Gigliola Frazzoni (1924-2016)

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Non possiamo omettere un omaggio a Gigliola Frazzoni una della tante voci che fra la fine degli anni ’40 e l’inizio deglio anni ’60 calcò tutti i palcoscenici italiani eminetemente come interprete pucciniana.
Quella di Gigliola Frazzoni era una voce da sopran spinto di una volta ovvero sonora, importante, che riempiva i teatri e talvolta dalla voce e dal temperamento si lasciava prendere la mano dimenticando o almeno soprassedendo su certi dettagli tecnici a favore di un’espressione spontanea e genuina. Era un modo di cantare e di interpretare ampiamente diffuso e praticato, oggi dimenticato, ma che nel repertorio pucciniano e magari anche in quello tardo verdiano offirva risultati sorprendenti, sempre aderenti al personaggio e sopratutto oggi sconosciuti e, quando conosciuti, misconosciuti.
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La spontaneità di canto nel ruolo prediletto di Minnie da parte della Frazzoni, che spesso dovette fronteggiare il tonnellaggio vocale di Franco Corelli, sono davvero aspetti del canto e della storia dell’interpretazione, che dobbbiamo tenere presenti prima di gridare al miracolo per certe mediocrità oggi in carriera e celebrate. Ed aggiungo fanno anche “passare sopra” a qualche esuberanza temperamentale, che si ripercuote sulla qualità del canto.
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E lo stesso vale quando si tratta di Tosca o di Butterfly, ruolo cui oggi mentre scriviamo si aggiunge una nuova debuttante nel massimo teatro milanese, la quale non può punto competere con la sontuosa dote del soprano bolognese, la cui giapponesina non sarà la creatura liberty di alcune storiche interpreti, ma supera ogni difficoltà e con riferimento all’aria più famosa del titolo non manca nessuno degli appuntamenti previsti da spartito e tradizione, senza indulgere a leziosaggini e bamboleggiamenti, anche perchè pressochè impossibili con lo strumento importante della cantante.
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Come sempre quando si esaminano cantanti come la Frazzoni di buona carriera, ma non stella di primissimo piano, anche per la scelta personale di non abbandonare Bologna e l’Italia, si ricava sempre che la preparazione di questi cantanti in grazia di coloro i quali stavano dietro le quinte come “maestri ripassatori” sono sempre di una qualità oggi sconosciuta, con risultati artistici degni di considerazione e di massimo rispetto ed aggiungo esemplari per chi oggi calchi il palcoscenico.
Condivido con i lettori la grande scena di Lorelay, incisa da una Frazzoni già in carriera da tre lustri e, quindi sulla carta un poco provata per stupire davanti ad una esecuzione vocale facilissima anche negli acuti estremi, che talvolta pativano gli eccessi di temperamento della cantante, ed una linea interpretativa davvero esimia in una pagina dove “arrivare in fondo” è già un grandissimo risultato.
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Come pure è un grande risultato per una cantante dalla voce sontusa, facile e forse dalla linea interpretativa puttosto tradizionale vestire i panni della gelida e “rigida” Madre Maria dell’incarnazione alla prima dei dialoghi delle carmelitane e reggere senza sforzo l’incontro.scontro con Gencer, Zeani e Pederzini.
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3 pensieri su “Gigliola Frazzoni (1924-2016)

  1. Guardate, proprio un mesetto fa, o meno, ho ascoltato con attenzione la sua Tosca incisa per la Cetra a metà anni Cinquanta con Tagliavini e Guelfi, e mi sono detto: ma che Tosca!
    A parte un duettone del primo atto sottotono, a partire dalla successiva scena con Scarpia la Frazzoni prende quota, e poi ci dà un secondo atto in cui, fatte salve alcune risibili incrinature degli acuti (risibili rispetto a voragini di ben più celebrate voci), è sempre brava, espressiva, immedesimata, direi che rende anche meglio della Tebaldi i vari momenti scenici. E pure il “Vissi d’arte” mi è sembrato bello, con buon uso della dinamica sfumata. Anche il terzo atto, a parte forse la solita “lama”, si è rivelato oltremodo commovente.
    Uniamoci poi un Tagliavini che, seppur con limiti tecnici, ci dà un Mario Cavaradossi molto diverso dal solito, e un Giangiacomo Guelfi giovane, che fa uno Scarpia spietato ma mai becero e con buoni mezzi vocali, e avremo un’edizione nient’affatto da buttare.

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