Equivoci ravennati.

equivoci-scoreIl Teatro Rossini di Lugo ha proposto, nelle ultime settimane del 2016, la prima edizione di un festival, intitolato “Purtimiro”, dedicato, com’è facile intuire, alla musica barocca. L’iniziativa non appare originalissima (tanti centri della provincia, non solo italiana, sembrano ormai essersi specializzati in questo repertorio), ma risulta curioso che l’edizione inaugurale non sia stata consacrata principalmente ad Arcangelo Corelli (nato nella vicina Fusignano), bensì a Giovanni Paisiello (compositore che si può, al più, considerare un frutto estremamente tardivo della stagione barocca, avendo esordito nel 1764, a riforma gluckiana proficuamente avviata) e Alessandro Scarlatti. Di quest’ultimo, in particolare, è stata eseguita la commedia “Gli equivoci nel sembiante”, proposta per tre recite, l’ultima delle quali (nei giorni fra Natale e Capodanno) andata in scena a teatro prevedibilmente poco popolato. Era però presente una delle più loquaci penne del giornalismo nostrano, che ha colto l’occasione per sciogliere, dalle colonne del suo giornale, un peana all’amministrazione locale per avere sostenuto finanziariamente l’iniziativa, presentata come in controtendenza rispetto al generale imbarbarimento del Paese. Sentiti elogi anche per la direzione di Rinaldo Alessandrini, definito “uno dei sommi sacerdoti del barocco musicale”, per i solisti e per la regia “minimalchic” di Jacopo Spirei. Fin qui nulla di inconsueto, ma le osservazioni circa la presenza, nell’opera, di arie “generalmente brevissime, in una sezione sola” ci hanno incuriosito e, di conseguenza, indotto a una piccola ricerca on line. Prima di tutto, a Lugo non è stata “riesumata” alcuna novità: “Gli equivoci nel sembiante” è già stata proposta in scena varie volte, ad esempio al Festival Opera Barga nel 2012 e dalla Haymarket Opera Company a Chicago nel 2014. Basta poi scorrere l’indice della partitura, stampata nel 1982 dalla Oxford University Press, e sfogliare le prime pagine della stessa, confrontandole con quanto udito in teatro, per accorgersi del fatto che l’esecuzione romagnola ha generosamente “sforbiciato” l’originale: solo nella prima parte dello spettacolo cadono, con parecchi frammenti di recitativo, le seconde sezioni di cinque arie solistiche e viene soppressa l’aria di Eurillo (anch’essa in due strofe) “Nuovo Tantalo d’amore / Qual nuovo Icaro”. E gli esempi potrebbero continuare (l’indice completo si trova all’indirizzo http://tinyurl.com/z8uprqy). Questo non per giocare a fare le vestali del Barocco (ruolo che compete, forse, ad altri figuri) o i paladini dell’integralità a ogni costo (figurarsi!), ma per spiegare la sensazione di “brevità” o, per meglio dire, inconcludenza musicale avvertita in teatro. Ripeto, per notare quanto sopra non serviva certo una profonda e autentica conoscenza del teatro di Scarlatti: bastava aver voglia di compiere una piccola ricerca in Internet, anche per evitare, in assenza di un programma di sala che desse minimali ragguagli circa il titolo e le scelte esecutive operate per l’occasione, di stilare il solito elogio iperbolico quanto poco circostanziato, condito da particolari pseudopiccanti (circa le preferenze sessuali di Cristina di Svezia e le dimensioni della sala teatrale, che propizierebbero in ogni senso la vicinanza fra esecutori e spettatori) che evocano, più che altro, gli sketch di vecchi film con Lino Banfi.

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5 pensieri su “Equivoci ravennati.

  1. Operina comica da camera, gustosa se eseguita integrale( 48 tra arie e duetti).Fortunato il diciannovenne Scarlatti: fu utile lo scandalo della rappresentazione “clandestina” a casa Contini, durante la quaresima, con prevedibile reazione di Innocenzo XI.

  2. Buonasera
    Sono di Lugo di Romagna e purtroppo posso dire una cosa: mi è stato riferito della poca partecipazione nonostante le sperticate lodi al Sindaco e all’ amministrazione. Non voglio dire che sia un male proporre opere del genere, ma lo stile sempre più “baroccaro” che imperversa mi fa rabbrividire. Si pensa di attirare gente? Tengo a precisare che non solo Arcangelo Corelli era di Fusignano, ma il proporre un’ opera Rossiniana (dato che Rossini era il Cignale di Lugo) risulta così ostico ad un comune che si fregia di averlo avuto come suo concittadino? Non è barocco ma per bacco, che in 30 anni di apertura non si sia mai dato! Ricordo ancora che con l’ “inganno” riempirono il Teatro Rossini anni fa, dicendo che avrebbero dato l’Italiana in Algeri…peccato non fosse specificato-scritto in caratteri minuscoli su libretto di sala- il nome dell’autore…Luigi Mosca!!! Rimanemmo tutti di stucco… se sperano di ridare vita con un direttore molto sui generis a un teatro che è un gioiello…mah…povera la mia città…

