Le altre Tosche del Met: Zinka Milanov

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Zinka Milanov fu allieva di Milka Ternina, prima Tosca al Met. Eppure il soprano croato debuttò solo nel 1956 al Met il ruolo della cantante romana. Nella ferrea divisione del repertorio, che sino all’era Bing vigeva nel massimo teatro americano, la Milanov aveva preso il posto della Ponselle e della Rethberg e come tale era e restava il soprano per il Verdi pesante e drammatico. Per la verità aveva sempre praticato Cavalleria e Chenier, che guarda caso erano stati titoli dei due soprani sopra citati e di cui era considerata erede ovvero sostituta. La Tosca della Milanov debuttata a cinquant’anni e dopo almeno venticinque di un repertorio onerosissimo è la tipica esecuzione delle voci importanti, sontuose del tempo. All’ascoltatore attento non sfuggiranno due vizi del soprano croato ovvero la tendenza a calare d’intonazione negli acuti estremi, che risultano sempre un po’ spinti e nei suoni aperti in prima ottava (“mai male ad anima viva”, “conobbi aiutai”, “sempre con fè sincera”, “diedi gioielli”), che dopo una lunga carriera suona anche piuttosto vuota. Ben diverso quel che succede in zona medio alta dove la voce del soprano è ancora bellissima, femminile, dolce e morbida e capace di smorzature compresa quella alla chiusa. Non dimentichiamo che ancora nel 1953 la Milanov eseguiva con gusto e con preziosi e raffinati pani e pianissimi l’aria del Trovatore, che per la scrittura vocale è una pagina disagevole.
Gli stessi difetti con tanto di enfasi verista (Tosca è una primadonna e nella testa di Zinka Milanov le prime donne sono come lei) si riscontrano nel duetto d’amore del primo atto registrato l’anno successivo con Bjorling, uno dei tenori ufficiali del Met, eppure certe frasi dette piano o pianissimo sono ancora di grande suggestione e le difficoltà della scrittura senza inconvenienti come la salita al la nat del “non la sospiri”. Credo anche che spieghino perchè al Met, a prescindere dal ritiro dei passaporti di cui furono vittime la Caniglia e la Cigna ad opera del regime fascista nel 1939, al Met ci sia rimasta questa appariscente e un po’ pacchiana signora, che della cantante d’opera aveva tutti i pregi e tutti i difetti.
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