Dopo il mese sabbatico

Il Corriere della Grisi si è preso, un po’ per caso, un po’ per scelta, un po’ per contingenza un mese sabbatico. Il pensiero di essere quelli che lamentano sempre la scadente qualità degli spettacoli, nel raffronto con il passato anche recente e di cui sovente testimoni, quelli che di quel passato sono sempre pronti a tessere gli elogi, culminata con l’opinione, che sarebbe più giusto definire presa di coscienza che la tradizione operistica sia giunta al proprio capolinea come accade con tutti i prodotti di raffinato artigianato ci era apparsa opinione non superata, ma quanto meno monocorde. Per altro il fatto di tacere e di non scrivere non riabilita spettacoli improvvisati e parrocchiali o quasi tali. L’Aventino è un luogo dello spirito poco confacente a quelli della Grisi, sì che altri potrebbe affermare che prediligiamo un ben noto piazzale milanese e che fra poco andremo a teatro di giallo vestiti.
La questione non è questa, non si tratta di essere guerrafondai, ma persone serie con ben presenti le irrinunciabili esigenze del teatro d’opera e di una corretta proposizione dei titoli del medesimo. Quando un mese or sono il pubblico ha gridato al miracolo per la proposta parmigiana del Ballo in maschera nell’allestimento del 1913, ripescato per rendere omaggio a Cleofonte Campanini, dimentica della essenziale circostanza ossia che non calcavano la scena fuori classe paragonabili con Giannina Russ ed Alessandro Bonci e peggio ancora che il direttore d’orchestra parlava della propria ammirazione per Campanini di cui non esistono testimonianze fonografiche abbiamo capito che parlare, scrivere andare a teatro, riprovare e fischiare sono essenziali se non vogliamo essere sopraffatti ed invasi. Preciso non per resuscitare Giannina, Alessandro e Cleofonte, ma per non farci prendere per i fondelli. Almeno questo.

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