firenze, teatro che si vuole “internazionale”.

  3. Pure io ho avuto la pessima idea di vedere Italiana ieri sera. Spettacolo che mi è parso eterno e modestissimo. Campanella che in passato fece cose egregie in questo repertorio ieri era imbalsamato: direzione pesantissima, grigia, slentata, pareva un funerale non un’opera buffa! Solo all’inizio del secondo atto (coro, aria Lindoro, Kaimakan, per lui che adoro) ha trovato un briciolo di vitalità, ma illusoria perché poi ha ripreso a dirigere il corteo funebre.
    Tenore osceno e da fischiare brutalmente (la cavatina era agghiacciante: stonata dall’inizio alla fine… e il resto non è stato certo meglio), Taddeo ben cosa cosa (voce tutta in bocca), il ruolo di Mustafà è stato distrutto da Spagnoli che basso non è (la voce è usurata e le aglità ci sono, però non ha le note per la parte. Sarebbe un professionista ok se facesse ruoli baritonali, cioè quelli che gli dovrebbero competere), seconde donne passabili.
    Un plauso alla Pizzolato, cantante che senza essere fenomenale, è forse oggi la migliore sulla piazza per certo repertorio: sobria, presenza scenica, vocalmente tiene (però non dovrebbe forzare sotto e dovrebbe appoggiare di più sopra perché gli acuti sono un po’ duri e gli acuti sbiancati). Calata in questo contesto e paragonata alle altre sulla piazza sbanca senza troppa fatica (nel weekend l’Adelaide di Pesaro sempre su Rai5 vedeva l’osannata Barcellona soccombere miseramente rispetto alla Pizzolato). Se tentasse di risolvere certi problemi potrebbe dare grandi soddisfazioni.
    La regia era un colorato coacervo di idee già viste. Personalmente non mi ha infastidito.

    Considerazione finale: PERCHÉ addirittura una diretta su Rai5 di uno spettacolo così provinciale e, ripeto, più che modesto da un teatro problematico come quello fiorentino?! Mah!

          • E questo dimostra il totale sbando dell’odierna industria discografica che a fronte di un mercato sempre più ristretto invece di puntare sulla qualità o, almeno, sulla cura del prodotto, pubblica qualsiasi cosa! Dischi e DVD che restano invenduti, ma che testimonieranno per sempre cattive o inutili esecuzioni…perché il tempo è galantuomo e passato l’effetto pubblicitario dei professionisti dell’evento, tra 20 anni le schifezze verranno giudicate schifezze. Ad esempio perché pubblicare l’Aida scaligera di Stein? Musicalmente e visivamente dimenticabilissima. Non la comprerà nessuno (a 40 € al pezzo), ma rimarrà nel tempo, lì a mostrare impietosamente la caduta di stile di un grande uomo di teatro. Bah, contenti loro…

  4. Ne ho vista e sentita solo una parte (tre-quarti del secondo atto poi non ho resistito) avvisato dall’amico Don Carlo di questa diretta. Con lo stesso abbiamo messaggiato commentando in diretta le disastrose performance dei cantanti di cui mi associo ai commenti precedenti. Devo dire che mi sono davvero “depresso” (ormai non riesco nemmeno ad arrabbiarmi) a sentire così maltrattata musica e messa in scena del sommo Rossini. Una vergogna! Ho avuto l’impressione ieri sera che siamo arrivati alla mancanza di rispetto per un così grande genio musicale (e non solo per lui purtroppo). Si può discutere (riferendomi a quanto scrive Ninia92) sulla diretta di quest’opera ma trovo che finalmente sia giusto che la RAI torni a far vedere (e sentire) la lirica; certo, la scelta di questa Italiana “fiorentina” non è stata proprio “centrata” ma spero e sollecito che nel futuro possiamo vedere altre dirette operistiche. Concordo però con i “grisini” che opere come quelle di ieri sera sia meglio non farle se non si hanno cantanti all’altezza ma qui torna il solito e ormai vecchio punto della questione già dibattuto varie volte in questo sito. E comunque: i cantanti di ieri sera (specialmente il tenore ma anche il Taddeo) che cosa potrebbero cantare?

    • Potrebbero cantare “Osteria numero venti” sotto la doccia!
      Non in pubblico, chè in tal caso sarebbero inadeguati anche a quello.
      Concordo con Ninia92 su Spagnoli. Non ha la voce da Mustafà (lo avevo già scritto) e dovrebbe fare ruoli da baritono o basso baritono, in cui l’ho sentito con buoni risultati. Mi ricordo un buon Figaro mozartiano ed un buon Dandini (in quel caso dirigeva Campanella e cantavano Dara e Blake) a Torino, mentre come Don Giovanni non mi aveva molto convinto.
      Quanto a Campanella è vero che con il passare degli anni i suoi tempi si sono sempre più slentati. Mi ricordo le sue esecuzioni rossiniane a Torino negli anni 80 inizio anni 90 all’insegna del vitalismo con tempi molto rapidi. Adesso sono diversi. Non dico che, parlando dei tempi, siamo passati da Toscanini a Celibidache, ma la cosa si sente.
      Io personalmente preferisco il Campanella d’antan, però lui era sicuramente uno dei pochi punti fermi di professionalità del deprimente spettaocolo fiorentino.
      Più o meno erano simili commneti che facevamo via sms ier sera Dulcamara ed io.
      Io poi ho sentito recentemente la generale de La cenerentola a Torino; non so se qualcuno la vedrà e recensirà. Non è stata nulla di memorabile, nulla di eccezionale, nulla di paragonabile proprio a quella diretta da Campanella negli anni ’90 di cui dicevo sopra; i cantanti non erano come quelli di allora, c’erano problemi vocali, disuguaglianze, etc. etc. etc. però nel complesso cantavano meglio che i cantanti di Firezne; in particolare Antonino Siragusa in paragone al tenorino biancastro e stonicchiante di Firenze pareva una Giovan Battista Rubini rinato. E Lepore come Don Magnifico era divertente, se non perfetto (anche se vocalmente indiscutibilmente migliore della media dei colleghi fiorentini).
      La messa in scena faceva abbastanza ……..are, soprattutto se si ricordano le 3 regie di Cenerentola che si erano finora viste al Regio (Ponnelle, De Simone, Ronconi). Solita regia moderna da teatro di provincia (nel nostro caso svedese), ma disturbava meno che in casi simili, anche se nella sostanza era sostanzialmente inutile.
      In ogni caso W ROSSINI

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