Gli Ugonotti XIX : duetto Raoul-Margherita “beaute’ divine”

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Fra storia e romanzo storico, spesso, corrono cospicue differenze. Lo stesso valga per i personaggi della storia inseriti nel grànd-opera, come accade con Margherita Valois coniugata Navarra, meglio nota coma la reine Margot, che assume caratteri angelicati ed evanescenti mentre nella storia la figlia di Caterina de Medici fu una perennne fonte di guai per l’illustre madre e sopratutto personaggio dalla moralità molto discutibile, tanto da finire respinta al mittente dal marito proprio per l’irrefrenabile attrazione verso gli uomini.
Tra le righe del pudore e perbenismo ottocentesco, che connotano la Margherita di Navarra si capisce benissimo che la regina attenterebbe ben volentieri alla virtù di Raoul che si presenta, galante e sognante, osannando la divina bellezza della regina.
Diciamo anche che il passo per quanto sia un duetto serve a mettere in rilievo le doti differenti dei cantanti ovvero il canto legato del tenore cui è riservato l’incipit e le acrobazie del soprano a roulade, cui affidata Margherita. Per la verità possiamo documentare un casi di esecuzione del duetto in cui tenore e soprano gareggiano ad armi pari sia nel canto legato che in quello, che testimonia la distanza che separa anni luce la coppia Hempel /Jadlowker da quella Sutherland/Corelli che eseguì la pagina malamente troncata e accorciata nella pur celebrata esecuzione scaligera. Edizione scaligera sulla quale prima o poi il corriere della Grisi ha qualche cosa da dire.
Prima dell’inarrivabile esecuzione Hempel/Jadlowker vanno offerte al pubblico quelle abbandantemente scorciate di Maria Michailova e Alexander Dawidov e di Margarete Siems con Desider Aranyi, che eseguono la sola stretta, però, completa.
Della prima esecuzione si può ammirare il porgere e l’accento castigato di Dawidov, cantante russo che canta secondo gli stilemi italiani la cui più tipica manifestazione è la morbidezza e facilità con cui nell’enunciato sale al la bem, indicato “doux”, l”accento non è particolarmente vario, ma il timbro del tenore è davvero bello e lo squillo in zona medio alta oggi impensabile in un tenore quanto meno lirico spinto. Quanto a Maria Michailova, che fu il primo soprano di agilità russo di fama ( e carriera europea) sfoggia il centro ampio e solido che sino al 1920 avevano tutti i soprani cosidetti di coloratura, scevre da suoni sbiancati e bamboleggianti, dedite a canto di agilità sonoro e, pur nel genere della chanteuse a roulade, di forza.
Chi sorprende e non può essere diversamente è Margarete Siems nell’integrale di “Ah!Si J’etais coquette” per la qualità del timbro nobile per l’ampiezza della voce e la facilità con cui “snocciola” le agilità, interpola sovracuti e trilla. Sotto questo profilo inarrivabile anche perchè la cantante fa un uso espressivo dei piani e dei pianissimi e della coloratura come accade ad esempio nella ripresa del da capo e in un paio di rallentando alla ripetizione che sottolineano la civetteria della regina di Navarra. Anche da un disco del 1912 si può intuire un’ampiezza di voce che rende comprensibile il repertorio, sconfinato quasi del soprano di Breslau. Senza dubbio una delle più grandi che la storia de disco anche primordiale documenti e la prova che il cantante del grand-operà è un soggetto vocale ed espressivo irripetibile nella storia del canto e dell’interpretazione operistica. Per essere chiaro i due soprani suonano sempre sonore, proiettate a qualsiasi intensità cantino per l’ovvio -allora- motivo che il suono sia sempre nella medesima posizione. Tutto questo come spunto per ascoltare la Margherita berlinese, che ha ansimato, sospirato emesso falsettini e pianini senza le fatte di salame sulle orecchie che i critici già su piazza di Berlino o in procinto di andarvi cercheranno di calare sugli ascoltatori.

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