Gli Arabi in Scala: epilogo

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I quotidiani raccontano di un CDA concluso sulle urla del sciur Pereira. Sbugiardato, quindi. Sfiduciato ed invitato a sottoscrivere una lettera di dimissioni, che un CDA degno dell’alto compito e integerrimo avrebbe dovuto avere sul tavolo NO ! Ed allora ecco l’ennesima pagliacciata, l’ennesima conclusione a tarallucci e vino, ormai costume diffuso ad ogni livello in Italia. Qualcuno ha commentato “peccato abbiamo perso un finanziamento che verrà rivolto ad altri teatri di fama pari alla Scala”, altri inneggiano alla dignità di avere respinto l’ennesimo “barbaro invasore” nella peculiare declinazione del “mussulmano orgoglio”, altri ancora cianciano di rispetto dei diritti umani. Questi ultimi sono i più triti e patetici e vorrei loro rammentare gli scambi culturali con l’URSS quando gulag e persecuzioni razziali erano la quotidianità per realizzare lo stato etico sognato da Marx.
Anche gli altri partiti di questa trista vicenda non brillano e non sono condivisibili.
Le sponsorizzazioni sono di per sé tutte buone perché loro scopo istituzionale sarebbe tutelare ed implementare l’arte. Possiamo poi discutere se le gestioni scaligere attuali e del recente passato abbiamo un valore ed una pregnanza artistica. I sonori fischi, che hanno salutato ed accompagnato la gestione Lissner ed il teatro vuoto o ben lontano dal tutto esaurito (salvo per celebrazioni esequiali appena officiate o di prossima officiatura).
Testimoniano, almeno, che il pubblico scaligero e non parlo dei tradizionali abbonati, ma del loggionista non riconosce o non apprezza la proposta culturale “svisserotta”.
Rimane sul tavolo di questa vicenda e da censurare la scelta, respingendola al mittente, del troppe volte citato Pereira. Della bassa qualità del suo prodotto artistico abbiamo detto, i posti vuoti ne sono conferma, come il tacere dei fischi da parte di un pubblico stremata da tanta robaccia, ma questo è superato in questa vicenda dal comportamento tenuto dal sovrintendente, incassando una parte, non indifferente, della promessa sponsorizzazione senza che il relativo contratto fosse stato approvato. È l’usato modo Pereira di comportamento: mettere gli altri, solo ufficialmente ignari – sia ben chiaro-, innanzi il fatto compiuto, certo di lucrare una tardiva approvazione sul principio di aver agito per il bene del teatro, per la cultura e patetiche balle consimili tutte già spese, da tutte le parti in causa, in occasione dell acquisto effettuato dal festival di Salisburgo, antecedente la nomina ed in palese conflitto di interessi.
Questa volta la politica o meglio comune e provincia per il tramite dei loro rappresentanti, che possiamo escludere ignari almeno di una parte della vicenda, hanno solo ed esclusivamente per ragioni politiche (perché pecunia non olet sacrosanto principio resta) respinto il progetto con le ragioni che abbiamo ricordato e che obbediscono tutte al “nascondersi dietro un dito”. Di ragioni o artistiche ovvero il precedente affair Salisburgo questo CDA ne aveva, eccome, per mettere alla porta il personaggio. Ma per farlo doveva non essere stato sodali dell’affair Salisburgo, non sapere veramente nulla di quest’ultima poco edificante vicenda e siccome queste condizioni non sussistevano i nostri politici e con loro il cda han preferito la soluzione di rendere l’anticipo, che al pari de “il prezzo del venduto” non può stare nel tesoro del tempio, e tenersi l’ autore del preteso misfatto, che ha dato in smanie ed escandescente. In attesa che chi deve indichi, il quasi noto nome del successore, ci raccontano l’ennesima balla ovvero che il successore sia oggetto di valutazione comparata. Anche per il successore di Pereira questo CDA comincia dalle menzogne.
Come a dire la diva di oggi signora Netrebko canti ed interpreti come quella di un tempo signora Maria Meneghini Callas, per i suoi detrattori “la menegona”.
E siccome siamo e restiamo in sito di opera le proponiamo in un ascolto comparato. Esemplare di tempi mutati.
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3 pensieri su “Gli Arabi in Scala: epilogo

    • Certo sul blog a suo tempo ci siamo occupati di questa storia. In spiccioli Pereira, ancora in carica a Salisburgo dove aveva speso senza cognizione e non ancora insediato in scala, vendette alla scala un serie di allestimenti del festival austriaco. Palese conflitto di interessi. Ripiano’ il buco austriaco con i pochi soldi italici e il CDA di allora ed il sindaco di allora ed ora strillarono per poi tenersi Pereira ed acquisti del predetto, perché c’era l’Expo

  1. Gli acquisti del predetto me li ricordo.. certe ciofeche indegne.E grandinavano Osanna grandi come cocomeri! Per ora per un poco ci si tiene il Pereira e il suo circo. Voglia iddio che non ci sia di peggio. Nel caso mi allenero’ nella nobile arte del fischio. Vale

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