  3. Le critiche del loquace Mattioli sono una delle ragioni per cui La Stampa, Classic Voice e altri luoghi alti su cui il nostro imperversa stanno perdendo di credibilità.
    E’ un genericone, non si capisce però quanto competente in musica perché la sua passion predominante paiono le regie. Ovviamente solo quelle “moderne”, “audaci”, “provocanti”, “decostruttive” e bla-bla assortito.

    Sull’opera di Scarlatti ha scritto il pezzo di cui si parla, intitolato “Ma come è sexy l’opera barocca” (grande scoperta!).

    Per sommi capi quoto le sue perle nere e rispondo:

    >>(inutile dire di quale partito: il >>Pd, visto che qui il Pci e derivati >>governano ininterrottamente >>dal ’46, come in Corea del Nord).

    Personalmente sarei anch’io per più alternanza, ma c’è una “piccola” differenza. In Romagna, a differenza che in Corea del Nord, non si vota a lista unica e con la pistola della polizia segreta puntata alla schiena. E’ la democrazia, bellezza!

    >>È una commedia sexy, con >>intrecci e scambi di coppia fra >>due pastori e due pastore >>arcadici, propiziati dalla >>circostanza che i due lui sono >>gemelli e le due lei >>evidentemente non troppo >>sveglie, come un «Così fan >>tutte» dove gli amanti fanno >>tutto da soli senza intervento di >>filosofi cinici.

    Tirato per i capelli. Le due lei sono in perfetta buona fede e per niente fesse; la minore è sì favorevole alla poligamia ma la maggiore è fin troppo seria.

    >>Si apprezza la sfrenata libertà >>formale del giovin compositore >>(Scarlatti aveva diciott’anni), un >>fluidissimo passaggio dal >>recitativo ad arie generalmente >>brevissime, in una sezione sola,

    Semplicemente non si è accorto che Alessandrini ha tagliato a raffica la seconda parte delle parecchie arie strofiche…

    >>Cristina di Svezia ne andava >>matta, e in materia musicale >>quella regina lesbica con un >>eccellente orecchio raramente >>prendeva granchi.

    “Regina lesbica” è la solita bufala messa in giro dal romanzo di una certa Veronica Buckley e subito pubblicizzata da tutti i siti LGBTQXYZ. Invece a quel tempo si parlò e si scrisse molto di amanti maschi come il cardinale Decio Azzolino (nome suggestivo) e non pochi altri, incluso lo stesso Scarlattino. La tesi postmoderna si basa su qualche letterina sentimentale che Cristina scrisse, in perfetto stile dell’epoca, a una sua ex damigella di compagnia. Sed omnia frocia frociis, con tutto il rispetto per le melochecche oneste e colte, che sono la grande maggioranza.

    >>Jacopo Spirei ambienta tutto in >>un cubo bianco e in una foresta >>stilizzata, astratta e metafisica >>(scena, molta bella, di Cristina >>Aureggi, luci bellissime di >>Giuseppe Di Iorio), con costumi >>moderni ed effetto complessivo >>minimalchic.

    In realtà era tutto fatto al risparmio, e si vedeva. Niente di male, ma il bello e il bellissimo ce li vede solo lui. In rete ci sono parecchie foto di scena; googlare per credere.

    >>Per fortuna, però, non è la >>solita regia soltanto «elegante» >>e «di buon gusto», come si dice >>in banalese.

    Parla un cultore della materia…

    >>Magari non sono sfruttate >>proprio tutte le potenzialità >>drammaturgiche del libretto, e >>insomma si poteva rischiare di >>più.

    Certo, lui ci voleva l’ingroppata a quattro con culi e tette al vento. E qui ti saluto, caro Tamburini, perché mi viene da vomitare.

    Buon anno a tutti/e

    Elisabetta

    • D’accordissimo con Lei!! Le scene poi erano ridicole… si vedeva che non era minimalismo; si poteva giocare sulle luci tranquillamente rendendo tutto molto più “sexy” grazie ad una luce più calda e “erotica”, invece che le solite luci fredde da sala operatoria. I famosi risparmi… da noi in Romagna vigeva ( e vige ancora ) questa regola: poca spesa, molta resa!

      Alcuni poi gridano già a Lugo Capitale del Barocco…mah! Intanto eseguire i tagli…sarebbe un piccolo punto di partenza…

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