Nicolai Gedda (1925-2017)

geddaIl 2017 si apre con un’altra scomparsa: dopo Georges Pretre un altro mito della musica che se ne va. Ci lascia all’età di 91 anni Nicolai Gedda (In verità è morto l’8 di gennaio, 4 giorni dopo il direttore francese, ma la notizia è trapelata solo ieri). Un mito, punto. Un mito per tutti coloro che amano l’opera e la musica vocale. Un mito che in 50 anni abbondanti di carriera (debuttò nel ’52 e si ritirò ufficialmente nel 2003) ha calcato i più importanti palcoscenici del mondo, lavorando con i più grandi musicisti del nostro tempo, in un repertorio sterminato e vario (spinto da curiosità intellettuale ed artistica e senza mai sottovalutazioni o faciloneria), fruibile ancora nelle tante testimonianze rimaste d’una discografia particolarmente ampia, ufficiale e non, e nella memoria di chi ha avuto occasione di ascoltarlo. Dotato di una voce estesissima e di una tecnica davvero agguerrita, il tenore svedese debuttò proprio a Milano, alla Scala, scelto da Karajan quale sostituto di Leopold Simoneau nel ruolo di Don Ottavio in un Don Giovanni che schierava accanto a Gedda, Mario Petri, Sesto Bruscantini, Rolando Panerai, Alda Noni, Carla Martinis, Elisabeth Schwarzkopf, Aldo Stefanoni (altri tempi e altra Scala, viene da dire…). Da lì in poi si sviluppò una delle più straordinarie carriere tenorili del secolo XX. L’estrema facilità nel registro acuto, la morbidezza del canto, la ricchezza di sfumature lo resero interprete perfetto sia del repertorio lirico che di quello mozartiano così come di certo belcanto di cui si fece anticipatore della grande stagione dei tenori americani (Blake, Merritt e Kunde). A ciò si univa la padronanza delle lingue che gli rese più facile affrontare ruoli diversi in tradizioni musicali differenti. Un repertorio, dicevo, straordinariamente ampio e mai affrontato con poco studio e cura. Caso più unico che raro, quello di Gedda, in cui ogni ruolo veniva compreso, studiato e cesellato in ogni sua sfumatura: un canto perfetto, dunque, forse “troppo” perfetto, in particolare quando all’alto magistero tecnico veniva sacrificata la naturalezza del fraseggio (soprattutto in certo repertorio italiano). Proprio la presunta freddezza, l’oggettivo distacco e l’evidente intellettualismo nell’approccio, furono le critiche principali che vennero mosse a Gedda: critiche allo stesso tempo giuste ed ingiuste, nel senso che effettivamente il suo approccio non era improntato sulla comunicativa o sul coinvolgimento “fisico” del pubblico, tuttavia questo approccio neppure era ricercato. Gedda utilizzava la voce come uno strumento musicale e proprio come un violoncellista o un clarinettista seguiva con scrupolo i segni espressivi e le sfumature enfatizzando la ricchezza musicale dei ruoli affrontati, il colore della scrittura, il virtuosismo espressivo. Impossibile qui dar conto dei tanti personaggi interpretati e dei generi affrontati che spaziano dal ‘700 all’operetta, dal repertorio francese a Mozart, Rossini, Verdi, Strauss, Bernstein. In particolare, però, voglio soffermarmi su quattro ruoli interpretati: esemplari per ragioni differenti. Benvenuto Cellini nel capolavoro di Berlioz: Gedda (insieme a Davis) è di fatto l’iniziatore di quella Berlioz-Renaissance che finalmente rese giustizia al geniale compositore francese (e Gedda rese onore al ruolo-monstre dell’orafo con la sua vocalità impossibile e spettacolare); Arnold nel Guillaume Tell (integrale ed in francese): ad oggi la più coerente e consapevole riproposizione del ruolo Nourrit senza sconti e con una interpretazione finalmente rispettosa della scrittura rossiniana resa senza farne letture preverdiane (da Manrico ante litteram) o riduzioni a bonsai; Arturo nei Puritani di Bellini: l’unico (insieme al miglior Kunde) a capire la vocalità del personaggio e a reggerne senza sforzo alcuno la scrittura proibitiva; infine il Requiem verdiano: Gedda qui riesce come nessun altro ad esaltare tutte le sfumature di un canto difficile ed esigente dal punto di vista interpretativo (oltre che pieno di trappole per l’esecutore), come nell'”Hostias” e, soprattutto, nell'”Ingemisco”. Poi c’è tutto il resto: Tamino, Don Ottavio, Idomeneo, Hoffmann, Werther, Ferrando, Des Grieux, Belmonte, Faust senza scordare la musica sacra e da camera. Un grande cantante, una grande voce, un grande musicista. E ora buon ascolto con questo sontuoso concerto preparato dal nostro Nourrit e che onora la memoria di Nicolai Gedda.

Gli ascolti:

Vincenzo Bellini

La sonnambula

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I puritani

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Hector Berlioz

Benvenuto Cellini

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La damnation de Faust

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Les Troyens

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Georges Bizet

Les pêcheurs de perles

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Carmen

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Gaetano Donizetti

Lucia di Lammermoor

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Mikhail Glinka

Una vita per lo Zar

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Christoph Willibald Gluck

Orphée et Eurydice

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Charles Gounod

Faust

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Roméo et Juliette

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Jules Massenet

Manon

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Werther

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Giacomo Meyerbeer

Le prophète

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Les Huguenots

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Wolfgang Amadeus Mozart

Idomeneo, re di Creta

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Die Entführung aus dem Serail

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Don Giovanni

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Die Zauberflöte

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La Clemenza di Tito

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Per pietà, non ricercate

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Jacques Offenbach

Les Contes d’Hoffmann

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Gioachino Rossini

Guillaume Tell
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Piotr Ilich Tchaikovsky

Evgenij Onegin

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Giuseppe Verdi

Rigoletto

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I Vespri siciliani

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Un ballo in maschera

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Requiem

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Richard Wagner

Lohengrin

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Carl Maria von Weber

Oberon

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15 pensieri su “Nicolai Gedda (1925-2017)

  1. Per carità ognuno ha i suoi gusti, ma francamente trovo ingiuste le critiche di distacco o inerzia. Mi sembrano più che altro ripetute da Celletti (che accusava tutti i cantanti che non rientravano nei suoi schemi valutativi parametrati unicamente sull’opera italiana). Il fatto è che non ha senso dire che Gedda era freddo ascoltando il suo Rodolfo o altre incursioni nel melodramma. Era cantante con un differente orizzonte espressivo. Credo infine che se Gedda non avesse inciso così tanto (o avesse fatto parte della scuderia di Mr. Sutherland), le critiche sarebbero state infinitamente minori 😜

    • Ma nessuno ha criticato. Parlo a titolo personale: ripeto bravissimo professionista ma che non mi ha mai trasmesso molto. É come dici tu…gusti personali (senza tirare in ballo Celletti e &). É come quando si parla di Bergonzi….bravissimo, raffinato, verdiano doc ….visto decine di volte ….mai entusiasmato…,a differenza di Corelli…ripeto gusti personali. 😊

    • Caro matteo a volte a volere interpretare i giudizi altrui senza mai aver conosciuto le persone , vissuto i contesti, sentito le cose dal vivo, si finisce per ripetere le fole altrui e ci si mette in posizione peggiore di coloro che si criticano. Gedda di fronte a certi suoi colleghi contemporaneo e antecedenti era un bravo genericone. Che poi alcuni come Stinchelli abbiano.voluto trasformarlo in qlcsa di piu, fa parte delle loro non provate opinioni. Gedda fa bene ma mai benissimo, ha una voce abbastanza bella ma non eccezionale. 3 dei bei difetti tecnici sonori sonori che si sentono assai bene

        • mi sostituisco alla Grisi e ti invito ad ascoltare ad esempio il ballo in maschera di Gedda (anno 1975) nella prima scena quando siamo in zona di passaggio o di preparazione al passaggio (superiore) senti dei suoni nel fiato e non sul fiato spesso un po’ “grattati”, di fatto ingolati, forse di chi cerca di avere il volume e l’ampiezza di quei ruoli e ne risente ancheil registro superiore che è facile ma non ha la apparente facilità di Kraus o di Vanzo per tacere di Pavarotti e più ancora di Tucker in questo cantante antico, che anche al termine della carriera riusciva ad attaccare la furtiva lagrima con suono morbido e rotondo. Non so se mi sono spiegato.

          • Perfettamente. Il fatto é che Gedda questi limiti tecnici li evidenziava anche nei ruoli in cui viene tuttora spacciato da alcuni come un esempio di emissione vocale. Ripeto, rispetto per l’artista versatile e intelligente ma senza esagerare nel volerlo a tutti i costi mitizzare e affiancare a vocalisti di ben altra consistenza.

          • Grazie Donzelli. Si, ti sei spiegato benissimo e l’ascolto di quella esecuzione del Ballo mette in chiaro quello che diceva la Grisi.
            E’ stato molto utile per me, spero anche per gli altri lettori!
            un saluto a tutti!

      • Alla faccia dell’analisi critica! Prima di scrivere certe cose nei confronti di un tenore che è riuscito a cantare Meyerbeer come è riuscito a fare Gedda, sarebbe assai prudente essere molto molto più cauti. Anche per Gedda, come per Caruso, vale il principio: prima ci si inchina, poi si parla. Posto che nessuna voce è senza punti di debolezza, in senso ampio (ad es. Gedda certo non era al suo meglio in diverso repertorio italiano, ma da qui a dare, in sostanza, a Gedda, dell’onesto mestierante ce ne corre, o no?), il tuo commento mi pare assai fuori luogo, anzi spiacevole, anzi offensivo, più che altro umorale. In esso, di analisi critica non vedo proprio nulla. Meglio sarebbe stato il tuo silenzio, pur nel dissenso.

  2. Che Gedda suoni un poco “frigido” in opere come Elisir e Pescatori di perle mi pare innegabile, così come è innegabile che i suoi acuti nei Puritani siano più urlati che cantati…ma negargli statura storica in incisioni quali il Requiem verdiano e in tutto Berlioz mi sembra davvero ingiusto. Io poi nutro particolare affetto per il suo Don José inciso con la Callas, così succube e non privo di implicazioni edipiche… geniale!

  3. Artista puntuale, affidabile, leggermente anodino.

    Tranquillizzante trovarselo come Enea nei Troiani alla RAI di Roma, o con Muti nel Guglielmo Tell fiorentino, o nel Faust con la Freni a Garnier, tranquillizzante. appunto, ma mai vettore di grandi emozioni.

    Ciò detto, avercene…..

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